Ivan Maček

Ivan Maček
Ivan Maček nel 1961

Presidente dell'Assemblea del Popolo della Slovenia
Durata mandato25 giugno 1963 –
9 maggio 1967
Capo del governoViktor Avbelj
Janko Smole
Stane Kavčić
PredecessoreMiha Marinko
SuccessoreSergej Kraigher

Dati generali
Partito politicoLega dei Comunisti della Slovenia (ZKS)

Ivan Maček, nome di battaglia Matija (Spodnja Zadobrova, 28 maggio 1908Lubiana, 10 luglio 1993), è stato un politico jugoslavo, Presidente dell'Assemblea del Popolo della Slovenia dal 1963 al 1967.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Maček nacque a Spodnja Zadobrova, vicino a Lubiana, nell'allora impero austro-ungarico. Nel 1930 divenne membro del Partito Comunista di Jugoslavia e nel 1935 andò in Unione Sovietica, dove studiò presso la Scuola Internazionale Lenin di Mosca. Tornato in Jugoslavia nel 1937, divenne membro del comitato centrale della neonata Lega dei Comunisti della Slovenia. L'anno successivo fu arrestato dalla polizia jugoslava e fu condannato a quattro anni di carcere da scontare nella famigerata prigione di Sremska Mitrovica, in Serbia.

A seguito dell'invasione della Jugoslavia nel 1941, Maček ebbe modo di fuggire dalla prigione assieme ad altri 32 prigionieri politici comunisti, aderendo poi all'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia. Nel 1942 fu inviato nella Slovenia occupata, divenendo presto il commissario politico del comando generale dei partigiani comunisti sloveni. Ottenne inoltre il grado di maggior generale e nel 1944 divenne membro del Fronte di Liberazione del Popolo Sloveno.

Dopo un incontro pianificatore avvenuto a Belgrado alla presenza di Edvard Kardelj, Josip Broz Tito e Aleksandar Ranković, il 3 maggio 1945 Maček giunse a Trieste, insediandosi in una villa di San Giovanni di Duino.[1] In qualità di capo dell'OZNA in Slovenia,[2] organizzò in maniera estremamente accurata e congegnata una serie di arresti e deportazioni di massa di anticomunisti e nemici del regime.[3] Internamente all'OZNA sloveno, la linea adottata da Maček fu quella più brutale e intransigente, tantò che Boris Kraigher si appellò a Boris Kidrič affinché spingesse Maček a porre fine ai massacri perpetrati a Trieste. Kidrič aveva però le mani legate, a causa del legame di fiducia particolare che intercorreva tra Maček e lo stesso Tito.[4][5] Fu proprio il Maresciallo, infatti, a informare Maček della volontà sovietica, manifestatagli nel suo quartier generale, "di eliminare il maggior numero di oppositori politici, e fare in modo di evitare qualsiasi processo giudiziario",[6][7] impartendogli ordini espliciti in tal senso.[4]

Dopo la guerra Maček si trasferì a vivere nella villa confiscata al farmacista Leo Bahovec.[8][9] Fu ministro degli interni e vicepresidente del governo sloveno dal 1945 al 1953, vicepresidente del consiglio esecutivo della Repubblica popolare slovena e membro del consiglio esecutivo federale dal 1953 al 1963, nonché Presidente dell'Assemblea del Popolo Sloveno dal 1963 al 1967. Fu inoltre deputato dell'Assemblea nazionale e di quella federale. Nel 1952 fu insignito dell'Ordine dell'Eroe popolare della Jugoslavia.

Morì a Lubiana nel 1993 per insufficienza cardiaca.[10]

Era il cugino di Pepca Kardelj, moglie del politico sloveno Edvard Kardelj.[11]

Crimini[modifica | modifica wikitesto]

Secondo lo storico Jože Dežman, presidente della Commissione per fosse comuni nascoste in Slovenia, Ivan Maček fu tra i maggiori responsabili delle uccisioni extragiudiziali avvenute nel dopoguerra in Slovenia.[12]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Klinger, pp. 41-42.
  2. ^ Florian Rulitz, The Tragedy of Bleiburg and Viktring, 1945, Cornell University Press, 2016, ISBN 9781501756634.
  3. ^ Svetina, p. 186-187.
  4. ^ a b Jure Aleksič, «Krvava Depeša»: intervista a Janez Stanovnik su Mladina, 6 giugno 2005
  5. ^ Klinger, p. 43.
  6. ^ Svetina, pp. 121-122.
  7. ^ Klinger, p. 38.
  8. ^ Zupančič, Bogo. 2005. Mladina 52 (29 dicembre).
  9. ^ Balantič, Polona. 2010. Ljubljanski čaj za odvajanje, ki so ga ljubili Američani. RTV SLO (6 febbraio).
  10. ^ (SL) Umrl Ivan Maček – Matija, in Delo, n. 158, 12 luglio 1993.
  11. ^ Strle, Franci. 1980. Tomšičeva brigada: Uvodni del. Lubiana: Partizanska knjiga, p. 146.
  12. ^ (SL) Arheologi našli kakšnih 1500 pobitih Slovencev, žrtev krutih pobojev s strani Slovenske narodne vojske v Kočevskem rogu!, 30 ottobre 2019.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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