Il Messaggero

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Il Messaggero
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StatoBandiera dell'Italia Italia
Linguaitaliano
Periodicitàquotidiano
Generestampa nazionale
Formatolenzuolo
FondatoreLuigi Cesana e Baldassarre Avanzini
Fondazione1878
Inserti e allegati
  • Il MessaggeroTV (martedì),
  • Il Messaggero Casa (sabato),
  • Legalmente Aste e Affari (domenica)
SedeVia del Tritone, 152, Roma
EditoreCaltagirone Editore
Tiratura94 701[1] (2020)
Diffusione cartacea60 808[1] (2020)
Diffusione digitale14 419[1] (2020)
DirettoreMassimo Martinelli
Vicedirettore

Alvaro Moretti[2]

Guido Boffo[3]
Redattore capoMarco Gorra (centrale)[3]
ISSN1126-8352 (WC · ACNP), 1129-6224 (WC · ACNP) e 2499-3980 (WC · ACNP)
Distribuzione
cartacea
Edizione cartaceasingola copia/
abbonamento
multimediale
Edizione digitalesu abbonamento
Tablet PCsu abbonamento
Smartphonesu abbonamento
Sito webwww.ilmessaggero.it
 

Il Messaggero, fondato nel 1878, è uno storico quotidiano nazionale con sede a Roma, di proprietà della Caltagirone Editore. È l'ottavo quotidiano italiano per diffusione[1] e il più venduto nella capitale. La sua storica sede è in via del Tritone 152, in un edificio d'inizio Novecento.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Fondazione[modifica | modifica wikitesto]

Numero di prova del quotidiano «Il Messaggiero», uscito a Roma il 16 dicembre 1878.
Prima pagina del Messaggero del 18 agosto 1902.

Il quotidiano è fondato a Roma l'8 dicembre 1878 dal milanese Luigi Cesana (all'epoca solo ventisettenne) e dallo spezzino Baldassarre Avanzini (già fondatore de Il Fanfulla a Firenze). Tra il 16 e il 19 dicembre vengono stampati quattro numeri di prova. Escono come inserti de Il Fanfulla, quotidiano che dal 1871 si stampa a Roma e di cui uno dei proprietari è il padre di Cesana.

Le pubblicazioni regolari iniziano il 1º gennaio 1879 con una tiratura di 20 000 copie. Il prezzo è di 5 centesimi, com'è d'uso all'epoca per i giornali di quattro pagine. La testata porta il nome di "Messaggiero" (dal 5 febbraio abbandona la "i"). Il primo direttore è Fedele Albanese, cui subentra in aprile il giornalista e fumettista Luigi Arnaldo Vassallo (Gandolin).

Il nuovo quotidiano si nota per il suo formato ridotto. È fatto per lo più di notizie prese da altri giornali. Non ha coloritura politica, ma punta tutto sulla cronaca, specialmente sui fatti che accadono nella capitale. Vassallo dà molto risalto al processo Fadda[4], che coinvolge ambienti dell'alta società romana. Il giornale, attraverso i suoi resoconti, mette alla berlina i personaggi più influenti della nobiltà capitolina. Grazie alla notorietà acquisita nei primi due anni di vita, Il Messaggero raggiunge una tiratura di 35 000 copie. Nel 1880 il cofondatore Luigi Cesana assume personalmente la guida del quotidiano.

Forte del successo di vendita, nel 1888 Cesana rinnova interamente la produzione del giornale, adottando, primo in Italia, la stereotipia. Viene potenziata la distribuzione: Il Messaggero esce in due edizioni. Nel 1890 il quotidiano romano vende 45 000 copie: è il secondo per diffusione e per importanza di tutta l'Italia centrale dopo La Tribuna. La linea politica verso Giovanni Giolitti è inizialmente di sostegno, poi di contrasto.

Il primo Novecento[modifica | modifica wikitesto]

Il successore di Cesana, nel 1905, è Ottorino Raimondi, proveniente dalla redazione romana del Corriere della Sera.
Alle elezioni comunali del 1907 Il Messaggero dichiara il suo appoggio al candidato Ernesto Nathan, capo del "Blocco del Popolo"[5]. Il quotidiano sostiene il sindaco durante il suo mandato (dal 1907 al 1913).

Alla vigilia della prima guerra mondiale Il Messaggero è il secondo quotidiano di Roma, con 70 000 copie diffuse, dietro a Il Giornale d'Italia[6]. Il quotidiano appoggia la campagna interventista e, a guerra iniziata, molti suoi redattori partono per il fronte. Negli anni del conflitto la tiratura supera le 100 000 copie.[6]

A partire dal 1918, per far fronte alla riduzione della foliazione a 4 pagine (a causa della guerra in corso), il quotidiano lancia numerosi supplementi settimanali: Il Messaggero dello sport, Il Messaggero commerciale, Il Messaggero giudiziario e Il Messaggero della domenica. Nel 1920 il quotidiano si trasferisce nell'attuale sede di via del Tritone 152 (tra piazza Barberini e il Corso) prendendo il posto dell'Hotel Select.

Il palazzo del Messaggero in via del Tritone.
L'ingresso principale, che si affaccia su via del Tritone.

Durante gli anni venti Il Messaggero subisce un calo di vendite. Nel novembre 1932 viene chiamato a risollevare il giornale Francesco Malgeri. In soli due anni di lavoro il nuovo direttore modernizza il quotidiano e ne fa una testata di rango nazionale. Malgeri chiama a collaborare col quotidiano giornalisti affermati come Mario Missiroli, Vittorio Gorresio, Ermanno Contini, Sandro De Feo, Renzo Rossellini, Diego Calcagno, Vincenzo Talarico, Giuseppe Longo. Inoltre, invita a collaborare alla Terza pagina personalità del calibro di Alberto Moravia, Ugo Betti, Gaetano Volpe, Guido Mazzoni, Luigi Salvatorelli, Ruggero Orlando, Arturo Tofanelli, Renzo Sereno, Giovanni Comisso, Diego Valeri. Mario Missiroli, collaboratore principe del giornale, era l'autore di quasi tutti gli articoli di fondo ma, essendo egli inviso al regime fascista, gli articoli venivano pubblicati in forma anonima.

Nel 1940 Il Messaggero ha una tiratura media di 240 000 copie e si attesta al quinto posto tra i maggiori quotidiani italiani[7]. Guidato autorevolmente da Malgeri, è insieme un giornale popolare e attendibile.

Il 25 luglio 1943 cade il regime fascista. L'articolo di fondo del 26-27 luglio viene scritto da Mario Pannunzio e Arrigo Benedetti assieme a Leo Longanesi, Ennio Flaiano e Mario Soldati. In agosto viene nominato direttore Tomaso Smith.
Nei giorni immediatamente successivi al Proclama Badoglio (8 settembre), Roma subisce l'occupazione tedesca. I nazisti comunque consentono l'uscita del quotidiano nelle edicole.

Il 4 giugno 1944 Roma viene liberata dagli Americani. Il primo direttore dopo la Liberazione è Tomaso Smith, personaggio non compromesso col regime.[8] Il Messaggero «indipendente» guidato da Smith esce per tre giorni. Il 9 giugno le autorità vietano tutti i quotidiani romani, «per la passata attività» di fiancheggiamento della Repubblica Sociale Italiana e dell'occupante tedesco, oltre che per ridurre il grande consumo di carta.

Il giornale torna in edicola il 21 aprile (Natale di Roma) del 1946 con il nuovo nome di Messaggero di Roma.

Il secondo Novecento: la direzione di Alessandro Perrone[modifica | modifica wikitesto]

«Il primo volto del "Messaggero" fu per me quello di un usciere. Imponente, aulico, solenne, non sembrava un usciere, così come il grande palazzo al centro di Roma in cui ero appena entrato, specchiandomi per un attimo nella vetrata girevole, non sembrava un giornale.»

La famiglia Perrone, segnatamente Mario e il figlio Alessandro, riprende la gestione del quotidiano. In settembre è nominato come nuovo direttore Mario Missiroli; il redattore capo è Vincenzo Spasiano. Nel 1952, dopo la morte del padre Mario (proprietario al 50% del giornale), Alessandro Perrone prende direttamente la guida del Messaggero assumendone la direzione. Redattori di spicco sono Fabrizio Menghini, capo dei servizi giudiziari e Nino Longobardi, arguto commentatore di costume, nella rubrica di terza pagina "Cronache Italiane". Un'altra rubrica "di punta" è Avventure in città, dialogata in dialetto romanesco e redatta da Giancarlo Del Re. Nel 1956 cominciano ad apparire le vignette umoristiche dell'illustratore Alfonso Artioli. Il giornale continua ad avere, inoltre, collaboratori autorevoli che ne confermano il prestigio: Benedetto Croce, Luigi Salvatorelli, Pietro Paolo Trompeo, Manara Valgimigli, Amedeo Maiuri, Vincenzo Cardarelli, Aldo Valori, Alfredo Panzini, Giovanni Spadolini, Orio Vergani, Giorgio Bocca. Mantiene saldamente la quarta posizione tra i quotidiani nazionali, dopo Corriere, Stampa e Gazzetta del Popolo[10].

Nel 1968 Alessandro Perrone avvia un nuovo corso tecnologico al giornale. Istituisce, primo in Italia, l'Ufficio Grafico, chiamando a dirigerlo due esperti come Piergiorgio Maoloni e Pasquale Prunas. La nuova impaginazione, il rapporto tra immagini, testi e titoli, rivoluzionano l'aspetto del giornale. Nel 1969 lo sbarco sulla Luna è annunciato con un'unica grande foto con un titolo lapidario: Scesi!. «Il Messaggero» diventa il nuovo modello grafico e fotografico della stampa quotidiana italiana[11]». Nei primi anni settanta il quotidiano assume una linea politica di sinistra laica[12]. Nel 1970, Perrone assume Silvano Rizza, già redattore del Giorno e del Corriere di Sicilia e lo mette a capo dei servizi della cronaca di Roma, la spina dorsale del quotidiano. Nel 1973 viene nominato redattore capo Giampaolo Pansa, proveniente dal Giorno.

Tra il 1973 e il 1974 cambia l'assetto proprietario del Messaggero. Nel 1973, infatti, nasce una vertenza tra Alessandro e Ferdinando Perrone, cugini e proprietari alla pari del quotidiano, sulla linea politica del giornale molto vicina alla sinistra.[13] Lo scontro si trascina per un anno e si conclude con la cessione del Messaggero alla Montedison[14][15][16][17].[18]

La redazione non accetta il passaggio ad un'azienda pubblica (cioè governativa) ed entra in sciopero. Il 12 maggio 1974 il comitato di redazione fa pubblicare un'intera pagina di protesta sul giornale. La trattativa per la cessione comunque va in porto. Dopo un mese e mezzo di braccio di ferro viene trovata una soluzione di compromesso: la Montedison accetta alla direzione un uomo proveniente dalla sinistra come Italo Pietra. Pietra, già direttore del Giorno arriva a Roma portando tre firme importanti dal quotidiano milanese: Sergio Turone, Luigi Fossati (insediatosi come vice-capo redattore e poi nominato condirettore) e Vittorio Emiliani.

In occasione del referendum sul divorzio (12-13 maggio 1974) il quotidiano si schiera per il "No", confermando la propria linea politica[19]. Dopo Pietra seguono alla direzione Luigi Fossati (1975) e, nel 1980, Vittorio Emiliani. Con la sua conduzione (1980-1987) si espande la Cronaca di Roma, che passa da 4 a 6 pagine e viene collocata a partire da pagina 6, cioè dopo la cultura e prima delle sezioni di politica interna ed estera. Nel 1977 il governo sopprime alcune festività, tra cui la Befana. «Il Messaggero» lancia una appassionata campagna di stampa in favore del suo ripristino. Con la sua rubrica Aridatece la Befana, curata da Aldo De Luca, il quotidiano romano raccoglie migliaia di firme. L'iter burocratico fu piuttosto lungo, ma si concluse felicemente nel 1985 con il ripristino della ricorrenza come festa nazionale[20].

Nel 1982 il quotidiano romano, pur surclassato dalla Repubblica in campo nazionale, era comunque il sesto quotidiano italiano con 290 863 copie di tiratura media[21] (il quarto se si escludono i quotidiani sportivi). Nello stesso periodo iniziano a svilupparsi le edizioni provinciali, in linea con il progressivo sviluppo della stampa locale in tutto il Paese. Aprono le redazioni regionali di Abruzzo, Umbria e Marche. Qui Il Messaggero esce in un formato tabloid che riscontra un successo immediato[senza fonte]. Con Vittorio Emiliani si conclude l'esperienza al Messaggero dei due grafici Piergiorgio Maoloni e Pasquale Prunas, che avevano rinnovato il giornale. Il Messaggero di Emiliani vende in media 270 000 copie giornaliere.

Dai Ferruzzi a Caltagirone[modifica | modifica wikitesto]

Il Messaggero sponsor della squadra di volley del Porto Ravenna, entrambi all'epoca nell'orbita della Ferruzzi di Raul Gardini.

Nel 1987 il nuovo proprietario del quotidiano, il gruppo Ferruzzi, chiama alla direzione Mario Pendinelli. Dopo tre anni Il Messaggero sfonda quota 300 000 copie, il massimo risultato del dopoguerra, ma i costi sostenuti per raggiungere il risultato sono elevati. Il quotidiano ha effettuato costosi investimenti: è stata migliorata la veste grafica, sono stati messi sotto contratto prestigiosi commentatori stranieri.

Alla fine degli anni ottanta, il quotidiano apre una redazione a Ravenna, città di provenienza di Raul Gardini, patron della Ferruzzi, e altre a Rimini, Forlì e Cesena. Con il numero del 2 gennaio 1990 la testata viene accorciata da «Il Messaggero di Roma» (che durava dal 1946) a «Il Messaggero». A fine 1993, dopo la fine del gruppo Ferruzzi e l'allontanamento di Gardini, e un periodo in cui editore era Carlo Sama, Mario Pendinelli lascia Il Messaggero e fonda un suo quotidiano, L'Informazione, che esce nel 1994 ma avrà vita breve. Il suo successore alla testata romana è, dal dicembre 1993, Giulio Anselmi, condirettore del Corriere della Sera. Nel suo fondo d'esordio, Anselmi descrive con queste parole il momento che la nazione sta attraversando (siamo in piena tangentopoli e si sono appena svolte le elezioni per il sindaco di Roma):

«La tentazione del catastrofismo e la caparbia volontà di non cedere marciano di pari passo e connotano questa stagione della crisi italiana [...] Noi consideriamo un successo per tutti il fatto che con lo schieramento progressista sia riuscita a prevalere la parte più ottimista e propositiva del Paese»

Il presidente Francesco Gaetano Caltagirone con Alberto Nagel, Gabriele Galateri e Federico Ghizzoni all'evento di restyling del quotidiano.

Anselmi, alla prese con il problema del contenimento dei costi, riduce la redazione e chiude le edizioni romagnole del quotidiano. Quando, nel giugno 1996, il costruttore romano Francesco Gaetano Caltagirone compra Il Messaggero, Anselmi viene licenziato; Pietro Calabrese viene promosso da vice direttore a direttore. Calabrese rimarrà alla guida del giornale per tre anni e mezzo. Durante la sua direzione il quotidiano romano riesce a sfondare quota 300 000 copie, ritornando ai suoi massimi livelli di vendita. Sulla scia dei giornali nazionali, anche il quotidiano romano comincia ad offrire inserti e gadget ai propri lettori.

Dopo Calabrese è la volta di Paolo Graldi, proveniente da Il Mattino, altro quotidiano del gruppo Caltagirone. Con Graldi l'editore trova una notevole identità di vedute[22]. Infatti, dopo soli due anni, viene nominato direttore editoriale. Al suo posto viene chiamato nel 2002 Paolo Gambescia, direttore del quotidiano partenopeo. Gambescia rinnova le pagine cultura e spettacoli chiamando a dirigerle Piero Mei e Piero Santonastaso.

L'avvicendamento del direttore si ripete quattro anni dopo con Roberto Napoletano - già capo della redazione romana e vicedirettore de Il Sole 24 Ore - che entra in via del Tritone con la carica di condirettore (settembre 2004) e dal febbraio 2006 passa al ruolo di direttore. Nel 2011 Napoletano lascia e torna al Sole 24 Ore; dal 21 marzo il nuovo direttore del Messaggero è Mario Orfeo (anch'egli, come Gambescia, aveva diretto Il Mattino).

Nell'autunno del 2012 il quotidiano romano effettua un deciso restyling della veste grafica e del sito web, ad opera dello spagnolo Sergio Juan. Al rinnovo dell'immagine si accompagna l'avvicendamento alla direzione. Al posto di Mario Orfeo, nominato alla guida del TG1, subentra Virman Cusenza, proveniente anch'egli, come Gambescia ed Orfeo, dalla direzione de Il Mattino.

Dal 2016 il famoso blog per la risoluzione di generici problemi informatici e tecnologici Aranzulla.it entra a far parte della rete web del gruppo del Messaggero, contribuendo al suo traffico e ai relativi introiti pubblicitari.[23]

Nel settembre 2018 Il Messaggero rinnova il proprio sito internet ed introduce un sistema di accesso a pagamento denominato metered paywall, che consente la lettura di 10 articoli gratuiti, dopo i quali diventa necessario l'abbonamento.[24]

Il 6 luglio 2020 Cusenza lascia la direzione e viene sostituito da Massimo Martinelli.[25]

Variazioni dell'assetto proprietario[modifica | modifica wikitesto]

  • 1878. Baldassarre Avanzini, spezzino, e Luigi Cesana, milanese, fondano la testata. Il capitale iniziale è di 20 000 lire: una metà sono di Cesana (che è anche proprietario del quotidiano) e l'altra metà sono in prestito[26]. La prima sede del giornale è in via del Seminario; la tipografia è a fianco della redazione. L'anno dopo si trasferisce in via del Bufalo 125, dove resterà per 40 anni.
  • 1911. In dicembre Luigi Cesana cede Il Messaggero per due milioni di lire[27] a Giuseppe Pontremoli che, insieme a Luigi Della Torre, gerente della banca milanese banca Zaccaria Pisa, conclude l'acquisto del giornale romano. L'ingegner Pontremoli è consocio e gerente della «Società Editoriale Italiana» (S.E.I.), attraverso la quale gestisce anche il milanese Il Secolo e il napoletano Il Mattino.
  • 1917. L'8 luglio la famiglia di imprenditori siderurgici Perrone, che controlla il gruppo industriale Ansaldo, assume il controllo del Messaggero cedutogli da Pontremoli e Della Torre. Ferdinando Maria Perrone affida ai due figli, Mario e Pio Perrone, la gestione del Messaggero.
  • 1920. La sede del giornale si trasferisce, da via del Bufalo, nell'ex albergo Select, in Via del Tritone 152[28].
  • 1934. Ingresso nella S.E.I. di Ferdinando, figlio di Pio, ventitreenne, come direttore amministrativo.
  • 1940. Ingresso nella S.E.I. di Alessandro, figlio di Mario, ventenne, come ispettore generale.
  • 1944, 4 giugno. All'indomani della Liberazione di Roma Il Messaggero è sospeso dagli alleati e sottoposto a una fase di commissariamento. La gestione viene affidata all'APB (Allied Publication Board anglo-americano.).
  • 1945. Partenza delle truppe alleate. Il Messaggero torna alla famiglia Perrone. Il pacchetto azionario è diviso in parti eguali tra Pio e Mario Perrone. Pio è il presidente; Mario l'amministratore delegato. Anche la pubblicità dipende da una società della famiglia Perrone.
  • 1952. Muore Pio Perrone. Il suo 50% della società passa ai tre figli: Ferdinando, Maria Ferdinanda (sposata Barluzzi) e Cleonice (sposata Theodoli). Alla direzione del quotidiano subentra Alessandro Perrone (figlio di Mario). Il cugino Ferdinando è il direttore amministrativo.
  • 1968. Muore Mario Perrone. Anch'egli passa il suo 50% della società ai figli, che sono anch'essi tre: Isabella (sposata Grazioli), Vittoria (sposata Brivio Sforza) e Alessandro.
  • 1973. L'editore Edilio Rusconi decide di scalare la società editoriale. Il 22 maggio acquista da Ferdinando Perrone e le due sorelle il loro 50%[29]. La cifra pattuita è di 4,5 miliardi di lire, comprendente anche la sede di Via del Tritone. Alessandro invece rifiuta di vendere la sua quota. Ferdinando, che per via dell'anzianità è presidente del consiglio di amministrazione, licenzia Alessandro da direttore responsabile. Rusconi nomina nuovo direttore Luigi Barzini junior, ma la redazione, il giorno del suo insediamento, blocca l'ingresso per non farlo entrare (2 luglio). Il 23 luglio il pretore di Roma emette una sentenza a favore di Alessandro, giudicando illegittimo il suo licenziamento. La scalata di Rusconi rimane incompiuta.
  • 1974. Eugenio Cefis, presidente di Montedison, convince Vittoria Perrone (figlia di Mario) a cedergli la sua quota sociale[30]. Questa volta l'operazione va in porto: il 50% appartenente agli eredi di Mario passa alla Montedison. Con la fine della direzione di Alessandro Perrone si conclude l'era della famiglia genovese alla guida del Messaggero[31]. Il 13 maggio vengono rinnovati i vertici della società editrice del quotidiano: Raffaele Stracquadanio, manager di fiducia di Eugenio Cefis, viene nominato presidente. In settembre l'operazione si conclude con l'acquisizione, da parte di Montedison, della quota di Rusconi[32].
  • 1987. Si compie la scalata del gruppo alimentare ravennate Ferruzzi alla Montedison. La nuova gestione fa ingenti investimenti. Ma l'amministratore delegato Carlo Sama crea un buco di 30 miliardi, che porta la società editrice sull'orlo del fallimento. Nel novembre 1994 si dimette il direttore Mario Pendinelli, oltre a Sama (poi indagato). Viene proclamato lo stato di crisi aziendale, che porta il giornale ad una pesante cura dimagrante (tra cui la chiusura di tutte le quattro edizioni locali romagnole, create da Ferruzzi e Gardini, e la messa in mobilità di tutti i giornalisti di quella regione)[33]. Lo stato di crisi viene gestito da Mediobanca, principale creditore del Gruppo Ferruzzi che, dopo un risanamento dei conti del giornale durato tre anni, lo mette in vendita.
  • 1996. Dopo le elezioni politiche, in giugno Mediobanca e Ferruzzi cedono il quotidiano a Francesco Gaetano Caltagirone per la cifra di 356 miliardi di lire; il gruppo Caltagirone crea una propria società editoriale, la Caltagirone Editore che ingloba anche Il Mattino di Napoli. Successivamente aprirà un portale Internet, darà vita al giornale a distribuzione gratuita Leggo e acquisterà anche Il Gazzettino di Venezia, Il Nuovo quotidiano di Puglia di Lecce e il Corriere Adriatico di Ancona.

Direttori[modifica | modifica wikitesto]

Edizione straordinaria per il funerale di Alberto Sordi a piazza San Giovanni (2003)

Scelti da Luigi Cesana

Scelti dalla famiglia Perrone

  • Italo Carlo Falbo (26 dicembre 1916 - 26 febbraio 1921)
  • Virginio Gayda (27 febbraio 1921 - 27 marzo 1926)

Graditi al regime fascista

Dopo la caduta del fascismo: nomina approvata dal Minculpop defascistizzato[34]

Graditi al regime della R.S.I.

Dopo la Liberazione di Roma

Sospeso per deliberazione dell'«Allied Publication Board» anglo-americano il 9 giugno 1944, le pubblicazioni riprendono il 21 aprile 1946 con la testata Messaggero di Roma

Scelti dalla famiglia Perrone

Scelti dalla Montedison

Scelti dal gruppo Ferruzzi

Scelti dal gruppo Caltagirone

Firme[modifica | modifica wikitesto]

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

Il Messaggero ha una foliazione media di 60 pagine; viene distribuito con un'edizione nazionale ed undici edizioni locali, di cui otto nel Lazio (Roma, Metropoli, Ostia-litorale, Viterbo, Civitavecchia, Frosinone, Latina, Rieti).
Le altre sono realizzate in Abruzzo, in Umbria e Marche[37].

Diffusione[modifica | modifica wikitesto]

Diffusione media giornaliera de "Il Messaggero" dal 1976 ad oggi (dati ADS).

La diffusione di un quotidiano si ottiene, secondo i criteri di Accertamenti Diffusione Stampa (ADS), dalla somma di: Totale Pagata[38] + Totale Gratuita + Diffusione estero + Vendite in blocco.
Dal 2021 ADS ha abbandonato la distinzione tra copia cartacea e copia digitale, che è stata sostituita dalla distinzione tra «vendite individuali» (copie pagate dall’acquirente) e «vendite multiple» (copie pagate da terzi).

Anno Diffusione
2022 70 021
2021 74 542
Anno Totale diffusione
(cartacea + digitale)
Diffusione cartacea Tiratura
2020 75 227 60 808 94 701
2019 90 542 79 787 116 858
2018 98 969 87 799 128 622
2017 109 046 100 568 144 337
2016 118 189 112 465 156 085
2015 129 041 123 504 170 723
2014 142 461 134 762 192 843
2013 151 478 147 705 212 080
Anno Diffusione
2012 179 557
2011 190 933
2010 192 912
2009 202 158
2008 210 842
2007 215 581
2006 229 560
2005 235 353
2004 240 778
2003 251 078
2002 258 561
2001 291 543
2000 291 571
1999 292 515
1998 279 869
1997 269 385
1996 260 225
1995 250 892

Dati ADS.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Accertamenti Diffusione Stampa, su adsnotizie.it. URL consultato il 30 ottobre 2021.
  2. ^ Alvaro Moretti nuovo vicedirettore del Messaggero, su primaonline.it. URL consultato il 5 aprile 2018 (archiviato il 5 aprile 2018).
  3. ^ a b Daniela Colombo, Messaggero, all'assemblea volano stracci ma arriva il gradimento al direttore Martinelli. Boffo vicedirettore, Gorra caporedattore centrale, su primaonline.it, 9 ottobre 2020. URL consultato il 1º settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 18 ottobre 2020).
  4. ^ Il processo si celebrò nel 1879 per un delitto commesso il 6 ottobre 1877. Si concluse con la condanna di Raffaella Saraceni, giudicata colpevole di aver fatto assassinare il marito, Giovanni Fadda, e del suo amante, Pietro Cardinali, riconosciuto esecutore materiale dell'omicidio.
  5. ^ È la stampa bellezza!, su lastampabellezza.it. URL consultato il 28 settembre 2018 (archiviato il 28 settembre 2018).
  6. ^ a b ASV, Segret. Stato, 1915, rub. 162, fasc. 3, p. 38 - citato in: Antonio Scottà, Giacomo Della Chiesa, arcivescovo di Bologna, Rubbettino, 2002, pag. 453.
  7. ^ Manterrà questa posizione fino alla metà degli anni ottanta.
  8. ^ Una nota editoriale pubblicata il 6 giugno recitava: «Tomaso Smith riassume oggi la direzione del Messaggero. "Dopo vent'anni di volontaria assenza egli tornò al giornalismo il 25 luglio 1943. Il 10 settembre se ne allontanò. Arrestato e sfuggito dopo 3 mesi alla sicura deportazione egli ritorna fra noi che lo abbiamo sempre considerato il nostro Direttore».
  9. ^ Nino Longobardi, Bontà mia (e... di mio zio Amedeo), Giovanni Volpe editore, Roma, 1977, p. 23
  10. ^ Costanzo Costantini, La storia del Messaggero, Gremese, 2008.
  11. ^ Costanzo Costantini, La storia del Messaggero, Gremese, 2008, pag. 91.
  12. ^ Sergio Turone, Prefazione a Corrotti e corruttori dall'Unità d'Italia alla P2, Laterza, Roma-Bari, 1984, p.19.
  13. ^ Alberto Mazzuca, Penne al vetriolo, Bologna, Minerva, 2017, p.429.
  14. ^ Secondo Luca Telese (Cuori Neri, Sperling&Kupfer 2006) fu la Democrazia Cristiana, sconfitta al referendum, ad esercitare pressioni fino ad indurlo alla vendita.
  15. ^ Secondo Piero Ottone (Italia mia, Longanesi 2009) la conduzione battagliera di Alessandro aveva fortemente indebitato il giornale.
  16. ^ Secondo Costanzo Costantini (La storia del Messaggero, Gremese, 2008, pag. 115) Eugenio Cefis, presidente della Montedison, rilevò il quotidiano per conto di Amintore Fanfani, storico dirigente DC.
  17. ^ Secondo Andrea Aveto (Giornalismo italiano 1968-2001, «I Meridiani») la regia della trattativa fu condotta dal Partito socialista.
  18. ^ Eugenio Cefis dirà a Enzo Biagi di avere acquistato il quotidiano "per fare un piacere a Fanfani e a De Martino", in Alberto Mazzuca, Penne al vetriolo, op.cit. p. 430.
  19. ^ Eugenio Santoro, PSI 1992: dirsi addio?, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2006.
  20. ^ 6 gennaio 1985 La Befana torna a essere festa grazie alla campagna del Messaggero, su ilmessaggero.it. URL consultato il 28 febbraio 2023.
  21. ^ Quanto si legge in Italia?, in «La Civiltà Cattolica», 1º ottobre 1983, n. 3199, p. 77 (versione digitalizzata Archiviato il 16 novembre 2017 in Internet Archive.).
  22. ^ Costanzo Costantini, op. cit.
  23. ^ Salvatore Aranzulla: Libri e opere in offerta | Feltrinelli, su www.lafeltrinelli.it. URL consultato il 29 gennaio 2024.
  24. ^ Il Messaggero compie 140 anni, festa a Cinecittà con Mattarella. Cusenza: libertà di stampa va difesa, su ilmessaggero.it. URL consultato il 9 maggio 2019 (archiviato il 17 aprile 2019).
  25. ^ Roberto Borghi, Cusenza lascia la direzione del Messaggero, al suo posto il vice Martinelli, su Prima Comunicazione, 6 luglio 2020. URL consultato il 1º settembre 2022 (archiviato dall'url originale il 6 luglio 2020).
  26. ^ Costanzo Costantini, La storia del Messaggero, Gremese, 2008, pag. 23.
  27. ^ Valerio Castronovo et alii, La stampa italiana nell'età liberale, Laterza, 1979, pag. 223
  28. ^ Sergio Turone cita un'informativa della polizia del 12 settembre 1917 secondo cui il denaro per comprare il palazzo sia provenuto dalla Francia, che ricompensò il giornale romano per la campagna francofila che condusse sin dall'inizio della prima guerra mondiale. Cfr, Sergio turone, Corrotti e corruttori dall'unità d'Italia alla P2, Roma, 1984, pp. 139-140.
  29. ^ Secondo Giampaolo Pansa (La Repubblica di Barbapapà, Milano, 2013) e Aldo Giannuli (Bombe a inchiostro, Milano, 2008) Ferdinando fu indotto e cedere la propria quota per il coinvolgimento della figlia Diana nell'inchiesta sul rogo di Primavalle.
  30. ^ Costanzo Costantini, La storia del Messaggero, Gremese, 2008, pag. 115.
  31. ^ Il ramo di Alessandro mantiene però la proprietà del Secolo XIX di Genova.
  32. ^ Secondo Giampaolo Pansa, i Perrone ricevettero 4 miliardi e 700 milioni; Rusconi incassò una cifra in franchi svizzeri equivalente a 20 miliardi di lire.
  33. ^ Parte di essi saranno riassorbiti anni dopo.
  34. ^ Decreto 9 agosto 1943, n. 727.
  35. ^ Il 13 settembre 1943 gli occupanti tedeschi assunsero il controllo dell'informazione. La stampa quotidiana passò sotto la diretta autorità del Ministero della cultura popolare. Per tre mesi fu abolita la carica di direttore responsabile.
  36. ^ Vedi sezione Storia.
  37. ^ Le tre redazioni esistenti nella regione sono state accorpate ad Ancona. Il 31 luglio 2015 hanno chiuso le redazioni di Pesaro e Ascoli Piceno.
  38. ^ Che a sua volta comprende le vendite per copia singola e gli abbonamenti.

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