Sistema Westminster

Il parlamento del Regno Unito, il palazzo di Westminster, a Londra.

Il sistema Westminster (o modello Westminster) è una forma di governo democratica parlamentare sviluppatasi nel Regno Unito e utilizzata da molti fra i paesi che appartengono (o sono appartenuti) al Commonwealth, come Australia, Canada, India, Irlanda, Malaysia, Nuova Zelanda e Singapore.

Essa definisce per altri versi il parlamentarismo in senso stretto come modello di democrazia fondantesi sul ruolo esclusivo del Parlamento come organo deliberativo, prim'ancora che rappresentativo, in quanto depositario in ultima istanza della sovranità del popolo che la esercita per suo tramite.

A differenza degli altri regimi parlamentari è tuttavia considerato il modello più significativo di sistema politico maggioritario[1]; consiste in una forma di monocameralismo di fatto, governato da due soli partiti che si alternano alla guida dell'esecutivo (che assume centralità al pari dell'unica camera dominante il processo legislativo); esprime di volta in volta governi monopartitici, mentre altre sue peculiari caratteristiche sono la presenza di flessibilità costituzionale, l'assenza di revisione giurisdizionale, una banca centrale che risponde al governo.[2]

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Il modello Westminster non è il risultato di una costituzione scritta, bensì di una plurisecolare evoluzione storica che ha portato al concetto del responsible party government.

“L’anglocentrismo difatti configura la cifra caratterizzante la quasi totalità degli studi degli storici dell’età liberale, tant’è vero che solamente a partire dalla fine del XIX secolo la storiografia costituzionale e, ultima arrivata, la scienza della constitutional law hanno iniziato timidamente a discorrere in termini britannici nel tentativo di contribuire anch’esse alla costruzione di un’idea unificante di nazione (...) Non c’è dubbio che il modello istituzionale di Westminster abbia informato di sé l’evoluzione dell’intero Regno Unito”[3] e, successivamente, i sistemi politico-costituzionali delle ex colonie britanniche.

Tale evoluzione ha anche fortemente condizionato la costituzione del sistema partitico in termini bipolari: i partiti politici nel Regno Unito, infatti, "hanno dovuto adattarsi al sistema di governo parlamentare e di gabinetto" (Jean Blondel).

Il ruolo del parlamento[modifica | modifica wikitesto]

Ruolo centrale nel modello Westminster ha certamente l'istituzione parlamentare, caratterizzata dal bicameralismo[4].

Dalla Gloriosa Rivoluzione del 1688, che con la Carta dei Diritti consacra il parlamento come luogo della sovranità, l'istituzione parlamentare rappresenta l'arena centrale del paese all'interno di una società sostanzialmente omogenea (si vedano a questo proposito il pensiero e le opere del politologo Stein Rokkan). Sia che venga inteso come "la grande inchiesta della nazione" (Somerset, 1734), come "congresso di opinioni" (John Stuart Mill 1861), o come uno "specchio non solo degli interessi materiali ma anche dello spirito dell'Inghilterra", il parlamento gioca sempre un ruolo fondamentale negli sviluppi sociali e culturali del paese.

Una prima qualificazione del governo parlamentare classico è quella di essere un "governo rappresentativo e responsabile" (Anthony Birch). Vi ha poi un ruolo importante l'idea whig di rappresentanza che attribuisce al parlamento un ruolo nel processo decisionale: in altre parole, la Camera dei Comuni è non solo un corpo rappresentativo ma anche un corpo deliberativo, e quindi non è solo rappresentanza degli interessi e delle critiche del paese. Ciò implica che i deputati devono rappresentare non solo i vari interessi sezionali, e perciò frammentati, ma l'interesse generale, "il pubblico bene in generale". Il parlamento non è un congresso di ambasciatori o delegati, ma un'assemblea deliberativa di fiduciari (trustees), chiamati a perseguire l'interesse della nazione[5].

Il ruolo del governo[modifica | modifica wikitesto]

Conseguenza di tale concezione è che il governo sia considerato responsabile verso il parlamento[6]. La responsabilità collettiva del governo verso il parlamento implica anche la responsabilità individuale dei singoli ministri. Quest'idea si fonda a sua volta su tre presupposti (che corrispondono al concetto politico di resocontabilità):

  1. l'unità del Gabinetto (Cabinet);
  2. l'effettivo controllo del Gabinetto da parte del Primo ministro;
  3. le dimissioni del primo ministro oppure lo scioglimento del parlamento se il governo viene sconfitto in parlamento.

Un'altra responsabilità del governo è la responsiveness, il dovere di rispondere al paese e al popolo. Quest'idea non è esclusivamente effetto della democratizzazione, dell'allargamento del suffragio o dell'avvento del concetto di partito di massa (vedi le teorie politiche di Giovanni Sartori); esso è anche il risultato sia del primato del parlamento che del cosiddetto governo aristocratico. Si incontrano in tale modello la concezione tory del parlamento come espressione degli interessi della nazione e la concezione whig del parlamento come deliberativo.

È questa la responsabilità indipendente e funzionale di cui parla Sartori, la quale richiede indipendenza di giudizio e di decisione; si differenzia dalla concezione di responsabilità dipendente o personale, caratterizzata invece dal rapporto verso un altro soggetto di volontà. Fra le due concezioni regna il conflitto e la tensione politica: il responsive government porta in sé la dottrina del governo della responsible leadership, della responsabilità morale come prerogativa personale. Non a caso Walter Bagehot vedeva uno dei principi del parlamento nell'obbedienza a leader efficienti ed autorevoli.

Altra conseguenza della responsabilità trova luogo nel fatto che i membri del parlamento dovrebbero essere indipendenti dalle loro constituencies, dovrebbero agire in accordo con il proprio giudizio e non comportarsi come delegati di queste ultime: "Nella teoria politica britannica, i rappresentanti non sono delegati e non devono seguire istruzioni".

La centralità del parlamento, la sua supremazia o sovranità, implica l'indipendenza della rappresentanza parlamentare nel suo complesso e l'indipendenza dei suoi singoli membri: parlamento quale luogo di sovranità effettiva, caratterizzato da una grande continuità storica, da un'egemonia politico-culturale, da una legittimità mai sfidata, da una forte capacità integratrice. La stessa monarchia dovette prenderne atto, quando la regina Vittoria decise di riporre la sua fiducia nelle persone che "un voto parlamentare avesse indicato come necessari successori dei ministri" da lei nominati[7].

Rapporto con il sistema dei partiti[modifica | modifica wikitesto]

Fondamentale appare, nel delineare il sistema Westminster, la stretta correlazione tra sistema parlamentare e sistema bipartitico, favorita dall'assenza di fratture sociali o politico-istituzionali per tutto il XVIII secolo, che avrebbero contrariamente dato impulso allo sviluppo del multipartitismo. Il conflitto politico fu perciò confinato all'arena politica parlamentare, ove comincia a concretizzarsi il two-party system". La condizione normale del sistema parlamentare è una divisione tra due partiti, ciascuno dei quali è pronto ad assumere l'ufficio quando l'altro perde la sua maggioranza. Una divisione tra due partiti è la condizione essenziale per il successo del sistema parlamentare" (Lowell). La divisione attorno al governo favorì l'emergere di un contesto bipartitico, di una dualità tra governo ed opposizione che sarebbe sfociata nella formazione di partiti ideologicamente distinti. Dualità partitica come contesto permanente della dialettica e dei conflitti politici.

Uno sviluppo importante del governo parlamentare è la sua trasformazione in party government: il partito è sentito come unità essenziale, è necessario assicurarsi stabili maggioranze, si avvia la crescita dell'organizzazione partitica. L'assenza di una salda maggioranza parlamentare e la disorganizzazione dei partiti avevano infatti prodotto uno stato di caos e di inefficienza dei lavori parlamentari. "Senza coerenti divisioni partitiche, la Camera dei Comuni non era altro che una caotica e disorganizzata massa"(Massari). Il rimedio poteva essere individuato soltanto in uno strong party government (Salisbury).

Il party government è certo un'innovazione rispetto al governo parlamentare basato sull'indipendenza del singolo rappresentante e sulla centralità dell'assemblea nei confronti dell'esecutivo: rappresenta una soluzione al problema della stabilità e coesione delle maggioranze parlamentari. L'attore principale non è il partito di massa ma il partito parlamentare che accetta tutti gli istituti del governo rappresentativo e responsabile. Ciò non significa che i partiti britannici non assunsero una fisionomia di massa, con organizzazioni diffuse su tutto il territorio nazionale. Ciò che non si realizzò fu il ruolo di partecipazione decisionale del partito extraparlamentare rispetto al partito parlamentare dei leader; partito extraparlamentare che non intralciava la leadership parlamentare all'interno di una forma di governo democratica.

Il fattore istituzionale che doveva risultare di importanza decisiva per l'influenza sui partiti politici e sul loro modo di essere al governo fu l'affermarsi del sistema di governo incentrato sul Cabinet, ovvero la concentrazione del potere legislativo in un organo esecutivo[8]. "La bontà della nostra costituzione consiste, secondo la teoria tradizionale, nell'intera separazione dell'autorità legislativa ed esecutiva, ma in verità il suo merito consiste nella loro singolare vicinanza. Il legame connettivo è il Cabinet. Con questo nuovo termine noi intendiamo un comitato del corpo legislativo scelto per essere il corpo esecutivo" (Walter Bagehot). A partire dagli anni trenta dell'Ottocento si era infatti avviata una concentrazione dell'iniziativa e dell'autorità legislative nel Cabinet. In questa fase il dovere del governo era inteso nel senso di amministrare, non di governare. Il Cabinet, pertanto, aveva funzioni puramente esecutive, distinte dalla funzione legislativa che veniva svolta dal parlamento tramite i suoi private members. I cambiamenti che portarono all'affermazione del potere legislativo del Cabinet si verificarono anzitutto nella procedura parlamentare, portando infine ad un equilibrio costituzionale tra potere legislativo ed esecutivo. Il processo di centralizzazione del potere legislativo nel Cabinet ebbe naturalmente come risvolto la diminuzione dello status dei singoli parlamentari, in termini di perdita del potere di iniziativa legislativa esercitato individualmente. La figura del deputato indipendente cede sempre più il passo alla figura collettiva del partito parlamentare coeso e disciplinato: declino generale del parlamento a vantaggio dell'esecutivo, singolo parlamentare che non ha più alcuna influenza significativa sulla politica distributiva e generale. Nasce la party politics, ovvero le divisioni per linee partitiche in parlamento e nell'elettorato.

La fusione dei poteri legislativo ed esecutivo nel Cabinet influenzò il modo di essere dei partiti in parlamento e nell'elettorato. Le conseguenze furono l'affermazione della disciplina interna dei partiti sui singoli parlamentari ed il concretizzarsi di un comportamento di voto rivolto al partito e non alle singole personalità: l'interesse dell'elettore si spostò dalla persona all'esecutivo. Per influire sulla politica del Cabinet l'unico modo per gli elettori era votare per un partito, ossia scegliere il partito alla guida dell'esecutivo. Si crea così un rapporto diretto tra Cabinet ed elettorato, saltando di fatto la mediazione parlamentare: è ormai l'elettorato che, votando per un partito, sceglie la nuova maggioranza parlamentaree conseguentemente il governo. Quando quest'ultimo sente venir meno la propria maggioranza nei momenti di crisi, è al paese che guarda non al parlamento. "L'elettorato era più importante della Camera dei Comuni" (Butt): si era così passati dal government by Parliament al government through Parliament.

La nuova relazione tra Cabinet ed elettorato fu espressa anche in termini di nuovo principio costituzionale, attraverso la dottrina del mandato elettorale: l'elettorato non solo sceglieva un governo ma anche una politica, sulla base del programma presentato da parte dello stesso partito. Ciò implicava che nell'arena elettorale la competizione fosse tra partiti con programmi e leadership alternativi, così come comportava un allentamento della dipendenza del rappresentante nei confronti della propria constituency.

Per tutte tali ragioni tra Cabinet government e party government non sembra esserci soluzione di continuità: l'uno presuppone l'altro. "Se questa è un'età di Cabinet government, la ragione in prima istanza è che essa è un'età di party government", secondo l'efficace correlazione esplicitata da Beer.

La critica di Bobbio[modifica | modifica wikitesto]

In una conferenza tenuta a Roma alla presenza di Piero Calamandrei, il 7 aprile del 1946, la relazione di Norberto Bobbio denunciò la perdita di centralità delle istituzioni parlamentari già nel modello Westminster: se la forma di governo parlamentare è «quel regime in cui organo sovrano è il parlamento» e il governo deve essere «responsabile esclusivamente di fronte a esso», il regime inglese «non è più un regime parlamentare», per effetto del progressivo allargamento del suffragio. Il «centro politico» del sistema si sarebbe spostato dal Parlamento ai partiti e al governo, che è «l’emanazione del partito di maggioranza», per cui il Parlamento si presenta oramai soltanto come un «ponte di passaggio», un «tratto d’unione tra due centri politici», «un canale di collegamento tra popolo e governo». Il governo è «espressione del partito di maggioranza» ed essendo «composto dai capi del partito (...) non è più la Camera dei Comuni che controlla il governo, ma il governo che controlla la Camera dei Comuni». Ne deriva che «il parlamento non è più un’assemblea sovrana»; pur avendo perduto la sua originaria centralità istituzionale, mantiene però una funzione fondamentale: è «un’assemblea di dibattiti (...) parla ma non decide. Le questioni le discute ma non le risolve esso stesso; i progetti li critica ma al fine li approva».

La morale è che, per un efficiente funzionamento del sistema istituzionale dello Stato, c'è per il filosofo torinese «la necessità di grandi partiti democraticamente organizzati al servizio della democrazia»: è questa la migliore garanzia «di un governo forte», che, come avviene nei sistemi di democrazia occidentale evoluta, non «corra il pericolo di trasformarsi in governo dittatoriale»[9].

Alcuni paesi che utilizzano il sistema Westminster[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Arend Lijpahardt, Le Democrazie Contemporanee, p.27
  2. ^ Il modello Westminster Atlante Geopolitico 2012 (2011)
  3. ^ Torre, Legal historians e dottrina costituzionale inglese: una egemonia intellettuale, Giornale di storia costituzionale n. 19 / I semestre 2010, p. 115-116.
  4. ^ ELLIOTT M., United Kingdom Bicameralism, sovereignty, and the unwritten Constitution, in International Journal of Constitutional Law, vol. 5, n. 2, 2007, p. 374.
  5. ^ Edmund Burke, Speech to the electors of Bristol, J. Dodsley, 1775.
  6. ^ M. Sierra, [2009] ‘’El espejo inglés de la modernidad española: el modelo electoral británico y su influencia en el concepto de representación liberal’’, en «Historia y Política», 21, pp. 139-167.
  7. ^ W. Ivor Jennings, Cabinet Government at the Accession of Queen Victoria. Part II, Economica, No. 35 (Feb., 1932), p. 74.
  8. ^ "Checché ne dicesse Montesquieu, è espressione di una concezione monista delle istituzioni" secondo Giampiero Buonomo, La legge e gli statuti, in Mondoperaio, n. 1/2016.
  9. ^ Il testo di Bobbio “I partiti politici in Inghilterra” è edito in Norberto Bobbio, “I partiti politici in Inghilterra”, Associazione italo-britannica, Roma 1946, come testo di una conferenza tenuta a Roma il 7 aprile 1946 su iniziativa dell'Associazione e ripetuta a Firenze nella primavera dello stesso anno. Il conseguente testo di Bobbio “Vicende dei partiti politici in Inghilterra” è edito in La città libera, a.2, n.5, maggio 1946, pp.17-25. Il tema sarebbe stato ripreso, per un paragone con la democrazia bloccata del regime parlamentare italiano, dallo stesso Bobbio vent'anni dopo, in una relazione a un convegno del Movimento Salvemini (14-15 maggio 1966).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]