Martino da Signa

Martino da Signa (Signa, ... – Firenze, 5 giugno 1387) è stato un religioso italiano, ricordato principalmente per essere stato amico e direttore spirituale di Giovanni Boccaccio, che gli destinò in eredità la sua biblioteca privata.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Origini e amicizia con Boccaccio[modifica | modifica wikitesto]

Martino da Signa nacque in una data imprecisata a Signa, paese nel fiorentino[1]. Entrato nell'ordine degli agostiniani, Martino compare per la prima volta in un documento del 1357, per poi ricomparire l'anno successivo quale dottore in teologia a Bologna[1]. Divenuto monaco nella chiesa di Santo Spirito a Firenze, negli anni '60 dovette legarsi in profonda amicizia con Giovanni Boccaccio, del quale l'agostiniano divenne il direttore spirituale e uno degli amici più intimi, oltreché simpatizzante del nascente movimento umanista[2].

Erede della biblioteca di Boccaccio[modifica | modifica wikitesto]

Alla morte dell'amico Boccaccio, avvenuta il 21 dicembre 1375 nel suo ritiro di Certaldo, Martino da Signa divenne erede della sua biblioteca, contenente numerosi codici latini e le opere in volgare da lui scritte[3][4]. Nel periodo tra la morte del Certaldese e la sua, avvenuta il 5 giugno del 1387 mentre rivestiva la carica di priore di Santo Spirito[1], Martino da Signa continuò a sostenere le iniziative culturali del circolo umanista ora roteante intorno al cancelliere Coluccio Salutati. Dopo la sua morte, la biblioteca del Boccaccio (detta, in un catalogo del 1450, parva libreria) passò in eredità al monastero degli agostiniani[5].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Falzone.
  2. ^ Falzone:

    «Che M[artino] abbia rappresentato per Boccaccio l’«illuminato direttore di coscienza» di cui parlò, non senza enfasi, Mariani (p. 72), si può soltanto supporre. Ma certo il legame tra l’autore del Decameron e il frate agostiniano fu profondo, come si ricava da due documenti appartenenti all’ultimo periodo della vita di Boccaccio»

    Poco dopo, Falzone ricorda l'Epistola XXIII, databile, secondo Ginetta Auzzas, forse al 1374, in cui Boccaccio risponde alle richieste del frate suo amico riguardo alle allegorie presenti nel Buccolicum carmen (Cfr. anche Auzzas, pp. 216-221).
  3. ^ Petoletti, p. 42:

    «...dispose per testamento di lasciare la sua biblioteca all'agostiniano Martino da Signa con l'indicazione che alla morte del frate i volumi fossero negli armaria del convento fiorentino di Santo Spirito. Così avvenne...»

  4. ^ Branca, p. 182.
  5. ^ Branca, p. 183.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giovanni Boccaccio, Epistole, a cura di Ginetta Auzzas, collana Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, V, tomo I, Milano, Mondadori, 1992, SBN IT\ICCU\UBO\0978090.
  • Vittore Branca, Tradizione delle opere di Giovanni Boccaccio, vol. 2, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1991 [1958], SBN IT\ICCU\LO1\0362097. URL consultato il 19 gennaio 2016.
  • Paolo Falzone, MARTINO da Signa, collana Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 71, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2008, SBN IT\ICCU\IEI\0286589. URL consultato il 19 gennaio 2015.
  • Marco Petoletti, Boccaccio e i classici latini, in Teresa De Robertis, Carla Maria Monti, Marco Petoletti et alii (a cura di), Boccaccio autore e copista, Firenze, Mandragora, 2013, pp. 41-49, ISBN 978-88-7461-213-0.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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