Manfredi Gravina

Manfredi Gravina Cruyllas
Il Conte Gravina fotografato nel suo studio, 1930 circa
Conte Gravina
Stemma
Stemma
In carica1928-1932
Investitura28 giugno 1928
TrattamentoDon
Altri titoliNobile dei Principi di Ramacca
NascitaPalermo, 14 giugno 1883
MorteDanzica, 19 settembre 1932
DinastiaGravina Cruyllas di Ramacca
PadreBiagio Gravina Cruyllas Gulotta
MadreBlandine von Bülow
ConsorteMaria Sofia Giustiniani Bandini
ReligioneCattolicesimo
Manfredi Gravina
NascitaPalermo, 14 giugno 1883
MorteDanzica, 19 settembre 1932
Cause della mortemalattia
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegia Marina
Anni di servizio1903-1922
GradoTenente di vascello
ComandantiPaolo Thaon de Revel
Guerre
Decorazioni
Studi militariRegia Accademia navale
Pubblicazioni
  • La Cina dopo il Millenovecento (1907)
  • Attualità politiche (1926)
  • Problemi navali (1929)
  • Problemi italiani d'oltre Alpi e l'oltre mare (1930)
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Manfredi Gravina Cruyllas, conte Gravina (Palermo, 14 giugno 1883Danzica, 19 settembre 1932), è stato un militare, diplomatico e pubblicista italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Discendente da un ramo ultrogenito della nobile famiglia catanese dei Gravina Cruyllas, Principi di Ramacca e Santa Flavia[1][2], Manfredi nacque a Palermo il 14 giugno 1883 da Biagio, ufficiale della Regia Marina (1850-1897), e dalla tedesca Blandine von Bülow (1863-1941), come primogenito di quattro figli.[3][4] La madre era figlia del compositore Hans von Bülow e di Cosima Wagner, figlia del celebre compositore Franz List, e già vedova dell'altrettanto celebre Richard Wagner[4]. All'età di 14 anni rimase orfano del padre, morto suicida nel 1897 con un colpo di pistola alla testa.[5]

Visse la sua giovinezza tra Ramacca, Catania, Firenze e la Germania.[4] Nel 1922, sposò la nobildonna romana Maria Sofia Giustiniani Bandini, 10ª Contessa di Newburgh (1889-1977), figlia di Carlo dei principi Giustiniani Bandini e di Maria Luisa Lanza Branciforte dei principi di Trabia, da cui non ebbe discendenti.[3][6]

Il 28 giugno 1928, ebbe per Regio Decreto concessione del titolo di Conte Gravina.[3][7]

Morì a Danzica il 19 settembre 1932, all'età di 49 anni.

Attività militare[modifica | modifica wikitesto]

A dispetto della sua duplice identità italo-tedesca, il Gravina si sentiva italiano e maturò fin dalla giovinezza sentimenti nazionalisti.[8][9] Nell'agosto 1900, entrò alla Regia Accademia navale di Livorno e, nel 1903, venne assegnato, col grado di guardiamarina, al corpo dello Stato Maggiore.[8] Nel marzo 1905, si imbarcò col grado di sottotenente di vascello per l'Estremo Oriente, destinato alla forza navale italiana in Cina.[8] Dopo circa un anno di navigazione nei mari asiatici, nel febbraio 1906, venne trattenuto al servizio del console generale italiano a Shanghai, Cesare Nerazzini, come segretario della commissione italiana per la stipulazione di un nuovo trattato di amicizia e commercio con la Cina.[8]

Rientrato in Italia, iniziò ad affiancare agli incarichi di servizio la collaborazione, su temi per lo più di strategia navale, a prestigiose riviste quali Rivista marittima e Nuova Antologia.[8] Il Gravina si recò in Germania per studiare le nuove tecnologie militari sperimentate in campo aeronautico, di cui poté fare uso come primo ufficiale di marina con mansioni di osservatore d'idrovolanti nella guerra di Libia, nella quale si distinse guadagnandosi, nel luglio 1912, la promozione a tenente di vascello.[8] Al momento dell'entrata dell'Italia nel primo conflitto mondiale, fu chiamato a far parte dello Stato Maggiore dell'ammiraglio Paolo Thaon de Revel con sede a Venezia.[8] La notte tra il 28 e il 29 maggio 1916, Gravina fu al comando della torpediniera 24 OS, che aveva come pilota Nazario Sauro, e che attaccò la base sommergibili austroungarica di Trieste, dove furono lanciati due siluri che non colpirono i bersagli, ma che danneggiarono il molo e alcuni depositi di carbone.[8][10] L'impresa, pur avendo registrato un modesto risultato, ebbe benefici sul morale e sulla determinazione dei militari italiani.[10]

Decorato con due medaglie d'argento e una di bronzo al valor militare, alla fine della guerra venne inviato come addetto navale a Stoccolma, dove assunse l'incarico il 4 aprile 1919.[8] Rimasto per alcuni mesi nella capitale svedese, Gravina ricevette incarico dal Ministero degli Affari esteri di trattare con la prima missione sovietica, con sede a Copenaghen, guidata da Maksim Maksimovič Litvinov, lo scambio dei militari russi prigionieri in Italia con il rimpatrio di tutti gli italiani dalla Russia, trattativa che si chiuse positivamente con l'accordo del 27 aprile 1920.[8] Ma il Gravina non riuscì a procedere oltre nella normalizzazione delle relazioni con la Russia bolscevica: le sue convinzioni politiche antisovietiche, la diffidenza maturata verso gli esponenti del bolscevismo, spinsero il ministro degli Esteri, Carlo Sforza, a sollevarlo dall'incarico.[8]

Attività pubblicistica, politica e diplomatica[modifica | modifica wikitesto]

Stele commemorativa a Danzica

Nel 1922, Gravina tornò in Italia, dove si sposò con la nobildonna romana Maria Sofia Giustiniani Bandini, si stabilì nella capitale e si dedicò ai viaggi all'estero - soprattutto in Germania - e all'attività di pubblicista, scrittore e conferenziere.[8] Collaborò con periodici e quotidiani tra i quali Nuova Antologia, Politica, Gerarchia, il Corriere della Sera e soprattutto la Rassegna italiana diretta da Tomaso Sillani; fu anche collaboratore dell'Enciclopedia Italiana.[8]

Membro dell'Associazione Nazionalista Italiana, aderì successivamente al Partito Nazionale Fascista, di cui nel 1924 fu candidato nelle Marche; nello stesso anno fu nominato membro aggiunto della delegazione italiana alla Società delle Nazioni.[8] Nel 1925, la medesima organizzazione lo incaricò di occuparsi del problema di Danzica, affidandogli il compito di provvedere alla delimitazione della penisola Westerplatte, ceduta in parte alla Polonia.[8]

Il Conte Gravina divenne in seguito Alto Commissario della Società delle Nazioni per la Città Libera di Danzica, ed entrò in carica il 24 giugno 1929.[8] La sua nomina a quel ruolo, accolta favorevolmente dalla Germania, aveva incontrato l'opposizione di Francia e Polonia, quest'ultima in particolare sospettosa di parzialità per i legami culturali e familiari che il Gravina aveva con il mondo tedesco.[8][11] Nel periodo da funzionario della Società delle Nazioni, intensificò i rapporti con la politica tedesca, in particolare con il nascente movimento nazionalsocialista e il suo capo Adolf Hitler, che conobbe personalmente e di cui ebbe grande stima e fiducia.[8][12] Nel 1928, il Conte Gravina organizzò un incontro tra lo stesso Hitler e il geografo italiano Ettore Tolomei, che si tenne a Monaco di Baviera, durante il quale i due discussero a lungo sul riconoscimento della frontiera italiana al Brennero e sulla necessità della rinuncia, da parte germanica, a qualsiasi pretesa territoriale sull'Alto Adige.[13] Amico di Luigi Federzoni, nel 1930 lo introdusse a colloquio con Hitler, al fine di promuovere la sua figura in Italia.[8]

A Danzica, Gravina ebbe il compito di mediare le continue controversie e regolare i delicati rapporti tra i due poteri della città: il governo cittadino, nominato da un parlamento legislativo controllato dai tedeschi, e il governo polacco.[8] Anche nel ruolo di alto commissario non nascose le sue simpatie politiche per la Germania e, già alla fine del 1930, giudicò la situazione a Danzica insostenibile per l'impossibilità di stabilire una collaborazione tra tedeschi e polacchi, ritenendo che si imponesse ormai l'esigenza di una revisione del trattato di Versailles in senso filotedesco e proponendo che l'Italia la sostenesse.[8] Ipotesi quest'ultima respinta dal ministro degli Esteri, Dino Grandi, che lo invitò ad assumere un comportamento imparziale.[8] Ricoprì l'incarico a Danzica fino al 1932, quando fu colto improvvisamente da malattia e morì.[8]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Il conte Manfredi Gravina fu autore di numerosi articoli per Nuova Antologia e l'Enciclopedia Italiana, e delle seguenti opere di carattere storico-politico:

  • La Cina dopo il Millenovecento, Milano, Treves (1907)
  • Attualità politiche, Milano, Società editrice Dante Alighieri (1926)
  • Problemi navali, Roma, Libreria del Littorio (1929)
  • Problemi italiani d'oltre Alpi e l'oltre mare, Palermo, Sandron (1930)

I suoi numerosi scritti furono raccolti in unico volume intitolato Scritti di Manfredi Gravina, curato da Tomaso Silani, pubblicato nel 1935 ed edito da La Rassegna italiana. Ebbe una lunga corrispondenza con il poeta Gabriele D'Annunzio, raccolta nel libro Carteggio D'Annunzio-Gravina (1915-1924), scritto dalla professoressa Antonella Ercolani ed edito nel 1993 da Bonacci.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'argento al valore di Marina - nastrino per uniforme ordinaria
«Osservatore d'idroplano compieva volontariamente numerose missioni su territorio nemico, spesso sottoposto al tiro delle batterie antiaeree, con vari e incidenti d'aviazione (Pola, Trieste, Pirano, Salvore, 1915 - maggio 1916)»
— 31 maggio 1916[15]
Croce al merito di guerra - nastrino per uniforme ordinaria
— 19 gennaio 1918
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Ha tenuto molto lodevolmente il comando di torpediniera in guerra, compiendo importanti e difficili missioni, e dimostrando doti non comuni di ardimento e perizia militare e marinaresca. Ha dato prova di calma e prontezza di percezione nel respingere un attacco di velivoli nemici durante il quale una bomba, caduta in prossimità della torpediniera, feriva con schegge persone dell'equipaggio (Alto Adriatico 1918).»
— 12 maggio 1919[17]
Croce di guerra francese con palma d'argento - nastrino per uniforme ordinaria
«Octobre 1917. - Observateur en Hydravion a accompli plusieurs missions sut la còte ennemie. Commandant de torpilleur, entrait bardiment dans un port ennemi. S'est toujours fait remarquer par son courage et son esprit d'enterpirse (octobre 1917)»
— 1919[18]

Ascendenze[modifica | modifica wikitesto]

Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Francesco Gravina e Beccadelli di Bologna, principe di Ramacca Ottavio Gravina e Filangieri, principe di Ramacca  
 
Maria Anna Beccadelli di Bologna e Branciforte  
Ottavio Gravina e Lanza, principe di Ramacca  
Eleonora Lanza e Parisi Michele Lanza e Morello, marchese di Marcatobianco  
 
Maria Anna Parisi  
Biagio Gravina e Gulotta, nobile dei Principi di Ramacca  
Biagio Gulotta ?  
 
?  
Maria Contessa Gulotta e Orfanello  
Grazia Orfanello ?  
 
?  
Manfredi Gravina, conte Gravina dei Principi di Ramacca  
Karl Eduard von Bülow Ernst von Bülow  
 
Concordia Dorothea Glühmann  
Hans von Bülow, barone von Bülow  
Franziska Elisabeth Stoll von Berneck Johann Heinrich Stoll  
 
Christiane Müller von Berneck  
Blandine von Bülow  
Franz Liszt Adam Liszt  
 
Maria Anna Lager  
Cosima Wagner (nata Liszt)  
Marie d'Agoult, contessa d'Argoult (nata de Flavigny) Alexandre de Flavigny, visconte di Flavigny  
 
Maria Elisabeth Bethmann  
 

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ In dettaglio, a questo ramo della famiglia pertinevano i titoli di: Principe di Ramacca, Principe di Santa Flavia, Conte di Sittafari, Barone di Ranciolo o Marrabino, Barone del Pozzo, Barone di Colugno, Suvarita, Locugno, Cacchimo, Albano, Perrotta e Lonasco.
  2. ^ Gran Protonotario del Regno di Sicilia, Repertorio dei processi di investiture feudali dal 1452 al 1812 (PDF). URL consultato il 23 febbraio 2022 (archiviato dall'url originale il 26 gennaio 2022).
  3. ^ a b c V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, vol. 3, Forni, 1930, p. 546.
  4. ^ a b c A. Cocuzza, Wagner a Ramacca?, in Agorà, n. 16, gennaio-marzo 2004, pp. 46-55.
  5. ^ (DE) O. Hilmes, Herrin des Hügels. Das Leben der Cosima Wagner, Siedler, 2007, p. 312.
  6. ^ F. Pirani, Le grandi famiglie. I Giustiniani Bandini, in Il Museo di Roma racconta la città, Gangemi, 2002, p. 353.
  7. ^ (FR) Almanach de Gotha. Annuaire genéalogique, diplomatique et statistique 1939, vol. 176, Justus Perthes Verlag, 1939, p. 600.
  8. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w Micheletta.
  9. ^ E. Tollardo, Fascist Italy and the League of Nations, 1922-1935, Palgrave MacMillan, 2016, p. 162.
  10. ^ a b M. Coltrinari, G. Ramaccia, 1916. L'anno d'angoscia. Dalla spedizione punitiva alla presa di Gorizia. Le "spallate" sull'Isonzo, collana Dizionario Minimo della Grande Guerra, Edizioni Nuova Culturali, 2018, p. 199.
  11. ^ Rassegna settimanale della stampa estera, vol. 4, Ministero degli Affari Esteri - Ufficio stampa, 1928, p. 2508.
  12. ^ (DE) K. Eisterer, R. Steininger, Tirol zwischen Diktatur und Demokratie (1930-1950), StudienVerlag, 2002, p. 237.
  13. ^ S. Benvenuti, C. von Hartungen, Ettore Tolomei (1865-1952). Un nazionalista di confine = Die Grenzen des Nationalismus, Fondazione Museo storico del Trentino, 1998, p. 229.
  14. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, n. 58, 10 marzo 1908, p. 1282.
  15. ^ Albo d'oro della Marina italiana nella guerra 1915-16, in Lega Navale - Mare Nostrum, n. 18, Associazione Lega Navale Italiana, 30 settembre 1916, pp. 588-589.
  16. ^ a b Ercolani, nota 138, pp. 58-59.
  17. ^ A. Ercolani, Carteggio D'Annunzio-Gravina (1915-1924), Bonacci, 1993, nota 136, p. 58.
  18. ^ Ercolani, nota 137, p. 58.
  19. ^ Ercolani, nota 186, p. 80.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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