Mito della nascita di Eros

Il mito della nascita di Eros è un mito platonico presente all'interno del Simposio di Platone[1][2].

L'eros prima di Platone[modifica | modifica wikitesto]

L'eros per i greci[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Esiodo e Lirici greci.

Come nota George M. A. Hanfmann [3], «i Greci non distinguevano nettamente la passione d'amore e il dio che la simboleggiava». Il termine eros (in greco, ἔρως) compare per la prima volta nei poemi omerici ad indicare il desiderio fisico[4].

Con Esiodo esso acquisisce uno statuto divino, risultando quel dio primordiale in grado di domare con la passione sia gli dèi che gli uomini.[5][6]

Nei lirici greci eros viene celebrato come quel desiderio irrefrenabile dalle caratteristiche crudeli e ingestibili. Manifestandosi improvvisamente, l'eros agita in modo cupo le sue vittime [7].

Si aggiunga anche che la nozione generale di "amore" veniva coniugata nella cultura greca in modo diversi:

  • L'amore nei confronti di chi ci è vicino o affine era definito philìa;
  • L'amore nei confronti chi è diverso da noi oppure è "straniero" era la xenìa;
  • l'amore nei confronti di chi appartiene alla nostra famiglia si definiva storghé;
  • l'amore incondizionato pronto al sacrificio veniva considerato agàpe;
  • l'amore inteso come desiderio fisico era invece eros.

Eros come divinità[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Orfismo.

Eros come dio primordiale è soprattutto "meraviglioso" (il termine greco è kàllistos). Come nota infatti Silvana Fasce[8], la sua "bellezza", quando indicata in Esiodo, suggerisce la «sua superiorità e dignità divina e del privilegio di appartenere ad una cerchia di figure particolari di rango celeste». In questo senso il termine lysimelès ("colui che scioglie le membra") si ricollega a Eros[9]. Quest'ultimo è dio del desiderio sessuale, eterosessuale ed omosessuale[10], dio generativo e forza primordiale, passione cupa[11] dai risvolti amari e dolci[12].

Nonostante ciò Eros rimane un elemento fondante anche nella Teogonia orfica che, secondo George M. A. Hanfmann[13], è alla base del racconto platonico anche nel Simposio. Di questa "teogonia" la più antica giunta a noi è riportata negli Uccelli di Aristofane[14]

Il rapporto strettissimo tra Platone e i misteri è riportato, oltre che da studiosi come Colli, Reale e Hanfmann, dallo stesso Platone nel Fedone [15]. Giorgio Colli rileva come la conclusione del Simposio (218b) alluda letteralmente ad un verso orfico antico [16][17].

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La natura dell'amore[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Diotima ed Eros (filosofia).

Platone fa sì che il dialogo inizi con l'abile confutazione, da parte di Socrate, di Agatone, che nel dialogo stesso aveva parlato prima. Socrate spiega che l'amore non è mai a sé stante, ma necessita di un oggetto: ha perciò sempre bisogno di ciò che ama, e attualmente non lo possiede.[18] Ciò di cui necessita non può tuttavia essere brutto,[19] e pertanto non può che essere buono e bello.[20][21] L'amore è pertanto mancanza del bello, quindi tendenza ad esso e poiché ciò che bello è anche necessariamente buono, l'amore si traduce in una mancanza del buono.[21]

Socrate quindi continua nell'esporre la sua teoria sull'amore, affermando che tutto ciò che sa sull'amore lo ha imparato da Diotima, con la quale aveva discusso al riguardo. Nel corso della discussione con Diotima riportata ai presenti da Socrate, il filosofo dichiara che ciò che non è bello è necessariamente brutto, al che viene corretto dalla donna di Mantinea, che lo costringe ad ammettere che esistono anche le vie di mezzo (per esempio, non esistono solo i sapienti e gli ignoranti, ma anche coloro che hanno una "retta opinione" pur non sapendola giustificare, cosicché non è possibile definirli sapienti - "come può darsi scienza senza ragione?" - ma non si può neppure chiamarli ignoranti - "come può essere ignoranza il pervenire al reale?").

Allo stesso modo, Amore non può essere un mortale ma neppure un dio, perché è sprovvisto di quelle qualità (il bene e il bello) di cui va alla ricerca. In questo modo, Amore non è altro che "un gran demone", un'entità intermedia tra il mondo dei mortali e quello degli dei con funzione di mantenere in contatto entrambe le sfere, altrimenti inconciliabili.

L'origine di Amore e le sue caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Il dialogo continua poi con la trattazione sull'origine di Amore: egli infatti venne concepito durante il banchetto per la nascita di Afrodite grazie all'unione tra Poros (Espediente o Ingegno) e Penia (Povertà).[22] L'unione tra i due si concretizzò quando Poros, ubriaco per aver bevuto troppo nettare, si addormentò ebbro sul prato e fu visto da Penìa, che approfittò dello stato di Poros per unirsi a lui. Da quel momento Eros è seguace di Afrodite, per via del fatto che fu concepito nel giorno della sua nascita. E poiché Afrodite è bella, Amore è per sua natura amante del bello.

«Perciò, in quanto figlio di Poros e di Penìa, Amore si trova in questa condizione: in primo luogo è sempre povero e tutt'altro che tenero e bello, come invece ritengono i più, anzi è aspro, incolto, sempre scalzo e senza casa, e si sdraia sulla terra nuda, dormendo all'aperto davanti alle porte e per le strade secondo la natura di sua madre, e sempre accompagnato dall'indigenza. Invece per parte di padre insidia i belli e i virtuosi, in quanto è coraggioso e ardito e veemente, e cacciatore astuto, sempre pronto a tessere intrighi, avido di sapienza, ricco di risorse, e per tutta la vita innamorato del sapere, mago ingegnoso e incantatore e sofista; e non è nato né immortale né mortale, ma in un'ora dello stesso giorno fiorisce e vive, se la fortuna gli è propizia, in altra invece muore, ma poi rinasce in virtù della natura del padre, e quel che acquista gli sfugge sempre via, di modo che Amore non è mai né povero né ricco, e d'altra parte sta in mezzo fra la sapienza e l'ignoranza.»

La procreazione nel corpo e nell'anima[modifica | modifica wikitesto]

Dunque, Amore, essendo alla ricerca della sapienza, che è "fra le cose più belle", è di conseguenza alla ricerca del bello. «E se – si domanda Diotima – sostituiamo il bello con il bene? Chi desidera il bene non lo fa per essere felice? E chi è felice non vuole restarlo per sempre?» Di conseguenza chi desidera il bene desidera che questo divenga suo per sempre, desidera quindi l'immortalità, e l'unico modo per ottenere ciò è la procreazione del bello nel corpo e nell'anima.[23] In questo senso, il bene porta l'uomo a riprodursi e il bello stimola la generazione, la contemplazione dell'Assoluto.[23] Ne consegue che l'amore è aspirazione a riprodursi.

Figure e simbolismi[modifica | modifica wikitesto]

Secondo alcuni studiosi, il mito della nascita di Eros rappresenterebbe una sorta di omaggio di Platone ad Aristofane, allora da poco scomparso.[24] Questi compare quale personaggio nel dialogo platonico, alla fine del quale Socrate descrive la figura del filosofo come compartecipata di tragedia e commedia, in una sorta di "poeta del vero".[24]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Simposio, 203b–206a
  2. ^ Franco Ferrari. I miti di Platone. Milano, Rizzoli, 2010, pag. 113 e segg.; cfr. anche Giovanni Reale. Il mito di "Penia" e di "Poros" come "madre" e "padre" di Eros e suo significato in Eros dèmone mediatore. Il gioco delle maschere nel Simposio di Platone. Milano, Bompiani, 2005, pag. 170 e segg.
  3. ^ George M. A. Hanfmann. Oxford Classica Dictionary. Oxford University Press, 1970. In italiano Dizionario delle antichità classiche, Cinisello Balsamo, Paoline, 1995, pag. 849.
  4. ^ Cfr. ad es. Iliade III, 441-2; Iliade XIV, 293-5; Odissea XVIII, 212-3.
  5. ^ Teogonia 120-2.
  6. ^ A tal proposito Ilaria Ramelli e Carlo del Grande evidenziano come:

    «La Teogonia Esiodea sembra riflettere la dottrina teogonica dei sacerdoti di Apollo delfico. In origine sarebbe stato il Χάος, il "vuoto primordiale" e poi Γαῖα, la Terra, ed Ἔρως o amore, come attrazione reciproca e principio di unione ed armonia»

  7. ^ Cfr. ad es. Ibico, fr. 286 Davies; Saffo, fr. 130 Voigt; Teognide, Corpus Theognideum, II, 1231; Alcmane, frr. 147-148 Campbell; Anacreonte 19.
  8. ^ Silvana Fasce. Eros dio dell'amore, in L'amore in Grecia (a cura di Claude Calame). Bari, Laterza, 2006, pag. 121 e segg.
  9. ^ Silvana Fasce. Op. cit. pag. 122.
  10. ^

    «Eros was the ancient Greek god of sexual (either homosexual or heterosexual) love or desire.»

  11. ^

    «Ma per me Eros non dorme
    in nessuna stagione:
    come il vento di Tracia infiammato di lampi
    infuria accanto a Cipride
    e mi riarde di folli passioni,
    cupo, invincibile,
    con forza custodisce l'anima mia.»

  12. ^
    (EL)

    «Ἔρος δηὖτέ μ' ὀ λυσιμέλης δόνει,
    γλυκύπικρον ἀμάχανον ὄρπετον»

    (IT)

    «Eros che scioglie le membra mi scuote nuovamente:
    dolceamara invincibile belva»

  13. ^ Op. cit.
  14. ^

    «Uomini nati nel buio della vostra vita, simili alla stirpe caduca delle foglie, essere fragili, impasto di fango, vane figure d’ombra, senza la gioia delle ali, fugaci come il giorno, infelici mortali, uomini della razza dei sogni, date ascolto a noi: immortali e sempre viventi, creature del cielo, ignari di vecchiezza, esperti di indistruttibili pensieri. Ascoltate da noi tutta la verità sulle cose del cielo e la natura degli uccelli, sull'origine degli dèi e dei fiumi, e dell'Erebo e del Caos. Conoscerete il vero, e da parte mia direte a Prodico di andare alla malora, per l'avvenire. In principio c'erano il Caos e la Notte e il buio Erebo e il Tartaro immenso; non esisteva la terra, né l'aria né il cielo. Nel seno sconfinato di Erebo, la Notte dalle ali di tenebra generò dapprima un uovo pieno di vento. Col trascorrere delle stagioni, da questo sbocciò Eros, fiore del desiderio: sul dorso gli splendevano ali d'oro ed era simile al rapido turbine dei venti. Congiunto di notte al Caos alato nella vastità del Tartaro, egli covò la nostra stirpe, e questa fu la prima che condusse alla luce. Neppure la razza degli immortali esisteva avanti che Eros congiungesse gli elementi dell'universo. Quando avvennero gli altri accoppiamenti, nacquero il cielo e l'oceano e la terra, e la razza immortale degli dèi beati»

  15. ^

    «E certamente non furono sciocchi coloro che istituirono i Misteri: e in verità ci hanno velatamente rivelato che colui il quale arriva all'Ade senza essersi iniziato e senza essersi purificato, giacerà in mezzo al fango; invece colui che si è iniziato e si è purificato, giungendo colà, abiterà con gli Dei. Infatti, gli interpreti dei misteri dicono che "i portatori di ferule son molti, ma i Bacchi sono pochi". E costoro, io penso, non sono se non coloro che praticano rettamente la filosofia.»

  16. ^ (cfr. nota a 4 [A-39] a pag. 397 del I volume La sapienza greca)
  17. ^

    «Voi tutti, invero, avete posseduto in comune, la follia e il desiderio dionisiaco di chi ama la sapienza. Perciò tutti quanti mi ascolterete: voi scuserete infatti sia le cose allora fatte, sia quelle ora dette. Quanto agli schiavi di casa, e a chiunque altro, non iniziato e rozzo possa esserci: tappatevi le orecchie con porte ben spesse»

  18. ^ Simposio, 200e
  19. ^ Simposio, 201a
  20. ^ Simposio, 201b
  21. ^ a b John Niemeyer Findlay, Giovanni Reale, Platone: le dottrine scritte e non scritte, Vita e Pensiero, 1994, pag. 132 e segg., ISBN 88-34-3080-93.
  22. ^ John Niemeyer Findlay, Giovanni Reale, Platone: le dottrine scritte e non scritte, Vita e Pensiero, 1994, ISBN 88-34-3080-93. pag. 133.
  23. ^ a b Droz, 1994, pag. 48.
  24. ^ a b Maria Cristina Torchio, Pluto, Edizioni dell'Orso, Alessandria, 2001, pag. 163, ISBN 8876945393.
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