Macrino

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Macrino
Imperatore romano
Busto di Macrino dalla collezione Albani, Musei Capitolini
Nome originaleMarcus Opellius Macrinus
Regno8 aprile 217
giugno 218
Tribunicia potestas2 anni: al momento dell'ascesa al trono l'11 aprile del 217, rinnovatagli il 10 dicembre
TitoliPater Patriae, Pius e Felix nel 217[1].
Salutatio imperatoriauna volta: al momento della assunzione del potere imperiale nel 217
Nascita164 circa
Cesarea
Mortegiugno 218
Cappadocia
PredecessoreCaracalla
SuccessoreEliogabalo
ConsorteNonia Celsa (?)
DinastiaMacrini
Padrefamiglia dell'ordine equestre
Consolato2 volte: nel 217 (?) e nel 218 con il figlio Diadumeniano
Prefettodel pretorio
Pontificato maxnel 217[1]

Marco Opellio Macrino (in latino Marcus Opellius Macrīnus; Cesarea, 164 circa – Cappadocia, giugno 218) è stato un imperatore romano che governò per quattordici mesi, dall'aprile del 217 alla morte.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Macrino raffigurato su di un aureo. L'elaborato simbolismo di questa moneta celebra Macrino, suo figlio Diadumeniano, e la loro prodigalità (Liberalitas).

Macrino nacque a Cesarea (odierna Cherchell, in Algeria), un importante centro della Mauretania, intorno al 164 circa, in una famiglia romanizzata d'origini miste puniche e berbere[2][3] ed appartenente all'ordine equestre. Sotto l'imperatore Settimio Severo divenne un importante funzionario ed in seguito, sotto il suo successore Caracalla, ricoprí la carica di prefetto del pretorio. Questa era la massima carica che un personaggio dell'ordine equestre potesse raggiungere a quei tempi[4].

Il prefetto del pretorio, infatti, era secondo in comando all'imperatore e responsabile per le uniche forze militari presenti nella città di Roma: i pretoriani ovvero la guardia del corpo dell'imperatore. Nei primi anni del suo incarico ebbe certamente la fiducia di Caracalla, tuttavia, poiché l'imperatore lo derideva completamente, in seguito cominciò a complottare contro di lui.

Nel 217 Caracalla si recò in oriente per preparare una campagna contro l'Impero partico. Macrino era al suo seguito con altri membri della guardia pretoriana. In aprile Caracalla si recò a visitare un tempio, presso il luogo di una precedente battaglia, accompagnato solo dalla sua guardia del corpo, Macrino compreso. Gli eventi non sono chiari, ma è certo che Caracalla fu ucciso a tradimento da un soldato, Marziale, in una pausa del viaggio. Al ritorno, l'11 aprile, non essendoci né discendenti diretti di Caracalla, né altri candidati più autorevoli, Macrino si proclamò imperatore.

Fu il primo a divenire imperatore senza essere stato precedentemente membro del Senato. Macrino nominò cesare e successore il proprio figlio Diadumeniano. I primi mesi di regno non furono fortunati. Alla notizia della morte di Caracalla, i Parti invasero i territori romani che avevano perduto negli anni precedenti. Macrino decise allora di trattenersi in oriente, mentre lo scontento cominciava a manifestarsi a Roma.

Anche il rapporto con le legioni non era tranquillo, a causa di una riforma del sistema di pagamento che favoriva i veterani rispetto alle reclute. I membri restanti della famiglia imperiale dei Severi, di cui faceva parte Caracalla, ricevettero l'ordine di lasciare il palazzo imperiale e tornare nel luogo di origine della loro famiglia, in Siria: si trattava di Giulia Mesa, sorella di Giulia Domna madre di Caracalla, e le figlie Giulia Soemia Bassiana e Giulia Mamea.

Macrino tuttavia non riuscì a consolidare il suo trono, mentre le donne cominciarono a complottare in favore del figlio di Giulia Bassiana, Eliogabalo, spargendo la voce che si trattasse di un figlio naturale di Caracalla. La ribellione cominciò il 15 maggio; l'8 giugno del 218 le truppe di Macrino furono sconfitte nella battaglia di Antiochia. Macrino cercò di organizzare la fuga e inviò il figlio Diadumeniano come ambasciatore alla corte partica mentre egli stesso si dirigeva a Roma per garantirsene l'appoggio. Catturato in Anatolia, presso la regione costiera della Cappadocia, dopo un tentativo di fuga, fu giustiziato come usurpatore, dopo aver saputo che il figlio Diadumeniano era stato ucciso a Zeugma dai Parti.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b CIL VIII, 10056; CIL III, 6924.
  2. ^ Phillip Naylor, North Africa, Revised Edition: A History from Antiquity to the Present, University of Texas Press, 15 gennaio 2015, ISBN 978-0-292-76190-2.
  3. ^ Potter 2004, p. 146.
  4. ^ Le Glay, Voisin & Le Bohec 2002, p. 312; Cascarino 2008, p. 32.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti antiche
Fonti storiografiche moderne
  • Giuseppe Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. II - Da Augusto ai Severi, Rimini, Il Cerchio, 2008, ISBN 978-88-8474-173-8.
  • M.Le Glay, J.L.Voisin & Y.Le Bohec, Storia romana, Bologna, 2002, ISBN 978-88-15-08779-9.
  • Wolfang Kunkel, Linee di storia giuridica romana, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1973, pp. 77–79.
  • Cesare Letta, La dinastia dei Severi in: AA.VV., Storia di Roma, Einaudi, Torino, 1990, vol. II, tomo 2; ripubblicata anche come Storia Einaudi dei Greci e dei Romani, Ediz. de Il Sole 24 ORE, Milano, 2008 (v. il vol. 16°)
  • Santo Mazzarino, L'Impero romano, vol. II, Bari, Laterza, 1973.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Imperatore romano Successore
Caracalla 217 - 218 Eliogabalo
Controllo di autoritàVIAF (EN89202499 · ISNI (EN0000 0001 0830 8075 · BAV 495/215858 · CERL cnp00546563 · LCCN (ENnb2010014797 · GND (DE119072645 · NSK (HR000163230 · WorldCat Identities (ENlccn-nb2010014797