Statua conocchia

L'espressione statua conocchia identifica una tipologia di immagini sacre (maschili o femminili) destinate ad essere portate in processione e vestite con abiti in tessuto. Questo genere di immagini acquisì importanza nel culto cattolico durante il Medioevo e si protrasse fino al XX secolo. Era utilizzata nelle processioni religiose e per questo doveva pesare il meno possibile. Il termine trae origine dalla conocchia, utensile che nel dialetto abruzzese indica la rocca, che utilizzata in coppia con il fuso serviva per filare la lana o il cotone.[1]

Tipi di statua[modifica | modifica wikitesto]

È una statua realizzata su una base di legno in cui si fissano due o tre assi verticali che hanno il compito di sorreggere la testa o il busto e permette l'aggancio a due listelli situati ai lati del tronco che terminano con le mani. Il volto e le mani possono essere di diversi materiali come gesso, cartapesta o legno, il volto e le mani sono ben rifiniti e l'altezza è variabile, possono essere piccole (sui 50 cm) oppure raggiungere i due metri. Essendo snodabile facilita la vestizione che solitamente segue i rituali tradizionali del posto. Questo tipo di statua, grazie al minor peso dato dal vuoto nelle parti non visibili, è utilizzata nelle processioni. Mediante fori posti nella base di legno, sono inseriti orizzontalmente dei pali di legno per agevolare il trasporto durante la processione.[2]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Antichità[modifica | modifica wikitesto]

La tecnica di questo tipo di statua risale all'antica Grecia ed era chiamata acrolito.[3]

Rinascimento[modifica | modifica wikitesto]

Le statue conocchia ebbero la loro diffusione in tutta l'area cattolica dopo il Concilio di Trento (1545 - 1563) che ha dettato le nuove disposizioni di culto e incentivava l'utilizzo delle statue vestite al fine di uniformare i sentimenti religiosi dei fedeli e si raccomandava “che l'immagini non siano ornate in modo appariscente e provocante”. La produzione di queste statue crebbe per tutto il Seicento fino a metà Ottocento.

Era moderna[modifica | modifica wikitesto]

Tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX la tendenza cambia, Giuseppe Sarto, il futuro papa Pio X eletto nel 1903, vescovo di Mantova iniziò una guerra contro queste statue, tanto che nel nord Italia, le statue vestite, furono distrutte o nascoste in qualche stanzino nelle parrocchie. [4] Purtroppo, la facile deperibilità delle vesti e l’uso frequente hanno determinato la perdita di gran parte del patrimonio degli abiti originali. Molto spesso è stata anche l’esigenza di “modernizzare” l’immagine sacra a produrre la sostituzione degli abiti originali con esiti quasi sempre di impoverimento ed appesantimento delle immagini che pertanto ne risultano snaturate.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Massimo Basilici, Ergonomia religiosa a Pereto (L’Aquila) (PDF), 2020.
  2. ^ Il Culto delle Madonne vestite nella Tuscia, su lacitta.eu.
  3. ^ Acrolito di Apollo Aleo, su gruppoarcheologicokr.it.
  4. ^ La cacciata delle madonne vestite, su ricerca.repubblica.it.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Pagnozzato R., Donne Madonne Dee. Abito sacro e riti di vestizione, gioiello votivo, “vestitrici”: un itinerario antropologico in area lagunare veneta, Padova 2003
  • Galassi C., Sculture “da vestire”. Nero Alberti da Sansepolcro e la produzione di manichini lignei in una bottega del Cinquecento, catalogo della mostra (Umbertide, Museo di Santa Croce, 11 giugno – 6 novembre 2005), Perugina 2005.
  • Genovese V. E., Statue vestite e snodate. Un percorso, Pisa 2011
  • Collareta M., Vestire le statue. Arte, devozione, committenza nella Toscana nord-occidentale, Pisa 2016
  • Petrarota C., Alcuni esempi di Madonne vestite in Puglia (sec. XVIII –XIX). Dal manichino fisso dell’Addolorata di Ruvo al Manichino snodabile del Santuario di Santa Maria Greca a Corato, in Virgo gloriosa: percorsi di conoscenza, restauro e tutela delle Madonne vestite, Atti del Convegno Ferrara 9 aprile 2005

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