Condizione della donna in Afghanistan

I diritti delle donne in Afghanistan sono cambiati in maniera molto significativa nel corso degli ultimi anni, in particolare nella fase tra il 2000 e il 2001, con la caduta del regime talebano, il quale aveva imposto terribili limitazioni ai loro danni, e il ritorno dei Talebani nel 2021.

Studentesse di biologia all'Università di Kabul negli anni '50

Dopo le numerose guerre civili e i vari cambiamenti di regime, i diritti delle donne sono stati spesso ostacolati dagli integralisti, i quali hanno avuto il potere in diverse epoche storiche.

Ad oggi, nel 2024, alle donne non vengono riconosciuti i diritti fondamentali. Con il ritorno dei talebani, l'emancipazione femminile delle donne afgane deve fronteggiare ancora più ostacoli di quanti non ne avesse già prima, con diversi divieti in diversi contesti di vita (come spostarsi da sole oltre un raggio di 72 km, di vestirsi come vogliono, di frequentare liberamente la scuola in tutto il territorio afghano o di esercitare la loro professione o di lavorare semplicemente).

Il tutto, insieme alla difficile situazione sanitaria e nel pieno della pandemia di COVID-19, risulta ancora più difficile, a causa, in primis, della mancata collaborazione dei talebani per quanto riguarda il piano vaccinale.

L'Afghanistan è l'unico paese al mondo dove non è permesso alle donne di frequentare le scuole superiori. Alle donne è vietato lavorare fuori casa ad eccezione di alcuni lavori. Non ci sono donne nel governo, né esiste un dicastero dedicato alle problematiche femminili. La maggior parte delle donne che hanno avuto il ruolo di Parlamentari fino al 2021 risiedono attualmente in Grecia.

Donne afgane a Kabul negli anni '50

Contesto storico

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Lo stesso argomento in dettaglio: Storia dell'Afghanistan.

La popolazione afgana si attesta intorno a 34 milioni di persone, e 14,2 milioni sono donne (anche se altre stime del 2020 attestano che nel paese ci sono 38 milioni di persone). Il 22% degli afgani vive nelle aree urbanizzate, mentre il 78% di loro vive nelle zone rurali. Come vuole la tradizione locale, le ragazze si sposano poco dopo aver concluso gli studi e quasi tutte vivono come casalinghe, ruolo che porteranno per tutta la loro vita.

Periodo Monarchico (1926-1973)

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Dal regno di re Amanullah (1919-1929) si sono susseguite alcune riforme liberali nei confronti delle donne per unificare e modernizzare il paese, anche se la questione femminile nelle zone rurali è rimasta sempre la stessa.

Si sono susseguite molte riforme volte a togliere la donna dalla figura patriarcale, enfatizzando l'educazione femminile, convincendole a indossare abiti più occidentali.

Donna afgana con i suoi bambini durante la festa della mamma del 12 giugno 2010

Nel 1921 il matrimonio forzato è stato abolito, assieme a quello infantile, il prezzo della sposa e pose restrizioni sulla poligamia, molto comune nelle zone rurali.

La regina Soraya fu l'unica donna nella lista di Governo in Afghanistan negli anni trenta ed è stata anche la prima donna femminista afgana.

I successori Mohammed Nadir Shah e Mohammed Zahir Shah applicarono riforme con più cautela, anche se molto moderne. Comunque gli uomini hanno da sempre avuto il controllo della donna.

Le riforme continuarono dal 1953 e si diede alla donna più possibilità di partecipare alla vita pubblica, per non rimanere cittadine di serie B.

Uomo talebano picchia donne afgane in burqa il 26 agosto 2001 poco prima della caduta del regime

Nel 1964 le donne ottennero il diritto di voto e di essere elette in cariche elettive. Nello stesso periodo le donne comunque vivevano come casalinghe e fu una rarità avere donne al governo.

Nel 1965 ben 6 donne vennero elette per la prima volta all'interno del Parlamento: Roqia Abubakr, fino al 1969, fu la prima donna ad accedervi. Tra queste anche Anahit

a Ratebzad e Homeira Seljuqi.

Festa della mamma il 12 giugno 2010

Nelle stesse elezioni anche Khadija Ahrari divenne parlamentare, assieme ad Aziza Gardizi, una delle prime due donne senatrici, assieme ad Homeira Malikyar Seljuqi (1912–1990). Sempre nel '65 Kubra Noorzai divenne ministro della Salute Pubblica (fino al 1969).

Masuma Esmati-Wardak, anch'essa parlamentare nel 1965, fu anche ministro dell'Educazione dal 1990 al 1992.

Shafiqa Ziaie, dal 1971 al 1976, ricopre la carica di ministro svariate volte (senza portafoglio dal '71 al '73, della Pianificazione nel '72, e delle donne nel 1976).

Donne di Herat in burqa nel 2009

Periodo Repubblicano e il Consiglio delle donne afgane

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Meena Keshwar Kamal (1956-1987), quando aveva 21 anni fondò, nel 1977, l'Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afgane (RAWA). La giovane donna venne uccisa a soli 31 anni il 4 febbraio 1987, 3 mesi dopo suo marito.

Il consiglio delle donne afgane fu fondato nel 1978 e rimase operativo fino al 1992. Fino al 1989 la leader è stata Masuma Esmati Wardak.

Nel 1978, con Nur Muhammad Taraki, il Governo ha concesso gli stessi diritti degli uomini alle donne in tutti gli ambiti, dando il diritto di scegliere marito e di far carriera. Uno dei loro obiettivi era la lotta all'analfabetismo e al lavoro femminile.

Anahita Ratebzad il 27 dicembre 1980 diventa vice capo di Stato nel governo del Partito Democratico Popolare dell'Afghanistan (fino al 24 novembre 1985).

Negli anni dell'occupazione sovietica le donne hanno beneficiato di molti diritti, dall'istruzione all'emancipazione dall'uomo, ma, in ogni caso, la mentalità da sempre conservatrice e patriarcale afgana è sempre prevalsa, anche in quel periodo.

Sempre nel 1990 Saleha Farooq Etemadi divenne ministro della Sicurezza Sociale. Nel 1969 Jameela Farooq Rooshna diventa la prima donna giudice nel Paese.

Condizione della donna durante il periodo dei mujaeddin (1992-1996)

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Ragazze di Herat in chador nel 2009

Nel 1992, quando i mujaheddin salirono al potere, alcuni dei diritti che le donne ebbero dal 1978 fino a quell'anno vennero rimossi: l'adulterio divenne punibile con l'esecuzione e l'hijab divenne obbligatorio, ma non il burqa (il quale divenne obbligatorio per tutte le donne dal 27 settembre 1996). Venne richiesto alle donne di indossare abiti non aderenti, le ragazze vennero iscritte in scuole solo femminili e non venne loro concesso di lavorare in maniera professionale, ma solo negli uffici e come dipendenti. Le donne, ad esempio, laureate in economia potevano lavorare solo come impiegate di banca o negli uffici, indossando comunque l'hijab.

studentesse afghane (2002)

In quel lasso di tempo (fino al 1996) era ancora comune vedere donne indossare hijab all'iraniana o anche abiti molto sfarzosi variopinti (almeno nelle grandi città). Il velo era principalmente simbolico[1].

Secondo un report del 1995 di Amnesty International "La guerra civile che ha devastato l'Afghanistan negli ultimi 3 anni ha distrutto la vita di migliaia di donne e bambini. Migliaia di loro sono state uccise o ferite negli attacchi di artiglieria, apparentemente mirate nelle aree residenziali. Gruppi di uomini armati hanno brutalmente ucciso delle donne nelle loro abitazioni, o colpite o violentate. Giovani donne e adolescenti sono state rapite o violentate, e date in sposa alle varie fazioni di Mujaheddin, o fatte prostituire per loro. Molte donne sono scomparse e molte di loro sono state lapidate a morte. Centinaia di migliaia di loro assieme ai loro bambini, sono fuggite nel terrore, subendo solamente ulteriori abusi durante la loro fuga o nei campi profughi. Donne collegate alle organizzazioni delle donne indipendenti sono state aggredite e minacciate dai gruppi mujaheddin. Le autorità di Kabul hanno ricevuto varie richieste politiche dalla comunità internazionale di fare ulteriori passi in avanti per salvaguardare la vita delle donne e i loro diritti umani in tutto l'Afghanistan"[2]

Nonostante le varie limitazioni che già imposero i mujaheddin alle donne, queste hanno continuato a lavorare e molte disposizioni del 1964 sono rimaste in vigore. Ma, nel 1996, con l'arrivo dei talebani, la situazione divenne drammatica, se non tragica

Maria Bashir nel 2011

Nel 1995, la neo laureata Maria Bashir, dopo un anno di tirocinio, divenne la prima donna procuratrice incaricata nel Paese, prima a Kabul e poi a Herat.

Nel 1996 venne licenziata dai talebani e si occupò in segreto dell'istruzione di giovani donne. Nel 2001 ricominciò ad esercitare la sua professione nell'Ufficio del Procuratore Generale di Herat e, nel 2006, divenne Procuratore Generale (dopo le sue indagini sulla morte della poetessa Nadia Anjuman, mamma di una bambina di 6 mesi, uccisa dal marito il 4 novembre 2005 a Herat a soli 25 anni). La figlia della Bashir è iscritta al Collegio del Mondo Unito di Duino (Trieste).[3]

Condizione della donna durante il periodo dei talebani (1996-2001)

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Dal 1996 al 2001 i talebani, ossessionati dalla figura femminile da censurare, imposero alle donne obblighi assurdi, impensabili e al di fuori dell'inverosimile: vennero ampiamente scoraggiate dall'uscire di casa da sole, dovettero trascorrere tutto il tempo nella propria abitazione con la possibilità di uscire solo se accompagnate da un tutore maschio. Il burqa divenne obbligatorio con divieto di cosmetici e poi, dal maggio a ottobre 2001, di smalto e gioielli.

Donne e ragazze di Kabul cuciono uniformi scolastiche femminili (gennaio 2003)

Venne proibito loro di ridere, di lavorare (se non come infermiere e medico) e di frequentare la scuola. Nessun uomo avrebbe dovuto rivolgere la parola a una donna e questa non avrebbe nemmeno dovuto guardarlo negli occhi o stringere la mano.

Tutte le donne presenti in radio, in televisione e in uffici pubblici vennero licenziate. Vennero proibite le biciclette e tutti i tipi di sport possibili per le donne. Vennero chiusi tutti i bagni pubblici femminili[4][5].

Gli uomini hanno avuto potere assoluto sulle donne privandole di ogni diritto: dietro ai loro burqa, se malauguratamente i loro passi fossero giunti all'udito di un estremista, rischiavano di essere fustigate pubblicamente davanti a folle di altri folli estremisti. Incredibilmente vietarono alle donne anche di utilizzare calzari rumorosi; il rumore dei tacchi divenne vietato nel luglio 1997[6].

Tantissime furono le donne giustiziate per adulterio[7]. Persino i nomi di giardini pubblici o di luoghi aventi la parola "donna" vennero modificati.

Dal 1996 al 2001 le donne poterono esercitare principalmente solo la professione di medico e infermiere in ospedali e strutture prettamente femminili. Le altre donne furono segregate in casa sotto lo stretto e asfissiante controllo degli uomini, con vetri oscurati per evitare che qualcuno, da fuori, avesse potuto scorgerle.

Molte donne si sono lasciate morire suicidandosi (dandosi anche fuoco), oppure per mancanza di cure mediche o di parto naturale, visto che non sono state più visitate da medici uomini e le donne non hanno potuto più lavorare e studiare per diventare medico.

Malalai Joya, parlamentare nel 2003

Suraya Pakzad, attivista afgana per i diritti delle donne, ha fondato, clandestinamente nel 1998, Voice of Women, che ha iniziato insegnando alle ragazze come leggere, e ora offre alle donne riparo, consulenza e formazione professionale. L'organizzazione ha lavorato in segreto fino al 2001 a causa dei talebani.

Caduta del regime talebano e miglioramento della condizione femminile (anni 2000)

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La lotta per la riemancipazione femminile in Afghanistan è ricominciata subito dopo la fine dei talebani nell'ottobre 2001. Tutti i divieti imposti alle donne durante il regime talebano vennero abrogati. Hanno riottenuto il diritto di voto nel 2001 (ottenuto nel 1965 e interrotto dal 1996 al 2001 per tutti, sia maschi sia femmine).

Fawzia Koofi, parlamentare e vicepresidente della Camera Bassa (2005) e presidente della Commissione per le donne, la società civile e i diritti umani (2014). Divenne inoltre membro del team governativo per le trattative al processo di pace con i Talibani nel 2020. Venne anche ferita a colpi d’arma da fuoco da un commando vicino a Kabul nell'agosto dello stesso anno [8].

Nel novembre 2001, appena caduto il regime, diverse donne sono scese in piazza per festeggiare l'evento senza più indossare il burqa[9].

Nello stesso mese le bambine sono tornate a scuola, anche se in istituti prettamente femminili, indossando come divisa ufficiale (attualmente ancora in vigore) l'hijab bianco e un abito nero, coprendo sia braccia sia gambe[10].

A causa di cinque anni scolastici persi per le ragazze, molte bambine anche di dieci anni dovettero frequentare lezioni della prima classe con bambine di cinque/sei anni; le insegnanti hanno dovuto insegnare a molte più bambine nelle classi per colmare il vuoto e ciò ha causato un'enorme difficoltà nel predisporre sondaggi nazionali per misurare il grado di alfabetizzazione.

Il 22 dicembre 2001 la 44enne Sima Samar divenne Ministra per la Condizione delle Donne in Afghanistan, carica che ricoprirà fino al 22 giugno 2002. Inoltre è stata la prima donna laureata in medicina a Kabul nel 1982 e la prima (e unica) donna vicepremier (2002).

Lo stesso giorno Zeenat Karzai divenne first lady d'Afghanistan, fino al 29 settembre 2014.

Tante giovani, nate all’estero per il trasferimento dei loro familiari, fuggiti al regime dei talebani, rientrarono nel 2002.

Nel 2002, Malalai Bahaduri, tenente senior delle forze dell'ordine afgane, ha preso parte all'esercito.

Il 26 gennaio 2003 poi, a Kabul, 28 donne hanno preso la patente[11]. Solo due donne su quarantuno candidati hanno gareggiato per le presidenziali del 2009.

Con l'entrata in vigore della nuova Costituzione del 26 gennaio 2004, rifacentesi a quella del 1964, le donne afgane, de jure, ricevettero gli stessi diritti degli uomini.

Nonostante fosse stato ripristinato anche il codice civile del 1976 e quello della famiglia del 1971, dove la donna afgana godeva di buoni diritti, la mentalità afghana rimase estremamente conservatrice, ostacolando l'emancipazione femminile, in quanto, di fatto, la donna continuò a subire molte limitazioni lavorative e sociali nelle zone rurali dove i talebani o i capi villaggio contavano più della legislazione nazionale stessa, ripristinata nel 2001.

La violenza contro le donne in tutto il paese rimase molto alta, nonostante gli interventi da parte della comunità internazionale.

La tipica mentalità afgana continuò a considerare le donne quasi come oggetti, le quali devono rimanere in casa e svolgere le mansioni da casalinga. Vi fu quindi uno scontro culturale e un forte dislivello tra classi sociali e tra ambienti urbani e rurali

Sempre dopo la Samar, le donne che divennero ministro delle donne, dal 2001 al 2021, furono:

Altre donne ministro saranno:

Inoltre, nel 2005, molte donne hanno fatto parte del Parlamento tra cui, oltre alla Koofi: Shukria Barakzai, Fauzia Gailani e Nilofar Ibrahimi.

Altre donne attiviste molto importanti che hanno avuto successo dopo la cacciata dei Talebani furono: l'attivista Wazhma Frogh, Shukria Asil, la scrittrice di bestseller Ukmina Manoori, Shafiqa Quraishi e Maryam Durani.

La condizione femminile afgana durante la Repubblica Islamica

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Ragazze studentesse a Samangan nel 2006 (attualmente solo il 24,2% delle donne afgane sono alfabetizzate)

Il 4 giugno 2007 una giornalista afghana, proprietaria di una stazione radio, Zakia Zaki di anni 45, è stata assassinata con sette colpi di arma da fuoco nella sua casa a nord della capitale Kabul; i suoi sei figli ne sono usciti tutti incolumi. Il ministro dell’Interno condannò il gesto come un “atto terroristico” e promise l’apertura di un’inchiesta per scoprirne i responsabili.

Nel 2008 già circa una dozzina di donne lavoravano come presentatrici televisive. Molte erano anche medico e anche giudici.

Il 15 novembre 2008 ignoti hanno aggredito e lanciato acido in faccia contro almeno quattordici studentesse e insegnanti, a Kandahar, per "punirle" per essere andate a scuola. L’aggressione ha suscitato la protesta e l’attenzione internazionale. Un mese dopo, Azra Jafari divenne sindaco di Nili, fino al gennaio 2014[12].

Il 12 aprile 2009, Sitara Achakzai, membro del Parlamento, venne uccisa dai Talebani.[13]

Tra le donne famose vi sono anche: Roya Mahboob imprenditrice e donna d'affari, Aziza Siddiqui attivista per i diritti umani; ma anche Mary Akrami direttrice dell'Afghan Women Skills Development Center e rappresentante della società civile afgana alla Conferenza di Bonn del dicembre 2001;

Nel 2012 Niloofar Rahmani diventa la prima donna pilota nel programma di allenamento dei piloti della Forza Aerea Afgana, seguendo i passi del Colonnello Latifa Nabizada, prima donna pilota afgana a volare su un aereo militare.

Nelle elezioni del 2014, il presidente eletto dell'Afghanistan si è impegnato a garantire alle donne pari diritti.[19] Tuttavia non ha avuto molto successo nelle zone rurali. Sempre secondo delle stime del 2014 le donne costituivano solo il 16% della forza lavorativa.

Il 3 febbraio 2016 Meena Rahmani diventa la prima donna in Afghanistan ad aprire un Bowling a Kabul, mentre l'anno seguente la 17enne Negin Khpolwak è la prima donna a condurre un'orchestra in Afghanistan[14].

Nel maggio 2017, la Missione d'Assistenza delle Nazioni Unite in Afganistan ha stabilito che la maggioranza di colpevoli di delitto d'onore non sia stata condannata.

Nel 2015 l'Afghanistan ha celebrato la sua prima maratona; la 25enne Zainab è stata la prima donna nel Paese a partecipare a una simile competizione. Nello stesso 2015, Seema Jowenda, dal 28 giugno al 7 novembre, divenne Governatrice di Ghor.

Nel 2018, secondo alcune ricerche, sono diminuite in maniera significativa le donne senza burqa nel Paese dalla caduta del regime talebano[15]. Sempre nel 2018 Salima Mazari divenne la Governatrice del distretto di Charkint nella provincia di Balkh. Nello stesso anno 69 donne prendono parte del Parlamento. Anisa Rasooli diventa la prima donna a sedere nella Corte Suprema in Afghanistan.

Nella provincia di Kandahar, il 17 luglio 2019, la trentunenne Zainab Fayez, attivista e femminista afgana, diventa la prima donna Pubblico Ministero in assoluto[16].

Maryam Durani, avvocatessa dei diritti umani

Nell'ottobre 2019 Qadir Hekmat, uno dei massimi comandanti del vertice talebano, nel corso di una lunga intervista rilasciata al giornale "La Repubblica" in un luogo segreto di Kabul, ha affermato che il burqa si può tranquillamente sostituire con l'hijab (indossato dalla maggioranza delle donne afgane oggi nelle zone più sviluppate), e che quindi il burqa, in caso di ritorno dei talebani, non sarà più l'abito obbligatorio. Nel novembre 2019 Zarifa Ghafari divenne sindaco di Maidan Shahr, fino all'agosto 2021.

Ragazze in una scuola di Herat nel giugno 2008

Violazioni dei diritti delle donne

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Secondo alcuni rapporti e stime dell'anno 2010 nell’Afghanistan di Karzai "è consentito alle donne uscire da sole, lavorare, studiare ecc. Tuttavia, la presenza sul territorio dei signori della guerra, dei trafficanti d’armi e di oppio, di bande criminali e di mafiosi, e dei talebani (dove in alcune province governano ancora), rendono il paese ancora insicuro. Esse hanno paura di andare al lavoro o all’università con aggressioni, violenze e stupri nelle piccole città e nei villaggi, di nuovo in crescita costante. Continuano ad indossare il burqa per paura, per tutelare la propria sicurezza. Nelle città e nella capitale le donne vestono in genere normalmente. Ma nei villaggi, dove è forte l’integralismo religioso, è facile incontrare donne con il burqa. La tradizione familiare è forte e sentita anche dalle donne, soprattutto da quelle che vivono nei villaggi, con grande rispetto e attaccamento per la famiglia e i suoi valori. Il modello patriarcale è radicato da millenni e le donne difficilmente chiedono il divorzio. Nelle città capita d’incontrare donne che abbiano chiesto di divorziare e che poi si siano anche risposate. Sono tuttavia casi rari anche a Kabul. Di solito queste donne sono persone coraggiose, che sanno di dover combattere un’opinione pubblica refrattaria che le etichetta come cattive persone, da allontanare. Oltre alla cultura, altri fattori agiscono da ostacolo alla liberazione della donna da matrimoni costruiti sulla costrizione e l’abuso. Quando una donna non può avere figli l'uomo può ottenere facilmente il divorzio per risposarsi. È secolarmente considerato un disonore per le famiglie più conservatrici una donna senza figli dal matrimonio. Le donne sono comunque scarsamente rappresentate nei negoziati, dove a prevalere è la forza dei signori della guerra[17][18]".

Habiba Sarabi, governatrice della provincia di Bamyan dal 23 marzo 2005 al 14 ottobre 2013 e precedentemente ministra delle donne dal 2002 al 2004.

Il Gender Inequality Index 2012 dà all'Afghanistan un punteggio di 0,712 per quanto riguarda i diritti delle donne in ambito di disuguaglianza su una scala da 0 a 1. Circa 460 donne su 100 000 (1 su 217) muoiono di parto naturale secondo una stima del 2013 (un migliaio durante il regime talebano e circa 1000 nei sondaggi precedenti UNICEF). In incoraggiante diminuzione anche la mortalità infantile, scesa a 99 decessi annui (tra i bambini con meno di 5 anni) ogni 1000 nati vivi, rispetto ai 149 del 2010. Il punteggio comunque è diminuito, fortunatamente, nel 2017 con 0,653.

Se col tempo la condizione femminile della donna afgana è migliorata, è comunque anche cambiato il pensiero dei talebani: secondo alcune interviste del gennaio 2011 e altre interviste dello stesso anno, si ha la conferma di come i talebani non si oppongano più all'istruzione femminile. Nonostante tutto, molte donne sono comunque preoccupate e scettiche, per la paura di studiare in scuole solo femminili e che tornino a essere marginali per quanto riguarda l'ambito politico[19].

I figli in media per una donna afgana sono 5,33 con bassissimo uso di anticoncezionali (sondaggi 2010/2011). I costumi tribali, inoltre, sono complici delle innumerevoli violenze che le donne quotidianamente ricevono.

Le donne in Parlamento nel 2010 sono il 27,6% del totale, e, secondo un sondaggio dello stesso anno, le donne con più di 25 anni che avevano un'educazione secondaria erano solo il 5,8%.

Omicidi di giovani donne negli anni 2010

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Nel 2012 ci sono stati ben 240 casi di delitti d'onore, il 21% commessi dai mariti, il 7% dai fratelli, il 4% dai padri e il resto da altri, proprio per questo motivo dal 2009 c'è una legge contro la violenza sulle donne. Nonostante ci sia questa legge, i crimini di violenza contro le donne sono ancora molto alti e il patriarcato è ancora molto presente.

Il 5 settembre 2013 Sushmita Banerjee venne uccisa perché si era opposta ad alcuni dettami talebani; mentre il 19 marzo 2015 la ventisettenne Farkhunda Malikzada(nata nel 1987 a Kabul) è stata uccisa dalla folla con la falsa accusa di aver bruciato una copia del Corano[20][21].

Anziana donna di Herat nel 2009

Mena Mangal, di soli trenta anni, è stata invece uccisa l'11 maggio 2019. Attivista per i diritti umani, aveva messo la sua battaglia per la parità di genere al primo posto.

Grazie al coraggio di politiche e attiviste, dal 17 settembre 2020 anche il nome della madre comparirà nella carta di identità del figlio[22]. Lo ha deciso il governo del presidente Ashraf Ghani. "L'emendamento cambia la definizione di identità", spiega il portavoce del governo Mohamed Hedayat, "la nuova identità comprende il nome della persona, il cognome, il nome del padre, il nome della madre e la data di nascita".

Per ottenere questa vittoria è stata portata avanti la campagna #WhereIsMyName che ha avuto particolare successo sui social. "Oggi milioni di ragazze frequentano scuole e università e diverse donne svolgono importanti ruoli governativi. Eppure nel Paese i nomi stessi delle donne sono tuttora un tabù, non vengono menzionati, non compaiono nei documenti e -come fa notare il New York Times - spesso non sono riportati nemmeno nelle lapidi dei cimiteri".

La buona notizia arrivò in un momento importante per tutto il Paese: il 12 settembre 2020 iniziò a Doha la conferenza di pace tra i rappresentanti dei talebani e il governo dell’Afghanistan che dovrebbe mettere fine a una guerra che dura ormai da decenni.

Ragazze afgane usano internet in un'università di Herat nel 2009

Il timore, però, è che in fase di mediazione il governo finisca per fare delle concessioni ai talebani che sono contrari alla realizzazione di una repubblica costituzionale e puntano invece a un governo di stampo religioso basato sulla legge coranica, anche se, tra i delegati del governo, ci sono anche quattro deputate.

Hillary Clinton con Sima Samar alla sua sinistra, Fauzia Koofi (con il velo verde) alla sua destra, Selay Ghaffar e Maria Bashir tra le altre il 20 ottobre 2011

Secondo Osservatorio Afghanistan nel 2020 "in Afghanistan il tasso di analfabetismo femminile si aggira ancora tra l'84 e l'87%. Nella capitale Kabul va meglio, ma nei villaggi rurali, specialmente quelli controllati dai fondamentalisti, i genitori non si fidano a mandare a scuola i figli, soprattutto le bambine. Pertanto, il 66% delle ragazzine tra i 12 e i 15 anni, non studia. Tra il 60 e l'80% delle donne è costretta dalla famiglia a sposarsi contro il proprio volere. La violenza domestica è molto presente. Le difficoltà riguardano anche il lavoro: chi riesce a lavorare è perché è iper qualificato, ma non lo sono le donne, che al massimo possono occuparsi di pulizie e cucito. Non va meglio la situazione sanitaria: il 50% delle donne continua a partorire in casa, con la sola assistenza di parenti più anziane, e la mortalità materna è ancora altissima. Il 95% dei suicidi sono commessi da donne".[23][24]

Il Global Gender Gap Report non ha mai analizzato l'Afghanistan come paese per quanto riguarda i diritti delle donne fino al 2021. In quest'ultimo anno, infatti, il Report classificò il paese ultimo su 156 paesi analizzati, sotto anche allo Yemen, Arabia Saudita, Pakistan e Siria, con un punteggio di 0,444 su 1,000.

Questo nonostante non fosse stato preso in considerazione il periodo della presa dei Talebani del Paese, evento accaduto ad agosto, dal momento in cui il Report è stato pubblicato nel mese di marzo[25].

Roya Rahmani prima donna ambasciatrice afgana (ambascaitrice per gli USA dal dicembre 2018 al 14 luglio 2021)[26]. Il 26 luglio 2021 Adela Raz divenne Ambasciatrice dell'Afghanistan negli Stati Uniti, fino al 18 febbraio 2022.

Il ritorno dei talebani (2021-presente)

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Una donna che indossa un burqa a Kabul a settembre 2021

Dopo la riconquista di Kabul da parte dei Talebani nell'agosto 2021, la comunità internazionale ha posto il rispetto dei diritti umani, e in particolare di quelli delle donne, come condizione fondamentale per il riconoscimento del nuovo governo talebano. Nonostante i talebani abbiano dichiarato inizialmente di voler rispettare i diritti delle donne "nel quadro della Sharia"[27][28], numerose testimonianze e rapporti indicano che sono state imposte restrizioni severe, con arresti arbitrari e repressioni violente contro coloro che protestano per i propri diritti.[29][30]

Nonostante le promesse fatte inizialmente, le politiche dei talebani hanno sistematicamente escluso le donne da vari aspetti della vita pubblica. Un rapporto delle Nazioni Unite[31] menziona che alle donne è stato proibito di svolgere la maggior parte dei lavori, tra cui comparire in programmi televisivi o telenovele[32][33] e lavorare per ONG e agenzie umanitarie[34]. I decreti dei talebani impediscono inoltre alle donne di viaggiare per lunghe distanze senza un parente maschio, limitando di fatto la loro capacità di lavorare e accedere ai servizi essenziali.[33][35] Inoltre, il Ministero degli affari femminili è stato abolito[33].

A settembre 2021 le scuole primarie e secondarie sono state riaperte, ma permettendo solo a studenti maschi di frequentare quelle secondarie (che cominciano all'età di 12 anni).[33][36] Le università sono riaperte nel 2022, con classi separate in base al genere e regole rigide su condotta e vestiario delle studentesse di sesso femminile;[37] l'accesso alle università è stato poi del tutto proibito alle donne poco tempo dopo.[38]

Sono stati anche approvate delle norme che hanno vietato il matrimonio forzato[39] e regolato il diritto alla proprietà, concedendo alle vedove il diritto a una quota dei beni dei mariti; tuttavia si ritiene che queste misure abbiano un impatto minore di quello dei divieti, e abbiano il solo scopo di ottenere legittimità con governi straniere e associazioni umanitarie, da cui dipende buona parte dell'economia del Paese[40][41].

Nel maggio 2022 sono stati imposti codici di abbigliamento restrittivi con l'obbligo per le donne di indossare un burqa, o un abaya associato con un niqab, in modo da lasciare scoperti solo gli occhi.[42][43]

  1. ^ Postcards From Hell: Afghan Women vol. 3, su raffaeleciriello.com. URL consultato il 2 dicembre 2021.
  2. ^ (EN) Women in Afghanistan: a human rights catastrophe (PDF), su Amnesty International. URL consultato il 21 agosto 2021.
  3. ^ Bashir Maria, su Meeting di Rimini. URL consultato il 14 giugno 2022.
  4. ^ Storia recen donne afgh, su dirittiumani.donne.aidos.it. URL consultato il 24 ottobre 2020.
  5. ^ La situazione delle donne afghane, su pz.rawa.org. URL consultato il 24 ottobre 2020.
  6. ^ VIETATO ALLE DONNE FAR RUMORE COI TACCHI - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato il 24 ottobre 2020.
  7. ^ la Repubblica/mondo: Afghanistan, due donne lapidate perché adultere, su repubblica.it. URL consultato il 24 ottobre 2020.
  8. ^ Marta Serafini, Ferita in un attacco la deputata del team per i negoziati con i talebani, su Corriere della Sera, 16 agosto 2020. URL consultato il 24 ottobre 2020.
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