Leptis Magna

Leptis Magna
Il teatro di Leptis Magna
Localizzazione
StatoBandiera della Libia Libia
DistrettoAl-Murgub
Dimensioni
Superficie3 874 850 
Mappa di localizzazione
Map
 Bene protetto dall'UNESCO
Sito archeologico di Leptis Magna
 Patrimonio dell'umanità
TipoCulturale
Criterio(i)(ii)(iii)
Pericolodal 2016
Riconosciuto dal1982
Scheda UNESCO(EN) Archaeological Site of Leptis Magna
(FR) Site archéologique de Leptis Magna
Pianta di Leptis Magna

Leptis Magna (nelle iscrizioni anche: Lepcis Magna, per i Fenici ‘’Lepqī’’ e poi per il tardo Fenicio punico Lebdah) fu un'antica e influente città della Libia, fiorita prima sotto i Cartaginesi e poi sotto i Romani. La città, che dal 1982 figura nella lista dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, era una delle tre che hanno dato il nome alla Tripolitania (dal greco Τρίπολις, cioè "tre città").

Emporio fondato da uomini di Tiro, città fenicia dell'attuale Libano. La data di fondazione è incerta: dall'XI al VII secolo a.C. Il nome in neopunico è Lpqī, quello locale in età imperiale Lepcis, quello latino Leptis Magna e quello greco bizantino Λέπτις Μάγνα.

Geografia[modifica | modifica wikitesto]

Le rovine di Leptis Magna si trovano a circa 130 km a sud-est di Tripoli, nei pressi dell'attuale Lebda a circa 3 km da Al Khums (detta anche Homs o Khoms).

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Secondo le fonti storiche (Plinio, Nh.V.76; Silio Italico, III.256) la città venne fondata da fenici intorno al 1100-1000 a.C., ma le indagini archeologiche[senza fonte] sembrano ricondurre piuttosto al VII secolo a.C.. Sottoposta all'egemonia di Cartagine non riuscì a diventare una potenza di rilievo nel Mar Mediterraneo centro-orientale prima del IV secolo a.C.. Con la sconfitta di Cartagine a seguito della seconda guerra punica (202 a.C.), Leptis entrò a far parte del Regno Numidico sino alle Guerre contro Giugurta (112-105 a.C.). Città alleata di Roma nel I secolo a.C., fu incorporata sotto Tiberio nella provincia Africa.[1]

Veduta di Leptis Magna.

Durante il dominio romano Leptis, acquisito l'appellativo di "Magna", divenne ben presto una delle principali città romane d'Africa grazie al fiorente commercio marittimo di spezie, schiavi ed animali provenienti dall'Africa subsahariana. Con oltre 100 000 abitanti, la città raggiunse il suo apogeo nel 193, quando Settimio Severo, nativo leptitano, divenne imperatore. Negli anni successivi Settimio Severo fu un munifico propulsore dell'abbellimento della propria città natale,[1] che in quanto a sfarzo giunse a rivaleggiare con Cartagine e Alessandria. Nel 205 Settimio Severo visitò la città, che gli tributò grandi onori.

Nel III secolo la città visse tuttavia un rapido declino a causa dell'inesorabile insabbiamento del porto, che fece drasticamente ridurre la capacità commerciale della metropoli. Già nella metà del IV secolo gran parte di Leptis era abbandonata, e fu durante il regno di Teodosio I che conobbe un'effimera ripresa.

Nel 439 Leptis Magna e le altre città della Tripolitania furono prese dai Vandali e dal loro re Genserico, che si installò a Cartagine. Per dissuadere i leptitani dalla ribellione Genserico dispose lo smantellamento delle mura, scelta rivelatasi fatale quando la città venne saccheggiata dai Berberi nel 523.

Busto di Settimio Severo, Parigi, Museo del Louvre.

Dieci anni dopo (533) la città fu ripresa da Belisario, che sciolse il regno vandalo l'anno successivo. Leptis Magna divenne capitale provinciale dell'Impero romano d'Oriente, ma non riuscì a risollevarsi dalle distruzioni subite. Al tempo della conquista araba della città, nel 642,[1] Leptis non era altro che l'ombra di se stessa, completamente abbandonata dai suoi abitanti e abitata solamente da una guarnigione bizantina.

Dopo un secolo di campagne e restauri archeologici il sito di Leptis Magna ha recuperato parte dell'antico splendore e rimane, a pochi metri dalle dune costiere, una seducente testimonianza del passato.

Monumenti ed edifici[modifica | modifica wikitesto]

Arco di Settimio Severo

Arco di Settimio Severo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Arco di Settimio Severo (Leptis Magna).

L'arco di Settimio Severo è uno dei monumenti più celebri di Leptis. Fu eretto nel 203 d.C., in occasione di una visita dell'imperatore Settimio Severo alla sua città natale, per rendere onore a lui e alla sua famiglia. Il nucleo della struttura fu costruito in pietra calcarea e poi rivestito in marmo. L'opera che oggi tutti possono vedere è in realtà una semi-fedele ricostruzione dell'antico monumento, al pieno recupero del quale gli archeologi stanno tuttora lavorando.

L'arco è costituito da quattro pilastri che sorreggono una copertura a cupola. Ciascuna delle quattro facciate esterne dei pilastri era affiancata da due colonne corinzie, tra le quali erano scolpite decorazioni in rilievo rappresentanti le virtù e le imprese dei Severi. Nel punto di intersezione tra la cupola e i pilastri sono scolpite delle aquile con le ali piegate, uno dei simboli della Roma imperiale. Sopra le colonne si trovano due pannelli scolpiti che riproducono nei dettagli processioni trionfali, riti sacrificali e lo stesso Settimio Severo che tiene per mano il figlio Caracalla. Sulla facciata interna delle colonne sono riportate scene di campagne militari, cerimonie religiose e l'immagine della famiglia dell'imperatore.

Terme di Adriano[modifica | modifica wikitesto]

Lo sviluppo della città, insieme all'arrivo dell'acqua e alla diffusione dell'impiego del marmo portarono l'imperatore Adriano, agli inizi del II secolo d.C., a commissionare l'impianto termale che porta il suo nome. Il complesso fu inaugurato nel 137 d.C., ma alcuni archeologi sostengono che l'effettiva apertura sia avvenuta dieci anni prima. Conformemente alla tradizione romana, esso si sviluppa su un asse nord-sud con ambienti disposti simmetricamente.

Le terme sono accessibili dalla palestra, dalla quale si passa nella natatio, ampio ambiente con il pavimento rivestito da marmi e mosaici in cui si trova una piscina all'aperto circondata da colonne su tre lati. Oltre la natatio, si apre il frigidarium, con le vasche di acqua fredda. La stanza misura 30 m per 15 m, è pavimentata in marmo; otto massicce colonne con fusti di marmo cipollino alte quasi 9 m sorreggono un soffitto a volta, un tempo ornato con mosaici di colore blu e turchese, di cui oggi però non rimane più nulla. Ad entrambe le estremità della sala si trova una vasca, mentre, lungo le pareti sono presenti nicchie che ospitavano 40 statue, alcune delle quali sono oggi conservate nei musei di Leptis e di Tripoli.

Immediatamente a sud del frigidarium si trova il tepidarium, il locale adibito al bagno tiepido, in origine formato da una piscina centrale fiancheggiata su due lati da colonne - le altre due vasche furono aggiunte successivamente. Tutto intorno si aprono le stanze del calidarium, per il bagno caldo, orientate verso sud. Un tempo, probabilmente, avevano grandi finestre in vetro sul lato meridionale. A questo locale furono aggiunte cinque laconica (bagni di vapore) durante il regno di Commodo. All'esterno, sul lato meridionale, erano collocate le fornaci usate per riscaldare l'acqua. Sui lati orientale e occidentale degli edifici corrono le cryptae, i deambulatori. Alcuni ambienti più piccoli erano i cosiddetti apodyteria, gli spogliatoi. Le forica, le latrine, meglio conservate sono quelle che si trovano sul lato nord-orientale del complesso.

Tempio delle Ninfe[modifica | modifica wikitesto]

A est della palestra e delle terme di Adriano vi è una piazza aperta dominata dal nymphaeum, o tempio delle Ninfe. Si tratta di una fontana monumentale con la facciata riccamente articolata da colonne con fusti di granito rosso e marmo cipollino e con nicchie, ora vuote, che un tempo ospitavano delle statue di marmo. Risale all'epoca del regno di Settimio Severo.

Via colonnata[modifica | modifica wikitesto]

La piazza antistante il Nymphaeum segnava l'inizio di una via monumentale, fiancheggiata da portici colonnati, diretta al porto. La strada era larga più di 20 m e lunga circa 410 m. Poiché collegava le terme e il nuovo foro dei Severi con il lungomare, era una delle strade più importanti della città.

Foro dei Severi[modifica | modifica wikitesto]

Testa di Gorgone.

Il progetto di trasformazione della città attuato da Settimio Severo prevedeva anche la revisione della struttura del centro cittadino, che fu da lui trasferito dal vecchio foro ad uno nuovo, battezzato con il nome della dinastia imperiale.

La piazza pavimentata in marmo, misura 100 m per 60 ed era circondata da portici ad arcate. Sulla facciata, tra un arco e l'altro erano medaglioni, di cui si conservano 70 esemplari. Nella maggior parte dei casi sono rappresentazioni simboliche della dea romana della Vittoria. Oltre ad esse vi sono alcune splendide immagini di Medusa. Gli archi erano di pietra calcarea, mentre le teste erano scolpite in marmo. Davanti alle colonne dei portici erano basamenti per statue, che conservano le iscrizioni dedicatorie.

Sul lato sud-occidentale del foro sorgeva il tempio dedicato alla dinastia dei Severi, del quale rimangono soltanto la scalinata, il podio e un magazzino sotterraneo. Ad esso appartenevano pure alcuni fusti di colonna in granito rosa che si trovano sparse per il foro.

Basilica[modifica | modifica wikitesto]

Basilica.

La basilica dei Severi è una struttura lunga 92 m e larga 40 che sorge sul lato nord-orientale del Foro. Presenta l'ingresso sui lati lunghi verso la piazza del Foro e absidi su entrambi lati corti. Lo spazio interno era articolato in tre navate, divise da colonne con fusti in granito rosa.

La sua costruzione fu avviata da Settimio Severo e completata da suo figlio Caracalla nel 216 d.C.

Le absidi sono decorate da più ordini architettonici con pilastri scolpiti al primo ordine e ospitavano i templi di Liber Pater (per i Romani Bacco e per i Greci Dioniso) e di Ercole (Eracle: sul lato dedicato ad Ercole i pilastri scolpiti hanno raffigurazioni delle mitiche dodici fatiche del semidio).

Nel VI secolo Giustiniano trasformò la basilica in una chiesa cristiana, facendo sistemare l'altare nell'abside sud-orientale. Dall'alto delle scale vicine all'angolo nord-occidentale si godono vedute della città.

Porta Bizantina[modifica | modifica wikitesto]

La Porta Bizantina

A nord-ovest della Basilica inizia una strada che conduce alla Via Trionfale, il cardo maggiore, e alla Porta Bizantina. Da notare quelli che sembrano fori di proiettile, che in realtà sono i buchi lasciati dagli “arcaici chiodi” martellati nel muro per appendere lastre di marmo.

Archi monumentali[modifica | modifica wikitesto]

Sul tratto della "Via trionfale" che passa per l'angolo meridionale del mercato si erge l'arco di Tiberio (I secolo d.C.). Poco più avanti si trova l'arco di Traiano, fatto costruire nel 110 d.C., eretto probabilmente per commemorare l'acquisizione, da parte di Leptis, dello status di colonia romana. Entrambi gli archi sono in pietra calcarea.

Foro vecchio[modifica | modifica wikitesto]

Foro

Il foro più antico di Leptis Magna (detto "Foro vecchio") era al centro della vecchia città punica. Su di esso gravitava l'antico culto cittadino di Šadrafa-Liber Pater (IPT 31). Un ampio saggio di scavo realizzato lungo il lato orientale della piazza ha messo in luce una complessa sequenza di strutture fenicio-puniche. La piazza fu realizzata o comunque ebbe un nuovo assetto monumentale sotto l'imperatore Augusto, a cura del proconsole Cn. Calpurnio Pisone nel 4-6 d.C. (IRT 520) e fu completamente lastricata nel 53-54 d.C. (IRT 338-IPT 26 e IRT 615). Presentava dei portici colonnati su tre lati.

Entrando nel foro dalla Porta bizantina, si vedono le rovine di tre templi su alto podio. A sinistra il tempio d'età augustea tradizionalmente attribuito a Liber Pater, ma per il quale è stata avanzata l'attribuzione al culto di Giove, di cui resta solo il podio e pochi resti della cella. Al centro il tempio di Roma e di Augusto, costruito tra il 14 e il 19 d.C. (IPT 22) in pietra calcarea. Il tempio presentava un'alta tribuna anteriore decorata da rostri, probabilmente utilizzata come palco dagli oratori che tenevano discorsi sulla piazza. I colonnati dei due templi maggiori furono rifatti in marmo nel II secolo d.C., ma una semicolonna originale del tempio di Roma e Augusto è rimasta sempre in piedi. A destra si hanno i resti del cosiddetto tempio di Ercole, il più rovinato dei tre: le pareti del podio e il colonnato sono opera di restauro.

Sul lato opposto della piazza alcuni fusti di colonna in granito grigio, fortemente erosi, ricordano la presenza dell'antica basilica civile, eretta una prima volta nel I secolo d.C. e ricostruita nel IV secolo dopo un incendio.

Nei pressi della basilica era collocata la curia, sede del senato cittadino, risalente al II secolo d.C.

A sinistra dell'ingresso alla piazza è un edificio di età traianea, in seguito trasformato in una chiesa bizantina, della quale si distinguono l'abside, le navate laterali e il nartece. Al centro del foro si notano un piccolo battistero con vasca a pianta a croce e un'esedra.

Giove Dolicheno

Porto[modifica | modifica wikitesto]

Il porto fu trasformato sotto Settimio Severo, che vi eresse un faro di cui restano solo le fondamenta. Il faro era alto più di 35 m e secondo le fonti antiche[senza fonte] era simile al più rinomato faro di Alessandria.

Delle installazioni portuali si conservano il molo orientale, i magazzini, le rovine di una torre di osservazione e una parte delle banchine utilizzate per il carico delle merci.

Nei pressi del porto si conservano i resti del tempio dedicato a Giove Dolicheno, con la sua scalinata.

Chalcidicum[modifica | modifica wikitesto]

Il chalcidicum si trova nell'isolato immediatamente a ovest dell'arco di Traiano. Costruito nel I secolo d.C., durante il regno di Augusto, ha un portico colonnato collegato alla via Trionfale per mezzo di una serie di gradini.

Al suo interno sorgeva un tempietto in onore di Augusto e di Venere e si conservano fusti in marmo cipollino e capitelli corinzi del II secolo d.C. Presso l'angolo orientale si può notare un basamento a forma di elefante.

Mercato[modifica | modifica wikitesto]

Mercato

Il mercato conserva nello spazio centrale due padiglioni ottagonali ricostruiti: quello settentrionale era forse adibito alla compravendita dei tessuti e conserva una tavola di pietra (in copia: l'originale è custodito nel museo del sito), risalente al III secolo d.C., sulla quale sono incise le principali unità di misura: il braccio romano o punico (51,5 centimetri), il piede romano o alessandrino (29,5 centimetri) e il braccio greco o tolemaico (52,5 centimetri). Intorno allo spazio centrale corre un portico colonnato.

Il complesso venne edificato nel 9 a.C. e poi ricostruito durante il regno di Settimio Severo: alcune colonne con capitello di marmo risalgono a questa seconda epoca. Nel quadriportico fu ritrovato, nel 1930, un busto di Afrodite[2].

Teatro[modifica | modifica wikitesto]

Teatro

Il teatro di Leptis, capace di ospitare 15.000 spettatori,[1] è il secondo dell'Africa per dimensioni (dopo quello di Sabratha). Risale ai primi anni del I d.C., come mostrano le iscrizioni celebrative apposte da ricchi cittadini di Leptis. Fu costruito sul sito di una precedente necropoli punica utilizzata tra il V e il III secolo a.C.

Il palcoscenico fu ricostruito in marmo e conserva il frontescena come facciata monumentale, articolata in tre nicchioni semicircolari e decorata da un triplice ordine di colonne. Questa struttura risale all'epoca di Antonino Pio (138-161 d.C.). Vi si trovavano anche numerose sculture che raffiguravano divinità, imperatori e cittadini illustri. Due di esse sono tuttora nella loro posizione originaria: la statua di Bacco, ornata da viti e foglie, e quella di [Eracle], con la testa ricoperta da una pelle di leone.

La cavea era stata tagliata nella roccia all'epoca della costruzione del teatro; nel 90 d.C. i gradini riservati ai seggi dei notabili della città furono ricavati subito sopra l'orchestra, separati da quelli del pubblico pagante da una massiccia balaustra di pietra. In cima alla cavea si trovavano alcuni tempietti e un porticato con fusti di colonna in marmo cipollino.

Terme dei Cacciatori[modifica | modifica wikitesto]

Le terme dei Cacciatori sono costituite da una serie di ambienti con volte a botte scavati nell'arenaria. Il complesso venne realizzato nel II secolo d.C. e fu utilizzato per quasi tre secoli. Conservano mosaici e affreschi, uno dei quali, situato nel frigidarium e nel quale sono raffigurate scene di caccia ambientate nell'anfiteatro, ha dato il nome al complesso. Uno degli affreschi risale ad un'epoca precedente alle terme e vi è stato riutilizzato al momento della loro costruzione. Sono inoltre presenti pannelli marmorei scolpiti.

Anfiteatro[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Anfiteatro di Leptis Magna.

L'anfiteatro di Leptis Magna, capace di contenere 16 000 spettatori, venne scavato nel fianco di una collina nel I secolo d.C. Al di sopra dei gradini superiori della cavea correva probabilmente un portico colonnato.

Circo (ippodromo)[modifica | modifica wikitesto]

Il Circo era realizzato lungo la costa orientale della città e le gradinate del lato nord-orientale erano accessibili dalla pista, mentre quelle del lato opposto si potevano raggiungere anche dall'anfiteatro, attraverso dei passaggi secondari. Edificato nel 162, durante il regno di Marco Aurelio, poteva ospitare 25.000 spettatori ed era ampio 450 m per 100. Sono parzialmente conservati gli spalti e rimangono scarsi resti della spina centrale e dei carceres di partenza.

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Repertori epigrafici[modifica | modifica wikitesto]

IPT = G. Levi Della Vida e M.G. Amadasi Guzzo, Iscrizioni puniche della Tipolitania (1927-1967), Roma 1987.

IRT = J.M. Reynolds e J.B. Ward-Perkins, The inscriptions of Roman Tripolitania, Roma-London 1952.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Leptis Magna was once one of the most important African cities of the Roman Empire [Leptis Magna una delle più importanti città africane dell'impero romano], su Arkeonews. URL consultato il 14 gennaio 2013.
  2. ^ P. Finocchi, L'Afrodite del Mercato di Leptis Magna, Roma: "L'Erma" di Bretschneider, Archeologia classica : rivista del dipartimento di scienze storiche archeologiche e antropologiche dell'antichità : XLIX, 1997.

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