Macbeth

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Macbeth
Tragedia in cinque atti
Lady Macbeth in un dipinto di George Cattermole
AutoreWilliam Shakespeare
Titolo originaleThe Tragedy of Macbeth
Lingua originaleInglese
GenereTragedia
Composto nel1605-1608
Personaggi
  • Duncan re di Scozia
  • Malcolm, Donalbain suoi figli
  • Macbeth generale dell'esercito di Duncan
  • Banco generale dell'esercito di Duncan
  • Lady Macbeth
  • Macduff, Lennox, Ross, Menteith, Angus, Cathness nobili scozzesi
  • Fleance figlio di Banco
  • Siward Conte di Northumberland e generale dell'esercito inglese
  • Giovane Siward suo figlio
  • Seyton ufficiale di Macbeth
  • Bambino figlio di Macduff
  • Dottori inglesi e scozzesi
  • Un soldato
  • Un portiere
  • Un vecchio
  • Lady Macduff
  • Dame di compagnia Lady Macbeth
  • Streghe (Ecate e altre tre streghe)
  • Gentiluomini, Ufficiali, Soldati, Messaggeri, Assassini
Trasposizioni operisticheMacbeth di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave
Riduzioni cinematograficheVedi apposita sezione
 

Macbeth (titolo completo The Tragedy of Macbeth) è una fra le più note e citate tragedie shakespeariane.

Essa drammatizza i catastrofici effetti fisici e psicologici della ricerca del potere per il proprio interesse personale: l'esito di tale condotta è un gorgo inesorabile di errori e orrori.

Fu pubblicato nel Folio del 1623, probabilmente da un copione teatrale. Frequentemente rappresentata e riadattata nel corso dei secoli, Macbeth è divenuta l'archetipo per eccellenza della brama di potere sfrenata e dei suoi pericoli, definizione che è stata tuttavia spesso giudicata estremamente restrittiva, se non addirittura erronea[1], date le ampie ripercussioni di natura filosofica sui temi del destino, dell'azione e della volontà e le molte ombre e misteri che ancora aleggiano attorno alla vicenda della coppia Macbeth/Lady Macbeth, la cui vicenda personale è arricchita da un non-detto pregno di ambiguità.

Costituita da cinque atti, è la più breve tragedia di Shakespeare[2] ed è spesso stata indicata dalla critica come il suo lavoro più complesso e sfaccettato.[3][4]

Per la trama, Shakespeare s'ispirò liberamente al resoconto storico sul re Macbeth di Scozia di Raphael Holinshed[5] e a quello del filosofo scozzese Ettore Boezio. Molto popolare è anche la versione operistica di questa tragedia, musicata da Verdi su libretto di Francesco Maria Piave (1847, prima versione; 1865, seconda versione).

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Atto primo[modifica | modifica wikitesto]

La tragedia si apre in una cupa Scozia d'inizio Basso Medioevo, in un'atmosfera di lampi e tuoni; tre Streghe (Le Sorelle Fatali, ispirate certamente alle Norne del mito norreno e alle Parche/Moire della tradizione greco-romana) decidono che il loro prossimo incontro dovrà avvenire in presenza di Macbeth.

Nella scena seguente, un sergente ferito riferisce al re Duncan di Scozia che i suoi generali, Macbeth e Banco, hanno appena sconfitto le forze congiunte di Norvegia e Irlanda, guidate dal ribelle Macdonwald. Macbeth, congiunto del re, è lodato per il suo coraggio e prodezza in battaglia.

La scena cambia: Macbeth e Banco appaiono sulla scena, di ritorno ai loro castelli, facendo considerazioni sulla vittoria appena conseguita e sul tempo "brutto e bello insieme", che caratterizza la natura ambigua e carica di soprannaturale della brughiera desolata e pervasa di nebbia che stanno attraversando. Le tre streghe, che li stavano aspettando, compaiono e pronunciano profezie. Anche se Banco per primo le sfida, esse si rivolgono a Macbeth: la prima lo saluta come "Macbeth, sire di Glamis", titolo che Macbeth già possiede, la seconda come "Macbeth, sire di Cawdor", titolo che non possiede ancora, e la terza "Macbeth, il Re". Macbeth è stupefatto e silenzioso, così Banco ancora una volta tenta di fronteggiarle, intimorito dall'aspetto delle Sorelle Fatali e dalle condizioni particolari e misteriose del momento: le streghe dunque informano anche Banco sull'essere capostipite di una dinastia di re, e svaniscono, lasciando nel dubbio Macbeth e Banco sulla reale natura di quella strana apparizione.

Sopraggiunge dunque il re, che annuncia a Macbeth la concessione a suo favore del titolo di sire di Cawdor: la prima profezia è così realizzata e immediatamente Macbeth incomincia a nutrire l'ambizione di diventare re.

Macbeth scrive alla moglie (Lady Macbeth) riguardo alle profezie delle tre streghe. Quando Duncan decide di soggiornare al castello di Macbeth a Inverness, Lady Macbeth escogita un piano per ucciderlo e assicurare il trono di Scozia al marito, e anche se Macbeth mostra tentennamenti, volendo ritornare sui propri passi e smentendo le ambizioni manifestate nella lettera inviata alla moglie, la moglie infine lo convince.

Nella notte della visita, Lady Macbeth ubriaca le guardie del re, facendole cadere in un pesante sonno. Macbeth, con un noto soliloquio che lo porta a vedere di fronte a sé l'allucinazione di un pugnale insanguinato che lo guida verso l'omicidio del suo stesso re e cugino, si introduce nelle stanze di Duncan e lo pugnala a morte. Sconvolto dall'atto si rifugia da Lady Macbeth, la quale invece non si perde d'animo e recupera la situazione lasciando le due armi usate per l'assassinio presso i corpi addormentati delle guardie, imbrattando i loro volti, le mani e le vesti col sangue del re.

Al mattino, poco dopo l'arrivo di MacDuff, nobile scozzese venuto a recare omaggio al sovrano, viene scoperto l'omicidio. In un simulato attacco di rabbia, Macbeth uccide le guardie prima che queste possano rivendicare la loro innocenza.

Atto secondo[modifica | modifica wikitesto]

MacDuff è subito dubbioso riguardo alla condotta di Macbeth, ma non rivela i propri sospetti pubblicamente. Temendo per la propria vita, il figlio di Duncan, Malcolm, scappa in Inghilterra. Su questi presupposti Macbeth, per la sua parentela con Duncan, sale al trono di Scozia.

A dispetto del suo successo, Macbeth non è a suo agio circa la profezia per cui Banco sarebbe diventato il capostipite di una dinastia di re, temendo di essere a sua volta scalzato. Così lo invita a un banchetto reale e viene a sapere che Banco e il giovane figlio, Fleance, usciranno per una cavalcata quella sera stessa. Macbeth ingaggia due sicari per uccidere Banco e Fleance (un terzo sicario compare misteriosamente nel parco prima dell'omicidio: secondo una parte della critica potrebbe essere immagine e personificazione stessa dello spirito dell'Assassinio). Banco viene dunque massacrato brutalmente, ma Fleance riesce a fuggire. Al banchetto, che dovrebbe celebrare il trionfo del re, Macbeth è convinto di vedere il fantasma di Banco che siede al suo posto, mentre gli astanti e la stessa Lady Macbeth non vedono nulla. Il resto dei convitati è spaventato dalla furia di Macbeth verso un seggio vuoto, finché una disperata Lady Macbeth ordina a tutti di andare via.

Atto terzo[modifica | modifica wikitesto]

Macbeth, che cammina ormai a cavallo fra mondo del reale e mondo soprannaturale, si reca dalle streghe in cerca di certezze. Esse, interrogate, chiamano a rispondere degli spiriti: una testa armata dice a Macbeth "temi MacDuff", un bambino insanguinato gli dice "nessun nato di donna può nuocerti", un bambino incoronato gli dice "Macbeth non sarà sconfitto fino a che la foresta di Birnam non muova verso Dunsinane"; infine appare un corteo di otto spiriti a simboleggiare i discendenti di Banco, alla vista dei quali Macbeth si dispera.

Si avvia una stagione di sanguinaria persecuzione ai danni di tutti i lord di Scozia che il sovrano ritiene sospetti, e in particolare contro MacDuff. Un gruppo di sicari viene inviato al suo castello per ucciderlo, ma una volta lì i mercenari non lo trovano, essendo questi recatosi in Inghilterra per cercare aiuto militare contro Macbeth e avviare una rivolta. Gli assassini a ogni modo trucidano la moglie e i figli di MacDuff, in una scena piena di patetismo e crudeltà.

Lady Macbeth nel frattempo, incapace di raggiungere il marito nelle dimensioni surreali in cui si è perso, non regge più il peso dei suoi delitti e comincia a essere tormentata da visioni e incubi che sconvolgono il suo sonno: una sua dama racconta e mostra a un medico episodi di sonnambulismo che sfociano in crisi disperate dove la regina tenta di ripulire le mani da macchie di sangue incancellabili.

Atto quarto[modifica | modifica wikitesto]

In Inghilterra MacDuff e Malcolm pianificano l'invasione della Scozia. Macbeth, adesso identificato come un tiranno, vede che molti baroni disertano dal suo fianco. Malcolm guida un esercito con MacDuff e Seyward, conte di Northumbria, contro il castello di Dunsinane, fortezza associata al trono di Scozia dove Macbeth risiede. Ai soldati, accampati nel bosco di Birnam, viene ordinato di tagliare i rami degli alberi per mascherare il loro numero. Con ciò si realizza la terza profezia delle streghe: tenendo alti i rami degli alberi, innumerevoli soldati rassomigliano al bosco di Birnam che avanza verso Dunsinane.

Atto quinto[modifica | modifica wikitesto]

Alla notizia della morte della moglie (la cui causa non è chiara; si presume che ella si sia suicidata o che sia caduta da una torre in preda al delirio da sonnambula) e di fronte all'avanzata dell'esercito ribelle, Macbeth pronuncia il famoso soliloquio ("Domani e domani e domani"), sul senso vacuo della vita e di tutte le azioni che la costellano, vani atti insignificanti che puntano al raggiungimento di obiettivi che non hanno alcun reale valore.

Richiede poi che gli siano portate armi e armatura, pronto a vendere cara la pelle in quello che già sente essere il suo atto finale.

La battaglia infuria sotto le mura di Dunsinane, e il giovane Seyward, alleato di MacDuff, muore per mano del tiranno, che poi affronta MacDuff. Macbeth ritiene di non avere alcun motivo di temere il lord ribelle, perché non può essere ferito o ucciso da "nessuno nato da donna", secondo la profezia delle streghe. MacDuff però dichiara di "essere stato strappato prima del tempo dal ventre di sua madre" e che quindi non era propriamente "nato" da donna. Macbeth tuttavia, nella furia della battaglia, accetta tale destino e non dimostra neanche un momento di cedimento nella sua lucida follia. I due combattono e MacDuff decapita Macbeth, realizzando così l'ultima delle profezie.

Anche se Malcolm, e non Fleance, salì al trono, la profezia delle streghe riguardante Banco fu ritenuta veritiera dal pubblico di Shakespeare, che riteneva che re Giacomo I fosse diretto discendente di Banco.

Una tragedia cruenta[modifica | modifica wikitesto]

Marziya Davudova e Abbas Mirza Sharifzade interpretano rispettivamente Lady Macbeth e Macbeth (1935-1936)

Si tratta di una tragedia fosca, cruenta, i cui personaggi sono ambigui e immersi in un'atmosfera a tratti apocalittica. Infatti, mentre in Re Lear il mondo naturale resta totalmente indifferente nei confronti delle vicende umane, Shakespeare sceglie di introdurre in Macbeth l'elemento sovrannaturale funesto che contribuisce a far crollare il regno del protagonista e a provocarne quindi la tragica morte. Il tema fondamentale della tragedia è la natura malvagia dell'uomo, o comunque la pulsione distruttrice che alberga all'interno del suo cuore. Lady Macbeth, personificazione del male, è animata da grande ambizione e sete di potere: è lei a convincere il marito, spesso indeciso, a commettere il regicidio (atto I), ma non riuscirà poi a sopportare la deriva di violenza dello stesso consorte, arrivando alla follia e, forse, al suicidio, mentre Macbeth andrà incontro a una lenta disumanizzazione di se stesso, accompagnata dalla perdita di contatto con la realtà, incluse le sue azioni più efferate.

Garrick e Pritchard come Macbeth e Lady Macbeth, di Johann Zoffany (1768)

Macbeth presenta una certa ambiguità: la sua sete di potere lo induce al delitto, ma ne prova anche rimorso, essendo incapace di pentimento.

Il soprannaturale è presente con apparizioni di spettri, fantasmi, che rappresentano le colpe e le angosce dell'animo umano, nonché dalla presenza, forse reale o forse solo immaginata, delle tre streghe, quali emissarie di un Fato incombente e ineffabile, giustificazione e al tempo stesso ineluttabile sovrano delle sorti degli uomini.

Nella follia sanguinaria Macbeth ha un solo conforto attraverso il contatto con il soprannaturale e, all'inizio del IV atto, egli si reca nuovamente dalle streghe per conoscere il proprio destino. Il responso è solo in apparenza rassicurante, in realtà molto enigmatico, eppure Macbeth vi si appiglia con convinzione ed affronta i nemici (V atto) fino al momento in cui scopre il vero significato di quelle oscure profezie.

Il tema del potere è sviluppato anche da altri personaggi, come il giovane figlio di Duncan, Malcolm, che si sente in qualche modo indegno del titolo regale: il nobile scozzese MacDuff, quindi, spiega quale sia la vera essenza del potere e quale differenza intercorra tra il regno, anche quello di una persona ambiziosa e corrotta, e la tirannide.

Interessante poi è la riflessione esistenziale (atto V, scena V) con una famosa definizione della vita umana, dominata da precarietà ed incertezza, temi dominanti nel Barocco, età in cui Shakespeare visse: "La vita non è che un'ombra che cammina; un povero commediante che si pavoneggia e si agita sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più; una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e furore, che non significa nulla".

The Scottish Play[modifica | modifica wikitesto]

Nell'ambiente teatrale anglo-sassone, il Macbeth è considerato di malaugurio: la curiosa superstizione, che porta a non citarlo esplicitamente ma a usare perifrasi come « la tragedia scozzese», è ricordata fra gli altri da Ronald Harwood nel suo dramma Il servo di scena[6], quindi nell'omonimo film che ne fu tratto.

Traduzioni italiane[modifica | modifica wikitesto]

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

Macbeth

Gli adattamenti cinematografici del Macbeth sono numerosi. In alcuni casi è stato mantenuto il testo originale, in altri casi sono stati aggiunti elementi nuovi per arricchire la trama. Il fascino del Macbeth ha portato molti registi a trapiantare i personaggi e le vicende narrate in luoghi e tempi assai diversi dall'originale (contesto mafioso, Giappone feudale, epoca moderna).[7]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ https://www.ilgiornaledivicenza.it/home/spettacoli/teatro/la-sfida-di-macbeth%C3%A8-la-tragedia-del-maleparola-a-branciaroli-1.5508844
  2. ^ Risulta composto da 18301 parole. Da William.shakespeare.info
  3. ^ McDonald, 2006, pp. 43–46.
  4. ^ https://www.raicultura.it/amp/musica/articoli/2021/11/Il-Macbeth-di-Shakespeare--008b2c24-9ec2-40e4-97ad-d5cfdd41753c.html
  5. ^ Quadro comparativo Archiviato il 20 aprile 2009 in Internet Archive. tra il Macbeth e The Chronicles of England, Scotland and Ireland di Raphael Holinshed.
  6. ^ atto I, dialogo fra Norman e Sir
  7. ^ Macbeth, i migliori (e peggiori) adattamenti cinematografici, su npcmagazine.it, 22 gennaio 2022. URL consultato il 25 gennaio 2022.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Agostino Lombardo, Lettura del Macbeth, Vicenza, Neri Pozza, 1969.
  • Mariangela Tempera (a cura di), Macbeth dal testo alla scena, Bologna, CLUEB, 1982
  • Fabio Vittorini, La soglia dell'invisibile. Percorsi del Macbeth: Shakespeare, Verdi, Welles, Roma, Carocci, 2005

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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