Erennio Etrusco

Erennio Etrusco
Imperatore romano
Moneta di Erennio Etrusco da cesare
Nome originaleQuintus Herennius Etruscus Messius Decius
Regno251 (con il padre Decio) –
1º luglio 251[1]
Tribunicia potestas250, 251 rinnovata ogni anno il 10 dicembre
Titoliprinceps iuventutis
Nascitaanni 220
Morte1º luglio 251
Abrittus
PredecessoreDecio
SuccessoreTreboniano Gallo e Ostiliano
PadreDecio
MadreErennia Cupressenia Etruscilla
Tribuno militare248
Consolato251

Quinto Erennio Etrusco Messio Decio (in latino Quintus Herennius Etruscus Messius Decius; anni 220Abrittus, 1º luglio 251) è stato un imperatore romano nel 251 assieme al padre Decio[2].

Il Sarcofago Ludovisi con scena di battaglia tra Romani e Germani. Il personaggio principale potrebbe essere Erennio Etrusco oppure il fratello minore Ostiliano. Fu trovato nel 1621 vicino a Porta Tiburtina
Cippo conservato nel Wetterau-Museum; l'iscrizione (CIL XIII, 9123) attesta la nomina di Erennio e di suo fratello Ostiliano al rango di cesari,[1] avvenuta nel maggio/giugno o nel settembre 250.[3]

Erennio era originario di Sirmio, in Pannonia inferiore:[2] suo padre era il generale Decio, poi imperatore romano, sua madre Erennia Cupressenia Etruscilla, una matrona romana appartenente ad un'importante famiglia senatoriale; ebbe anche un fratello minore, Ostiliano.

Erennio accompagnò il padre, come tribuno militare, nel 248, quando Decio, per ordine di Filippo l'Arabo, andò nei pressi del Danubio per domare la rivolta di Pacaziano. L'anno successivo fu Decio a ribellarsi e a scatenare una rivolta che culminò con la sconfitta di Filippo l'Arabo nei pressi di Verona.

Decio portò Erennio assieme a sé nelle campagne militari alla frontiera, mentre Ostiliano ed Erennia rimanevano a Roma; poco dopo essere salito al trono, Decio inviò Erennio in Illirico, a controllare la frontiera.[4]

Nel 250 entrambi i fratelli furono nominati cesari;[1][5] Erennio ricevette anche il titolo di princeps iuventutis ("principe dei giovani"), che Ostiliano forse ricevette solo nel 251, anno in cui Erennio fu associato al trono dal padre, ricevendo il titolo di augusto.

Nello stesso anno entrambi tornarono nelle province danubiane, dove, dall'anno precedente, era in atto un'invasione di Goti guidati dal loro re Cniva. I Goti si stavano ritirando carichi di bottino e Decio decise di intercettarli prima che passassero il confine: lo scontro decisivo avvenne nella battaglia di Abrittus, nella quale i Romani furono sconfitti e Decio perse la vita. Erennio morì colpito da una freccia, prima che morisse il padre; a seconda delle fonti la sua morte sarebbe avvenuta in uno scontro precedente alla battaglia di Abrittus o nelle fasi iniziali di questa.[2] Alla notizia della morte del figlio, Decio avrebbe affermato che la morte di un solo soldato non era una grande preoccupazione per lui.[6] Ecco come venne tramandato da Zosimo:

«Insediato Gallo sulle rive del Tanai,[7] egli stesso marciò contro i superstiti; e poiché le cose procedevano secondo i suoi piani, Gallo, deciso a ribellarsi, invia messaggeri presso i barbari, invitandoli a partecipare al complotto contro Decio. Accolta con molto piacere la proposta, mentre Gallo era di guardia i barbari si divisero in tre schiere e disposero il primo contingente di forze in un luogo dinanzi al quale si estendeva una palude. Dopo che Decio ebbe ucciso molti di essi, subentrò il secondo contingente, e quando anche questo venne messo in fuga, comparvero presso la palude pochi soldati del terzo contingente. Gallo allora fece segno a Decio di attraversare la palude e di lanciarsi contro di loro, e l’imperatore, che non conosceva quei luoghi, si spinse all’attacco sconsideratamente: bloccato dal fango con tutto l’esercito e colpito da ogni parte dalle frecce dei barbari fu ucciso insieme ai suoi, non avendo alcuna possibilità di fuga. Questa fu la fine di Decio, dopo avere regnato in modo eccellente.»

Questa la tragica narrazione degli eventi di Giordane:

«E subito il figlio di Decio cadde mortalmente trafitto da una freccia. Alla notizia il padre, sicuramente per rianimare i soldati, avrebbe detto "Nessuno sia triste, la perdita di un solo uomo non deve intaccare le forze della Repubblica". Ma poco dopo, non resistendo al dolore di padre, si lanciò contro il nemico cercandovi o la morte o la vendetta per il figlio. [...] Perse pertanto impero e vita.»

Titolatura imperiale

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Lo stesso argomento in dettaglio: Monetazione da Massimino il Trace a Emiliano.
Titolatura imperiale Numero di volte Datazione evento
Tribunicia potestas 2 volte:[8] la prima attorno alla metà del 250, poi rinnovata ogni anno al 10 dicembre.
Consolato 1 volta: nel 251.[9]
Titoli vittoriosi nessuno
Salutatio imperatoria nessuna
Altri titoli Nobilissimus Caesar[10] e princeps iuventutis[11] dal 250.
  1. ^ a b c Aurelio Vittore, De Caesaribus, XXIX, 1.
  2. ^ a b c Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, IX, 4.
  3. ^ Pat Southern, Roman Empire from Severus to Constantine, Routledge, 2001, ISBN 0203451597, p. 308.
  4. ^ Aurelio Vittore, De Caesaribus, XXIX, 2.
  5. ^ CIL II, 4958, AE 1942, 55, CIL III, 5988, CIL III, 3746, CIL II, 4957, CIL XIII, 9123.
  6. ^ Aurelio Vittore, De Caesaribus, XXIX, 4-5.
  7. ^ Qui Zosimo confonde il Don con il Danubio, fiume di riferimento.
  8. ^ CIL II, 6229; AE 1942/43, 55.
  9. ^ CIL VI, 31129; CIL II, 4957 (p 998, 1057).
  10. ^ CIL XIII, 9110; CIL XIII, 9102; AE 1999, 295.
  11. ^ CIL VI, 40697.
Fonti primarie
Fonti secondarie

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Predecessore Imperatore romano Successore
Decio 250 - 251
con il padre Decio
Treboniano Gallo,
Ostiliano

Predecessore Console romano Successore
Imperatore Gaio Messio Quinto Traiano Decio Augusto II,
Vettio Grato
(251)
con Imperatore Gaio Messio Quinto Traiano Decio Augusto III
Imperatore Gaio Vibio Treboniano Gallo Augusto II,
Imperatore Cesare Gaio Vibio Volusiano Augusto
Controllo di autoritàVIAF (EN5576157040174167040000 · GND (DE1196386501 · BNF (FRcb16490966z (data)