Ursus maritimus

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Orso polare
Ursus maritimus
Stato di conservazione
Vulnerabile[1]
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Superphylum Deuterostomia
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Infraphylum Gnathostomata
Superclasse Tetrapoda
Classe Mammalia
Sottoclasse Theria
Infraclasse Eutheria
Superordine Laurasiatheria
(clado) Ferae
Ordine Carnivora
Sottordine Caniformia
Famiglia Ursidae
Genere Ursus
Specie U. maritimus
Nomenclatura binomiale
Ursus maritimus
Phipps, 1774
Sinonimi

Thalarctos maritimus

Nomi comuni

Orso bianco

Areale
Areale dell'orso polare nel 2011 secondo i dati dell'IUCN.

L'orso polare o orso bianco (Ursus maritimus Phipps, 1774) è un grande mammifero carnivoro appartenente alla famiglia Ursidae.[2]

È una specie che si trova attorno al polo nord nel mare glaciale artico ed è il più grande carnivoro di terraferma esistente sul nostro pianeta insieme all'orso kodiak.[3]

Etimologia, denominazione e semantica[modifica | modifica wikitesto]

L'esploratore Constantine John Phipps fu il primo a descrivere l'orso polare come specie a sé stante nel 1774.[1] Scelse il nome scientifico Ursus maritimus, dal latino orso marittimo,[4] per via dell'habitat naturale dell'animale.

Nella lingua inuit viene chiamato come Nanook.[5] Il popolo Yupik, originario dell'Alaska, lo chiama nanuuk.[6] Mentre nella lingua ciukcia, parlata dall'omonimo popolo è definito umka. In russo, di solito è chiamato белый медведь (bélyj medvédj, l'orso bianco), anche se esiste una parola più antica in lingua komi e ancora in uso, ошкуй (Oshkúj).[7]

L'orso polare è stato precedentemente inserito nel genere Thalarctos.[8] Tuttavia, l'esistenza di ibridi tra orsi polari e orsi bruni e della recente divergenza evolutiva tra le due specie, ha portato gli studiosi a non accettare tale denominazione, tornando al nome scientifico proposto da Phipps e tutt'oggi accettato.[1]

Morfologia e anatomia[modifica | modifica wikitesto]

L'orso polare è il più grande carnivoro terrestre attualmente esistente.

Gli esemplari di maschio adulto di orso bianco pesano mediamente dai 350 ai 700 kg[9][10] e misurano dai 2,4 ai 3 metri di lunghezza.[11] Sembra che in rari casi i maschi possano arrivare a 1000 kg e a 3,4 m di lunghezza (nella regione del mar dei Ciukci); il più grande orso polare di cui si abbia notizia pesava 1 002 kg (2 209 libbre), un maschio ucciso a Kotzebue Sound nel nord-ovest dell'Alaska nel 1960.[12] Questo gigantesco esemplare, una volta montato, era alto ben 3,39 m in piedi sui suoi arti posteriori.[12]

Le femmine sono grandi circa la metà dei maschi e normalmente pesano tra i 150 e i 250 kg e sono lunghe circa 133 cm,[12] ma quando sono incinte possono arrivare a pesare fino a 500 kg.[11] Alla nascita i cuccioli pesano meno di 1 kg.[13] La longevità dell'orso polare in natura è di 25-30 anni, mentre in cattività può superare anche i 35.[13] Nonostante la mole, questo animale è in grado di correre a quasi 50 km/h per brevi tratti . Gli orsi polari, quando mordono, possono esercitare una pressione di 1235 psi, vale a dire circa 560 kg[14].

I 42 denti dell'orso polare riflettono la sua dieta altamente carnivora.[15] I molari sono più piccoli e più frastagliati rispetto a quelli dell'orso bruno, mentre i canini sono più grandi e più taglienti.[15] La formula dentaria è:

Formula dentaria
Arcata superiore
2 4 1 3 3 1 4 2
3 4 1 3 3 1 4 3
Arcata inferiore
Totale: 42[15]
1.Incisivi; 2.Canini; 3.Premolari; 4.Molari;

L'orso polare è immediatamente riconoscibile dalla pelliccia bianca. Diversamente da altri mammiferi dell'Artide, in estate il suo manto non diventa più scuro. I peli non sono pigmentati di bianco, ma sono cavi e non pigmentati come i capelli bianchi negli esseri umani.

L'isolamento termico degli orsi polari è estremamente efficace contro il freddo, ma il loro corpo si surriscalda a temperature sopra i 10 °C. Il loro isolamento è così efficace che, se osservati con una videocamera a raggi infrarossi, sono a malapena visibili. Soltanto le zampe e il muso emanano un calore percepibile.

Una caratteristica interessante della pelliccia è che, fotografata con luce ultravioletta, appare nera: ha quindi, come ulteriore meccanismo di "produzione" di energia termica, un'elevata capacità di assorbimento delle frequenze UV; ciò è possibile avendo l'epidermide nera.

L'elevata concentrazione di retinolo rende il fegato dell'orso polare non commestibile e potenzialmente letale.

Origini ed evoluzione[modifica | modifica wikitesto]

In passato le origini e l'evoluzione sugli orsi polari erano ancora misteriose o alquanto approssimative, giacché la scarsa presenza di resti fossili nell'Artico non permettevano di avere sufficienti informazioni sulle origini dell'orso polare.

Ma, secondo uno studio del Biodiversity and Climate Research Centre, analizzando 14 intronidi 45 individui appartenenti a tre specie differenti (Ursus maritimus, Ursus arctos e Ursus americanus), si è scoperto che la specie bruna e quella bianca si sono diramate in modo simile da una stessa linea evolutiva rispetto a quella nera, quindi l'orso polare risalirebbe a 600.000 anni fa (molto di più rispetto a quanto precedentemente ritenuto, ovvero circa 120-150.000 anni fa).

I primi orsi polari dovevano avere un aspetto assai simile a quello di un Grizzly, ma con le generazioni a venire, la pelliccia degli orsi si schiarì notevolmente, fino a diventare completamente bianca.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Orso polare in immersione

L'orso polare vive nell'Artide e il suo habitat è compreso in 6 nazioni: Canada (Manitoba, Terranova, Territori del Nord-Ovest, Nunavut, Ontario, Québec, Yukon), USA (Alaska), Russia (Krasnojarsk, Magadan, Distretto Federale Nordoccidentale, Siberia Occidentale, Jacuzia), Groenlandia, Norvegia (Svalbard), Islanda.[16][17] La popolazione attuale di orsi polari è stimata intorno alle 20-25.000 unità, di cui il 60% in Canada.[18] A testimonianza di ciò, sulla moneta da 2 dollari canadesi è riprodotto un orso polare.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Orso polare con i suoi cuccioli nel 1961

Gli orsi polari sono nuotatori eccellenti e possono essere visti spesso al largo della costa. Cacciano in modo molto efficiente anche sulla terra, grazie alla loro velocità.

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

L'orso polare è il membro che più si nutre di carne della famiglia degli Ursidi. La sua fonte proteica primaria è costituita dalle foche, in particolare la foca dagli anelli e la foca barbata, essenziali per la sua sopravvivenza. Se non è particolarmente affamato, l'orso mangia solo i visceri e il grasso della foca, lasciando ciò che rimane alla volpe artica e ai corvi[19]. Nonostante sia in prevalenza un predatore, l'orso polare si nutre anche di: uova, alghe, pezzi di legno, rifiuti provenienti dalle baleniere e talvolta carcasse dei propri simili[19]. La sua alimentazione comprende pure: cetacei, trichechi, molluschi, granchi, pesci, vermi di mare, uccelli, piccoli di aquile e civette, ghiottoni, volpi polari, renne e lemming. In Alaska, l'orso polare si comporta come l'orso bruno, ovvero dà la caccia ai salmoni che risalgono i fiumi[19].

Tecniche di caccia[modifica | modifica wikitesto]

Il metodo di caccia più famoso degli orsi polari è quello usato per le foche: il plantigrado sente il rumore della preda sotto il ghiaccio, si apposta presso una spaccatura e, non appena la preda esce per respirare, la uccide con una violenta zampata.

Solo i maschi hanno una muscolatura così potente e le dimensioni per attaccare i beluga e i narvali, entrambi lunghi fino a cinque metri e mezzo, che superano facilmente i 1000 kg di peso e il secondo con la lunga zanna tipica dei maschi. Individuata la preda, spesso un giovane o una femmina di narvalo, l'orso bianco entra in acqua e assale agilmente il cetaceo nei punti delicati, come le pinne e la pancia, evitando i colpi mortali.

Nemici[modifica | modifica wikitesto]

L'orso polare è (come l'orso bruno) un predatore alfa, trovandosi in cima alla catena alimentare ha quindi pochi nemici. Solamente i piccoli possono essere attaccati da lupi e persino da altri orsi polari; questo avviene quando la famiglia si disperde durante la seconda estate e la madre lascia i propri figli da soli. I cuccioli diventano quindi vittime dei cacciatori e dell'inverno. Naturalmente l'uomo resta il vero pericolo per questa specie: ogni anno vengono uccisi più di 1000 orsi, sia dagli esquimesi, che si nutrono delle loro carni e sfruttano la loro pelliccia, sia da semplici cacciatori (in quantità maggiore).[19]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c (EN) Wiig, Ø., Amstrup, S., Atwood, T., Laidre, K., Lunn, N., Obbard, M., Regehr, E. & Thiemann, G., 2015, Ursus maritimus, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ (EN) D.E. Wilson e D.M. Reeder, Ursus maritimus, in Mammal Species of the World. A Taxonomic and Geographic Reference, 3ª ed., Johns Hopkins University Press, 2005, ISBN 0-8018-8221-4.
  3. ^ Polar bear, (Ursus maritimus) (PDF), su fws.gov, United States Fish and Wildlife service. URL consultato il 9 settembre 2009.
    «Appearance. The polar bear is the largest member of the bear family, with the exception of Alaska's Kodiak brown bears, which equal polar bears in size.»
    (Overview page)
  4. ^ D.A. Kidd, Collins Latin Gem Dictionary, Londra, Collins, 1973, ISBN 0-00-458641-7.
  5. ^ The Marine Mammal Center, su marinemammalcenter.org (archiviato dall'url originale il 4 giugno 2009).
  6. ^ The fourth world: the heritage of the Arctic and its destruction, Sam Hall, Vintage Books, 1988, pp. 29, 232.
  7. ^ Этимологический Словарь — Piotr Czerwinski — Oshkuy, su nicomant.fils.us.edu.pl. URL consultato il 20 marzo 2011 (archiviato dall'url originale il 4 maggio 2008).
  8. ^ This combines the Ancient Greek words thalassa/θαλασσα 'sea', and arctos/αρκτος 'bear' and also, with reference to Ursa Major, 'northern' or 'of the north pole' Liddell, Henry George and Robert Scott, A Greek-English Lexicon (Abridged Edition), United Kingdom, Oxford University Press, 1980, ISBN 0-19-910207-4.
  9. ^ Dorling Kindersley, Animal, New York City, DK Publishing, 2001, 2005, ISBN 0-7894-7764-5.
  10. ^ Chi è? | WWF Italy, su www.wwf.it. URL consultato il 15 luglio 2020.
  11. ^ a b Hemstock, p. 4
  12. ^ a b c G.L. Wood, The Guinness Book of Animal Records, 1983, p. 240, ISBN 978-0-85112-235-9.
  13. ^ a b (EN) polar bear | Description, Habitat, & Facts | Britannica, su www.britannica.com. URL consultato il 2 febbraio 2022.
  14. ^ https://naturedefence.it/i-20-morsi-piu-potenti-del-regno-animale/
  15. ^ a b c Ian Stirling, The First Polar Bears, in Polar Bears, Ann Arbor, University of Michigan Press, 1988, ISBN 0-472-10100-5.
  16. ^ Polar Bears International - FAQ Archiviato il 28 novembre 2010 in Internet Archive.
  17. ^ WWF - Polar Bear Habitat
  18. ^ Censimento orsi polari, su polarbearsinternational.org (archiviato dall'url originale il 10 febbraio 2010).
  19. ^ a b c d 1, in Il Grande Libro degli Animali, 2ª ed., Reader's Digest, Luglio 1989, pp. 26-27.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Amstrup, S. C. 2003. Polar bear, Ursus maritimus. In: G. A. Feldhamer, B. C. Thomson and J. A. Chapman (eds), Wild Mammals of North America: Biology, Management, and Conservation, pp. 587?610. Johns Hopkins University Press, Baltimore, MD, USA.
  • DeMaster, D. and Stirling, I. 1988. Ursus maritimus.
  • Derocher, A. E., Lunn, N. J. and Stirling, I. 2004. Polar bears in a warming climate. Integrated Comparative Biology 44: 163?176.
  • Groombridge, B. (ed.). 1994. 1994 IUCN Red List of Threatened Animals. IUCN, Gland, Switzerland and Cambridge, UK.
  • Hassol, S. J. 2004. Impacts of a Warming Arctic. Cambridge University Press, Cambridge, UK.
  • Lunn, N. J., Schliebe, S. and Born, E. W. 2002. Polar Bears. Proceedings of the 13th Working Meeting of the IUCN/SSC Polar Bear Specialist Group.. Nuuk, Greenland.
  • Manning, T. H. 1971. Geographical variation in the polar bear Ursus maritimus Phipps. Canadian Wildlife Service, Ottawa, Canada.
  • Polar Bear Specialist Group. 2004. Specialist Group website. Available at: http://pbsg.npolar.no/.
  • Rosing-Asvid, A., Born, E. W. and Kingsley, M. 2003. Age at sexual maturity of males and timing of mating season of polar bears (Ursus maritimus) in Greenland. Polar Biology 25: 878?883.
  • Scott, P. 1965. Section XIII. Preliminary List of Rare Mammals and Birds. The Launching of a New Ark. First Report of the President and Trustees of the World Wildlife Fund. An International Foundation for saving the world's wildlife and wild places 1961-1964, pp. 15–207. Collins, London, UK.
  • Servheen, C., Herrero, S. and Peyton, B. 1998. Bears. Status Survey and Conservation Action Plan. IUCN/SSC Bear and Polar Bear Specialist Groups, Gland, Switzerland and Cambridge, UK.
  • Thornback, J. and Jenkins, M. 1982. The IUCN Mammal Red Data Book. Part 1: Threatened mammalian taxa of the Americas and the Australasian zoogeographic region (excluding Cetacea). IUCN, Gland, Switzerland.
  • Wozencraft, W. C. 1993. Order Carnivora. In: D. E. Wilson and D. M. Reeder (eds), Mammal Species of the World: A taxonomic and geographic reference. Second Edition., pp. 279–344. Smithsonian Institution Press, Washington, DC.
  • Wozencraft, W. C. 2005. Order Carnivora. In: D. E. Wilson and D. M. Reeder (eds), Mammal Species of the World: A taxonomic and geographic reference. Third Edition, pp. 532–628. Smithsonian Institution Press, Washington, DC, USA.

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