We Are The World: la notte che ha cambiato il pop

We Are The World: la notte che ha cambiato il pop
Gli artisti di USA for Africa mentre registrano il brano
Titolo originaleThe Greatest Night in Pop
Lingua originaleinglese
Paese di produzioneStati Uniti d'America, Regno Unito
Anno2024
Durata96 min
Generedocumentario
RegiaBao Nguyen
ProduttoreBruce Eskowitz, Larry Klein, George Hencken, Harriet Sternberg, Kent Kubena, Julia Nottingham
Produttore esecutivoAmit Dey
MusicheDarren Morze, Goh Nakamura
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

We Are The World: la notte che ha cambiato il pop (The Greatest Night in Pop) è un film documentario musicale di Bao Nguyen che racconta la creazione e registrazione del famoso singolo benefico We Are the World.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

"Lasciate l'ego fuori dalla porta". È stato il motto del produttore Quincy Jones, anche scritto fuori dallo studio di registrazione, che ha permesso il 25 gennaio 1985 al dream team USA for Africa, composto da 46 star della musica statunitense (e non solo), di riunirsi e incidere in una notte, negli studi A&M di Los Angeles, We Are the World, il brano nato a scopo benefico che ha fatto raccogliere oltre 80 milioni di dollari dell'epoca (oltre 125 milioni se rapportati al 2024) per combattere la fame in Africa e in particolare in Etiopia allora nel pieno di una grave carestia. Una notte unica per un supergruppo, guidato da Lionel Richie e Michael Jackson (anche coautori della canzone), insieme fra gli altri a Stevie Wonder, Tina Turner, Bob Dylan, Bruce Springsteen, Ray Charles, Dionne Warwick, Diana Ross, Billy Joel, Cyndi Lauper e tantissimi altri, che nel film viene raccontata fra dietro le quinte, filmati mai visti e testimonianze inedite.[2]

Tra gli artisti che non prendono parte attiva al documentario, ma che appaiono in immagini di repertorio, vi sono: Michael Jackson, Harry Belafonte, Lindsey Buckingham, David Byrne, Ray Charles, Phil Collins, Bob Dylan, Bob Geldof, Daryl Hall, James Ingram, Jackie Jackson, La Toya Jackson, Marlon Jackson, Tito Jackson, Al Jarreau, Waylon Jennings, Billy Joel, Ken Kragen, Madonna, George Michael, Bette Midler, John Oates, Jeffrey Osborne, Anita Pointer, June Pointer, Prince, Kenny Rogers, Diana Ross, Paul Simon, Sting, Tina Turner, Sarah Vaughan e Stevie Wonder.

Distribuzione[modifica | modifica wikitesto]

La prima mondiale di The Greatest Night in Pop ha avuto luogo nel gennaio 2024 al Sundance Film Festival. A fine mese, il 29 gennaio, il film è stato pubblicato su Netflix.[3]

Accoglienza[modifica | modifica wikitesto]

Critica[modifica | modifica wikitesto]

«[...] Mentre le più importanti star della musica entrano in studio, Lionel Richie appende un cartello su cui scrive a mano una citazione: «Check your ego at the door» (Lasciate l'ego fuori della porta). Per fortuna, l'invito è stato bellamente disatteso perché la parte più interessante del documentario è proprio lo scontro di ego, la differenza di ego, le strategie degli ego. [...] Lionel Richie fa l'imitazione di tutti, è il più espansivo (questione di ego) mentre Bob Dylan sembra il più spaesato (questione di ego), ma anche gli altri non sono da meno, ognuno porta con gioia il fardello del proprio io. [...]»

«La scena migliore del documentario We Are the World: la notte che ha cambiato il pop riguarda Bob Dylan. [...] E chissà chi ce l’ha il foglietto che Quincy Jones appese alla porta dello studio prima dell’arrivo dei cantanti: «Check your ego at the door». Con tutto quell’ego tra i piedi la canzone non sarebbe mai nata. Senza quell’ego i cantanti non sarebbero mai arrivati in quello studio e fatto quelle cose. [...] è una favola morale che, a parte piccoli contrasti e contrattempi, racconta le session come un’impresa da cui escono tutti vincenti, compresi cantanti che forse gli spettatori di Netflix oggi manco conoscono. [...] Tra le cose belle, i colleghi che improvvisano Day-O per rendere omaggio a Belafonte, i big come fan che si scambiano autografi sugli spartiti, Bob Geldof che ammutolisce la classe di star indisciplinate raccontando quel che ha visto in Etiopia, Michael Jackson che arriva in anticipo e canta da solo, poche frasi che valgono il documentario, Diana Ross che lascia lo studio per ultima e piange perché non vuole che finisca. [...] il documentario non spiega come furono impiegati gli 80 milioni raccolti dalla vendita dei dischi, come se il gesto bastasse e avanzasse. Né c’è alcuna discussione dell’aspetto controverso di iniziative come USA for Africa, ovvero la sovrapposizione tra l’intento benefico e l’autocelebrazione delle star. L’idea sottesa è che senza la seconda non ci sarebbe il primo.[...]»

Note[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]