Massacro di Deir Yassin

Massacro di Deir Yassin
Data9 aprile 1948
11:00 – 17:00
LuogoDeir Yassin
StatoBandiera del Mandato di Palestina Mandato di Palestina
Coordinate31°47′11.31″N 35°10′40.92″E / 31.786475°N 35.178033°E31.786475; 35.178033
Obiettivoarabi armati di Deir Yassin
ResponsabiliIrgun, Lohamei Herut Israel e Haganah
MotivazioneRiaprire la via verso Gerusalemme
Conseguenze
Morti107 civili arabi (11 dei quali armati) e 4 militi ebrei
Feriti12

Il massacro di Deir Yassin ebbe luogo il 9 aprile 1948, quando circa 120 combattenti sionisti appartenenti all'Irgun e alla Lehi (comunemente nota come "banda Stern") attaccarono il villaggio palestinese di Deir Yassin (Dayr Yāsīn, in arabo traslitterato), vicino a Gerusalemme, che contava allora circa 600 abitanti.

L'assalto, concepito come parte dell'operazione Nahshon, aveva lo scopo di alleviare il blocco di Gerusalemme operato da forze arabo-palestinesi durante la guerra civile del 1947-48, che precedette la fine del mandato britannico in Palestina. Gli abitanti resistettero all'attacco, che si risolse in una lotta casa per casa e nell'uccisione di circa un centinaio di civili,[1] tra cui donne e bambini, e nell'espulsione dei superstiti.[2]

Il massacro fu duramente condannato dalla leadership dell'Haganah e da esponenti religiosi ebraici, ma non fu preso alcun provvedimento verso i responsabili.

Contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

I fatti ebbero luogo durante il turbolento e sanguinoso periodo che, tra il dicembre 1947 e metà maggio 1948, precedette la proclamazione dello Stato di Israele.

Il 29 novembre 1947, la Società delle Nazioni (futuro Onu) approvò la risoluzione n. 181, che prevedeva il passaggio di Gerusalemme sotto l'autorità di un mandato internazionale[3] e la divisione del restante territorio del mandato britannico della Palestina in due Stati, uno arabo e l'altro ebraico. Gli arabi rigettarono la proposta e scoppiò la guerra civile. Il mandato inglese in Palestina sarebbe finito il 14 maggio 1948. Nello stesso giorno Israele proclamò la sua indipendenza e l'invasione di truppe proveniente dagli stati arabi circostanti diede origine alla guerra arabo-israeliana del 1948.

Nei mesi precedenti la fine del mandato britannico, nel contesto di scontri denominati "battaglia delle strade", l'Esercito Arabo di Liberazione, sostenuto dalla Lega Araba, attaccò le vie di comunicazione che univano le diverse comunità ebraiche, tentando di isolarle. In particolare occupò diversi punti strategici lungo la strada che collegava Tel Aviv a Gerusalemme, aprendo il fuoco contro i convogli che approvvigionavano la parte ovest di Gerusalemme (in cui viveva il 16% della popolazione ebraica presente in Palestina all'epoca).[4]. Nel marzo 1948 la strada era diventata praticamente impercorribile e Gerusalemme era sotto assedio.

In risposta l'Haganah lanciò l'operazione Nahshon per rompere tale assedio. Il 6 aprile il Palmach attaccò il villaggio di Al-Qastal, 8 km a ovest di Gerusalemme, mentre il 9 aprile un'unità di circa 120 uomini, composta da appartenenti all'Irgun e al Lehi, attaccarono Deir Yassin, poco più a sud.[5]

Il massacro[modifica | modifica wikitesto]

Deir Yassin era sulla lista di una serie di villaggi arabi da conquistare in un piano previsto dall'Haganah per riaprire la via verso Gerusalemme. Il comandante dell'Haganah, David Shaltiel, scrisse ai leader delle due formazioni ebraiche:

«Vengo a conoscenza che pianificate un attacco a Deir Yassin. La cattura ed il mantenimento della posizione di Deir Yassin fa parte del nostro piano generale. Non ho obiezioni a che voi effettuiate l'operazione se siete anche in grado di tenere il villaggio. Se non siete in grado di tenerlo, vi avverto di non distruggerlo, perché ciò provocherebbe il suo abbandono da parte degli abitanti e le sue rovine e le sue case abbandonate sarebbero occupate da forze d'invasione straniere. Se poi forze straniere ne prendessero possesso questo rovescerebbe il nostro piano generale di creare un aeroporto»

L'organizzazione paramilitare Irgun, guidata da Menachem Begin, attaccò il villaggio arabo di Deir Yassin incontrando una strenua resistenza, che portò il reparto israeliano ad avere 41 feriti e 4 caduti. Eliminata la resistenza[6], circa 70 donne e bambini del villaggio furono consegnati ai britannici, quando, in base ad alcune ricostruzioni, alcuni arabi che si erano arresi aprirono il fuoco sulle truppe ebraiche, che reagirono massacrando indiscriminatamente sia soldati arabi, sia civili[senza fonte]. Le stime sul numero delle vittime variano da 100-120 a circa 250, a seconda delle fonti.

Inizialmente fonti giornalistiche parlarono di 254 vittime tra gli abitanti del villaggio. Secondo alcune analisi indicare un elevato numero di vittime poteva servire sia agli arabi ed ai britannici, per mettere in cattiva luce i gruppi ebraici, sia a questi ultimi, per cercare di terrorizzare la popolazione araba e incentivarne la fuga spontanea dal territorio assegnato al futuro Stato ebraico[7]. Il comandante dell'Irgun, una delle prime fonti di questa stima data ai giornalisti, affermò successivamente di averla volontariamente esagerata, contando sul fatto che la pubblicazione di una simile notizia avrebbe portato la popolazione araba in una situazione di panico[8]

Un'indagine condotta dalla università palestinese di Bir Zeit ha rilevato che tutte le fonti del tempo citano un numero di vittime tra le 250 e le 254, ma anche questo studio ritiene che la cifra fosse stata volontariamente esagerata. Secondo lo studio dell'università, le vittime inclusi gli armati, non avrebbero superato le 120, di cui 107 identificate.

La scoperta della strage indusse lo Yishuv ebraico ad esprimere pubblicamente "orrore e disgusto". David Ben Gurion scrisse di persona a re Abd Allah I di Giordania per manifestargli il proprio shock per quanto accaduto. Inaspettatamente (ma abbastanza logicamente) fu Begin stesso a convocare rappresentanti della Croce Rossa ed i giornalisti[9] per raccontare quanto era successo.

Non risulta, al contrario di quello che fu diffuso inizialmente, che alcuna delle donne del villaggio sia stata violentata dalle truppe ebraiche. In una intervista rilasciata alla BBC 50 anni più tardi, Hazam Husayni, che nel 1948 lavorava presso il Palestinian Broadcasting Service, ammise di aver completamente inventato quella storia su istigazione di Husayn Khalidi, un leader palestinese, nella speranza di spingere gli altri arabi ad unirsi e ad intervenire in Palestina per liberarla dagli ebrei: "Quello fu il nostro più grande errore. Non capimmo come la gente avrebbe reagito. Come sentirono che le donne erano state violentate, i Palestinesi cominciarono a fuggire".[10]

Tentativo di ridimensionamento del massacro[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1969 il Ministero degli Esteri israeliano pubblicò un dépliant in lingua inglese che mirava a ridimensionare il massacro di Deir Yassin. Pur ammettendo che civili fossero stati uccisi in quell'occasione, il numero dei morti (che si avvicinava a quello di oltre un centinaio di persone, come indicato dalle ricerche dell'Università palestinese di Bir Zeit) e pur confermando le circostanze, si smentiva che Deir Yassin fosse stato oggetto di un massacro freddamente premeditato da parte ebraica,[11] malgrado la condanna che all'epoca era stata inequivocabilmente espressa dall'Haganah e dallo stesso David Ben Gurion. Il partito Herut di Begin lo tradusse in ebraico e lo diffuse in Israele. Diversi ex leader dell'Haganah chiesero che quel dépliant fosse ritirato, ma il Ministero degli Esteri rispose: «Mentre è nostra intenzione e nostro desiderio mantenere l'esattezza dell'informazione, siamo talvolta obbligati a deviare da questo principio quando non abbiamo scelta, o mezzi alternativi per respingere un attacco propagandistico o una guerra psicologica araba».[12]

Non si può parlare neppure di sgombero forzato intenzionale e programmato dei civili arabi da parte israeliana se come detto sopra è documentato che il comando ebraico riteneva necessario proprio il contrario, cioè mantenere sul posto gli abitanti arabi! Come scritto sopra: Il comandante dell'Haganah, David Shaltiel, scrisse ai leader delle due formazioni ebraiche che volevano attaccare Deir Yassin:

«Vengo a conoscenza che pianificate un attacco a Deir Yassin. La cattura ed il mantenimento della posizione di Deir Yassin fa parte del nostro piano generale. Non ho obiezioni a che voi effettuiate l'operazione se siete anche in grado di tenere il villaggio. Se non siete in grado di tenerlo, vi avverto di non distruggerlo, perché ciò provocherebbe il suo abbandono da parte degli abitanti e le sue rovine e le sue case abbandonate sarebbero occupate da forze d'invasione straniere. Se poi forze straniere ne prendessero possesso questo rovescerebbe il nostro piano generale di creare un aeroporto"»

Giudizio ben diverso da quello di altri storici, tra cui lo storico israeliano anti-sionista Ilan Pappé che, nel suo libro A History of Modern Palestine, asserisce:

«Alcuni massacri furono commessi nei pressi di città con popolazione mista, talvolta come rappresaglia agli assalti palestinesi ai convogli di ebrei, ma assai spesso si trattò di brutalità gratuita. È possibile che si intendesse indurre alla fuga, come in effetti avvenne, i palestinesi residenti nelle zone cadute in mano ebraica, agitando la minaccia della fucilazione o della cacciata. Queste atrocità non furono commesse a caso: rientravano, infatti, in un piano di carattere generale finalizzato a sbarazzare il futuro Stato ebraico dal maggior numero possibile di palestinesi.»

Alla fine, il Ministero degli Esteri fu costretto a desistere dalla sua opera e a rinunciare a diffondere il dépliant.[senza fonte]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ la cifra che appare maggiormente comprovata è di 107 vittime, di cui 11 armati, secondo le ricerche pubblicate nel 1988 da Kan'ana e Zaytuni
  2. ^ Morris, 2012, cap.II.
  3. ^ La popolazione della città di Gerusalemme, in base ai dati dell'UNSCOP, sarebbe stata composta da 105.000 arabi (pari al 51% della popolazione) e 100.000 ebrei (49%). Si veda (EN) United Nations Special Committee on Palestine, Recommendations to the General Assembly, A/364, 3 September 1947 Archiviato il 25 gennaio 2009 in Internet Archive.
  4. ^ Secondo l'UNSCOP la popolazione totale della Palestina era di 1.845.000 abitanti, di cui 1.237.000 arabi (67% del totale) e 608.000 ebrei (33%). Si veda (EN) United Nations Special Committee on Palestine, Recommendations to the General Assembly, A/364, 3 September 1947 Archiviato il 25 gennaio 2009 in Internet Archive.
  5. ^ Silver 1984, p. 91.
  6. ^ Milstein, a p. 262, riporta la presenza di soldati iracheni.
  7. ^ Benny Morris, Righteous Victims, 2001, pg. 209.
  8. ^ Milstein 1989, p. 269 (Hebrew version)
  9. ^ Kurzmann e New York Times.
  10. ^ Israel and the Arabs: The 50 Year Conflict, BBC.
  11. ^ Background Notes on Current Themes - No. 6: Dir Yassin, (Jerusalem, Ministry for Foreign Affairs, Information Division, 16 marzo 1969), pp. 1-2.
  12. ^ Benny Morris, "The Historiography of Deir Yassin", Journal of Israeli History 24 Issue 1 March 2005, pag 80-85

Bibliografia (relativa al massacro)[modifica | modifica wikitesto]

  • Benny Morris, 1948: Israele e Palestina tra guerra e pace, Rizzoli, 2012, ISBN 9788858630556.
  • Dan Kurzman, Dayr Yasin, Bir Zeit University, Genesis 1948, (OH: New American Library, Inc., 1970), p. 141.
  • Menachem Begin, The Revolt, New York, Nash Publishing, 1977, pp. xx-xxi, 162-163.
  • Amos Perlmutter, The Life and Times of Menachem Begin, New York, Doubleday, 1987, p. 214;
  • J. Bowyer Bell, Terror Out Of Zion, New York, St. Martin*s Press, 1977, pp. 292–96;
  • Uri Milstein, History of Israel's War of Independence, Vol. IV, Lanham, University Press of America, 1999, p. 262.
  • Sharif Kanaana e Nihad Zitawi, Deir Yassin, Monograph No. 4, Destroyed Palestinian Villages Documentation Project (Bir Zeit, Documentation Center of Bir Zeit University, 1987), p. 55.
  • Sharif Kanaana, Reinterpreting Deir Yassin, Bir Zeit University, April 1998.
  • Israel and the Arabs: The 50 Year Conflict, BBC.
  • Morris, Benny (2001): Righteous Victims: A History of the Zionist-Arab Conflict, 1881-2001, Vintage Books, ISBN 0-679-74475-4, ISBN 978-0-679-74475-7

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