Memoria (filosofia)

Memory (1896). Olin Warner. "Biblioteca del Congresso" - Thomas Jefferson Building.

La memoria è una funzione intellettuale che si attiva fisiologicamente a seguito dell'osservazione sensibile di tracce lasciate da oggetti o da esperienze che permettono di risalire alla configurazione di una cosa o di un evento passato.

La memoria può consistere anche in informazioni o impressioni depositate nella mente che tramite il ricordo possono essere richiamate, più o meno distintamente, alla consapevole spiritualità di uno[1] o più individui come avviene nel cosiddetto "ricordo collettivo".

Occorre specificare che nel caso del "ricordo collettivo" si tratta non di uno stesso identico ricordo, vissuto nelle sue particolari caratteristiche, che appartenga a una moltitudine di individui ma, in realtà, di ricordi individuali che si riferiscono al medesimo avvenimento: quindi in questo caso, più che di ricordo, si tratta di un "racconto" di un evento che coincide più o meno con quanto narrato da altri[2]

Platone[modifica | modifica wikitesto]

Il concetto comincia a definirsi con la dottrina della conoscenza e dell'anima[3] che Platone delinea trattando, nel Menone e nel Fedro, della memoria (μνήμη) che egli collega preferibilmente alla reminiscenza, esposta nella dottrina dell'anamnesi (ἀνάμνησις), piuttosto che al ricordo.

Platone differenzia infatti la memoria definendola come

  • «conservazione della sensazione»[4]
  • oppure come capacità che ha l'anima «in sé stessa, da sé, senza il corpo» di recuperare «quelle affezioni che un tempo ha provato insieme col corpo»[5]
  • Ma anche quando, pur non essendovi più tracce di elementi sensibili, non avendo più memoria, l'anima «in sé stessa, da sola, la riproduce»[6] operandosi in questo caso la reminiscenza, un risveglio della memoria, il ridestarsi di un sapere già presente nella nostra anima, come l'impronta che il sigillo lascia nella cera, ma che era stato dimenticato al momento della nascita.[7][8].

«Supponi che vi sia nella nostra anima una cera impressionabile, in alcuni più abbondante, in altri meno, più pura negli uni, più impura negli altri... È un dono, diciamo, della madre delle Muse, Mnemosine: tutto ciò che desideriamo conservare nella memoria di ciò che abbiamo udito, visto o concepito si imprime su questa cera che noi presentiamo alle sensazioni o alle concezioni. E di ciò che si imprime noi ne conserviamo memoria e scienza finché ne dura l'immagine.[9]»

Quindi la reminiscenza è la fonte di ogni sapere.

Aristotele[modifica | modifica wikitesto]

Aristotele rifiuta la tesi della reminiscenza delle idee, che contrasta con l'impianto immanentistico del suo sistema metafisico, e nega che la formazione dei concetti possa avvenire senza le sensazioni. La memoria si traduce in un'«immagine mnemonica» di natura sensibile[10] che è in potenza un ricordo che muovendosi va dal corpo all'anima che lo tradurrà in atto così come avviene per l'immagine di un oggetto dipinto che "contiene" in potenza, richiama, la realtà del ricordo in atto dell'oggetto rappresentato[11]. Con la memoria tornano spontaneamente alla mente le cose del passato, con la reminiscenza cerchiamo di ricordare coscientemente un pezzo che era stato dimenticato. «Quindi, la reminiscenza ha un aspetto di consapevolezza che nella memoria è in qualche modo assente.»[12]

Nello stoicismo sia la memoria che i ricordi sono materiali[13][14]. Per l'epicureismo la conoscenza consiste in uno scorrere continuo di immagini materiali (εἴδωλα) che colpiscono i nostri organi di senso provocando un accumulo di «sensazioni ripetute» che vengono conservate nella memoria e che serviranno, all'occorrenza, per formare le conoscenze generali e le «anticipazioni» che si originano dalle particolari esperienze sensibili fatte in passato e di cui conserviamo nella memoria il ricordo che applichiamo ai dati empirici in atto.

«Non potremmo ricercare ciò che è oggetto della nostra ricerca se prima non ne avessimo avuto conoscenza. [Grazie infatti alla prolessi] si pensa ai caratteri di ciò in base alle precedenti sensazioni.[15]»

Plotino[modifica | modifica wikitesto]

Secondo Plotino il fenomeno della memoria è puramente spirituale e la corporeità le è di ostacolo poiché il ricordo è qualcosa che permane nel tempo mentre l'oggetto materiale è soggetto al divenire cosicché «l’essere corporeo che si muove e scorre sarà necessariamente causa di oblio»[16]. È solo l'anima che rammenta ma questo non vuol dire che con la reminiscenza possiamo attingere il sapere di realtà supreme e immutabili[17] perché il ricordo non può essere proprio di un intelletto che, essendo incorporeo, non dimentica e quindi non ha bisogno di ricordare.

Il fenomeno della memoria dunque è tale perché alla nostra coscienza, limitata corporalmente, arrivano le immagini di un intelletto supremo, fuori dalla temporalità, che ha una visione continua di tutto quello che alla coscienza umana appare di tanto in tanto sotto l'aspetto del ricordo.

Agostino d'Ippona[modifica | modifica wikitesto]

Così Agostino descrive il fenomeno della memoria coerentemente alla sua dottrina dell'interiorità della verità[18]:

«Giungo allora ai campi e ai vasti quartieri della memoria, dove riposano i tesori delle innumerevoli immagini di ogni sorta di cose introdotte dalle percezioni; dove pure sono depositati tutti i prodotti del nostro pensiero, e tutto ciò che vi fu messo al riparo e in disparte e che l'oblio non ha ancora inghiottito o sepolto. Quando sono là dentro, evoco tutte le immagini che voglio. Alcune si presentano all'istante, altre si fanno desiderare più a lungo, quasi vengano estratte da ripostigli più segreti. Alcune si precipitano a ondate, e mentre ne cerco e ne desidero altre, ballano in mezzo, con l’aria di dire: "non siamo noi per caso?". E io le scaccio con la mano dello spirito dal volto del ricordo, finché quella che cerco si snebbia e avanza dalle segrete al mio sguardo.[19]»

La memoria quindi è presente tutt'intera fin dalla nascita e non abbiamo bisogno di esperienze per acquisire i ricordi:

«Ma quando è la memoria a perdere qualcosa, come avviene allorché dimentichiamo e cerchiamo di ricordare, dove mai cerchiamo, se non nella stessa memoria? Ed è lì che, se per caso ci si presenta una cosa diversa, la respingiamo, finché capita quella che cerchiamo. E quando capita, diciamo: «È questa», né diremmo così senza riconoscerla, né la riconosceremmo senza ricordarla.[20]»

Per Tommaso d'Aquino la memoria riguarda la sensibilità e il tempo passato quindi l'anima sensitiva, non quella intellettiva, può cogliere i ricordi ma, poiché vi è sempre coscienza nel ricordare, la memoria consiste nel conservare in potenza gli universali delle cose conosciute i quali si tradurranno in atto con i sensi.[21][22]

Rinascimento[modifica | modifica wikitesto]

Nell'età rinascimentale si sviluppa l'interesse per la filosofia platonica e in particolare per la concezione della memoria ripresa da Marsilio Ficino e Pico della Mirandola che, rifacendosi al metodo di Cicerone per la retorica, creano la mnemotecnica, l'arte di imparare a memoria, collegandola alla dottrina lulliana dell'ars combinatoria un metodo, inventato da Raimondo Lullo (1235-1315), teologo, filosofo e missionario catalano, e descritto nella sua opera Ars compendiosa inveniendi veritatem seu ars magna et maior (1274), tramite il quale, servendosi anche di schemi e figure, si potessero collegare, in una sorta di logica meccanica, concetti fondamentali in modo da acquisire verità in ogni campo del sapere. Questa tecnica poteva anche essere utilizzata come una forma di mnemotecnica, in quanto facilitava la memorizzazione delle nozioni di base ma lo scopo ultimo era quello di «arrivare a una enciclopedia totale, a un sapere universale... Cioè a una "clavis" universale, cioè una "chiave" universale, che mi permetta di accedere a qualunque sapere nella sua totalità.»[23] Si cominciano quindi ad elaborare metodi combinatori di logica formale-matematica a iniziare dalle mnemotecnico-metafisiche di Giordano Bruno sino ai tentativi di Leibniz che attraverso l'analisi del linguaggio riteneva potesse fondarsi una nuova scienza: l' "Ars combinatoria": una simbolizzazione del pensiero con cui operare calcoli logico-matematici.

Età moderna[modifica | modifica wikitesto]

Nell'età moderna si avanza con Cartesio, in nome della concezione metafisica del sapere fondato sul principio dell'evidenza, una diminuzione della funzione cognitiva della memoria[24] che viene teorizzata in termini fisiologici: il ricordo ha una consistenza corporea tale che si imprime con passaggi successivi nel cervello «Secondo che la loro azione è più forte, dura più a lungo o è reiterata più volte» formandosi così le idee corrispondenti a tali "tracce" «senza che la presenza degli oggetti cui esse si rapportano vi sia richiesta»[25] Il rapporto tra elementi corporei e intellettuali secondo Cartesio è reso possibile da quella che egli chiama ghiandola H (la ghiandola pineale) che regola i flussi degli spiriti animali, che sono messaggeri per i nostri sensi che corrono attraverso il nostro corpo e lungo i nostri nervi verso i «luoghi del cervello [...] ove sono le tracce che l’oggetto di cui ci si vuole ricordare vi ha lasciato»[26].

Thomas Hobbes riprende l'interpretazione materialista basata sul movimento della scuola epicurea[27] concependo la memoria come l'indebolimento della sensazione che l'ha provocata per cui il ricordo è «sentire di aver sentito», riportare cioè alla conoscenza sensibile quello che in passato è stato oggetto dei sensi.

Per John Locke va esclusa ogni teoria innatista poiché la memoria dipende dalla coscienza e dall'esperienza:

«La mente si mette spesso al lavoro in cerca di qualche Idea nascosta, e rivolge ad essa l’Occhio dell’Anima: perché a volte queste idee sorgono all’improvviso nella nostra mente di loro spontanea volontà ... o spesso sono risvegliate e fatte uscire dalle loro celle oscure verso la luce da una passione turbolenta e tempestosa.[28]»

Se la memoria nasce da un fatto empirico in atto essa va intesa come una specie di contemplazione mentre si tratta di reminiscenza quando si richiama coscientemente alla mente una «sensazione illanguidita» presente in maniera più o meno chiara nel «deposito della memoria»[29]

«Il nostro spirito assomiglia a quelle tombe dove le iscrizioni sono cancellate dal tempo e le immagini cadono in polvere, anche se rimangono il bronzo e il marmo[30]»

Per mantenere viva la coscienza della nostra identità personale, che consiste nella memoria di noi stessi, poiché «fin dove questa coscienza può essere estesa indietro ad una qualsiasi azione o pensiero del passato, fin lì giunge l'identità di quella persona», dobbiamo continuamente riportare alla primitiva nitidezza quelle idee che si sono sbiadite col passare del tempo. È questo un continuo lavoro di manutenzione della nostra memoria che ci assicura la nostra identità, che inevitabilmente si annebbia con la perdita del ricordo delle nostre esperienze passate.[31]

David Hume ribadisce il carattere empirico della memoria che è dotata della «libertà dell’immaginazione di trasporre e cambiare le sue idee»[32] e condivide la teoria che la memoria «discopre» e «produce» l’identità personale[33]

Lo stesso argomento in dettaglio: Identità personale § Hume.

Gottfried Wilhelm von Leibniz contesta l'empirismo di Locke e, teorizzando la memoria nell'ambito della sua concezione spiritualista della sostanza e della percezione, anticipa la problematica dell'inconscio sostenendo che la memoria fa sì che le idee, presenti virtualmente nella mente come "piccole percezioni" inconsce, divengano "appercezioni" coscienti[34].

Per Immanuel Kant si può attribuire alla memoria un aspetto attivo e uno conservativo intendendola come «facoltà di rendersi volontariamente presente il passato»[35].

In Georg Wilhelm Friedrich Hegel la memoria[36] è la capacità di rendere concrete con il ricordo le rappresentazioni, espressioni di entità e concetti astratti e, in questo senso, fa parte dello sviluppo dello Spirito che può così manifestare le proprie potenzialità: perciò la memoria «è soltanto il modo estrinseco, il momento unilaterale dell’esistenza del pensiero»[37].

Novecento[modifica | modifica wikitesto]

Henri Bergson, rifacendosi a Hume che concepiva la memoria come il persistere attenuato della percezione iniziale, ritiene che la percezione sia un ritagliare un'immagine parziale della realtà percepita che dura per l'istante della percezione iniziale stessa che poi viene superata da altre percezioni, ritagli temporanei, della realtà. La memoria è invece l'accumularsi, lo stratificarsi dei ricordi, duraturo e sempre tutt'intero presente, indipendentemente dalla coscienza che se ne ha, e la cui dimensione temporale non è l'istante, proprio del "tempo spazializzato" della scienza, come avviene per le percezioni, ma la "durata reale", il tempo vissuto. Il rapporto tra la percezione materiale del reale e la memoria, dimensione spirituale della durata, costituiscono quindi un tutt'uno.[38]

Nelle Lezioni sulla coscienza interna del tempo Edmund Husserl, per spiegare il ruolo della memoria nella percezione, introduce il concetto di "ritenzione", o "ricordo primario". Grazie alla ritenzione l'esperienza appena passata viene mantenuta nella coscienza accanto all'esperienza "presente" in senso stretto: in questo modo è possibile percepire "oggetti temporali", cioè oggetti che hanno una durata complessa nel tempo, per esempio una melodia.[39]

Dal punto di vista di Husserl è importante distinguere chiaramente la ritenzione, che rende possibile il costituirsi di un oggetto temporale nel presente, dalla "rimemorazione", che è invece la "presentificazione"[40] di una esperienza percettiva passata.[41]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Dizionario di filosofia Treccani (2009) alla voce corrispondente
  2. ^ D.Bakhurst, Memoria, Identità e psicologia culturale, in G.Bellelli, D.Barkhurst, A.Rosa (a cura di) Tracce. Studi sulla memoria collettiva, Liguori 2000, pp.19-32
  3. ^ Platone, Filebo, 34, a-c
  4. ^ Platone, op.cit., 34 a
  5. ^ Platone, op.cit., 34 b
  6. ^ Platone, op.cit., 34 c
  7. ^ Platone, Menone, 81 c
  8. ^ Platone, Fedro, 72 e-77 b
  9. ^ Platone, Teeteto, 191 d
  10. ^ Aristotele, Della memoria e della reminiscenza, 450 a 12
  11. ^ Aristotele, op.cit.,450 b 18-451 a 3
  12. ^ Rai.Filosofia. Paolo Rossi, Memoria e reminiscenza
  13. ^ Plutarco, De communis notitiis, 45, 1084 a
  14. ^ Plutarco, I frammenti degli stoici antichi, II, 848
  15. ^ Diogene Laerzio 10.33
  16. ^ Plotino, Enneadi, IV, 3, 26
  17. ^ Plotino, op.cit., IV, 3, 27
  18. ^ Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas. (Agostino d'Ippona, De vera religione)
  19. ^ Agostino d'Ippona, Confessioni, X, 8
  20. ^ Agostino d'Ippona, op.cit. X, 28
  21. ^ Tommaso d'Aquino, De veritate, q. 10, a. 3
  22. ^ Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, I, q. 79, a.6
  23. ^ Paolo Rossi, Le tecniche della memoria, su emsf.rai.it. URL consultato il 6 aprile 2017 (archiviato dall'url originale il 6 aprile 2017).
  24. ^ La memoria non serve nel caso delle idee innate come quella di Dio, perché la permanenza della memoria è sostituita dalla presenza fin dalla nascita della idea innata di Dio
  25. ^ Cartesio, L'uomo (1664) - AT,XI,!78
  26. ^ Cartesio, Passioni dell’anima, 1648,art. 42
  27. ^ Hobbes, De corpore, 1655, IV, 25, 1
  28. ^ Locke, Saggio sull’Intelletto Umano, (1690) II, 10,5
  29. ^ Locke, op.cit., II, 10
  30. ^ Locke, op.cit. II, 10, 7
  31. ^ Locke, op.cit., XXVII
  32. ^ D.Hume, Trattato della natura umana (1739) I, 4, 3-4; I, 3, 5
  33. ^ D.Hume, op.cit. I, 4, 6
  34. ^ Leibniz, Nuovi saggi sull’intelletto umano (1700-05), II, 10
  35. ^ I. Kant, Antropologia dal punto di vista pragmatico, (1798) I, § 34
  36. ^ Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche (1817) § 461
  37. ^ Hegel, op.cit., § 464
  38. ^ H. Bergson, Matière et mémoire, trad. it. F. Sossi, Materia e Memoria in H. Bergson, Opere, 1889-1896, pp.260 e sgg.
  39. ^ E. Husserl, Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo, Milano, Franco Angeli, 2001, p. 49
  40. ^ E. Husserl, Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo, Milano, Franco Angeli, 2001, p. 78
  41. ^ M. Feyles, Studi per la fenomenologia della memoria, Franco Angeli, Milano, 2012, pp. 21 e ss..

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Lina Bolzoni, La stanza della memoria. Modelli letterari e iconografici nell'età della stampa, Torino, Einaudi 1995.
  • Lina Bolzoni, Pietro Corsi (a cura di), La cultura della memoria, Bologna, Il Mulino, 1992.
  • Roberto Bordoli, Memoria e abitudine. Descartes, La Forge, Spinoza, Milano, Guerini & Associati, 1994.
  • Mary Carruthers, Machina memorialis. Meditazione, retorica e costruzione delle immagini (400-1200), Pisa, Edizioni della Normale, 2006.
  • M. Feyles, Studi per la fenomenologia della memoria, Franco Angeli, Milano, 2012.
  • Maurice Halbwachs, La memoria collettiva, Milano, Unicopli, 1987.
  • Dmitri Nikulin (a cura di), Memory: A History, New York, Oxford University Press, 2015.
  • Nicholas Pethes, Jens Ruchatz (a cura di), Dizionario della memoria e del ricordo, Milano, Bruno Mondadori, 2002.
  • Paolo Rossi, Clavis universalis. Arti mnemoniche e logica combinatoria da Lullo a Leibniz, Napoli, Ricciardi, 1960.
  • Maria Michela Sassi (a cura di), Tracce nella mente. Teorie della memoria da Platone ai moderni, Pisa, Edizioni della Normale, 2007.
  • Michèle Simondon, La mémoire et l'oubli dans la pensée grecque jusq'à la fin du V siècle avant J.-C., Parigi, Les Belles Lettres, 1982.
  • Jean-Yves Tadié, Marc Tadié, Il senso della memoria, Firenze, Dedalo, 2000.
  • Frances A. Yates, L'arte della memoria, Torino, Einaudi, 1972.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • Memory, su Stanford Encyclopedia of Philosophy. URL consultato il 25 aprile 2017.
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