Ricciarda Malaspina

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Ricciarda Malaspina
Ricciarda Malaspina
Rocca Malaspina (Massa)
Marchesa di Massa e Signora di Carrara
Stemma
Stemma
In carica1°: 13 aprile 1519 – 6 ottobre 1546
2°: 27 giugno 1547 – 15 giugno 1553
Investitura16 luglio 1529 dall'imperatore Carlo V[1]
Predecessore1°: Antonio Alberico II Malaspina
2°: Giulio I Cybo-Malaspina
Successore1°: Giulio I Cybo-Malaspina
2°: Alberico I Cybo-Malaspina
Contessa consorte di Ferentillo
In carica14 maggio 1520 –
14 marzo 1549
PredecessoreMaddalena de' Medici
SuccessoreElisabetta Della Rovere
NascitaMassa, 1497[1]
MorteMassa[1], 16 giugno 1553[1]
Luogo di sepolturaCattedrale dei Santi Pietro e Francesco[1]
DinastiaMalaspina dello Spino Fiorito
PadreAntonio Alberico II Malaspina
MadreLucrezia d'Este[1]
Consorti Scipione Fieschi[1]
Lorenzo Cybo[1]
FigliIsabella Fieschi[1]
Eleonora Cybo-Malaspina[1]
Giulio I Cybo-Malaspina
Alberico I Cybo-Malaspina[1]
Elena[1] (illegittima)
Scipione[1] (illegittimo)
ReligioneCattolicesimo

Ricciarda Malaspina (Massa, 1497Massa, 15 giugno 1553), figlia ed erede del marchese Antonio Alberico II Malaspina, fu marchesa di Massa e signora di Carrara dal 1519 al 1546 e dal 1547 fino alla sua morte.

Sposò in prime nozze Scipione Fieschi, già vedovo di sua sorella Eleonora, e in seconde nozze Lorenzo Cybo, conte di Ferentillo.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Nascita, famiglia e primo matrimonio[modifica | modifica wikitesto]

Nacque nel 1497[1] dal marchese Antonio Alberico II Malaspina e da Lucrezia, figlia di Sigismondo I d'Este San Martino.

La coppia generò solo figlie femmine: Eleonora (1493), Ricciarda (1497), Caterina Dianora (ca 1500, poi monacata a Ferrara con il nome di suor Lucrezia), e Taddea (1505).[2] La primogenita Eleonora fu data in moglie a Scipione Fieschi (ca 1480-1520) di Genova, ma morì nel 1515, poco dopo le nozze;[3] ciò che indusse Alberico a dare in sposa al genero la sua figlia secondogenita Ricciarda, previa concessione (lautamente remunerata), da parte di papa Leone X, della dispensa necessaria al matrimonio tra cognati.[1] Contestualmente lasciò, per testamento, le proprie disposizioni per la successione dei suoi feudi, indicando come erede universale il figlio maschio primogenito di Ricciarda, o, in caso di premorte di questi, gli altri fratelli maschi in ordine di nascita, o, in mancanza, quelli della figlia quartogenita Taddea, o in ulteriore mancanza e sempre rispettando l'ordine di nascita, i figli maschi delle figlie delle due principesse. Ove infine queste non avessero lasciato discendenti maschi, la successione sarebbe passata ai pronipoti del marchese, Francesco e Ottaviano Malaspina, discendenti da suo fratello Francesco e dal di lui figlio Ludovico. La legge salica vigente nei territori dell'Impero, veniva così in qualche modo salvaguardata, e Ricciarda veniva per intanto nominata «donna et madonna et usufruttuaria et herede della sua [di Antonio Alberico] heredità et beni, infine a tanto che sia in età di concipere et generare figliuoli.»[4] Dall'unione tra Scipione e Ricciarda nacque Isabella, che sarebbe stata maritata nel 1533 a Vitaliano Visconti Borromeo, portando una dote di 12000 scudi.[1]

Secondo matrimonio[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1519 morì il padre e all'inizio del 1520 anche il marito Scipione.[1] Papa Leone X, d'intesa con il nipote, cardinale Innocenzo Cybo, decise allora di combinare le nozze tra Ricciarda e il fratello del porporato Lorenzo Cybo, conte di Ferentillo.[1] Lorenzo e Innocenzo erano figli di "Franceschetto" Cybo (rampollo legittimato di papa Innocenzo VIII) e di Maddalena de' Medici (terzogenita di Lorenzo il Magnifico e Clarice Orsini). I capitoli di matrimonio furono sottoscritti il 14 maggio 1520, pochi mesi dopo la morte del primo marito, da Ercole d'Este di San Martino, zio materno di Ricciarda e suo procuratore.[1] Dall'unione con Lorenzo nacquero Eleonora (1523), Giulio (1525) e Alberico (1534), anche se quest'ultimo, pur essendo stato sempre tenuto per legittimo, era con tutta probabilità figlio del cardinal Cybo, ufficialmente suo zio.[1]

Negli anni successivi al matrimonio, i coniugi si trasferirono a Roma, dove Ricciarda rimase fino a poco prima del sacco del 1527.[1] Quando si ebbe notizia che le truppe imperiali si avvicinavano alla città, contravvenendo agli ordini di papa Clemente VII che vietavano di abbandonare la città per motivi di ordine pubblico, scappò con i figli a Ostia, da dove raggiunse Civitavecchia, quindi Pisa e infine Massa.[1]

Scontri con il marito Lorenzo[modifica | modifica wikitesto]

Durante il suo soggiorno romano Ricciarda seppe guadagnarsi l'amicizia di personaggi influenti, in grado di orientare le scelte dell'imperatore Carlo V d'Asburgo sul marchesato, che era feudo imperiale.[1] Fu certamente grazie a queste amicizie che il 16 luglio 1529 Carlo V concesse l'investitura di Massa e Carrara suo jure a Ricciarda e ai suoi discendenti primogeniti maschi e, in mancanza di questi, femmine.[1] Si realizzava così finalmente, in deroga alla legge salica, l'obiettivo inseguito sin dal 1525, a costo però dell'apertura di una guerra diplomatica (e non solo) che la oppose al marito fino al 1546.[1] Lorenzo infatti aspirava anch'egli all'investitura a suo nome (o in quello del suo figlio primogenito) dei domini toscani dei Malaspina e, con l'appoggio del cugino e papa Clemente VII, si era anch'egli rivolto segretamente a Carlo V per ottenerla.[1] In quegli anni egli aveva realizzato una brillante carriera militare e ottenuto posizioni sempre di maggior prestigio, partecipando anche alla cerimonia dell'incoronazione imperiale a Bologna.[1] Fu qui che il 21 marzo 1530 riuscì a ottenere da Carlo V un diploma in cui venivano accolte, almeno parzialmente, le sue rivendicazioni sul marchesato: l'imperatore lo nominava infatti "co-padrone" del feudo, nonché successore di Ricciarda qualora le fosse sopravvissuto.[1] Ricciarda,a questo punto, rispose all'iniziativa del marito e il 7 aprile 1533 ottenne di poter nominare lei stessa il proprio successore.[1]

Nel 1533 la "marchesana" si trasferì a Firenze, dove rimase fino al 1537,[5] risiedendo insieme alla madre Lucrezia e alla sorella Taddea nel Palazzo Pazzi in via del Proconsolo, nonché nella villa appartenuta alla stessa famiglia e denominata La Loggia, edifici che erano in realtà di proprietà del marito Lorenzo, in quanto erede di Franceschetto Cybo.[1] Nel 1535 si unì a loro anche la cognata Caterina Cybo, duchessa vedova e reggente di Camerino, costretta alla fuga dall'elezione nell'ottobre 1534 del nuovo papa Paolo III Farnese.[6]

La reputazione che circondava i facili costumi delle "marchesane" era tutt'altro che immacolata. «Una descrizione di Ricciarda e della cognata Caterina Cibo del 1524, quando andarono in visita a Roma, diceva che erano "brutte come diavoli, ma amanti dei divertimenti, per questo corteggiate dai signori cardinali".» Il poeta Ortensio Lando ci ha lasciato il seguente calembour sul loro cognome: «Ho trovato una mala spina che si può abbracciare di notte senza esserne feriti, ma anzi con un certo piacere.»[7] Le marchesane fecero di Palazzo Pazzi un salotto alla moda e non si sforzavano certo di tenere riservate le relazioni che intrattenevano con i gentiluomini loro frequentatori, maîtresse-en-titre, l'una, Ricciarda, del cognato cardinale, plenipotenziario papale nella patria stessa del pontefice,[8] l'altra, Taddea, addirittura del giovane duca di Firenze, Alessandro, al quale regalò, con tutta probabilità, due figli naturali, cui furono dati i nomi di Giulio e Giulia[9] (evidentemente allora molto in voga nell'entourage dei Medici).

Per quanto Ricciarda risiedesse lontano da Massa, la sua azione era caparbiamente volta a conservare il potere sullo Stato nella sua esclusiva persona, e questo le fu possibile grazie all'azione di Innocenzo Cybo che da Carrara, dove si era ritirato nel 1537, governò Massa per suo conto.[1] Negli anni successivi Ricciarda lottò per l'esclusione del marito dal 'condominio' feudale, contestando il testamento del padre Alberico (che prevedeva non fosse Ricciarda a subentrargli direttamente, ma il suo primogenito maschio) e sostenendone l'invalidità a fronte dell'autorevole pronunciamento dell'imperatore che l'aveva invece investita in prima persona.[1]

A questo punto Lorenzo tentò, nel 1538, di impadronirsi del marchesato con la forza: riuscì a catturare il castellano e camerlengo Pietro Gassani, ma dovette desistere dal procedere oltre dietro consiglio del fratello cardinale, che evidentemente lo fece ragionare sull'impossibilità di realizzare un progetto ai danni della volontà imperiale. Nel 1541 Carlo V dette finalmente ragione a Ricciarda e, con un diploma in data 26 settembre, abrogò il diritto concesso a Lorenzo di partecipare al governo di Massa.[1]

Scontri con il figlio Giulio e perdita del Marchesato[modifica | modifica wikitesto]

Il legittimo pretendente al feudo in forza del testamento di Antonio Alberico II, era in realtà Giulio, il figlio maschio primogenito, ma i rapporti tra lui e la madre erano molto tesi a causa della scarsa dotazione economica che lo aveva costretto a rinunciare alla tanto agognata carriera militare.[1] Nel 1545 le loro relazioni si deteriorarono ancora di più e forse fu allora che Giulio decise di impadronirsi del potere con la forza.[1] Grazie al sostegno di 20 archibugieri avuti da Galeotto Malaspina, marchese di Olivola, aiutato da alcuni dei numerosi ribelli del marchesato e dal castellano Girolamo Ghirlanda, cercò di occupare Carrara il 28 agosto 1545.[1] Entrato nel maniero, a causa di una iniziale indecisione e all'azione del cardinale Innocenzo che lo trattenne al momento dell'irruzione, Giulio non riuscì a catturare la madre: Ricciarda ebbe infatti il tempo di asserragliarsi nella rocca di Massa da dove riuscì a sollevare i sudditi contro i rivoltosi.[1] Per evitare di essere a propria volta accerchiati, Giulio e i suoi furono costretti a fuggire.[1] Ricciarda decise quindi di lasciare nuovamente il marchesato per Roma, assegnando al figlio un aumento della dotazione economica che comunque lo lasciò insoddisfatto.[1] A questo punto Giulio si dimostrò disponibile a passare al servizio di Cosimo I de' Medici, il quale guardava con interesse a Massa, e inoltre, nella primavera del 1546, riuscì a ottenere l'appoggio della potente famiglia Doria di Genova.[1] Giulio allora, forte di questi appoggi (soprattutto di quelli del duca di Firenze) e facendo leva sul malcontento dei massesi per la durezza del governo della madre Ricciarda, nell'ottobre del 1546 occupò con successo la città e la rocca, assistito dal padre Lorenzo che aveva preso il comando delle truppe, e assunse il titolo di marchese.[1]

Disfatta e morte del figlio Giulio e riacquisizione del Marchesato[modifica | modifica wikitesto]

Rocca Malaspina (Massa)

Tuttavia la posizione di Giulio s'indebolì, soprattutto a seguito del brutale omicidio di Pietro Gassani e dei suoi due figli nella notte tra l'8 e il 9 novembre 1546, di cui egli fu sospettato essere il mandante.[1]

Di fronte alla perdita del castello, Ricciarda già in ottobre si era appellata a Ferrante I Gonzaga, governatore di Milano e uomo di fiducia di Carlo V in Italia.[1] L'imperatore in novembre decretò di mettere il feudo provvisoriamente nelle mani del Gonzaga stesso in attesa di definire la questione;[1] al contrario Giulio ottenne che lo Stato fosse affidato invece al cardinale Cybo e poi, in dicembre, sposò Peretta Doria.[1] Cosimo I, il quale pure lo aveva appoggiato, non vide di buon occhio l'avvicinamento dei Doria al feudo di Massa, nel timore di un diretto intervento imperiale e, dopo aver convocato Giulio a Pisa, nel marzo 1547 lo fece addirittura imprigionare nella fortezza.[1] Nell'insostenibilità della sua posizione il giovane acconsentì di rinunciare al marchesato in favore del padre Lorenzo, che lo rimise al secondogenito Alberico.[1] Di lì a pochi mesi i suoi soldati dovettero abbandonare Massa, occupata da quaranta spagnoli, che Ferrante Gonzaga, per conto di Carlo V, aveva messo a disposizione di Ricciarda.[1] Dopo un nuovo tentativo di occupare il marchesato, Giulio fu arrestato a Pontremoli e, sospettato tra l'altro di aver tramato con i Francesi contro l'imperatore, venne decapitato a Milano il 18 maggio 1548.[1]

Ricciarda si adoperò per salvare il figlio dalla morte, anche se è difficile stabilire se abbia davvero tentato tutto il possibile.[1] In una lettera scritta da Roma il 2 febbraio 1548, chiese a Carlo V la grazia.[1]

Alla decapitazione del figlio, seguì la morte del marito il 14 marzo 1549.[1]

Ricciarda, dunque, tornò a Massa, la cui fortezza le fu restituita nell'aprile del 1549, e vi si trattenne fino al 1550, per poi stabilirsi nuovamente a Roma.[1] Nella rocca lasciava il nuovo castellano Ricciardo Lombardelli e un manipolo di sedici soldati.[1]

Ricciarda cercò di riavvicinarsi a Cosimo I. Tra le altre cose, infatti, ricercò ed ebbe l'appoggio del granduca soprattutto nelle operazioni di reciproco intervento contro il banditismo endemico che infestava i confini di Massa.[1]

Al riavvicinamento a Cosimo I contribuì senz'altro la morte del cardinale Cybo (1550), colui che era stato il grande mentore della marchesa, e da Roma la nobildonna ne dette personalmente notizia a Cosimo I, richiedendone l'aiuto per gli eredi del porporato.[1] Il cardinale lasciava diversi figli, alcuni dei quali erano anche figli della marchesa, che non a caso nel testamento era nominata esecutrice testamentaria insieme con il cardinale Giovanni Salviati, un altro dei prelati di casa Medici, a cui fu assegnato anche il ruolo di tutore. Significativamente nel testamento il cardinale Innocenzo inseriva anche Alberico Cybo-Malaspina, ufficialmente suo nipote (ma con tutta probabilità, come già accennato, suo figlio).[1]

Nel febbraio del 1552 Ricciarda combinò le nozze di quest'ultimo con Elisabetta Della Rovere, sorella di Guidobaldo II Della Rovere, duca di Urbino.[1]

Il duomo di Massa

Malattia, morte e sepoltura[modifica | modifica wikitesto]

Agli inizi del 1553, ormai in precarie condizioni di salute, Ricciarda si recò ai Bagni di Lucca per le cure.[1] In maggio le sue condizioni si aggravarono e il 15 del mese dettò le sue volontà al notaio Filippo Andreoni.[1]

Nel testamento nominò il figlio Alberico successore e capostipite dei Cybo-Malaspina;[1] alla sorella Taddea concesse l'uso delle sue residenze romane.[1] Non dimenticò né le figlie legittime Isabella, nata dal primo matrimonio, ed Eleonora, per la quale aveva combinato nel 1542 una sfortunata unione con Giovanni Luigi Fieschi, né i figli naturali: Elena, riconosciuta e legittimata da Innocenzo Cybo, alla quale lasciò 5000 scudi d'oro, e Scipione, avuto dall'amante e marchese Giovan Ferdinando Manrique d'Aguilar.[1]

Ricciarda Malaspina morì, all'età di 56 anni, il 16 giugno 1553, probabilmente a Massa.[1] Il figlio Alberico fece tumulare i resti nella cripta del duomo di Massa componendoli insieme con quelli del padre Lorenzo e del fratello Giulio.[1]

Discendenza[modifica | modifica wikitesto]

Dal primo matrimonio, quello con Scipione Fieschi, nacque un'unica figlia:

  • Isabella Fieschi, nel 1533 sposò il conte Vitaliano Visconti Borromeo;[1]

Dal secondo matrimonio, quello con Lorenzo Cybo, nacquero tre figli:

A questi figli se ne aggiunsero alcuni illegittimi: Alessandro, Clemente, Elena e Ricciarda, poi legittimati dal cognato cardinale Innocenzo Cybo, loro padre;[1] Scipione, nato dall'amante Giovan Ferdinando Manrique d'Aguilar;[1] Giulia Cybo (Roma 1535 circa - Genova 1591), di paternità incerta,[12] consorte nel 1552 di don Niccolò Grimaldi, principe di Salerno, duca di Eboli, marchese di Diano e patrizio genovese.[13]

Ascendenza[modifica | modifica wikitesto]

Malaspina
Sovrani di Massa e Carrara

Antonio Alberico I
Giacomo I
Antonio Alberico II
Ricciarda
Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Antonio Alberico I Malaspina Spinetta II Malaspina  
 
Giovanna Gambacorti  
Giacomo I Malaspina  
Giovanna Malaspina Bartolomeo Malaspina  
 
Margherita Malaspina  
Antonio Alberico II Malaspina  
Francesco III Pico della Mirandola Francesco II Pico della Mirandola  
 
 
Taddea Pico della Mirandola  
Pietra Pio Marco Pio  
 
Taddea de' Roberti  
Ricciarda Malaspina  
Niccolò III d'Este Alberto V d'Este  
 
Isotta Albaresani  
Sigismondo d'Este  
Ricciarda di Saluzzo Tommaso III di Saluzzo  
 
Marguerite de Pierrepont  
Lucrezia d'Este  
 
 
 
Pizzocara  
 
 
 
 

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab ac ad ae af ag ah ai aj ak al am an ao ap aq ar as at au av aw ax ay az ba bb bc bd be bf bg bh bi bj bk bl bm bn bo bp bq Calonaci.
  2. ^ Le notizie che si rinvengono nelle fonti circa la terza figlia di Antonio Alberico non sono particolarmente congruenti. Secondo Calonaci e Meli, si chiamava Lucrezia, secondo Staffetti, Caterina (I, p. 137), secondo altri Dianora ( Malaspina: Marchesi di Fosdinovo, Gragnola, Massa e Sannazzaro, su sardimpex.com. URL consultato l'11 novembre 2022.). I dati apparentemente più precisi sono forniti da Simona Bertocchi nel suo romanzo Nel nome del figlio, peraltro basato in genere su un quadro di dati documentali particolarmente accurato: il nome era Caterina Dianora, la nascita era avvenuta «intorno al 1500», e il nome da religiosa era quello di suor Lucrezia (Cap. I). L'avvenuta monacazione è implicitamente confermata dalla specifica fatta Antonio Alberico in sede di testamento, redatto dopo la morte della primogenita, secondo la quale al marchese restavano «al secolo» le sole «Donna Ricciarda, [...] e Thaddea» (Staffetti, II, p. 140).
  3. ^ Secondo Patrizia Meli, invece, Eleonora morì prematuramente prima di potersi sposare, e Alberico quindi concesse al nobile genovese la mano della secondogenita Taddea, la quale pure, tuttavia, morì, subito dopo le nozze. Tale tesi pare però confutata da un atto notarile del 1517, con il quale Scipione Fieschi conferiva incarico per l'erezione di un mausoleo in marmo per la sua prima moglie "Leonora" (citato en passant in Carlo Frediani, Quindici documenti inediti da servire alla vita del Buonarroti e alla storia delle Belle Arti, in Per le nozze Borghini e Monzoni: Versi di P.P. e Ragionamento storico [...], Massa, Frediani, 1837, p. 95, nota *********.). Il monumento funebre risulta oggi censito tra quelli presenti nel Sepolcreto del duomo di Massa (cfr. Website della Provincia di Massa Carrara).
  4. ^ Il testo integrale del testamento, tradotto nell'italiano dell'epoca, è riportato in Staffetti, II, pp. 139-145 (la citazione testuale è a pag. 144). La pignoleria e la puntigliosità delle disposizioni testamentarie di Antonio Alberico trovavano la propria ragione d'essere nel fatto che il principio della primogenitura non era tradizionalmente applicato dai Malaspina, ciò che aveva determinato lo spezzettamento e la proliferazione dei feudi di famiglia, nonché dissidi e scontri anche cruenti tra gli eredi, come quelli che avevano contrapposto lui e il fratello Francesco, o suo padre e il fratello Gabriele.
  5. ^ Nel 1534, comunque, Ricciarda si trasferì evidentemente per qualche tempo a Genova, perché fu qui che nacque il suo terzogenito Cybo, Alberico: a meno che non sia corretta la successiva affermazione di quest'ultimo di essere invece nato nel 1532 (quando i rapporti tra i suoi genitori non erano ancora completamente interrotti, ciò che avrebbe reso non del tutto implausibile un suo concepimento in condizioni di legittimità). Cfr. Franca Petrucci, CIBO MALASPINA, Alberico, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 25, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1981. URL consultato l'8 dicembre 2023.
  6. ^ Franca Petrucci, CIBO, Caterina, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 25, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1981. URL consultato l'8 novembre 2023. La Petrucci peraltro afferma erroneamente che a Firenze risiedeva suo fratello Lorenzo con le due cognate.
  7. ^ Catherine Fletcher, Il principe maledetto di Firenze. La spettacolare vita e l'infido mondo di Alessandro de' Medici, Roma, Newton Compton, 2016, cap. 17, ISBN 978-88-541-9914-9.
  8. ^ Risale a questo periodo (febbraio 1534) la nascita dell'ultimogenito "legittimo" di Ricciarda, Alberico, nato dunque quando ella non abitava più con il marito da tempo e intratteneva una relazione ufficiale con il cognato.
  9. ^ (EN) Gabrielle Langdon, Medici Women. Portraits of Power, Love, and Betrayal from the Court of Duke Cosimom I, Toronto, Toronto University Press, 2006, p. 43, ISBN 978-0-8020-3825-8.
  10. ^ Franca Petrucci, CIBO, Eleonora, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 18 gennaio 2019.
  11. ^ Franca Petrucci, CIBO MALASPINA, Giulio, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 18 gennaio 2019.
  12. ^ Secondo Calogero Farinella ( GRIMALDI, Nicolò, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 59, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2002. URL consultato il 20 agosto 2023.), Giulia Cibo sarebbe stata «figlia di Giuliano e pronipote di Innocenzo VIII», il che porterebbe a ritenerla possibilmente nata da un oscuro Giuliano Cybo, coevo arcivescovo di Taranto (5 ottobre 1506–† circa 1537, secondo la Cronotassi dei vescovi di Agrigento), titolare di un monumento funebre nella Cappella Cybo della Cattedrale di San Lorenzo a Genova (cfr. Catalogo Fondazione Federico Zeri - Università di Bologna). Quali fossero i concreti legami di parentela di questa figura con il resto della famiglia Cybo, ed in particolare con Innocenzo VIII, non risulta evidente dalla fonti consultate.
  13. ^ Bertocchi, p. 216

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Marchesa di Massa e Signora di Carrara Successore
Antonio Alberico II 1519 - 6 ottobre 1546 Giulio I I
Giulio I 27 giugno 1547 - 15 giugno 1553 Alberico I II
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