Lay, Lady, Lay

Lay, Lady, Lay
singolo discografico
ArtistaBob Dylan
Pubblicazione1969
Durata3:20
Album di provenienzaNashville Skyline
GenereCountry rock
EtichettaColumbia Records
ProduttoreBob Johnston
Certificazioni
Dischi d'argentoBandiera del Regno Unito Regno Unito[1]
(vendite: 200 000+)
Bob Dylan - cronologia
Singolo precedente
(1969)

Lay, Lady, Lay è un brano musicale composto da Bob Dylan e contenuto nel suo album del 1969 Nashville Skyline.[2] Come molte altre canzoni presenti sul disco, Dylan canta il brano con una vellutata voce da crooner, invece che con il suo abituale e caratteristico stile di voce nasale con il quale è normalmente associato.[3] Alla sua uscita la canzone riscosse un notevole successo e nel corso degli anni è diventata una sorta di standard musicale ed è stata reinterpretata da molti altri musicisti.[2][4]

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Il brano venne fatto uscire come secondo singolo estratto dall'album nel luglio del 1969 e divenne presto uno dei più importanti successi di Dylan negli Stati Uniti, raggiungendo la posizione numero 7 nella classifica di Billboard.[5] Il singolo fece anche meglio in Inghilterra dove raggiunse la posizione numero 5 in classifica.[6] Originariamente, Dylan aveva scritto la canzone su commissione per la colonna sonora del film Un uomo da marciapiede, ma non riuscì a terminarla in tempo per essere inclusa nel film e il regista John Schlesinger usò la canzone di Fred Neil Everybody's Talkin' al posto di quella di Bob.[7][8] Successivamente Dylan offrì la canzone agli Everly Brothers, facendo loro visita nel backstage di un loro concerto newyorchese, ma Phil Everly, nonostante la carriera del duo fosse in una fase stagnante, rifiutò di incidere il brano per nulla convinto della potenzialità commerciale del pezzo.[9]

Il brano viene spesso eseguito dal vivo da Dylan ed è stato perciò incluso negli album live Hard Rain e Before the Flood.[2] La canzone compare anche sugli album Bob Dylan's Greatest Hits Vol. II, Masterpieces, Biograph, The Best of Bob Dylan, Vol. 1, e The Essential Bob Dylan.[2][10]

All'inizio Dylan era recalcitrante sul far pubblicare la canzone come singolo, diede il suo assenso solo dietro le insistenze del presidente della Columbia Records Clive Davis.[11] In seguito dichiarò di non aver mai amato troppo la canzone.[9]

Il caratteristico sound "mellifluo" del brano, ebbe origine casualmente in studio quando il batterista Kenny Buttrey chiese a Dylan che tipo di sonorità ritmica volesse per la canzone in procinto di registrarsi. Bob rispose: «Tipo quella dei bonghi», così Buttrey chiese consiglio al produttore Bob Johnston che gli suggerì di usare, oltre ai bonghi, anche un campanaccio. Buttrey trovò un campanaccio mezzo rotto e una coppia di bonghi con i quali diede origine al singolare attacco che contraddistingue l'incisione del brano.[11]

Formazione[modifica | modifica wikitesto]

Cover[modifica | modifica wikitesto]

Molte versioni del brano sono state registrate da numerosi artisti nel corso dei decenni, tra gli altri:

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) Lay Lady Lay, su British Phonographic Industry. URL consultato il 27 dicembre 2021.
  2. ^ a b c d Bob Dylan - Lay Lady Lay review and album appearances, su allmusic.com, AllMusic. URL consultato il 20 settembre 2009.
  3. ^ Nashville Skyline review, su allmusic.com, AllMusic. URL consultato il 24 gennaio 2010.
  4. ^ Lay Lady Lay Cover Versions [collegamento interrotto], su allmusic.com, AllMusic. URL consultato il 24 gennaio 2010.
  5. ^ Bob Dylan Billboard Singles, su allmusic.com, AllMusic. URL consultato il 24 gennaio 2010.
  6. ^ Brown, Tony., The Complete Book of the British Charts, Omnibus Press, 2000, p. 266, ISBN 0-7119-7670-8.
  7. ^ Heylin, Clinton., Dylan: Behind The Shades - The Biography, Viking Books, 1991, p. 193, ISBN 0-670-83602-8.
  8. ^ Trager, Oliver., Keys to the Rain: The Definitive Bob Dylan Encyclopedia, Billboard Books, 2004, ISBN 0-8230-7974-0.
  9. ^ a b Williamson, Nigel. Guida completa a Bob Dylan, Antonio Vallardi Editore, 2004, Milano, pag. 334, ISBN 88-8211-987-4
  10. ^ Bob Dylan's Greatest Hits, Volume II RIAA Awards, su riaa.com, Recording Industry Association of America. URL consultato il 24 gennaio 2010.
  11. ^ a b Sounes, Howard, Bob Dylan, TEA, 2005, pag. 244, ISBN 88-502-0586-4

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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