Katsushi Murata

Katsushi Murata sul giornale del 10 dicembre 1963.

Katsushi Murata (村田 勝志?, Murata Katsushi; Tsuchiura, 1º aprile 1939Tokyo, 9 aprile 2013) è stato un mafioso giapponese, ricordato per aver ucciso il pro-wrestler Rikidōzan.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

La carriera[modifica | modifica wikitesto]

Katsushi Murata era originario di Tsuchiura, una città della prefettura di Ibaraki, la cittadina di Ami in teoria. Era conosciuto con il temuto soprannome di "Murata il rasoio" (カミソリ村田?, Kamisori Murata), che risaliva alle scuole medie, quando faceva parte di una banda, derivante dal fatto che colpiva l'avversario con il pugno chiuso su entrambi i fianchi. Era alto 177 cm e pesava 80 kg.

Trasferito a Tokyo, entrò nella ninkyō dantai Sumiyoshi-ikka, uno dei più potenti rami secondari della yakuza, e divenne un grande membro industriale della Dai Nippon Kōgyō Co., Ltd. (大日本興業?, Dai Nihon Kōgyō). Era il fratello minore di Jirō Naoi, presidente dell'affiliata Sumiyoshi-kai, e un rivale in affari del boss mafioso Nick Zappetti, amico del pro-wrestler Rikidōzan e co-investitore nella Japan Pro-Wrestling Association.

L'omicidio di Rikidōzan[modifica | modifica wikitesto]

La tomba di Rikidōzan.

La sera dell'8 dicembre 1963, Rikidōzan stava festeggiando con gli amici pezzi grossi del sumo nel famoso locale di lusso notturno del nuovo quartiere latino Akasaka, nel centro di Tokyo. La yakuza aveva finanziato la sua federazione in quei giorni e si dice che era in rappresaglia per aver perso soldi quando sconfisse Masahiko Kimura per il titolo di campione dei pesi massimi giapponese nove anni prima, il 22 dicembre 1954.[1]

Alle 22:30, mentre parlava con una donna di nome Naomi, fu affrontato da Murata, che gli aveva calpestato il piede. Rikidōzan pretese delle scuse, ma Murata rifiutò. Una rissa scoppiò nel corridoio del bagno degli uomini e il wrestler cominciò a colpirlo al volto, buttandolo contro un muro e continuando a terra. Freddo e calcolatore, Murata lo pugnalò allo stomaco, nella parte sinistra del basso addome, con un tantō di 13 cm e dalla lama intrisa di urina, una comune tattica yakuza, la quale generò un'infezione nella ferita letale, e fuggì subito dalla scena.[2]

La mattina del 9 dicembre, il suo capo Kusuo Kobayashi e altri tre membri della banda andarono all'attico di Rikidōzan, ad Akasaka, per scusarsi e negoziare una sorta di risarcimento monetario, come spesso accade in tali casi, prima di consegnarsi alla polizia. Rikidōzan accettò. Murata aspettò nel parcheggio al piano di sotto, dove fu violentemente aggredito dalla Sumiyoshi-ikka e ferito da quattro o cinque membri arrabbiati della Tōsei-kai, tra cui il direttore esecutivo Toshikazu Noguchi, strettamente riuniti intorno a Rikidōzan. Fedele all'ordine del suo capo di evitare la violenza a tutti i costi, si lasciò stoicamente sfregiare sul viso e sul petto con coltelli da macellaio. Quando però anche i suoi compagni furono attaccati, reagì e, con il coltello usato poche ore prima contro Rikidōzan, tagliò all'addome uno degli attaccanti, prima che la polizia arrivasse per imporre l'ordine.[3]

Ricoverato al dipartimento di chirurgia di Maeda, ad Akasaka, sentì della morte di Rikidōzan all'ospedale Sannō una settimana dopo, la sera del 15 dicembre, a causa di complicazioni da peritonite, che si era sviluppata nonostante un primo intervento chirurgico di successo perché, andando contro gli ordini di uno dei suoi medici di fiducia, riprese a mangiare sushi e a bere sakè una volta tornato a casa lo stesso giorno dell'alterco.

In primo grado fu condanno a dodici anni di carcere, ridotti ad otto in appello. Il 23 ottobre 1964, pur avendo sempre sostenuto la legittima difesa, venne riconosciuto colpevole di omicidio preterintenzionale dalla Corte suprema e scontò otto anni di carcere all'interno delle alte mura della prigione di Fuchū per il suo atto. Tra le visite di ritorno, rese possibili da altre condanne per il gioco d'azzardo e il possesso di armi, dopo il rilascio, avvenuto nel 1972, divenne assistente vice-presidente della Sumiyoshi-ikka, dunque un membro di alto rango della yakuza.[3]

Era un gangster con un vecchio senso dell'onore in più di un modo. Ad ogni anniversario della prematura morte di Rikidōzan, si scusò annualmente per telefono con i figli del pro-wrestler, Mitsuo e Yoshihiro Momota, e poi visitò la tomba, con davanti il busto di bronzo a grandezza naturale, nel cimitero del tempio Ikegami Honmon-ji, nella parte orientale di Tokyo, per fare ammenda del suo crimine. Nelle occasioni in cui fu incarcerato, fece venire nella sua cella il sacerdote buddista della prigione per accendere un'offerta di incenso e dire una preghiera per il riposo dell'anima di Rikidōzan.[3]

Gli ultimi anni[modifica | modifica wikitesto]

Fu il primo presidente del consiglio di amministrazione della Sendai Keylock Co., Ltd. (有限会社仙台キーロック?, Yūgengaisha Sendai kīrokku), fondata nel 1976. La gente lo chiamava un mostro.[4] A metà degli anni ottanta, dopo essere salito al posto di direttore nella banda di Kobayashi, divenne il capo di una personale kumi, o sotto-banda, di quindici uomini e aveva rispetto anche dalle autorità della città. Era stato arrestato una volta per il sospetto di gioco d'azzardo. Fece i titoli nazionali ancora una volta nel 1989. Fu nuovamente arrestato per il sospetto di aiutare la giovane moglie Megumi, un'affascinante signora di un club di hostess di alta classe a Roppongi, in un caso di assalto ed estorsione di una delle sue hostess adolescente, ma presto scagionati.[3]

Viveva comodamente in un lussuoso appartamento al decimo piano di 400 000 yen al mese nella lussuosa zona residenziale di Minami-Azabu con la moglie e una gestione di animali domestici, che comprendeva quattro gatti siamesi, due uccelli myna, quattro scimmie, quattro cani, un pappagallo, un procione e un acquario di pesci tropicali. I vicini lo vedevano fare passeggiate pomeridiane in un parco vicino, di tanto in tanto con una scimmia appollaiata sulla spalla. Agli osservatori casuali, sembrava più un salaryman in pensione che uno della città.[3]

La morte[modifica | modifica wikitesto]

Morì in un ospedale a Tokyo il 9 aprile 2013, all'età di 74 anni, dopo aver sofferto di diabete, per la quale doveva iniettarsi insulina ogni giorno, ed essere stato a letto negli ultimi anni. Il funerale si tenne il 13 aprile, e la Sumiyoshi-kai, come altri gruppi di yakuza e un sacco di Katagi, vi parteciparono, tributandogli l'addio.[5][6]

Vita privata[modifica | modifica wikitesto]

Con la moglie Megumi ha avuto una figlia, la pro-wrestler Hikaru Shinohara, nata a Tokyo il 9 ottobre 1974. Con Machiko Ōtsuki ha avuto un figlio, Yūtarō Murata, nato a Tokyo il 14 febbraio 1984.

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Nel film biografico sudcoreano Rikidōzan del 2004, Kōichi Kasai, il suo modello, viene interpretato da Tarō Yamamoto.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) My Judo by Masahiko Kimura, su judoinfo.com. URL consultato il 21 ottobre 2017.
  2. ^ Diversi anni prima, era stato coinvolto in un alterco con un wrestler straniero. Ad Eiji Ōshita, che lo intervistò nel 1991, disse che sapeva di non dover sottovalutare la forza fisica di un wrestler, così aveva portato il coltello con sé e, se avesse sentito un problema, lo avrebbe tirato fuori rapidamente dalla cintura.
  3. ^ a b c d e Robert Whiting, Tokyo Underworld: The fast times and hard life of an American Gangster in Japan, 2012.
  4. ^ (JA) 東北ブロック組合員の安否確認表 (PDF), su jalose.org. URL consultato il 14 ottobre 2017.
  5. ^ (EN) Yakuza who stabbed famed wrestler Rikidozan dies in Tokyo, su tokyoreporter.com, 14 aprile 2013. URL consultato il 17 febbraio 2020.
  6. ^ (EN) Looking back at the death of Rikidozan, su tokyoreporter.com, 10 maggio 2013. URL consultato il 17 febbraio 2020.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]