Trionfo

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Rilievo della processione trionfale sull'Arco di Tito.

Il trionfo era il massimo onore che nell'antica Roma veniva tributato con una cerimonia solenne al generale che avesse conseguito un'importante vittoria. Il primo a ottenerlo fu Romolo, il quale, dopo aver ucciso il re dei Ceninensi, poté celebrarlo percorrendo la via Sacra nel foro romano e salire sul Campidoglio, deponendo nel tempio di Giove Feretrio gli spolia opima.[1] Non fu invece possibile per il triumphator utilizzare un cocchio, per percorrere questo tragitto, come accadde in seguito, a partire dai Tarquini (VII secolo a.C.).[2][3] Gli stessi Fasti trionfali celebrano per l'anno 752/751 a.C.:

«Romolo, figlio di Marte, re, trionfò sul popolo dei Ceninensi (Caeniensi), calende di marzo (1º marzo).»

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Epoca romana: trionfi memorabili[modifica | modifica wikitesto]

Trionfo romano di Pieter Paul Rubens (National gallery Londra).
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia romana, Fasti triumphales, Cognomina ex virtute e Arco trionfale.

In epoca regia si racconta che Romolo, dopo aver sconfitto i Veienti, nel corteo che seguiva il vincitore, c'erano molti prigionieri nemici, fra cui il comandante etrusco, un uomo anziano, che però sembra si fosse comportato con poca esperienza e scarsa saggezza, nonostante l'età.[4] Da quel trionfo i Romani, quando celebrano i sacrifici per una vittoria, conducono attraverso il Foro romano fino al Campidoglio un uomo anziano con la veste bordata di porpora, ma ornato con una bolla infantile, e proclamano che gli abitanti di Sardi (in questo caso gli Etruschi di Veio) sono in vendita.[5]

Fu però Tarquinio Prisco che, per primo,[6] celebrò un trionfo su un cocchio dorato a quattro cavalli[6] in Roma, vestito con una toga ricamata d'oro ed una tunica palmata (con disegni di foglie di palma),[6] vale a dire con tutte le decorazioni e le insegne per cui risplende l'autorità del comando.[6]

Inizialmente il trionfo poteva essere accordato solo dal Senato romano, che doveva ricevere il resoconto degli scontri, e sapere quanti nemici erano caduti, e quindi l'entità della battaglia finale. Però dal 449 a.C. in un periodo di impasse politica, anche l'assemblea del popolo romano riuscì a decretare il trionfo ai consoli, nella fattispecie Lucio Valerio Potito e Marco Orazio Barbato. Inoltre solo membri della classe senatoriale o del rango consolare potevano riceverlo.

Consisteva in un corteo formato dalle truppe vittoriose con alla testa il triumphator, il trionfatore che, partendo dal Campo Marzio, entrava in Roma attraverso la Porta Triumphalis. Al momento culminante del Trionfo per tradizione, lo schiavo che teneva l'alloro della vittoria sulla testa del generale gli sussurrava nell'orecchio: Respice post te! Hominem te memento! (in italiano: "Guarda dietro te! Ricordati di essere un uomo!").[7]

Erano detti triumphalia ornamenta (o semplicemente triumphalia) le decorazioni, i distintivi, le insegne di un triumphator (trionfatore): la corona aurea, la toga picta (toga dipinta), la tunica palmata (tunica decorata con foglie di palma, attributo di Giove Capitolino), lo scipio eburneus (bastone d'avorio).[8] Si devono anche aggiungere il currus triumphalis (carro trionfale) scolpito in avorio e la corona laurea (ghirlanda di alloro).[9]

L'origine della cerimonia si perde nella notte dei tempi, forse derivava dagli antichi rituali Etruschi ed inizialmente il trionfo era strettamente legato al significato religioso, assunse dopo un valore politico: intendeva cioè celebrare la potenza romana. Dopo la riforma di Gaio Mario, invece, divenne un riconoscimento della grandezza del generale trionfatore, portava infatti prestigio al generale ed alla sua famiglia, e gli permetteva di stabilire un rapporto privilegiato con le proprie truppe. Era quindi un modo per accrescere agli occhi di tutti il suo personale potere.

Età regia[modifica | modifica wikitesto]

Il primo comandante vittorioso a celebrare un trionfo fu Romolo, secondo i fasti trionfali, i quali celebrano la prima cerimonia per l'anno 752/751 a.C.:[10]

«Romolo, figlio di Marte, re, trionfò sul popolo dei Ceninensi (Caeniensi), calende di marzo (1º marzo).»

Tale evento accadde, invece, secondo Plutarco, basandosi su quanto raccontato a sua volta da Fabio Pittore, solo tre mesi dopo la fondazione di Roma (nel luglio del 753 a.C.).[11] Dopo la vittoria sui Ceninensi fu la volta degli Antemnati.[12][13] La loro città fu presa d'assalto ed occupata, portando Romolo a celebrare una seconda ovatio.[14] Ancora i Fasti trionfali ricordano sempre per l'anno 752/751 a.C.:[10]

«Romolo, figlio di Marte, re, trionfò per la seconda volta sugli abitanti di Antemnae (Antemnates).»

Età repubblicana[modifica | modifica wikitesto]

Il trionfo di Manio Curio Dentato dopo la vittoria su Pirro del 275 a.C. ottenuta a Benevento.
Lo stesso argomento in dettaglio: Primo trionfo decretato dal popolo romano.

Così viene descritto il trionfo di Gneo Pompeo Magno celebrato il 29 settembre del 61 a.C. dopo la vittoria ottenuta su Mitridate VI, che durò per due interi giorni [10][15][16]:

«Furono catturate e condotte nei porti 700 navi armate di tutto punto. Nella processione trionfale vi erano due carrozze e lettighe cariche d'oro o con altri ornamenti di vario genere; vi era anche il giaciglio di Dario il Grande, figlio di Istaspe, il trono e lo scettro di Mitridate Eupatore, e la sua immagine di quattro metri di altezza in oro massiccio, oltre a 75.100.000 di dracme d'argento. Il numero di carri adibiti al trasporto di armi era infinito, come pure il numero dei rostri delle navi. Dopo questi [carri] venne il gran numero di prigionieri e pirati [catturati], nessuno di loro legato, ma tutti in processione nei loro costumi nativi. Davanti a Pompeo furono condotti satrapi, figli e generali del re [del Ponto] contro i quali [Pompeo] aveva combattuto, che erano (tra quelli catturati e quelli dati in ostaggio) in numero di 324. Tra questi c'era il figlio di Tigrane II[17], cinque figli maschi di Mitridate, chiamati Artaferne, Ciro, Osatre, Dario e Serse, ed anche due figlie, Orsabari ed Eupatra. Oltace, capo dei Colchidi, era anche lui condotto in processione, come pure Aristobulo, re dei Giudei, il tiranno dei Cilici, e le donne dei regnanti tra gli Sciti, tre capi tra gli Iberi, due tra gli Albani, oltre a Menandro di Laodicea, che era stato a capo della cavalleria di Mitridate. Furono portati in processione le immagini di coloro che non erano presenti, di Tigrane e Mitridate, che li rappresentavano durante il combattimento, da vinti o in fuga. Viene anche rappresentato l'assedio di Mitridate e la sua fuga silenziosa di notte. Infine fu raccontato come morì e di come le sue figlie morirono con lui attraverso delle pitture; ma non vi erano pitture dei figli o delle figlie che erano morti prima di lui; vi erano le immagini degli dèi barbari vestiti secondo la moda dei loro paesi. Mentre su un cartello era rappresentata questa iscrizione: Rostri delle navi catturate pari a 800; città fondate in Cappadocia pari a 8; in Cilicia e Celesiria pari a 20; in Palestina pari a quella che ora è Seleucis; re sconfitti come l'armeno Tigrane, Artoce l'iberico, Oroze d'Albania, Dario il Mede, Areta il nabateo ed Antioco I di Commagene. Questi erano i fatti registrati sull'iscrizione. Pompeo stesso era portato su un carro tempestato di gemme, indossando il mantello, si diceva, di Alessandro Magno, che si ritiene si trovasse tra gli oggetti di Mitridate, che gli abitanti di Cos avevano ricevuto da Cleopatra. Il suo carro era seguito dagli ufficiali che avevano condiviso con lui le campagne militari, alcuni a cavallo ed altri a piedi. Quando arrivò in Campidoglio, non mise però uno solo dei prigionieri a morte, come era l'usanza del trionfo, ma li mandò tutti a casa a spese della Res publica, ad eccezione dell'unico re. Era Aristobulo, il solo che fu, poco dopo, messo a morte, e Tigrane un po' più tardi. Tale era la rappresentazione del trionfo di Pompeo.»

«Le iscrizioni [del corteo trionfale] indicavano le nazioni su cui [Pompeo] aveva trionfato. Questi erano: Ponto, Armenia, Cappadocia, Paflagonia, Media, Colchide, Iberia, Albania, Siria, Cilicia, Mesopotamia, Fenicia, Palestina, Giudea, Arabia e tutta la potenza dei pirati di mare e terra che erano stati sconfitti. Tra questi popoli furono catturate non meno di 1.000 fortezze, secondo le iscrizioni, e non meno di 900 città, oltre ad 800 navi pirata, e 39 città fondate. Oltre a tutto questo, le iscrizioni riportavano che, mentre i ricavi pubblici dalle tasse erano stati pari a 50 milioni di dracme, a cui se ne aggiungevano altri 85 milioni dalle città che Pompeo aveva conquistato e che andarono a costituire il tesoro pubblico, coniato da oggetti d'oro e d'argento per 20.000 talenti; oltre il denaro che era stato distribuito ai suoi soldati, tra i quali, quello a cui era stato dato la quota minore aveva ricevuto 1.500 dracme. Tra i prigionieri portati in trionfo, oltre al capo dei pirati, c'era il figlio di Tigrane con la moglie e la figlia, Zosimo con la moglie dello stesso re Tigrane, Aristobulo re dei Giudei, una sorella e cinque figli di Mitridate, alcune donne Scite, oltre ad ostaggi dati dal popolo degli Iberi, degli Albani e dal re di Commagene; c'erano anche moltissimi trofei, in numero pari a tutte le battaglie in cui Pompeo era risultato vittorioso (compresi i suoi legati). Ma quello che più di ogni altra cosa risultava emergere per la sua gloria fu che nessun romano prima di allora aveva mai celebrato il suo terzo trionfo sopra tre differenti continenti. Altri avevano celebrato tre trionfi, ma lui ne aveva celebrato uno sulla Libia, il suo secondo in Europa e l'ultimo sull'Asia, in modo che sembrava avesse incluso tutto il mondo nei suoi tre trionfi.»

Età alto imperiale[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Cognomina ex virtute.

Numerosi furono i trionfi degli imperatori romani, come risulta anche dalle numerose emissioni monetali del periodo. Infatti, dopo il trionfo ex Africa di Lucio Cornelio Balbo nel 19 a.C.,[10][18][19][20][21], il trionfo fu celebrato solo da imperatori o membri della famiglia imperiale.

Augusto (29 a.C.-14 d.C.)

Basta ricordare ad esempio che Augusto ottenne nel corso degli anni del suo principato:

«Due volte entrò in Roma con gli onori dell'ovazione: la prima volta dopo la guerra di Filippi, la seconda dopo la guerra di Sicilia. Tre volte celebrò il trionfo curule: per la Dalmazia, per Azio e per Alessandria, tutti e tre in tre giorni consecutivi.»

«Fu molto generoso nel distribuire onori al valore militare: decretò il trionfo completo a più di trenta comandanti militari (ducibus) e a molti di più assegnò le insegne trionfali

«In più occasioni esibì la sua liberalità verso tutti gli ordini sociali. Infatti quando si trasportò a Roma, per il trionfo alessandrino, il tesoro dei re egiziani, ne derivò una così grande abbondanza di denaro che, diminuito l'interesse del denaro prestato, crebbe il prezzo di molti terreni e, in seguito, ogni volta che le proprietà confiscate facevano abbondare il denaro, era consuetudine [di Augusto] prestarlo senza interesse, per un tempo determinato, a coloro che potevano rispondere del doppio..»

Trionfi sotto l'impero di Augusto
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denario Testa di Augusto verso destra. La rappresentazione di un arco di trionfo con quadriga e l'epigrafe IMP CAESAR, eretto per la vittoria di Azio contro Marco Antonio e Cleopatra del 31 a.C. 30-29 a.C., dopo la vittoria di Azio. 20 mm, 3.47 gr, 1 h; zecca di Roma? RIC Augustus, I, 267; CRI 422; RSC 123.
denario IMP • IXTR • PO • V •, testa di Augusto verso destra. S • P • R • SIGNIS RECEPTIS su tre linee nella parte bassa, sotto l'arco di Trionfo di Augusto, sormontato da una quadriga; un'aquila davanti ad ogni parte del muro; IMP • IXTR • POT • V • nella parte alta dell'arco. 19-18 a.C., dopo che l'Armenia tornò nell'area di influenza romana 11.89 gr, 12 h. RIC Augustus, I, 510; Sutherland Group VIIa; RSC 298; RPC I 2218; BMCRE 703 = BMCRR East 310; BN 982-3 and 985; CNR 809/2.
denario S • P • Q • RIMPCAESARIAVGCOS • XITRI • POT • VI •, testa di Augusto verso destra. CIVIB • ET • SIGN • MILIT • A • PA-RT • RECVP •, arco di trionfo di Augusto: sopra l'arco contrale si trova una quadriga; sopra gli archi laterali una figura ciascuno; a sinistra una figura voltata verso destra che tiene un signum nella sua mano destra alzato verso il cielo; a destra invece una figura rivolta a sinistra, tiene un'aquila nella sua destra ed un arco alla sua sinistra. 18 a.C. 3.86 gr, 6 h; zecca spagnola di Tarraco. RIC Augustus, I, 136; RSC -; cf. BMCRE 427 = BMCRR Rome 4453 (aureus); BN 1229-31.
denario Testa di Augusto verso destra. Arco di trionfo (di Aosta? ), sormontato da una quadriga nella quale c'è Augusto che tiene un ramo di lauro ed uno scettro; archi più piccoli nelle parti laterali, sormontati da un arciere a sinistra ed un fromboliere (?) a destra; S • P • Q • R IMP CAE su due linee nella paste alta dell'arco. 16 a.C., quando era magistrato monetario un certo Lucio Vinicio; potrebbe riferirsi all'XI salutatio imperatoria ed alle campagne condotte lungo l'arco alpino. 3.77 gr, 9 h; zecca di Roma. RIC Augustus, I, 359; RSC 544.
Aureo CAESAR AVGVSTVS DIVI F(filio) Pater Patriae, testa laureata verso destra; AVG F(ilius) TR POT XV, Tiberio guida una quadriga in trionfo verso destra, tenendo uno scettro con aquila; in esergo TI CAESAR. 13-14 (trionfo concesso a Tiberio, su Germani e Pannoni) 7.93 gr, 5 h (zecca di Roma antica); RIC I, 221; BMC 511; BN 1685; C 299.
Giulio-Claudii
Trionfi della dinastia giulio-claudia
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Æ dupondio GERMANICVS CAESAR, Caligola celebra il padre Germanico posto su una quadriga verso destra, con i pannelli decorati con la Vittoria; SIGNIS RECEPT DEVICTIS GERMAN, Germanico in piedi verso sinistra, solleva le armi e tiene un'Aquila. 37/41 (Caligola celebra le vittorie ed il trionfo del padre Germanico sui Germani (avvenuto nel 17); 29 mm, 16.10 gr, 8 h (zecca di Roma antica); RIC Caligula, I 57.
Didracma TI CLAVD CAESAR AVG GERM P M TR P, testa laureata a sinistra; Claudio che guida una quadriga trionfale verso destra, tiene le redini ed uno scettro; sotto la scritta DE BRITANNIS. 43/48 (Claudio celebra il trionfo sui Britanni); 21 mm, 7,48 gr; Roman Imperial Coinage, Claudius, I, 122.
Flavi (69-96)
Vespasiano e Tito durante la cerimonia del trionfo (Alma Tadema, 1885).

Tito, figlio dell'imperatore Vespasiano, dopo aver portato a termine il difficile assedio di Gerusalemme, si imbarcò per l'Italia (inizi del 71), disponendo che i due capi della rivolta, Simone e Giovanni, insieme ad altri 700 prigionieri, scelti per statura e prestanza fisica, fossero inviati a Roma per essere trascinati in catene in trionfo. Giunto nella capitale, gli venne riservata un'accoglienza entusiastica da parte della folla cittadina. Pochi giorni più tardi, il padre Vespasiano accettò di celebrare un unico trionfo, sebbene il senato ne avesse decretato uno per ciascuno. Una volta avvisati sulla data della cerimonia trionfale, l'immensa popolazione di Roma uscì a prendere posto dovunque si potesse stare, lasciando libero solo il passaggio per far sfilare il corteo.[22]

«Era ancora buio quando tutto l'esercito, uscito inquadrato [coorte per coorte, centuria per centuria] sotto i rispettivi comandanti, si dispose non davanti all'ingresso dei palazzi imperiali, ma nei pressi del tempio di Iside, dove gli imperatori avevano dormito quella notte. Con l'alba, Vespasiano e Tito uscirono, recanti entrambi una corona d'alloro e con le tradizionali vesti di porpora; raggiunsero il portico di Ottavia, dove si trovava il senato ad attenderli, i magistrati e i cittadini dell'ordine equestre. Davanti al portico era stata innalzata una tribuna su cui erano posti due seggi d'avorio e, una volta che si sedettero, i soldati cominciarono ad acclamarli ad una sola voce; gli imperatori non erano in armi, ma portavano vesti di seta con sul capo una corona d'alloro. Vespasiano, dopo aver ricevuto le loro acclamazioni, fece segno [...] di tacere; improvvisamente si fece un profondo silenzio ed egli, alzatosi in piedi e ricopertasi la testa col mantello, pronunciò le preghiere di rito, ed anche Tito pregava.»

Dopo le preghiere, Vespasiano congedò i soldati, perché partecipassero più tardi al tradizionale banchetto offerto dagli imperatori, e raggiunse la Porta Triumphalis. Qui gli imperatori indossarono le vesti trionfali e, celebrato un nuovo sacrificio, diedero il via al corteo, il quale passò attraverso i teatri, perché la folla potesse assistere più facilmente allo spettacolo.[23] La processione mise in mostra una incredibile varietà di oggetti mirabili e preziosi, dalle opere d'arte, a tesori e rarità naturali, a mostrare la magnificenza dell'impero romano.

Rilievo dall'Arco di Tito, raffigurante la quadriga del vincitore
Rilievo dall'Arco di Tito con il bottino di Tito

«Si potevano osservare argento, oro e avorio, lavorati in mille modi e in quantità così immensa da sembrare [...] che scorresse come un fiume; poi seguivano preziosissime stoffe di porpora, altre ricamate secondo l'arte babilonese con disegni perfetti; vi erano poi gemme trasparenti, alcune incastonate in corone d'oro, altre in varie composizioni in una tale abbondanza [...]. Nella processione erano trasportate anche statue delle loro divinità, di grandi dimensioni, lavorate con grande maestria e di materiale prezioso. A seguire c'erano animali di molte specie, tutti adornati in modo opportuno, e gli uomini che le conducevano avevano vesti adeguate, di porpora e d'oro; gli uomini invece che erano stati scelti per sfilare in parata indossavano ornamenti di una tale magnificenza e da sbalordire. I numerosi prigionieri non apparivano come una moltitudine disordinata, al contrario la bellezza e la varietà dei loro costumi celavano alla vista i maltrattamenti da loro subiti. Quello però che destava maggior ammirazione erano gli scenari mobili, così grandi che si temeva per la loro sicurezza essendo alti fino a tre o quattro piani [...]. Molte composizioni erano incorniciate tra drappeggi di stoffe trapunte d'oro, e tutti avevano riquadri di oro e di avorio lavorato. La guerra era rappresentata di numerose scene, [...] dove si vedevano una ricca contrada desolata dalle devastazioni, schiere di nemici sterminate [...], mura di incredibile grandezza sgretolate dalla macchine d'assedio, fortezze conquistate, città con le difese ricolme di difensori espugnate, un esercito che si riversava entro le mura, [...], templi che bruciavano [...]: si trattava delle disgrazie che i Giudei dovettero subire una volta iniziata la guerra. [...] Su ogni scenario era posto il comandante della città espugnata [...]. Seguivano anche numerose navi e il resto del bottino [...], tra cui spiccavano gli oggetti presi nel tempio di Gerusalemme, una tavola d'oro del peso di molti talenti e un candelabro d'oro, diverso da quelli che noi usiamo. Al centro vi era infatti un'asta posta nella base, da cui si dipartivano dei sottili bracci simili ad un tridente con ciascuno all'estremità un porta candela; erano sette braccia, a dimostrazione che i Giudei venerano questo numero. Subito dietro vi era anche una copia della legge dei Giudei. Seguivano molti portatori di statue della Vittoria d'oro e d'avorio. Dietro la quadriga di Vespasiano e poi quella di Tito, mentre Domiziano cavalcava al loro fianco in splendide vesti, su un magnifico cavallo.»

La meta del corteo trionfale era il tempio di Giove sul Campidoglio, dove Vespasiano avrebbe dovuto attendere l'annuncio della morte del capo dei nemici. Questi era Simone bar Giora, che aveva prima sfilato insieme agli altri prigionieri e poi venne trascinato con una corda al collo, tra ingiurie e percosse, nel Carcere Mamertino, nei pressi del Foro romano, dove vengono eseguite le condanne a morte. Quando giunse la notizia che era stato ucciso, accolta con grandi acclamazioni, gli imperatori tornarono a celebrare nuovi sacrifici ed infine si ritirarono nel palazzo. Qui alcuni rimasero a banchettare, mentre per tutti gli altri approntarono mense nelle loro case.[24]

«Questo giorno Roma festeggiò la vittoria sui nemici, la fine delle guerre civili e l'inizio di fortunate speranze per il futuro.»

«Vespasiano, che non desiderò mai alcuna pompa esteriore, nel giorno del suo trionfo, stanco per la lentezza e la noia della cerimonia, afferò senza problemi di «essere stato giustamente punito per avere, alla sua età, voluto il trionfo, come se lo dovesse ai suoi antenati e se avesse mai potuto sperarlo».»

Trionfo di Vespasiano e Tito
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Denario d'argento IMP CAES VESP AVG P M COS IIII, testa laureata dell'Imperatore Vespasiano. Nessuna legenda, Vespasiano su una quadriga verso destra, che celebra il trionfo sui Giudei. 72 18mm, 3.30 gm RIC II 364; RPC II 1931; RSC 643.
Denario T CAES IMP VESP PON TR POT, testa laureata e busto con drappeggio. Nessuna legenda, Tito in quadriga verso destra che celebra il trionfo sui Giudei, tiene uno scettro ed un ramo d'ulivo. 72 18 mm, 3.52 gr, 5 h; Roman Imperial Coinage, Vespasianus, II 368; RPC II 1935; Hendin 789; BMCRE 521; BN 324; RSC 395.
Traiano (98-117)

Si narra che la conquista della Dacia fruttò a Traiano un enorme bottino, stimato in cinque milioni di libbre d'oro (pari a 163,6 t) e nel doppio d'argento,[25] ed una straordinaria quantità di altro bottino, oltre a mezzo milione di prigionieri di guerra con le loro armi. Si trattava del favoloso tesoro di Decebalo, che lo stesso re avrebbe nascosto nell'alveo di un piccolo fiume (il Sargetia) nei pressi della sua capitale, Sarmizegetusa Regia.[25][26]

Allo stesso imperatore venne tributato un grandioso Trionfo, con spettacoli gladiatorii, corse dei carri nel Circo Massimo, un nuovo Foro e la costruzione della famosa Colonna, alta trenta metri, nel cui fregio a spirale lungo duecento metri furono scolpite le imprese militari di Traiano e dei suoi generali. Un'opera di rara bellezza ed originalità dove, sotto la guida del grande architetto Apollodoro di Damasco, fino al giorno dell'inaugurazione (avvenuta il 12 maggio del 113), numerosi scultori lavorarono a 155 scene e 2500 figure.[27]

Altre testimonianze degli onori e dei trionfi tributati in tutto l'impero a Traiano, l'optimus princeps, sono ancora oggi visibili, oltre che nella rappresentazione scultorea della guerra dacica sulla Colonna a Roma,[28] anche negli archi di Benevento e di Ancona, nel Foro a lui dedicato, nel "grande fregio" a Roma o nel Tropaeum Traiani di Adamclisi del 107/108.

Trionfi di Traiano
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Aureo IMP Traiano AVG GER DAC P M TR P COS VI P P, busto laureato con drappeggio e corazza verso destra. La facciata della Basilica Ulpia con tre corpi separati "in avanti", ognuno con base a due colonne; sopra l'epistilio della parte centrale una quadriga trionfale; figure su entrambi i lati a fianco della quadriga; sopra gli epistili laterali ci sono delle bighe; un paio poi di aquile legionarie nella parte più esterna, mentre l'architrave sotto risulta ornata; BASILICA VLPIA in esergo. 112 (trionfo celebrato sui Daci); 7.24 gr, 8 h;
zecca di Roma
RIC Traianus, II 247; Strack 202b; BMCRE 492; Calicó 988; cf. Cohen 42-43.
Æ Sesterzio IMP Traiano AVG GER DAC P M TR P COS VI P P, busto laureato con drappeggio e corazza verso destra. La facciata della Basilica Ulpia con tre corpi separati "in avanti", ognuno con base a due colonne; sopra l'epistilio della parte centrale una quadriga trionfale; figure su entrambi i lati a fianco della quadriga; sopra gli epistili laterali ci sono delle bighe; un paio poi di aquile legionarie nella parte più esterna, mentre l'architrave sotto risulta ornata; BASILICA VLPIA ed S C in esergo su due righe. 112-115 (trionfo celebrato sui Daci); 25,58 gr, 6 h;
zecca di Roma
RIC Traianus, II 616 var. (non drappeggiata), Banti 36.
Antonini (138-192)
Trionfi degli Antonini
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Æ asse M COMMODVS ANTONINVS AVG, testa laureata di Commodo verso destra, busto con drappeggio e corazza; TR P VI IMP IIII COS III P.P, Commodo su una quadriga trionfale verso sinistra, tiene uno scettro con un'aquila; in esergo S C. 181, Commodo viene acclamato imperator per la quarta volta, al termine della campagna militare in terra sarmatica del 180. 10.81 g, 6 h; RIC III 319a; MIR 18, 499-9/30; BMCRE 469; Cohen 814.
sesterzio M COMMODVS ANTONINVS AVG, testa laureata di Commodo verso destra, busto con drappeggio e corazza; TR P VI IMP VI COS IV P.P, Commodo su una quadriga trionfale verso sinistra, tiene uno scettro con un'aquila; in esergo S C. 183, Commodo viene acclamato imperator per la sesta volta, al termine della campagna militare in terra sarmatica del 182 o in Britannia. 10.81 g, 6 h; RIC III 376; MIR 18, 564-6/30; Banti 471.
medaglione IMP COMMODVS AVG PIVS FELI, testa laureata di Commodo verso destra, busto con drappeggio e corazza; PM TR P XV IMP VIII, Commodo su una quadriga trionfale verso sinistra, tiene uno scettro con un'aquila; in esergo COS VI P.P. 190, Commodo potrebbe aver trionfato per la terza volta contro le popolazioni di Sarmati e Germani (Quadi e Marcomanni), come la Historia Augusta ci racconta (tertia expeditio germanica). 40 mm, 35.95 g; Gnecchi 104, pl. 85, 2; Grueber p. 27, 31.
Severi (193-235)
Trionfi dei Severi
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aureo ANTONINVS PIVS AVG GERM, testa laureata di Caracalla verso sinistra con corazza; P M TR P XVIIII COS IIII P P, il Sole tiene le redini nella mano destra, la frusta nella mano sinistra e guida una quadriga verso sinistra. 216 (trionfo celebrato sui Parti da parte di Caracalla); 21 mm, 6.43 gr, 7 h (zecca di Roma antica); RIC Caracalla, IV 282d; Calicó 2749; BMCRE 174.
sesterzio IMP CAES M AUR ANTONINUS PIUS AUG, testa laureata verso destra di Elagabalo, busto con drappeggio e corazza; IMP TR P III COS III PP, Elagabalo guida una quadriga verso sinistra in trionfo, tenendo un ramo di ulivo ed uno scettro con aquila; una stella verso l'alto; S C in esergo (potrebbe riferirsi alle continue guerre contro i barbari del nord). 219; 29 mm, 26.53 gr, 12 h (zecca di Roma antica); RIC Elagabalus, IV 308; Thirion 155; Banti 30.
sesterzio IMP SEV ALE-XAND AVG, testa laureata di Alessandro Severo e busto con drappeggio. P M TR P VIII COS III PP, Alessandro Severo guida la quadriga trionfale verso destra, tiene le redini ed uno scettro con un'aquila; S C in esergo. 229 (trionfo concesso per le vittorie contro le popolazioni germaniche); 29 mm, 19.64 gr, 12 h (zecca di Roma antica); RIC Alexander Severus, IV 495; BMCRE 575; Banti 93.
Anarchia militare (235-284)
Trionfi nel periodo dell'anarchia militare
Immagine Valore Dritto Rovescio Datazione Peso; diametro Catalogazione
antoniniano GALLIENVS AVG, testa di Gallieno con corona radiata verso destra, il busto con drappeggio e corazza; COS IIII P P, Gallieno in trionfo guida una quadriga verso sinistra, tiene un ramo nella sinistra e le redini nella destra. 260/261-262 (trionfo concesso per le vittorie contro le popolazioni germaniche che avevano sfondato il limes renano); 3.70 g, 12 h (Zecca di Roma antica, prima officina, sesta emissione); RIC, Gallienus, V 150 var. (bust type); MIR 36, 339x; RSC 146 var. (bust type).

Trionfo dopo la caduta di Roma[modifica | modifica wikitesto]

Parata su via dei Fori Imperiali (allora "via dell'Impero") poco dopo la sua realizzazione.

Altre forme di trionfo successive all'epoca romana le troviamo in Napoleone Bonaparte con la costruzione di un Arco di Trionfo a Parigi, nel 1806, in ricordo della sua vittoria nella battaglia di Austerlitz; oppure nella costruzione di Via dei Fori Imperiali per le parate militari, voluta da Benito Mussolini durante il Fascismo ed ancora oggi utilizzata nella festività del 2 giugno.

Napoleone Bonaparte[modifica | modifica wikitesto]

Il 15 dicembre 1840 ebbe luogo il funerale solenne a Parigi, a diciannove anni dalla morte di Napoleone Bonaparte, celebrato con tutti gli onori del rango imperiale. Disposto il feretro su un carro trainato da 16 cavalli, scortato dai Marescialli di Francia Oudinot e Molitor, l'ammiraglio Roussin e il generale Bertrand, a cavallo, sui quattro lati, il corteo funebre passò sotto l'arco di trionfo, tra due file di insegne con l'aquila imperiale, salutato dalle salve di cannone e accolto dalla famiglia regnante in nome della Francia.[29] Il generale Bertrand, che aveva fedelmente accompagnato Napoleone all'Elba e a Sant'Elena, venne incaricato dal Re di porre la spada e il copricapo dell'imperatore sulla bara, ma non vi riuscì per l'emozione e fu sostituito dal generale Gourgaud. Più tardi, nel 1843 Giuseppe Bonaparte inviò il gran collare, il nastro, e le insegne della Legion d'Onore che suo fratello aveva indossato.

Forme di trionfo minori in epoca romana[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Ovazione.

L'importanza del trionfo in questo senso è testimoniata dalla decisione di Augusto di concederlo e lasciarlo ottenere soltanto a membri della sua famiglia. Gli altri nobili e generali vennero così esclusi da una cerimonia di tale importanza. Ad essi erano concesse (a partire dal 12 a.C.), alcune onorificenze, dette ornamenta triumphalia, che permettevano loro di sfilare con le vesti del triumphator insieme all'Imperatore.

Belisario fu l'ultimo generale a ricevere un trionfo a Costantinopoli (formalmente "in nome" dell'imperatore Giustiniano), come riconoscimento della sua vittoria sui Vandali.

Altra forma di trionfo era l'ovatio che ne costituiva una forma minore. In questo caso il generale vittorioso entrava in Roma non su una quadriga, bensì a piedi con la semplice toga praetexta, senza lo scettro, ed una corona di mirto al posto di quella d'alloro. La processione spesso coinvolgeva la folla, ma non comprendeva una parata di soldati, ed al termine della processione veniva sacrificata una pecora, non un toro.[30][31]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Livio, Ab Urbe condita libri, I, 10.
  2. ^ Plutarco, Vita di Romolo, 16, 8.
  3. ^ P.Connolly, Greece and Rome at war, Londra 1998, p.91.
  4. ^ Plutarco, Vita di Romolo, 25, 6.
  5. ^ Plutarco, Vita di Romolo, 25, 7.
  6. ^ a b c d Floro, Epitoma de Tito Livio bellorum omnium annorum DCC, I, 5.6.
  7. ^ Tertulliano, Apologeticus, XXXIII, 4. Vedi anche Plinio il Vecchio, Naturalis historia, XXVIII, 39 e Giovanni Zonara, VII, 21. Per la descrizione del trionfo vedi Giovenale, Saturae, 10, 36 sgg.
  8. ^ Georges-Calonghi, Dizionario Latino Italiano
  9. ^ Triumphalia in Vocabolario della lingua latina di Luigi Castiglioni e Scevola Mariotti, ed. Loescher.
  10. ^ a b c d Testo originale latino dei fasti triumphales: AE 1930, 60.
  11. ^ Plutarco, Vita di Romolo, 14, 1.
  12. ^ Eutropio, Breviarium historiae romanae, I.2.
  13. ^ Plutarco, Vita di Romolo, 17, 1.
  14. ^ Tito Livio, Ab Urbe Condita, I.11.
  15. ^ Appiano di Alessandria, Guerre mitridatiche, 116-117.
  16. ^ Plutarco, Vita di Pompeo, 45.1.
  17. ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, XXXVII, 6.2.
  18. ^ Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, V, 5.36 [1].
  19. ^ Henry Lhote, L'expédition de Cornelius Balbus au Sahara, in Revue africaine, 1954, pp. 41-83.
  20. ^ C. Finzi, Ai confini del mondo, Roma 1979, pp. 136-138.
  21. ^ Syme, pp. 66, 94, 168 e 470.
  22. ^ Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, VII, 5.3.
  23. ^ Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, VII, 5.4.
  24. ^ Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, VII, 5.6.
  25. ^ a b Cassio Dione, LVIII, 14, 4-5.
    Filippo Coarelli, La colonna Traiana, Roma, 1999, tav. 164-165 (CI-CII/CXXXVII-CXL) p. 208-209.
  26. ^ Plinio il giovane, Epistulae, VIII, 4, 2.
  27. ^ Julian Bennet, Trajan, Optimus Princeps, Bloomington, 2001, p. 90.
  28. ^ A tal proposito si consultino i disegni di Pietro Santi Bartoli del sito: Copia archiviata, su biblio.cribecu.sns.it. URL consultato il 16 gennaio 2008 (archiviato dall'url originale l'11 novembre 2007).
  29. ^ Colombo e Rizzatti, p. 78.
  30. ^ Plutarco, Marcello, 22
  31. ^ Livio, III, 10; XXVI, 21.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti primarie
Fonti storiografiche moderne

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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