Massimino Daia

Massimino Daia
Copia di un busto di Massimino Daia
Augusto d'Oriente dell'Impero romano
In carica310 –
313
PredecessoreGalerio
SuccessoreLicinio
Cesare d’Oriente dell'Impero romano
In carica305 –
310
(sotto Galerio)
PredecessoreGalerio (nel titolo di cesare)
Diocleziano (per i territori amministrati)
Nome completoGaius Valerius Galerius Maximinus
Altri titoliPersicus maximus[1]
Sarmaticus maximus[1]
Germanicus[1]
NascitaIlliria, 285 circa
MorteTarso, agosto 313
Massimino Daia
Moneta di Massimino
NascitaIlliria, 285 circa
MorteTarso, agosto 313
Dati militari
Paese servitoImpero romano
Forza armataEsercito romano
Gradoscutarius, protector e tribunus
ComandantiGalerio
Guerre
Campagne
BattaglieBattaglia di Tzirallum
Altre caricheImperatore romano
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Gaio Galerio Valerio Massimino, originariamente noto come Daia (latino: Gaius Valerius Galerius Maximinus; Illiria, 285 circa – Tarso, agosto 313), è stato un imperatore e militare romano dal 305 fino alla sua morte, durante la tetrarchia di Diocleziano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Figlio della sorella di Galerio[2], Massimino nacque attorno all'anno 285[3] in Illyricum,[4] da una famiglia dedita alla pastorizia.[5] Fece la carriera militare, ricoprendo i ranghi di scutarius, Protector e tribunus. Il suo nome originario era «Daia»,[6] ma fu adottato da Galerio, di cui assunse il nome (il nome completo di Galerio era Gaio Galerio Valerio Massimo). Daia aveva una moglie e una figlia, i cui nomi sono ignoti, e un figlio di nome Massimo.

Nel 305, in seguito all'abdicazione degli augusti Diocleziano e Massimiano in favore di Galerio e Costanzo Cloro, fu nominato cesare per l'Oriente su indicazione di Galerio, che si premurò anche di scegliere Flavio Severo come cesare d'Occidente. Gli fu assegnato il governo delle province orientali. Nel 310 si autoproclamò augusto, in contrasto con le delibere del convegno di Carnuntum del 308 che per lui prevedevano la conferma della dignità di cesare. Sappiamo che condusse una campagna militare vittoriosa in Armenia, contro un popolo che in passato si era dimostrato alleato dei Romani, ma che ora abbracciava la religione cristiana, nemica dell'imperatore poiché "estremamente rispettosa della pietà verso Dio". Secondo Giovanni Malalas (che confonde Massimino Daia con Massenzio, figlio di Massimiano), Massimino condusse in modo vittorioso le operazioni militari, sia contro gli Armeni, sia contro i Persiani di Sapore II, che ai primi si erano alleati e avevano invaso l'Osroene. In seguito a questi successi sembra che abbia distribuito i prigionieri nelle province di Armenia I e Armenia II, ed abbia ottenuto il titolo vittorioso di Persicus (312/313), insieme agli altri Augusti, Costantino I e Licinio (questi ultimi non avendovi però partecipato direttamente).[1]

In seguito alla sconfitta di Massenzio da parte di Costantino I, si scontrò nel 313 con Licinio, ma, sconfitto da quest'ultimo nella battaglia di Tzirallum, si ritirò a Tarso dove poi perì, in quello stesso anno, di morte naturale.[7]

Uomo ambizioso e ostile ai cristiani,[8] è descritto da Lattanzio come un creatore di scandali e autore di condanne ingiuste. Anche Eusebio di Cesarea ne traccia una pessima descrizione, ma gli studi più recenti tendono a considerare queste opinioni come propaganda diretta a colpire un nemico di Costantino e a ritenere che Massimino non sia stato un sovrano incapace.[9]

Ultimo Faraone d'Egitto[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Egitto (provincia romana) § Occupazione romana.
Cartiglio di Massimino Daza, Kaisaros Oualerios Mak(sim)inos

Man mano che il cristianesimo continuava a diffondersi in Egitto, il titolo di faraone era sempre più incompatibile con la nuova religione. Lo status di Massimino Daia come non cristiano ha concesso ai sacerdoti dell'Egitto l'opportunità di chiamarlo Faraone, allo stesso modo in cui altri governanti stranieri d'Egitto erano stati designati con lo stesso titolo, inclusi i predecessori di Massimino al titolo imperiale. Detto questo, gli imperatori romani per lo più ignorarono lo status loro accordato dagli egiziani, e il loro ruolo di re-divinità fu sempre e solo riconosciuto dai soli egiziani come parte della loro identità nazionale.[10] Massimino Daia sarebbe stata l'ultima persona a cui è stato concesso il titolo di faraone: nessun imperatore cristiano romano/bizantino, né leader islamico, ha proseguito l'antica tradizione del faraone re-divinità dell'Egitto.[10]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, IX, 8, 2-4. Giovanni Malalas, Cronografia, XII, p.311, 2-14 e p.312-313, 10-25.
    IL Alg-1, 3956 (Africa proconsularis, Tenoukla): Dddominis nnnostris Flavio Valerio Constantino Germanico Sarmatico Persico et Galerio Maximino Sarmatico Germanico Persico et Galerio Valerio Invicto (?) Pio Felici Augusto XI.
  2. ^ Lattanzio (De mortibus persecutorum xviii.14) lo vuole parente di Galerio, mentre l'Epitome De Caesaribus 40.1 e 40.18 lo identificano come figlio della sorella di Galerio, informazione confermata da Zosimo, II,8,1.
  3. ^ L'anno di nascita di Massimino è sconosciuto. Lattanzio (De mortibus persecutorum xviii.14) lo definisce adulescens all'epoca dell'elevazione dal rango di Cesare, il che significa che nel 305 poteva avere tra i 18 e i 30 anni; la sua monetazione lo raffigura come un uomo di circa venticinque anni (J. Maurice, Numismatoque Constantienne I, 1908, 66, citato in Christensen, p. 11 n.8); un suo busto quale imperatore lo raffigura come ventenne. Questo lo rende verosimilmente contemporaneo di Costantino, anche lui definito adulescens da Lattanzio (Christensen, p. 12).
  4. ^ Sesto Aurelio Vittore, Liber de caesaribus, 40,1, «Illyricorum indigena». Il nome «Daia» è di origine tracia e Galerio veniva da Felix Romuliana, una città della nuova provincia della Dacia ripensis creata da Aureliano e che comprendeva parte della Tracia; è quindi possibile che la sua famiglia vivesse in Tracia.
  5. ^ Così riferiscono Lattanzio (De mortibus persecutorum xix.6, «Daia uero sublatus nuper a pecoribus et siluis») e l'Epitome De Caesaribus (40.18, «ortu quidem at que instituto pastorali»).
  6. ^ Lattanzio (De mortibus persecutorum, xviii.13 e xix.4) testimonia che Daia fosse il suo nome originario; l'Epitome De Caesaribus 40.18 concorda, ma riporta il nome come «Daca»; CIL VIII, 10784 conferma la grafia «Daia», insieme con IK-12, 00311a.
  7. ^ Aurelio Vittore, De Caesaribus 41,1; Eutropio, Breviarium ab Urbe condita X, 4, 4; Epitome de Caesaribus 40, 1; Zosimo, Storia nuova II, 17, 3. Solo per Lattanzio (De mortibus persecutorum 49, 1-7) l'imperatore morì suicida ingerendo del veleno.
  8. ^ Sembra fosse favorevole ai culti orientali come quello di Serapide, come riportato su una sua moneta: RIC VI 78.
  9. ^ Christensen, p. 311.
  10. ^ a b O'Neill, Sean J. (2011), "The Emperor as Pharaoh: Provincial Dynamics and Visual Representations of Imperial Authority in Roman Egypt, 30 B.C. - A.D. 69", Dissertions of the University of Cincinnati

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Torben Christensen, C. Galerius Valerius Maximinus: Studies in the Politics and Religion of the Roman Empire AD 305-313, The Theological Faculty Copenhagen University,

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Imperatore romano Successore
Galerio 308 - 311 (con Costantino I) Licinio (con Costantino I)
Controllo di autoritàVIAF (EN69721940 · ISNI (EN0000 0000 1055 1018 · CERL cnp00559107 · GND (DE118579444 · NSK (HR000064925 · WorldCat Identities (ENviaf-69721940