Filosofie femministe

Christine de Pizan mentre scrive il suo libro. Andrea Hopkins, Six Medieval Women, p. 108.

Con l'espressione "filosofie femministe" si fa riferimento a diversi contributi alla filosofia moderna e alla filosofia contemporanea, promossi per lo più da parte di filosofe, che riguardano la costruzione della differenza naturale e socio-culturale dei sessi sia nel passato che nel presente e il loro conseguente impatto sulla filosofia, sull'arte, sulla scienza e sulla letteratura; o trattano della condizione delle donne in un mondo dominato dagli uomini, offrendo in tal senso modelli culturali di resistenza al fine di eliminare tale subordinazione[1].

Fondamentale per questo ambito filosofico è lo studio critico delle nozioni storiche e filosofiche di "femminilità" e "mascolinità".

Storia del pensiero femminista[modifica | modifica wikitesto]

Precedenti del pensiero femminista[modifica | modifica wikitesto]

Mary Astell, Una seria proposta alle signore, 1694

L'umanista francese di origini italiane Christine de Pizan (1365-1430) è generalmente considerata una femminista ante litteram[2]. La de Pizan denuncia infatti, nelle sue opere, la misoginia del suo ambiente sociale. Nel 1402 la de Pizan si inserisce nella Querelle du Roman de la Rose avviata da un trattato di Jean de Montreuil, poi andato perduto, il quale difendeva il Roman de la Rose opera di Jean de Meun. Per la de Pizan, letterata appartenente all'ambiente della Corte francese, così come per Jean Gerson, cancelliere dell’università di Parigi, l'opera di Jean de Meun non è altro che uno scritto osceno, immorale e misogino. A tal proposito la de Pizan compone Le dit de la Rose, una poesia che richiama un sogno dell'autrice dove affronta gli aspetti misogini del Roman de la Rose, invocando la fondazione di un ordine di cavalieri in difesa dell'honneur féminin (Ordine della Rosa). Nel 1404 pubblica Il libro di tre virtù in materia di istruzione delle donne (Le Livre des trois vertus à l'enseignement des dames) con lo scopo di educare le donne "di tutti gli stati". Poco tempo dopo, nel 1405, segue il libro La città delle dame (La Cité des dames), in cui descrive l'utopia della fondazione di una città in cui le donne possono trovare un rifugio sicuro.

La filosofa inglese Mary Astell (1666 - 1731) ha denunciato l'oppressione delle donne e criticato il matrimonio "forzato" allora in voga. Di questa autrice è celebre la domanda:

(EN)

«If all Men are born free, how is it that all Women are born Slaves?»

(IT)

«Se tutti gli uomini sono nati liberi, com'è che tutte le donne sono nate schiave?»

Tale domanda riprende molto probabilmente il Secondo trattato sul governo (Second Tract of Government, 1662) di John Locke dove in numerose sezioni (cfr. ad esempio, 4, 22, 87, 95 e 113) viene ripetutamente asserito che "tutti gli uomini sono nati liberi"[3].

Mary Wollstonecraft e la nascita del pensiero femminista[modifica | modifica wikitesto]

Il ritratto di Mary Wollstonecraft (1797 circa), olio su tela, National Portrait Gallery

Le origini del pensiero femminista moderno vengono generalmente fatte risalire all'opera della filosofa britannica Mary Wollstonecraft[4] (1759-1797). Nata in una famiglia che soffriva di gravi difficoltà economiche, la Wollstonecraft riesce comunque a studiare, cercando in questo modo di rendersi indipendente. Il suo scopo iniziale è quello di creare una scuola dedicata alle sole ragazze, iniziativa che tuttavia fallisce. L'incontro con l'editore londinese Joseph Johnson le consente, nel 1787, di dare alle stampe la sua prima opera Thoughts on the Education of Daughters (Pensieri sulla educazione delle ragazze).

È il periodo della "Rivoluzione francese", avvenimento che anima i dibattiti culturali e politici dei salotti inglesi. Il 4 novembre 1789 il reverendo inglese Richard Price pubblica un sermone, On the Love of Our Country, in difesa dei principi liberali propugnati dai rivoluzionari francesi. Un anno dopo, il 1º novembre 1790, il filosofo Edmund Burke dà alle stampe Reflections on the revolution in France dove, rispondendo al sermone di Price, critica duramente invece tali principi.

Wollstonecraft si inserisce direttamente in questo dibattito, pubblicando due settimane dopo l'uscita del duro pamphlet di Burke, A Vindication of the Rights of Men, dove polemizza con il filosofo inglese per essersi preoccupato e commosso di fronte all'amaro destino della regina Maria Antonietta (1755-1793), ignorando quello ben più grave delle donne sfruttate.

Nel 1792 la Wollstonecraft pubblica la sua opera più importante, A Vindication of the Rights of Woman (Rivendicazione dei diritti della donna) dove già delinea il futuro pensiero femminista:

(EN)

«It is time to effect a revolution in female manners — time to restore to them their lost dignity — and make them, as a part of the human species, labour by reforming themselves to reform the world.»

(IT)

«È tempo di compiere una rivoluzione nei modi di esistere delle donne - è tempo di restituire loro la dignità perduta - e fare in modo che esse, come parte della specie umana, si adoperino, riformando se stesse, per riformare il mondo.»

Tale opera viene diffusa, nello stesso anno, anche negli Stati Uniti e in Francia. L'opera della Wollstonecraft è rivolta a un pubblico prevalentemente femminile della classe colta e di tendenza liberale, a costoro la filosofa britannica indirizza la sua denuncia.

Olympe de Gouges e la Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne del 1791[modifica | modifica wikitesto]

Ritratto di Olympe de Gouges (fine del XVIII sec), pastello su tela
Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina ("Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne"), 1791

La filosofa Wollstonecraft si trasferisce in Francia alla fine dello stesso anno. La sua permanenza sul suolo francese è di due anni ma non abbiamo contezza se abbia o meno lì incontrato delle donne repubblicane[5], come Marie Gouze, meglio conosciuta con il nome d'arte Olympe de Gouges (1748-1793), la drammaturga e scrittrice rivoluzionaria francese compilatrice, nel 1791, della Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne (Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina), sul modello della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 nel cui preambolo viene affermato:

(FR)

«Les mères, les filles, les sœurs, représentantes de la nation, demandent d’être constituées en assemblée nationale. Considérant que l’ignorance, l’oubli ou le mépris des droits de la femme, sont les seules causes des malheurs publics et de la corruption des gouvernements, ont résolu d’exposer dans une déclaration solennelle, les droits naturels, inaliénables et sacrés de la femme, afin que cette déclaration, constamment présente à tous les membres du corps social, leur rappelle sans cesse leurs droits et leurs devoirs, afin que les actes du pouvoir des femmes, et ceux du pouvoir des hommes pouvant être à chaque instant comparés avec le but de toute institution politique, en soient plus respectés, afin que les réclamations des citoyennes, fondées désormais sur des principes simples et incontestables, tournent toujours au maintien de la constitution, des bonnes mœurs, et au bonheur de tous. En conséquence, le sexe supérieur en beauté comme en courage, dans les souffrances maternelles, reconnaît et déclare, en présence et sous les auspices de l’Être suprême, les Droits suivans de la Femme et de la Citoyenne.»

(IT)

«Le madri, le figlie, le sorelle, rappresentanti della nazione, chiedono di potersi costituire in Assemblea nazionale. Considerando che l'ignoranza, l'oblio o il disprezzo dei diritti della donna sono le cause delle disgrazie pubbliche e della corruzione dei governi, hanno deciso di esporre, in una Dichiarazione solenne, i diritti naturali, inalienabili e sacri della donna, affinché questa dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, ricordi loro senza sosta i loro diritti e i loro doveri, affinché gli atti del potere delle donne e quelli del potere degli uomini, potendo essere paragonati ad ogni istante con gli scopi di ogni istituzione politica, siano più rispettati, affinché le proteste dei cittadini, fondate ormai su principi semplici e incontestabili, si rivolgano sempre al mantenimento della Costituzione, dei buoni costumi, e alla felicità di tutti. In conseguenza, il sesso superiore sia in bellezza che in coraggio, nelle sofferenze della maternità, riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell'essere supremo, i seguenti Diritti della Donna e della Cittadina.»

Marie Gouze è una attivista per i diritti delle donne nel secolo dei lumi. Arrivata a Parigi da un piccolo paese, diventa, da autodidatta, una conoscitrice della lingua e della cultura francese. Nel 1786, usando uno pseudonimo, indirizza a sé stessa, un romanzo epistolare contro la discriminazione delle madri di figli illegittimi. Ha propugnato l'introduzione di una legge sul divorzio e un contratto firmato tra concubini. Ha sostenuto, inoltre, il riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio.

Harriet Hardy Taylor e John Stuart Mill: il femminismo liberale[modifica | modifica wikitesto]

Ritratto di Harriet Mill, artista sconosciuto, National Portrait Gallery di Londra
Foto di John Stuart Mill (1870 circa), London Stereoscopic Company
Foto di John Stuart Mill e Helen Taylor, figlia di Harriet Taylor.

Il confronto sul riformismo politico, bloccatosi in Inghilterra a partire dal 1794 a seguito delle guerre contro la Francia rivoluzionaria, e quindi napoleonica, riprende a partire dalla prima metà del XIX secolo. In questo contesto di dibattito e di riforme, che coinvolge ampie fasce di cittadini (si ricorda in tal senso il Reform Act del 1832), si incontrano, nel 1830, Harriet Hardy Taylor (1808-1858) e John Stuart Mill (1806-1873). Lei, una donna sposata, è già sensibile alle battaglie a favore della emancipazione femminile, lui è un attivista, fin dall'adolescenza, per i diritti civili, compresi quelli delle donne, per i quali era già stato interessato da procedimenti di polizia per aver promosso, e quindi diffuso, l'uso delle spugne vaginali (sistemi contraccettivi) fra le operaie. Hardy Taylor e Stuart Mill si sposeranno nel 1849 dopo la scomparsa del marito di lei. Lo scopo delle loro battaglie, e delle loro opere, è quello di portare a compimento l'iniziativa avviata da Mary Wollstonecraft: il superamento del pregiudizio, largamente diffuso all'epoca in tutte le classi sociali, sulla "inferiorità della donna". A tal proposito vanno sostanzialmente segnalate due opere critiche di questi autori: The Enfranchisement of Women del 1851 (L'emancipazione delle donne; attribuibile alla Hardy Taylor)[6] e The Subjection of Women del 1869 (L'asservimento delle donne, firmata dal solo Stuart Mill in quanto, peraltro, la Hardy Taylor era scomparsa undici anni prima).

A tal proposito, nota Franco Restaino[7], anche se i due compagni di battaglie sui diritti delle donne fondano la loro critica sulla lettura liberale e illuministica per cui ogni essere umano è per natura propria autonomo e morale, e quindi va lasciato libero di esercitare i propri diritti, si marca tra i due una decisiva differenza sul ruolo ultimo della donna. Se infatti si attribuisce la stesura del testo The Enfranchisement of Women principalmente alla Hardy Taylor[8], qui la donna viene invitata a intraprendere le qualsivoglia attività umane ivi comprese quelle imprenditoriali, nel The Subjection of Women di Stuart Mill, la donna è invece invitata a svolgere primariamente quel ruolo specifico che la natura le avrebbe assegnato, ovvero quello di "garante della famiglia" e di "custode dei figli", anche se il filosofo inglese riconosce uguali diritti politici e civili ad ambedue i sessi, condividendo insieme medesime capacità razionali e morali.

Nonostante questa diversità Stuart Mill resta il primo filosofo maschio ad evidenziare come, se da una parte l'asservimento storico delle donne conserva dei punti comuni con la schiavitù, un elemento differenzia le due tipologie di sottomissione: alcuni uomini possono risultare schiavi di altri, mentre tutte le donne, nel privato della famiglia, sono schiave degli uomini in virtù della loro soggezione storica fondata su ragioni "affettive":

(EN)

«Men do not want solely the obedience of women, they want their sentiments. All men, except the most brutish, desire to have, in the woman most nearly connected with them, not a forced slave but a willing one, not a slave merely, but a favourite. They have therefore put everything in practice to enslave their minds. The masters of all other slaves rely, for maintaining obedience, on fear; either fear of themselves, or religious fears. The masters of women wanted more than simple obedience, and they turned the whole force of education to effect their purpose. All women are brought up from the very earliest years in the belief that their ideal of character is the very opposite to that of men; not self will, and government by self-control, but submission, and yielding to the control of other. All the moralities tell them that it is the duty of women, and all the current sentimentalities that it is their nature, to live for others; to make complete abnegation of themselves, and to have no life but in their affections. And by their affections are meant the only ones they are allowed to have — those to the men with whom they are connected, or to the children who constitute an additional and indefeasible tie between them and a man.»

(IT)

«Gli uomini non s’appagano dell’obbedienza delle donne. Essi si arrogano un diritto anche sui loro sentimenti. Tutti, i più brutali eccettuati, vogliono avere nella donna che è loro strettamente unita, non una schiava soltanto, ma una favorita. Conseguentemente, essi nulla trascurano per educare il suo spirito al servilismo. I padroni d’altri schiavi, contano sul timore che ispirano essi stessi, o che ispira la religione, per assicurarsi la loro obbedienza. I padroni delle donne vogliono più dell’obbedienza, per cui han rivolto a profitto dei loro disegni tutte le forze dell’educazione. Tutte le donne si allevano dall’infanzia nella credenza che l’ideale del loro carattere è l’antitesi di quello dell’uomo: esse sono educate a non volere da sé medesime, a non condursi dietro la volontà loro, ma a sottomettersi e cedere all’altrui. Ci si dice, in nome della morale che il dovere della donna è di vivere per gli altri, ed in nome del sentimento che la natura lo vuole: s’intende ch’ella faccia abnegazione completa di sé stessa, ch’ella non viva che dei suoi affetti, cioè dei soli affetti che le si permettono dall’uomo al quale è unita, o dai figli che costituiscono fra lei e l’uomo un vincolo novello ed irrevocabile.»

La subordinazione della donna all'uomo presente ancora nel mondo moderno, ovvero in un mondo che altrimenti predica l'uguaglianza dei diritti fondamentali di ciascun essere umano, si presenta quindi agli occhi di Stuart Mill come lo scandalo principale[9]:

(EN)

«The social subordination of women thus stands out an isolated fact in modern social institutions; a solitary breach of what has become their fundamental law; a single relic of an old world of thought and practice exploded in everything else, but retained in the one thing of most universal interest; [...] This entire discrepancy between one social fact and all those which accompany it, and the radical opposition between its nature and the progressive movement which is the boast of the modern world, and which has successively swept away everything else of an analogous character, surely affords, to a conscientious observer of human tendencies, serious matter for reflection.»

(IT)

«La subordinazione sociale delle donne sorge come un fatto isolato, in mezzo alle istituzioni sociali moderne; è una lacuna unica nel loro principio fondamentale; è il solo vestigio d’un vecchio mondo intellettuale e morale demolito dovunque, mal conservato in un punto solo, quello che presenta un interesse più universale. [...] Questa dissonanza fra un fatto sociale unico e tutti gli altri fatti che lo circondano, e la smentita che questo fatto oppone al movimento progressivo, orgoglio del mondo moderno, che ha spazzato via una dopo l’altra tutte le istituzioni improntate dello stesso carattere d’ineguaglianza, dà seriamente da meditare ad un osservatore sulle tendenze dell’umanità.»

Elizabeth Cady Station e la Declaration of Sentiments del 1848[modifica | modifica wikitesto]

Foto di Elizabeth Cady Stanton (prima del 1902) di "Veeder", Collezione stampe e fotografie della Biblioteca del Congresso

Formazione[modifica | modifica wikitesto]

Dopo l'introduzione parziale del suffragio universale il movimento delle donne entra in una fase di stagnazione. Elisabeth Selbert, politica e avvocata tedesca, una delle quattro donne che partecipa alla scrittura della Costituzione della Repubblica federale di Germania, ha il merito dell'inclusione del diritto di uguaglianza nella parte sui diritti fondamentali della Costituzione tedesca. Lo sviluppo economico ha portato alla "seconda ondata" del movimento delle donne, alla fine degli anni sessanta. Le filosofie femministe emergono dallo sforzo di estendere la teorizzazione e la scientifizzazione della critica delle condizioni patriarcali.

Temi del pensiero femminista[modifica | modifica wikitesto]

Le questioni della filosofia femminista comprendono non solo l'integrazione dei punti di vista femminili, delle esperienze nella filosofia e la divulgazione della misoginia e della discriminazione nella storia della filosofia, ma rappresentano l'intera auto-comprensione della filosofia come scienza di genere neutro, oggettiva e universale.

Filosofia politica femminista[modifica | modifica wikitesto]

Nella teoria politica, sono state esaminate la struttura dello spazio in una sfera domestico-familiare e una sfera pubblica-politica, che sono rispettivamente associati con "la femminilità" e "mascolinità", e le sue conseguenze per la concezione della politica come dominio maschile e le relazioni tra le nozioni correlate alla "femminilità" e il potere.

Etica femminista[modifica | modifica wikitesto]

L'etica femminista chiede di assumere modelli di azione tipicamente femminili per quanto riguarda le differenze specifiche tra un maschio ed una femmina.

Epistemologia femminista e la filosofia femminista della scienza[modifica | modifica wikitesto]

La filosofia femminista della scienza e l'epistemologia si occupano di questioni fondamentali che riguardano l'obiettività e la verità indipendenti dal sesso o la classificazione della conoscenza in base al sesso (teoria del punto di vista); esse cercano di chiarire se esistono differenze epistemologiche tra la scienza maschile e quella femminile. Sandra Harding ha proposto la classificazione in approcci empirici, teorie e teorie postmoderne di epistemologie femministe. Le teorie empiriche presuppongono che le pratiche e gli standard della scienza contemporanea sono sufficienti per ottenere risultati di ricerca adeguati. Solo un'applicazione errata o mancante porta a teorie sessiste o androcentriche. Le teorie del punto di vista sostengono che nessuna teoria è indipendente dagli interessi e dai valori, ma un'adeguata rappresentazione del mondo da parte di tali teorie la rende tuttavia possibile. Infine, approcci postmoderni hanno generalmente rifiutato affermazioni generali sulla conoscenza, il progresso e l'identità[10]. Attraverso questa impostazione di pensiero Sandra Harding arriva a paragonare i Philosophiae Naturalis Principia Mathematica di Isaac Newton a un manuale di stupro,[11] paragone che sarà tra gli spunti per Alan Sokal e la sua famosa bufala accademica[12].

Rappresentanti[modifica | modifica wikitesto]

John Stuart Mill[modifica | modifica wikitesto]

John Stuart Mill è considerato un rappresentante del liberalismo; il suo punto di vista sulla situazione delle donne nella società può essere descritto come femminismo liberale. Influenzato dalla sua futura moglie Harriet Taylor (Mill), ha chiesto — eletto al parlamento come rappresentante della società per il suffragio delle donne dal 1865 —[13] il suffragio femminile e la legge sul divorzio. È stato uno dei primi a studiare l'oppressione delle donne nelle scienze sociali.

Simone de Beauvoir[modifica | modifica wikitesto]

La fondazione della filosofia femminista contemporanea risale alla scrittrice e filosofa Simone de Beauvoir (1908-1986), considerata una delle madri del moderno femminismo. Nella sua opera Il secondo sesso ha esposto — sulla base della dell'esistenzialismo e della fenomenologia — il significato del concetto di sesso per la società e ha mostrato l'oppressione delle donne nelle società patriarcali; ha così messo in rilievo l'obiettivo dell'uguaglianza e parità di genere come basi della teoria femminista.

Judith Butler[modifica | modifica wikitesto]

La filosofa Judith Butler (nata il 24 febbraio 1956) è la principale rappresentante di un decostruttivismo femminista, ispirato alle formulazioni teoriche del filosofo francese J. Derrida[14]. Ha partecipato allo sviluppo della teoria queer, con le sue opere influenti ha trattato dei disturbi di genere e dello scambio di identità (Gender Trouble. Feminism and the Subversion of Identity, New York, Routledge 1990) e l'importanza del corpo (Bodies That Matter: On the Discursive Limits of Sex, New York, Routledge 1993). Secondo Butler il genere è un sottoprodotto del modello performativo; le categorie "maschile" e "femminile" sono meri costrutti che sono costituiti solo da ripetizioni di azione. Non solo il sesso sociale (genere), ma anche il sesso biologico (il sesso) sono socio-culturali, non rappresentano assoluti naturali. L'identità di genere è decostruita in favore di una differenziazione totale di individualità di ogni persona. La tradizionale bisessualità è sostituita da un "sesso multiplo".

Julia Kristeva[modifica | modifica wikitesto]

Julia Kristeva (nata il 24 giugno 1941 a Sliven, in Bulgaria) è una filosofa che, tuttavia, rifiuta l'etichetta di "femminista". Nei primi anni settanta problematizza l'identità femminile nel patriarcato, nel 1979 diventa psicanalista in seguito all'influenza di Jacques Lacan.

Altre rappresentanti: Hélène Cixous, Bracha Ettinger, Patricia Hill Collins, Donna Haraway, Nancy Hartsock, Luce Irigaray, Lynn Hankinson Nelson, Dorothy Smith, Alison Wylie, Martha Nussbaum, Herta Nagl-Docekal, Seyla Benhabib.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ «The fundamental distinction between feminist philosophy and mainstream philosophy is that feminist philosophy does not claim to search for knowledge for its own sake, but rather for the sake of a political goal: resistance to, and elimination of, the subordination of women.» Catherine Villanueva Gardner, Historical Dictionary of Feminist Philosophy, p. XXIII.
  2. ^ Cfr. a titolo esemplificativo: Birk
  3. ^ Springborg, Nota n° 20, p. 18.
  4. ^ RestainoIl pensiero femminista, p. 3.
  5. ^ RestainoIl pensiero femminista, p. 5.
  6. ^ RestainoIl pensiero femminista, pp. 11-12.
  7. ^ cfr. Restaino, p. 11
  8. ^ Il testo apparve nel 1851 firmato dal solo Stuart Mill il quale, tuttavia, nel 1859 dichiarerà che l'autrice del testo era in realtà la Hardy Taylor)
  9. ^ RestainoIl pensiero femminista, p. 13.
  10. ^ Potter.
  11. ^ Harding S., The Science Questione in Feminism, 1986.
  12. ^ Franklin, Allan, Alan Sokal: Beyond the Hoax: Science, Philosophy and Culture, in Science & Education, vol. 21, marzo 2011, p. 441-445, DOI:10.1007/s11191-011-9371-2.
  13. ^ Grayling, p. 187.
  14. ^ decostruttivismo su Enciclopedia | Sapere.it, su www.sapere.it. URL consultato il 5 dicembre 2021.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Introduzioni[modifica | modifica wikitesto]

  • Adriana Cavarero e Franco Restaino (a cura di), Filosofie femministe, Milano, Bruno Mondadori, 2002.
  • (DE) Anke Drygala, Paradigma Geschlechterdifferenz - Ein philosophisches Lesebuch, a cura di Andrea Günter, Sulzbach, Helmer, 2010, ISBN 978-3-89741-301-6.
  • (EN) Miranda Fricker e Jennifer Hornsby, Feminism in Philosophy, Cambridge, Cambridge University Press, 2000.
  • (EN) Robin May Schott, Discovering Feminist Philosophy, Lanham, Rowman & Littlefield, 2003.
  • (DE) Ursula I. Meyer, Einführung in die feministische Philosophie, 3ª ed. (riveduta), ein-Fach-Verlag, Aachen, 2004, ISBN 3-928089-37-4.
  • (DE) Herta Nagl-Docekal, Feministische Philosophie. Ergebnisse, Probleme, Perspektiven, 2ª ed., Frankfurt am Main, Fischer, 2001, ISBN 3-486-56082-4.
  • (EN) Cecile T. Tougas e Sara Ebenrick (a cura di), Presenting Women Philosophers, Philadelphia, Temple University Press, 2000.
  • (EN) Bonnie A. Birk, Christine de Pizan and Biblical Wisdom: A Femininst-Theological Point of View, Marquette, University Press, 2002.
  • (EN) Patricia Springborg (a cura di), Astell - Political writings, Cambridge University Press, 1996, p. 18.
  • (EN) Elizabeth Potter, Feminism and Philosophy of Science: An Introduction, New York, Routledge, 2006.
  • (EN) A. C. Grayling, Towards the Light: The Story of the Struggles for Liberty and Rights that Made the Modern West, Londra, Bloomsbury, 2007.

Dizionari e manuali[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Lilli Alanen e Charlotte Witt (a cura di), Feminist Reflections on the History of Philosophy, Dordrecht, editore=Kluwer, 2004.
  • (EN) Jacqueline Broad, Women Philosophers of the Seventeenth Century, Cambridge, Cambridge University Press, 2003..
  • (EN) Alison M. Jaggar e Iris Marion Young (a cura di), A Companion to Feminist Philosophy, Malden (Massachusetts), Blackwell, 1998. Il concetto di filosofia è inteso in senso molto ampio, i 58 capitoli forniscono una panoramica abbastanza completa della teoria femminista.
  • (EN) Maggie Humm, The Dictionary of Feminist Theory, 2ª ed., Columbus, Ohio State University, 1995, ISBN 0-8142-0666-2.
  • (EN) Catherine Villanueva Gardner, Historical Dictionary of Feminist Philosophy, Lanham, The Scarecrow Press, 2006.
  • (EN) Mary Ellen White (a cura di), 1. Ancient Women Philosophers, 600 B.C.-500 A.D., in A History of Women Philosophers, Dordrecht, Martinus Nijhoff, 1987-1995.
  • (EN) Mary Ellen White (a cura di), 2. Medieval, Renaissance and Enlightenment Women Philosophers, 500-1600, in A History of Women Philosophers, Dordrecht, Martinus Nijhoff, 1987-1995.
  • (EN) Mary Ellen White (a cura di), 3. Modern Women Philosophers, 1600-1900, in A History of Women Philosophers, Dordrecht, Martinus Nijhoff, 1987-1995.
  • (EN) Mary Ellen White (a cura di), 4. Contemporary Women Philosophers, 1900-today, in A History of Women Philosophers, Dordrecht, Martinus Nijhoff, 1987-1995.

Raccolte bibliografiche[modifica | modifica wikitesto]

  • Marion Heinz, Sabine Doyé (Hsg.): Feministische Philosophie. Bibliographie 1970-1995. Kleine, Bielefeld 1996, ISBN 3-89370-218-0

Contributi alla filosofia femminista[modifica | modifica wikitesto]

  • Luisa Muraro: L'ordine simbolico della madre, Roma, Editori Riuniti 1991, 2006 ISBN 978-8-835957-69-0
  • Annegret Stopczyk: Nein danke, ich denke selber. Philosophieren aus weiblicher Sicht. Aufbau, Berlin 2000, ISBN 3-7466-8046-8
  • Bettina Schmitz: Der dritte Feminismus. Denkwege jenseits der Geschlechtergrenzen Ein-Fach-Verlag, Aachen 2007, ISBN 978-3-928089-45-6
  • Halina Bendkowski und Brigitte Weisshaupt (Hrsg.) Was Philosophinnen denken. Vol. 1, ISBN 3-250-10012-9
  • Manon Andreas-Griesbach und Brigitte Weisshaupt (Hrsg.) Was Philosophinnen denken. Vol. 2, ISBN 3-250-01017-0

Etica femminista[modifica | modifica wikitesto]

  • Barbara S. Andrew, Jean Keller, Lisa H. Schwartzman (eds.): Feminist Interventions in Ethics and Politics, Lanham, MD., Rowman and Littlefield 2005.
  • Claudia Card (ed.): Feminist Ethics. Lawrence, University of Kansas Press 1991.
  • Peggy DesAutels & Joanne Waugh (eds.): Feminists Doing Ethics, Lanham, MD., Rowman and Littlefield 2001.
  • Virginia Held: "Feminist Morality", in Transforming Culture, Society, and Politics. Chicago, University of Chicago Press 1993.
  • Virginia Held (ed.): "Justice and Care", in Essential Readings in Feminist Ethics. Boulder, CO., Westview 1995.
  • Catriona Mackenzie & Natalie Stoljar (eds.): "Relational Autonomy", in Feminist Perspectives on Autonomy, Agency, and the Social Self. New York: Oxford University Press 2000.
  • Martha Nussbaum: "Women and Human Development", in The Capabilities Approach. Cambridge, U.K.: Cambridge University Press 2000.

Donne in filosofia[modifica | modifica wikitesto]

  • Ursula I. Meyer, Heidemarie Bennent-Vahle: Philosophinnen-Lexikon, Leipzig: Reclam, 1997
  • Regine Munz (Hrsg.): Philosophinnen des 20. Jahrhunderts, Darmstadt: WBG, 2004, ISBN 3-534-16494-6

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia
Articoli in altre enciclopedie
Riviste
Società accademiche