Pedaliera

Voce principale: Consolle (organo).
La pedaliera dell'organo maggiore della chiesa di San Sulpizio a Parigi.

La pedaliera è una tastiera che si aziona con i piedi ed è utilizzata solitamente per suonare la parte più grave di un pezzo, anche se, all'organo, non mancano esempi di melodie nelle parti acute affidate al pedale[1]. La pedaliera è tipica dell'organo a canne e dell'organo Hammond e simili, anche se si può trovare in alcuni clavicembali, pianoforti e clavicordi.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Esempi di pedaliera sull'organo sono noti già durante il periodo romano, precisamente intorno al I secolo a.C., più precisamente questo dopo di pedaliera non presentava alterazioni ad eccezione del SIb. La pedaliera come la conosciamo oggi, però, nasce nel Rinascimento a causa della necessità da parte dell'organista, per accompagnare i canti polifonici, di tenere le note del basso senza per questo dover lasciare la mano sinistra costantemente all'estremo della tastiera senza possibilità di suonare altro che il basso. All'inizio la pedaliera aveva soltanto dodici tasti e andava dal Do al Si. Sempre in quel periodo si sviluppò la cosiddetta ottava corta o ottava in sesta (perché la prima ottava viene ridotta in una sesta), applicata sia alle tastiere che alle pedaliere[2], che aveva un'estensione di sei note. Le tre combinazioni più frequenti erano (come ordine di tasti, non come suono reale):

  • do - do diesis - re - mi bemolle - mi - fa;
  • re - mi bemolle - mi - fa - fa diesis - sol;
  • mi - fa- fa diesis - sol - sol diesis - la.
Una pedaliera con i tasti paralleli a bottone di tipo francese.

Verso gli inizi del XVII secolo, però, soprattutto nell'area tedesca e olandese, si ebbe la necessità di pedaliere con estensione maggiore che arrivarono ad avere fino a 27-30 pedali, ossia con un'estensione di circa due ottave. Disponendo di una pedaliera così ampia, l'organista aveva la possibilità di suonare al pedale una parte completa e autonoma, necessaria per il contrappunto strumentale praticato dai tedeschi e dai fiamminghi; si prenda per esempio Johann Sebastian Bach (1685-1750)[3], ma già anche Dietrich Buxtehude (1637-1707) o Nicolaus Bruhns (1665-1697), che scrissero pezzi per organo in cui l'importanza della pedaliera è pari a quella delle tastiere.

Johann Christian Kittel, allievo di Johann Sebastian Bach, informa che, almeno sino alla fine del Settecento, la regola era di suonare la pedaliera solamente con le punte dei piedi. L'uso dei tacchi, infatti, era considerata pratica «da organisti ignoranti e bifolchi, che impastano il suono e rischiano pure di rompere la pedaliera»[4].

Successivamente si cominciò a suonare la pedaliera non solo con le punte, ma anche con il tacco, tecnica che si ritrova già comunemente nei metodi per organo della seconda metà del '700. Fino a al primo Ottocento la pedaliera aveva solo la forma del tipo conosciuto come tedesco, cioè piatta e con i pedali paralleli: questa forma favorisce l'utilizzo delle sole punte e la distanza costante fra le aste permette di trovare i pedali con facilità. Nel 1855 l'inglese Henry Willis, insieme all'organista e compositore inglese Samuel Sebastian Wesley[5], costruì e brevettò un nuovo tipo di pedaliera: la pedaliera radiale concava, che risultava più comoda da suonare rispetto alla pedaliera piatta e con i tasti paralleli.

In realtà il nuovo tipo di pedaliera veniva incontro al modo di suonare degli organisti romantici: siccome il nuovo gusto, contrariamente a quello dei secoli passati, richiedeva un legato fluido fra una nota e l'altra, come al pianoforte, gli organisti avevano cominciato ad alternare il tallone alla punta e il nuovo tipo di pedaliera facilitava proprio il legato fra punta e tacco. Bisogna comunque notare che molti compositori romantici francesi disponevano di pedaliere con tasti paralleli di organi precedenti, e in ogni caso la pedaliera radiale non è strettamente necessaria per suonare la musica romantica.

La pedaliera oggi[modifica | modifica wikitesto]

Negli organi moderni[modifica | modifica wikitesto]

Nella maggior parte degli organi moderni, il tipo di pedaliera adottato è quello della pedaliera concavo-radiale, detta anche a ventaglio, secondo alcuni più comoda rispetto al tipo tedesco. Tale tipologia di pedaliera non si usa tuttavia né in Germania, né in Francia. Solitamente, negli organi a canne attualmente in uso la pedaliera consta di 30 o 32 note; in diversi organi Hammond e in organi a canne più antichi si trovano pedaliere di 25 note. Negli organi elettronici di tipo "spinetta" si trova una pedaliera ridotta di sole 13 note. Negli organi a canne e digitali-liturgici, al di sopra della pedaliera di fianco alle staffe è frequente trovare dei pistoncini o dei pedaletti da azionare con i piedi che inseriscono le varie combinazioni di registri o le unioni.

Attualmente, le tipologie di pedaliera più usate sono le seguenti:

Nei clavicembali e nei pianoforti[modifica | modifica wikitesto]

Pianoforte a pedaliera ideato da Luigi Borgato.

A partire dall'epoca barocca, anche ai clavicembali e ai clavicordi[6], per varie esigenze, fu applicata una particolare pedaliera, sempre con i tasti paralleli fra di loro, con una cassa di risonanza propria che veniva inserita sotto lo strumento. Nei pianoforti, invece, la pedaliera diventava parte integrante dello strumento ed era anche qui con i tasti paralleli. Tuttavia, è raro trovare sia clavicembali che pianoforti storici con pedaliera, nonostante alcune composizioni[7] fossero espressamente scritte per questi strumenti.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Vedi ad esempio Wer nur den lieben Gott lässt walten BWV 647, Kommst du nun, Jesu, vom Himmel herunter BWV 650 e Von Gott will ich nicht lassen BWV 658 di J.S. Bach, in cui il pedale è registrato in 4'.
  2. ^ Questo espediente serviva a economizzare sui materiali e la manodopera evitando di costruire tasti (e quindi meccanismi e canne) per note poco utilizzate al basso. Per lungo tempo si è innescato un circolo vizioso fra i costruttori (che continuavano a realizzare strumenti con ottava corta) e compositori/organisti (che continuavano a scrivere per strumenti con ottava corta senza richiedere ai costruttori strumenti completi) e questo in Italia ha fatto sì che la maggior parte degli organi costruiti fino a tutto l'800 continuasse ad avere solitamente l'ottava corta. In area tedesca invece l'ottava corta era piuttosto malvista, tanto che Johann Samuel Petri, nella sua Anleitung zur praktischen Musik del 1767, descrive gli organi che la posseggono "costruiti in miseria" e, in particolare parlando della pedaliera, afferma che in questo modo l'organista disimparerebbe a usare il pedale perché su questi strumenti non si potrebbe suonare alcun pezzo; inoltre, se proprio non si riesce a sostituire la pedaliera corta con una intera, consiglia di rifondere le canne del do e del re gravi per poter avere il fa# e il sol# gravi.
  3. ^ L'estensione della pedaliera per i pezzi di Bach è più ampia rispetto allo standard del periodo, poiché nella toccata in fa maggiore BWV 540 si trova un fa acuto, nel preludio e fuga in la maggiore BWV 536 si trovano diversi mi acuti e nella fantasia in sol maggiore BWV 572, probabilmente un unicum nella letteratura per organo, si trova un si grave.
  4. ^ Johann Christian Kittel, Neues Choral-Buch, Altona, 1803.
  5. ^ "Dr.S.S.Wesley, 1810-76: Portrait of a Victorian Musician" by Paul Chappell (ISBN 9780855971984)
  6. ^ In particolare, il clavicordo con pedaliera era diffuso come strumento di studio casalingo per gli organisti in area tedesca. All'epoca, infatti, oltre al freddo invernale (comune ancora oggi nelle chiese) cui l'organista avrebbe dovuto esporsi, la messa in funzione dell'organo era complicata dalla necessità di richiedere a una o più persone di azionare i mantici (i cosiddetti "tiramantici"): ciò richiedeva che le persone addette fossero disponibili e, ovviamente, il pagamento del loro compenso.
  7. ^ Si possono ricordare quelle di Robert Schumann, che scrisse 6 studi canonici, 6 schizzi e 6 fughe sul nome BACH per pianoforte con pedaliera. Ma anche Charles-Valentin Alkan, Camille Saint-Saëns, Franz Liszt, Charles Gounod e Léon Boëllmann scrissero per questo strumento.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Corrado Moretti, L'organo italiano. Profilo storico - Analisi tecnica ed estetica dello strumento - Sintesi delle sue sonorità a servizio della liturgia cattolica, Cuneo, S.A.S.T.E., 1955

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

  Portale Musica classica: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di musica classica