Emilio Faà di Bruno

Emilio Faà di Bruno
NascitaAlessandria, 7 marzo 1820
MorteAl largo dell'isola di Lissa, 20 luglio 1866
Cause della mortecaduto in combattimento
Dati militari
Paese servitoBandiera del Regno di Sardegna Regno di Sardegna
Bandiera dell'Italia Italia
Forza armataMarina del Regno di Sardegna
Regia Marina
Anni di servizio1844-1866
Gradocapitano di vascello
ComandantiCarlo Pellion di Persano
GuerrePrima guerra d'indipendenza italiana
Seconda guerra d'indipendenza italiana
Terza guerra d'indipendenza italiana
CampagneCampagna piemontese in Italia centrale
BattaglieAssedio di Gaeta (1860)
Battaglia di Lissa (1866)
Decorazionivedi qui
dati tratti da Uomini della Marina, 1861-1946[1]
voci di militari presenti su Wikipedia

Emilio Faà di Bruno (Alessandria, 7 marzo 1820al largo dell'Isola di Lissa, 20 luglio 1866) è stato un militare e marinaio italiano, decorato di medaglia d'oro al valor militare alla memoria nel corso della terza guerra d'indipendenza italiana.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Stemma della famiglia Faà di Bruno
La pirofragata Castelfidardo
L'affondamento della pirofregata Re d'Italia

Nacque ad Alessandria il 7 marzo 1820, figlio di Luigi Lodovico, marchese di Bruno, e di Carolina Sappa de' Milanesi.[N 1] Nel 1833 fu ammesso a frequentare la Scuola di Marina di Genova, conseguendo il grado di guardiamarina di 1ª classe nel 1840.[1] Tra il 1841 e il 1843 fu imbarcato a bordo della fregata a vela Des Geneys prendendo parte alla crociera delle Americhe.[1] Partecipò alla campagna navale della prima guerra d'indipendenza italiana (1848-1849) nel Mare Adriatico a bordo dell'avviso a ruote Malfatano[1] inquadrato nella squadra navale dell'ammiraglio Giuseppe Albini.[2]

Si distinse nel bombardamento delle batterie costiere di Caorle, e promosso luogotenente di vascello finì la campagna di guerra sulla fregata San Michele[1] impegnata con la squadra alla ricerca della flotta austriaca tra le foci del Piave e del Tagliamento e nel blocco di Trieste.[2] Ritiratosi dal servizio attivo per motivi di famiglia, fu richiamato in servizio attivo da Alfonso La Marmora, Ministro della Guerra e della Marina del Regno di Sardegna e nominato addetto navale presso all'ambasciata sarda a Londra,[1] dove conobbe e sposò, il 29 ottobre 1851, la signorina Agnese Huddleston.[2]

Promosso capitano di corvetta nel 1860, assunse il comando dell'avviso Authion partecipando alla campagna piemontese in Italia centrale, distinguendosi negli assedi di Gaeta e di Messina tanto da meritare una menzione onorevole[1] e insignito della Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.[2] Divenuto capitano di fregata nel 1861, assunse il comando della corvetta San Giovanni,[2] e nel 1863 gli fu affidato il compito di visitare i consolati italiani nelle Americhe, e più in generale la protezione degli interessi italiani in quell'area, meritandosi i complimenti del Ministro della marina.[1] Nel 1864, al ritorno da quella missione, fu nominato capitano di vascello di 2ª classe e subito fu inviato, il 23 gennaio, con la sua nave a Filadelfia per ispezionare i lavori di costruzione della pirofregata Re d'Italia.[1] Successivamente fu il primo italiano a entrare nella Baia di Baffin, in Canada.[1]

Nel 1865 ottenne il comando della pirofregata corazzata Castelfidardo, in forza alla squadra di evoluzione dell'ammiraglio Giovanni Vacca,[2] e con la sua unità fu inviato a Tunisi in missione politico-diplomatica, a sostegno degli emigrati italiani, distinguendosi per saggezza[N 2] ed abilità.[1] In Tunisia il Regno d'Italia aveva dislocato diverse forze navali, al comando del contrammiraglio Giovan Battista Albini, nel tentativo di porre una ipoteca su future conquista territoriali.[2]

Nel maggio 1866 fu promosso a capitano di vascello di 1ª classe e assunse il comando della pirofregata corazzata Re d'Italia,[1] al comando della quale, dopo l'inizio della terza guerra d'indipendenza italiana, imbarcò a Taranto il comandante in capo dell'armata navale ammiraglio Carlo Pellion di Persano, navigando con lui fino ad Ancona, dove si riunì alla flotta, tra molte difficoltà dovute al fatto che si verificarono principi di incendi ai carbonili della nave.[2]

Riunitosi con la sua unità al resto della flotta, il 20 luglio dello stesso anno prese parte nell'Adriatico alla battaglia di Lissa.[3]

Ma nel corso della battaglia, la Re d'Italia a bordo del quale si trovava inizialmente anche l'ammiraglio Persano, che poi trasbordò sull'ariete corazzato Affondatore nel corso del combattimento, affondò. La Re d'Italia, avvistata di prora una unità nemica che gli attraversava la rotta, su suo ordine diede macchina indietro e, annullando in pratica l'abbrivio, finì per rimanere praticamente immobile al centro del combattimento.[2] Di questo fatto approfittò la corazzata austriaca Erzherzog Ferdinand Max che speronò l'unità italiana.[2] Secondo le migliori tradizioni marinaresche Faà di Bruno, già ferito ad una gamba, perì con la sua nave.[1] In seguito gli fu attribuita la medaglia d'oro al valor militare.[3] La Regia Marina lo ha voluto più volte onorare intitolandogli cannoniera corazzata del 1896 (mentre nel 1874 gli era stata intitolata la costituenda Reale Scuola Nautica e di Costruzioni di Pizzo, in Calabria[4]), un monitore del 1917, e un sommergibile oceanico nel 1936, poi affondato in Oceano Atlantico nel 1940. Una via di Alessandria porta il suo nome.

Viene citato nel componimento A una torpediniera nell'Adriatico[5], compresa nella raccolta Odi Navali di Gabriele D'Annunzio.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Per la sua eroica condotta nelle azioni di Lissa, nelle quali lasciava la vita. Adriatico 20 luglio 1866.[6]»
— Regio Decreto 15 agosto 1867.

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Era fratello maggiore del beato Francesco Faà di Bruno, presbitero e scienziato (professore di scienze fisiche e matematiche all'università di Torino), e di Giuseppe (sacerdote e missionario).
  2. ^ Egli operò una mediazione tra le posizioni dei pescatori di corallo italiani e tunisini, ricevendo i complimenti dello stesso bey che poi lo insignì di una propria decorazione.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Paolo Alberini e Franco Prosperini, Uomini della Marina, 1861-1946, Roma, Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Marina Militare, 2016, ISBN 978-8-89848-595-6.
  • Ettore Bravetta, La grande guerra sul mare. Vol.1, Milano, Mondatori, 1925.
  • Ettore Bravetta, La grande guerra sul mare. Vol.2, Milano, Mondatori, 1926.
  • Giuliano Colliva, Uomini e navi nella storia della marina militare italiana, Milano, Bramante Editrice, 1972.
  • Gaetano Carolei e Guido Greganti, Le Medaglie d'oro al Valo Militare 1848-1870, Roma, Grafischena, 1950, p. 210.
  • Luigi Donolo, Il Mediterraneo nell'Età delle rivoluzioni 1789-1849, Pisa, Pisa University Press, 2012, ISBN 978-88-6741-004-0.
  • Domenico Guerrini, Lissa (1866), Torino, F. Casanova & C., 1908.
  • Angelo Iachino, La campagna navale di Lissa (1866), Milano, Mondadori, 1966.
  • Albert Lumbroso, La battaglia navale di Lissa nella storia e nella leggenda, Roma, Libreria editrice della "Rivista di Roma", 1910.
  • Piero Pieri, Storia militare del Risorgimento, Torino, Einaudi, 1962.
  • Walter Polastro, FAÀ DI BRUNO, Emilio, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 43, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1993. Modifica su Wikidata
  • Alberto Santoni, Da Lissa alle Falkland, Milano, Mursia, 1987.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN3999159521638733070001