Grande fiume artificiale

Schema del progetto dell'acquedotto

Il grande fiume artificiale (o GMR, acronimo della traduzione inglese Great Man-made River, in arabo النهر الصناعي العظيم) è un acquedotto libico che preleva acqua dolce di origine fossile dal Sahara libico per condurlo ai paesi della costa dello stato africano.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'opera idraulica è stata voluta da Muʿammar Gheddafi per portare acqua potabile alle città costiere del proprio Paese. Per fare ciò ha sfruttato l'enorme quantità di acqua fossile, 35 000 km³, presente a grande profondità nel Sahara libico, trasportandola per centinaia di chilometri verso le città costiere di Tripoli, Bengasi, Sirte, Tobruch, dove risiede il 70 per cento della popolazione.[2] Tale idea nacque negli anni ottanta e il progetto fu redatto dalla società americana Brown and Rooth. La realizzazione dell'opera venne affidata all'impresa sudcoreana Dong Ha.[2]

Il 22 luglio 2011 lo stabilimento di Brega, uno degli stabilimenti dedicati alla produzione dei tubi impiegati nel progetto, fu colpito da bombardamenti della NATO[3]. Nella successiva conferenza stampa del 26 luglio la NATO dichiarò che l'impianto veniva usato come deposito di materiale bellico e come base per il lancio di missili[4]. La notizia si è poi rivelata falsa.[senza fonte]

Dati tecnici[modifica | modifica wikitesto]

Momenti della costruzione del grande fiume

Tale opera idraulica, che risulta essere l'acquedotto più grande al mondo, è composta da 4000 km di condutture di calcestruzzo precompresso aventi un diametro di quattro metri. L'acquedotto è sepolto nella sabbia e ha una portata complessiva di sei milioni di metri cubi di acqua al giorno.[2]

Prime città servite[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ www.corriere.it
  2. ^ a b c www.ansa.it
  3. ^ (EN) Libya says six killed in airstrike near Brega, in Reuters, 22 luglio 2011. URL consultato il 20 aprile 2019.
  4. ^ (EN) NATO bombs the Great Man-Made River, su Human rights investigations, 27 luglio 2011. URL consultato il 20 aprile 2019.

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]