Giovanni Senzani

Giovanni Senzani

Giovanni Senzani (Forlì, 21 novembre 1942) è un ex brigatista italiano.

Esponente di primo piano della formazione terroristica Brigate Rosse, prese parte al rapimento "in stile mafioso"[1] del giovane Roberto Peci, colpevole di essere fratello di un "pentito", che egli "interrogò" per settimane e di cui filmò l'esecuzione[2]. Anche se non ufficialmente dissociato, ha preso poi le distanze dal passato e ha finito di scontare la pena nel 2010. Si è inoltre dichiarato pentito per l'omicidio Peci.[3]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Criminologo e docente, fu consulente del Ministero di Grazia e Giustizia ed ebbe incarichi universitari a Firenze e a Siena. Visse per anni una doppia vita, lavorando per il ministero e operando ai vertici delle Brigate Rosse. A Roma, negli anni Settanta, abitava in un appartamento che condivideva con un informatore dei servizi segreti.[4] Senzani era sposato con Anna Fenzi, sorella di Enrico, ed è poi rimasto vedovo. Ha due figlie e dei nipoti.[3]

Attività terroristica[modifica | modifica wikitesto]

Entrò per la prima volta in una indagine sulle Brigate Rosse nel settembre del 1978, per una telefonata fatta a un docente universitario, medico chirurgo presso l'ospedale San Martino di Genova, sospettato di connivenza con il gruppo eversivo. In questa telefonata Senzani chiedeva notizie delle condizioni di salute di un brigatista in carcere, rimasto ferito durante un'azione condotta in quei giorni a Torino. L'episodio dimostrò che a quel tempo Senzani era già in contatto diretto con la colonna genovese delle BR. In realtà, si sospetta che Senzani appartenesse già alle BR mentre era in corso il sequestro di Aldo Moro, di cui sarebbe stato una delle menti operative[5][6].

Per quella telefonata, venne arrestato una prima volta nel marzo 1979, ma rilasciato dopo soli tre giorni. Appena liberato, entrò in clandestinità scalando velocemente posizioni all'interno dell'organizzazione terrorista, fino a diventarne uno degli esponenti di massimo potere, al fianco di Mario Moretti. Insieme, i due progettano e portano a compimento il sequestro di Giovanni D'Urso, direttore dell'ufficio terzo della direzione generale degli istituti di prevenzione e pena, che è anche una delle ultime azioni unitarie delle BR prima della frammentazione in più sigle.

Dopo l'arresto nell'aprile 1981 di Moretti e di Enrico Fenzi, cognato dello stesso Senzani, è proprio lui ad assumere la direzione unitaria dell'organizzazione. In tale ruolo, accentua la spinta movimentista e l'attenzione al mondo carcerario. Nel dicembre 1981, con la fondazione del Partito della Guerriglia, attua la frattura con l'ala militarista delle BR.

Ambiguità e sospetti[modifica | modifica wikitesto]

Come leader delle BR-PdG, persegue l'intesa con strati sempre più ampi di proletariato ai limiti e al di fuori della legalità, camorra compresa, come nel caso del sequestro dell'assessore democristiano campano Ciro Cirillo. Infatti, Senzani e i camorristi si spartiranno il riscatto che fu pagato per la liberazione dell'ostaggio[7], soldi che Senzani si fece accreditare su un conto svizzero.[senza fonte]

Considerato "il capo più ambiguo e sanguinario delle Brigate Rosse"[8], sotto la sua leadership ricade anche l'episodio del sequestro, dell'interrogatorio e dell'esecuzione di Roberto Peci, fratello di Patrizio Peci, primo brigatista pentito. L'interrogatorio, eseguito personalmente da lui stesso, e l'esecuzione con 11 proiettili, furono filmati[9].

Venne arrestato il 9 gennaio 1982 a Roma, dove vengono trovate prove delle sue frequentazioni presso la scuola di lingue parigina Hyperion, probabilmente un centro di spionaggio e controspionaggio internazionale, utilizzata da vari servizi segreti. Altre teorie considerano Hyperion una centrale di coordinamento del terrorismo internazionale o una stanza di compensazione per i servizi segreti dei blocchi opposti della Guerra Fredda. [senza fonte]

Eventi successivi[modifica | modifica wikitesto]

Il 29 gennaio del 1999, dopo aver scontato 17 anni di carcere, ottiene la semilibertà.

Tornato a Firenze, cura il coordinamento editoriale della casa editrice Edizioni della Battaglia.

Dopo 5 anni di libertà condizionale, è definitivamente libero dal febbraio del 2010.

Il 25 ottobre 2010 dichiara di aver abbandonato la politica, ma non le sue idee di sinistra[10].

Controversie[modifica | modifica wikitesto]

Nel 2001 suscitò alcune polemiche l'impiego dell'ex brigatista al Centro di documentazione Cultura della legalità democratica attraverso una convenzione tra l'associazione di volontariato Pantagruel e la Regione Toscana.

Influenza culturale[modifica | modifica wikitesto]

Alla storia del sequestro e omicidio di Roberto Peci è stato dedicato il film documentario L'infame e suo fratello di Luigi Maria Perotti, in cui il pentito Roberto Buzzatti, carceriere di Roberto, ha spiegato le ragioni di quell'atto, scrivendo una lettera a Ida Peci, sorella di Patrizio e Roberto. Nel 2022 il giornalista Mario Di Vito ha pubblicato con l'editore Laterza "Colpirne uno. Ritratto di famiglia con Brigate Rosse." Mario Mandrelli, il magistrato che segue le indagini e porta a processo i brigatisti responsabili dell'omicidio, è il nonno dell'autore. E "attraverso le carte giudiziarie, i giornali dell’epoca, gli appunti finali, i ricordi e i diari di famiglia, emerge il racconto di un episodio di storia italiana e delle sue ombre che si nascondono dietro ogni angolo, malgrado le apparenze."

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Walter Veltroni, L'inizio del buio. Alfredino Rampi e Roberto Peci soli sotto l'occhio della tv, Rizzoli 2001.
  2. ^ RAI 3, Le Storie - Diario Italiano, 20 giugno 2011, h. 12:40.
  3. ^ a b Ho ucciso tuo padre e non oso chiedere perdono però, se lo vorrai perdonami (Integrale) Archiviato il 9 luglio 2015 in Internet Archive., il Garantista
  4. ^ Rita Di Giovacchino, L'ambigua storia del brigatista Senzani, in ilfattoquotidiano.it, 15 agosto 2013. URL consultato il 2 aprile 2014 (archiviato il 2 aprile 2014).
  5. ^ Miguel Gotor, Il Memoriale della Repubblica, Einaudi, 2010, p. 462-480.
  6. ^ Francesco D. Caridi, Tressette col Moro, L'Italia Settimanale 10 novembre 1993, pagg. 28-29 Sommario: Nel polverone di versioni, sollevate da brigatisti rossi e non, sul caso Moro è rimasto in ombra il ruolo chiave di Giovanni Senzani. Eppure ci sarebbe tanto da raccontare…
  7. ^ Francesco D. Caridi, Il segreto di Napoli, L'Italia Settimanale 7 luglio 1993, pag. 13 Sommario: Ai tempi del caso Cirillo, una nota dimenticata dei servizi segreti chiedeva il permesso di pagare il riscatto alle BR e il compenso ai camorristi per la mediazione: c'era un "Si autorizza".
  8. ^ Blog | Il mistero Senzani, su Il Fatto Quotidiano, 6 novembre 2010. URL consultato il 15 ottobre 2020.
  9. ^ Personaggi Archiviato il 30 giugno 2008 in Internet Archive.
  10. ^ Senzani, il leader brigatista torna libero: "Dopo 23 anni di carcere sono un uomo diverso", La Repubblica, 25 ottobre 2010.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Sergio Flamigni, Convergenze parallele. Le Brigate Rosse, i servizi segreti e il delitto Moro. Kaos 1998, ISBN 8879530747
  • Marcello Altamura, Il professore dei misteri. E con lo Stato e con le Br: Giovanni Senzani e la storia segreta del doppio livello. Ponte alle Grazie 2019, ISBN 8833311600

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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