Pala Bevilacqua-Lazise

Pala Bevilacqua-Lazise
AutoreVeronese
Data1548
TecnicaOlio su tela
Dimensioni223×172 cm
UbicazioneMuseo di Castelvecchio, Verona

La Pala Bevilacqua-Lazise è un dipinto a olio su tela di Paolo Caliari (detto "il Veronese"), databile al 1548 e conservato nel Museo di Castelvecchio a Verona.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La famiglia veronese Bevilaqua-Lazise commissionò ad un ancor giovane Paolo Caliari una pala per l'omonima cappella funeraria nella chiesa di San Fermo Maggiore a Verona (ed oggi nel Museo di Castelvecchio). Il soggetto scelto per la tela, realizzato nel 1548, fu una Madonna con Bambino e Santi e sancì il genio e la fama dell'autore.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il Veronese inserisce la Madonna con in braccio il figlio ed i santi in una struttura architettonica semplice e lineare, che gli permette di creare una piramide compositiva, partendo dai due membri della famiglia Bevilacqua che pregano e passando dai santi per giungere al vertice rappresentato proprio da Maria, che regge da una parte un libro e dall'altra Gesù. Dietro invece a dei tendaggi alle spalle della Madonna, fra la penombra, il pittore raffigura due angeli.

Stile[modifica | modifica wikitesto]

Già le sue opere giovanili, quando l'artista era ancora a Verona, testimoniano la precoce attenzione del Veronese alla maniera moderna, la cui complessità compositiva evidenzia il superamento dello stile del Badile, suo maestro, e per l'appunto il recepimento di influssi manieristici. Da Antonio Badile (sebbene il Vasari lo definisca allievo di Giovanni Francesco Caroto) apprende un elemento destinato a divenire preziosa costante del suo stile: il disegno che contorna zone di superficie colorate e giustapposte, già riscontrabile in queste prime opere realizzate nella sua città scaligera, e rivela, oltre ad una complessità costruttiva di stampo manierista, anche un nuovo e personale senso della luce e del colore. Comunque, sebbene mostri ancora i segni, nei richiami al Badile, al Torbido e al Caroto, del primitivo scolasticismo, questi non portarono però ad influenze rilevanti sul futuro stile del Veronese, al contrario degli influssi di Michele Sanmicheli, che lo introdusse alle innovazioni manieristiche, e quelli di ascendenza tosco-romana, la cui fonte è Giulio Romano, a lungo attivo nella vicina Mantova, sia di stampo emiliano, riferibili all'opera del Correggio e del Parmigianino.

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