Svolta di Salerno

Ritratto di Palmiro Togliatti

La cosiddetta "svolta di Salerno", avvenuta nell'aprile del 1944, prende il nome da una iniziativa di Palmiro Togliatti, su impulso dell'Unione Sovietica, finalizzata a trovare un compromesso tra partiti antifascisti, monarchia e Badoglio, che consentisse la formazione di un governo di unità nazionale al quale partecipassero i rappresentanti di tutte le forze politiche presenti nel Comitato di Liberazione Nazionale, accantonando quindi temporaneamente la questione istituzionale. L'iniziativa si concluse con l'accettazione di una mediazione di Enrico De Nicola concernente il trasferimento di tutte le funzioni ad Umberto di Savoia, quale Luogotenente del Regno e l'indizione di una consultazione elettorale per un'Assemblea Costituente e la scelta della forma dello Stato solo al termine della guerra. Nel secondo dopoguerra la svolta di Salerno creerà non pochi problemi alla tesi unitarista del Fronte popolare. Alcuni tra i socialisti massimalisti del PSI rinfacciavano infatti a Togliatti ed al PCI di essere venuti a patti con la monarchia e con il potere democratico[1].

Retroscena[modifica | modifica wikitesto]

Dopo l'armistizio di Cassibile, gli anglo-americani avevano creato una Commissione alleata di controllo per governare l'Italia, ma i rappresentanti dell'Unione Sovietica facevano soltanto parte di un Comitato consultivo affiancato alla Commissione. Il rappresentante dell'URSS nel comitato era il diplomatico Vyšinskij, noto per i processi di Mosca, mentre la politica estera del governo Badoglio, in assenza del ministro Raffaele Guariglia, rimasto nella Roma occupata dai tedeschi, era sostanzialmente condotta dal Segretario generale del ministero degli esteri Renato Prunas. Grazie all'azione decisiva del suo stretto collaboratore Raimondo Manzini, Prunas nel gennaio del 1944 riuscì ad avere due colloqui con Vyšinskij, il primo a Napoli e il secondo a Salerno[2][3]. A seguito di tali trattative - in cui Prunas dichiarò che da parte del governo italiano non vi era «alcuna obbiezione o difficoltà» a consentire il rimpatrio del segretario comunista Palmiro Togliatti - il 14 marzo 1944 ebbero inizio le relazioni diplomatiche tra l'Italia e l'Unione Sovietica[4]. Si tratta della tesi sostenuta prima dallo storico Maurizio Serra nel 2005 e quindi ripresa nel libro "l'Alleato Stalin" di Clementi del 2011 (che si avvale di riscontri fatti negli archivi ex sovietici), per la quale l'iniziativa della cosiddetta "svolta" sarebbe partita dal governo badogliano e sostenuta dall'Urss dopo una serie di consultazioni, tra le quali quella di Togliatti con il vertice sovietico a Mosca il 3 marzo 1944 appare come la meno importante dal punto di vista strategico.

Dopo il primo colloquio con Vyšinskij, in merito alla collaborazione con l'URSS Prunas rilevò:

«una eventuale iniziativa in questo senso dovrebbe essere accompagnata da un mutamento nell'atteggiamento del partito comunista italiano, oggi violentemente antigovernativo. Posizione del resto sterile e che conduce ad un vicolo cieco da cui converrebbe che la nostra situazione interna fosse girata. Aggiungo che tale eventuale modificazione nell'atteggiamento del partito comunista non potrebbe a sua volta non esercitare una decisa influenza anche sull'atteggiamento degli altri cinque partiti. Ciò che potrebbe probabilmente condurre alla costituzione di quel largo Governo democratico, che è il comune scopo di raggiungere[3]

I colloqui tra Stalin e Togliatti[modifica | modifica wikitesto]

Stando a quanto riportato nel diario rinvenuto alcuni anni fa negli archivi russi, del bulgaro Georgi Dimitrov, già segretario generale dell'allora disciolto Comintern[5][6], la notte del 3 marzo 1944 si svolse a Mosca un incontro tra Stalin e Togliatti, alla presenza di Molotov e Vyšinskij. Secondo quanto riferito da Molotov a Dimitrov, Stalin avrebbe dato disposizioni a Togliatti di rientrare in Italia e non esigere l'immediata abdicazione del re, suggerendo ai comunisti italiani di entrare nel governo Badoglio. Il 5 marzo successivo fu lo stesso Togliatti a informare Dimitrov della conversazione con Stalin, giustificando l'ingresso dei comunisti nel governo italiano con la necessità di rafforzare politicamente la guerra contro i tedeschi e realizzazione dell'unità del popolo italiano contro il progetto inglese di un'Italia debole nel Mar Mediterraneo[7]. Il 27 marzo, Togliatti, dopo esser transitato per Il Cairo ed Algeri, sbarcò a Napoli.

La mediazione di Enrico De Nicola[modifica | modifica wikitesto]

La posizione di Togliatti di accantonamento del problema istituzionale trovò inizialmente contrari il PSIUP di Nenni e di Basso e il Partito d'Azione di La Malfa e Valiani; inoltre, la monarchia aveva già respinto una mediazione di Carlo Sforza, concernente l'abdicazione di Vittorio Emanuele III d'Italia[8][9] in favore del nipote infante che sarebbe dovuto salire al trono con il nome di Vittorio Emanuele IV, e la reggenza del Maresciallo Badoglio[9][10]. L'impasse fu superata con l'accettazione di una proposta di Enrico De Nicola - che fu presentata anche a firma di Sforza e di Benedetto Croce - consistente nel formale mantenimento della titolarità del trono da parte di Vittorio Emanuele III, ma con il trasferimento di tutte le funzioni al figlio Umberto, quale Luogotenente del Regno. Tale trasferimento si concretizzò con l'ingresso degli alleati nella Roma liberata. L'accordo prevedeva anche che, al termine della guerra, fosse indetta una consultazione fra tutta la popolazione per eleggere un'Assemblea Costituente e scegliere la forma dello Stato.

Il primo governo politico post-fascista (governo Badoglio II), con la partecipazione dei sei partiti del Comitato di Liberazione Nazionale, PCI compreso, si formò a Salerno, il 22 aprile 1944. Salerno rimase sede dell'esecutivo[11] fino alla liberazione di Roma, il 4 giugno 1944.

Le reazioni[modifica | modifica wikitesto]

Ivanoe Bonomi, presidente del CLN centrale dimessosi il 24 marzo 1944 a causa di contrasti tra i partiti di sinistra e quelli di destra, il 7 aprile annotò sul suo diario:

«Il voto del Congresso di Bari aveva avuto un effetto notevole. Aveva collocato Badoglio in un cul di sacco. Egli non poteva fare un vero e proprio Gabinetto politico per il rifiuto dei partiti antifascisti a parteciparvi. Non poteva né avanzare, né ritirarsi. In tale situazione è giunto miracolosamente da plaghe lontane un cavaliere portentoso, un Lohengrin redivivo, che si è accostato a Badoglio e lo ha tratto in salvo. Il cavaliere è venuto dalla Russia ed è Palmiro Togliatti (alias Ercoli) [...] Il pensiero di Togliatti è semplice, rettilineo, convincente [...] La mossa di Togliatti ha avuto effetti risolutivi. Se i comunisti vanno con Badoglio, come possono restare in disparte i liberali di Croce, i democristiani di Rodinò e così, via via, tutti gli altri?[12]

Il giorno successivo, Bonomi riporta le «doglianze e le critiche» che la svolta provocò nel mondo politico, paragonandole a quelle «che hanno formato la sostanza dei nostri dibattiti e che mi hanno costretto, due settimane fa, a dare le dimissioni dalla presidenza del Comitato di Liberazione. Se durante quei dibattiti io avessi proposto ciò che Togliatti ha fatto accettare [...] io sarei stato cacciato dal mio posto. Proprio vero che in politica i fatti sono quelli che si incaricano di far giustizia delle passioni del momento»[13].

La svolta sorprese l'area degli antifascisti cattolici, che la accolse in modo molto positivo. Il giornalista Carlo Trabucco scrisse nel suo diario alla data dell'11 aprile:

«Notizie importanti ce le dà Radio Bari. Infatti le dichiarazioni dell'esponente massimo del Comunismo in Italia, Palmiro Togliatti, con il quale ai tempi lontani dell'Ordine Nuovo ci si azzuffava, sono di una liberalità che perfino sconcerta. Togliatti ci porge un piatto sul quale si trova in bella mostra la completa libertà di culto e il rispetto della Religione Cattolica. Pare di sognare. Perché 25 anni or sono il comunismo italiano e il padre suo, il socialismo, non hanno formulato la stessa proposizione? Perché negavano patria ed esercito, religione e morale? Non sarebbe nato il fascismo e la vita italiana avrebbe avuto altro corso. [...] Perché il comunismo italiano acquistasse il buon senso di cui dà prova oggi per bocca di Togliatti, ci sono voluti 20 anni di tirannia e questo spaventoso bagno di sangue. Ma se tutto è bene quel che finisce bene, noi vogliamo prendere in parola Togliatti e aspettarlo a suo tempo al traguardo delle realizzazioni pratiche. Se i comunisti sono sinceri si potrà fare molto e proficuo lavoro a favore del popolo[14]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Oreste Lizzadri, Il socialismo italiano dal frontismo al centro sinistra, Milano, Lerici, 1969, p. 24.
  2. ^ Appunto del segretario generale agli Esteri Prunas per il capo del governo Badoglio su un colloquio con Vyshinsky Archiviato il 27 agosto 2014 in Internet Archive., 12 gennaio 1944.
  3. ^ a b Promemoria del segretario generale agli Esteri Prunas per il capo del governo Badoglio su un nuovo colloquio con Vyshinsky Archiviato il 27 agosto 2014 in Internet Archive., 12 gennaio 1944.
  4. ^ Enrico Serra, Professione: Ambasciatore d'Italia (volume secondo), Franco Angeli, Milano, 2001, pagg. 90-91
  5. ^ La resistenza e la “svolta” di Salerno. Togliatti e Stalin « MAGISTRA VITAE
  6. ^ Salerno 1944. la svolta di Stalin
  7. ^ Togliatti decise con Stalin la 'svolta di Salerno' - Repubblica.it » Ricerca
  8. ^ Livio Zeno, Ritratto di Carlo Sforza, col carteggio Croce-Sforza e altri documenti inediti, Firenze, Le Monnier, 1975, pag. 190
  9. ^ a b Ennio Di Nolfo, Carlo Sforza, diplomatico e oratore, in Carlo Sforza, Discorsi parlamentari, Roma, 2006, pag. 44
  10. ^ Livio Zeno, cit., pp. 186-187 e 436-437.
  11. ^ Sabino Cassese, L’attività del governo a Salerno (1944), in “Rivista trimestrale di diritto pubblico”, 1976, n. 1, pp. 294-306.
  12. ^ Ivanoe Bonomi, Diario di un anno (2 giugno 1943-10 giugno 1940), Milano, Garzanti, 1947, pp. 175-6.
  13. ^ Bonomi, cit., p. 178.
  14. ^ Carlo Trabucco, La prigionia di Roma. Diario dei 268 giorni dell'occupazione tedesca, Roma, Editrice S.E.L.I., 1945, pp. 204-5.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Mario Fiorillo, La nascita della Repubblica italiana e i problemi giuridici della continuità, Giuffré, Milano, 2000.
  • Maurizio Serra, Raimondo Manzini, 1943-1944: rivelazioni sulla ripresa dei rapporti italo-sovietici, in: La Nuova Antologia, Firenze, 2005.
  • Elena Aga Rossi, Victor Zaslavsky, Togliatti e Stalin. Il PCI e la politica estera staliniana negli archivi di Mosca, Il Mulino, Bologna, 2007 (II ed.)
  • Ennio Di Nolfo, Maurizio Serra, La gabbia infranta. Gli Alleati e l'Italia dal 1943 al 1945, Laterza, Bari, 2010.
  • Marco Clementi, L'alleato Stalin. L'ombra sovietica sull'Italia di Togliatti e De Gasperi, Rizzoli, Milano, 2011.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]