Trittolemo

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Trittolemo
Triade dei Misteri Eleusini: Persefone, Trittolemo e Demetra. Bassorilievo marmoreo trovato ad Eleusi (440-430 a.C.), conservato nel Museo archeologico nazionale di Atene
SagaMisteri eleusini
Nome orig.Τριπτόλεμος
Caratteristiche immaginarie
Sessomaschio
Luogo di nascitaEleusi
Professionere di Eleusi

Trittolemo (in greco antico: Τριπτόλεμος?, Triptólemos) è un personaggio della mitologia greca. Fu re di Eleusi e fu legato alla dea Demetra e ai misteri eleusini.

Genealogia[modifica | modifica wikitesto]

Trittolemo era in genere considerato figlio di genitori mortali, ovvero del re Celeo e di sua moglie Metanira.[1][2] Apollodoro però annota che Ferecide di Lero lo definisce figlio delle divinità Oceano e Gea, mentre per Paniassi sarebbe figlio di Eleusi.[1] Secondo un'altra ipotesi, era figlio della Musa Polimnia e di Chimarroo (Χειμάρροος), a sua volta figlio di Ares.[3]

Secondo una versione del mito, sposò sua sorella[4] Sesara[5] e fu padre di Crocone[4] e di Cerone.

Mitologia[modifica | modifica wikitesto]

Secondo la tradizione, Demetra mentre cercava la figlia Persefone giunse a Eleusi nelle sembianze di una vecchia di nome Doso (o Dos) e fu accolta come ospite da Celeo, che le chiese di badare ai suoi due figli, Demofoonte e Trittolemo. Per ringraziare Celeo della sua ospitalità, Demetra decise di fargli il dono di trasformare Demofoonte in un dio. Ma mentre si accingeva a compiere il rituale, che consisteva nel porre il bambino sul fuoco, fu interrotta da Metanira entrata nella stanza, il che risultò nella morte dell'infante.

Demetra decise allora di insegnare a Trittolemo l'arte dell'agricoltura, cosicché potesse trasmettere la sua conoscenza ai Greci a insegnar loro a piantare e mietere i raccolti. Sotto la protezione di Demetra volò per tutta la regione su un carro trainato da draghi alati per compiere la sua missione.[6]

Tempo dopo, Trittolemo insegnò l'agricoltura anche a Linceo, re della Scizia, ma costui rifiutò di insegnarla a sua volta ai suoi sudditi e tentò di uccidere Trittolemo: Demetra per punirlo lo trasformò allora in una lince. Secondo altre versioni, prima di essere trasformato in una lince, Linceo riuscì a rubare dal carro alato di Trittolemo uno dei due serpenti che facevano girare le ruote, rendendo così il carro inutilizzabile.

A lui veniva attribuita la nascita della festività delle tesmoforie.[6]

Secondo un'altra versione del mito, Demofonte è l'unico figlio maschio di Celeo e Metanira ("amatissimo, nato tardi, dopo lunga attesa e speranza"); a questi Demetra farà, seppur per un breve periodo, da balia, ungendolo d'ambrosia, alitandogli sopra e avvolgendolo in una fiamma per renderlo immortale. Metanira tuttavia, spiando di notte la balia e vedendo il figlio avvolto dalla fiamma, interromperà il rito piangendo disperata e suscitando in tal modo l'ira della dea, che, ripreso il suo aspetto immortale, lascerà il bambino alle cure della madre e decreterà la costruzione in suo onore di un tempio "presso la città e le alte mura, sulla collina che domina dall'alto il Callicoro".

Demetra stessa avrebbe poi insegnato agli eleusini i riti, perché loro, celebrandoli in modo pio, placassero il suo cuore.[7]

Trittolemo è, inoltre, considerato da Platone il quarto giudice degli inferi, assieme a Minosse, Radamante ed Eaco.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b (EN) Apollodoro, Biblioteca I, 5.1 e 2, su theoi.com. URL consultato il 28 maggio 2019.
  2. ^ (EN) Inni Omerici, 105; 109; 145, su perseus.tufts.edu. URL consultato il 28 maggio 2019.
  3. ^ Scholia su Esiodo, Le opere e i giorni, 1, p. 28.
  4. ^ a b (DE) Karl Scherling, Krokon 3, in Paulys Realencyclopädie der Classischen Altertumswissenschaft, vol. XI,2, Stoccarda, 1922, col. 1971.
  5. ^ (EN) Pausania il Periegeta, Periegesi della Grecia, I, 38.2, su theoi.com. URL consultato il 25 giugno 2019.
  6. ^ a b Trittolemo, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 19 giugno 2018.
  7. ^ Giuseppe Zanetto, Inni omerici, Biblioteca Universale Rizzoli, 1996, ISBN 88-17-17136-0, OCLC 38746196. URL consultato il 2 ottobre 2022.

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