USS United States (CVA-58)

USS United States (CVA-58)
Un bozzetto artistico della nave
Descrizione generale
In servizio con U.S. Navy
Ordine29 luglio 1948[1]
CantiereNewport News Drydock and Shipbuilding[2]
Impostazione18 aprile 1949[2]
Destino finaleCancellata 23 aprile 1949[2]
Caratteristiche generali
Dislocamento65.000
Lunghezza332 m
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La USS United States (CVA-58) avrebbe dovuto essere la prima di una nuova classe di portaerei con funzioni di attacco nucleare nella complessa situazione strategica dei primi anni della Guerra Fredda. Progettata per alcuni anni[3], fino alla posa della chiglia nel 1949, sarebbe stata la prima superportaerei della storia con una lunghezza di 332 metri e un dislocamento di 65.000 tonnellate.

Si trattava di un design radicalmente nuovo che comprendeva soluzioni innovative quali un'isola retrattile, elevatori esterni e moderne catapulte a vapore. Venne impostata il 18 aprile 1949 ma la neonata US Air Force non vide di buon occhio il tentativo della US Navy di offrire una deterrenza nucleare alternativa a quello dei costosissimi bombardieri intercontinentali Convair B-36 e riuscì ad ottenere già il 23 aprile 1949 la cancellazione della nave. Questo contrasto condusse alla famosa "rivolta degli ammiragli"[3] e a una fase di ostilità tra i due corpi. Tuttavia già nel 1950 anche le portaerei della US Navy iniziarono a trasportare bombe nucleari, e solo pochi anni dopo il progetto della USS United States venne ripreso e diede vita alla Forrestal CVA-59, capostipite dell'omonima classe, e alle successive moderne superportaerei della US Navy. La componente aerea sarebbe stata formata da caccia McDonnell FH-1 Phantom e bombardieri P2V-3C Neptune (versione navalizzata dei P2V).

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Brad Elward, Nimitz-Class Aircraft Carriers, Osprey Publishing, 2011, pp. 6–8, ISBN 978-1-84908-971-5.
  2. ^ a b c United States, su history.navy.mil. URL consultato il 18 novembre 2010 (archiviato dall'url originale il 7 febbraio 2012).
  3. ^ a b Andrew L Lewis, The Revolt of the Admirals, su fas.org. URL consultato il 16 dicembre 2011.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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