I Malavoglia

Disambiguazione – Se stai cercando il singolo di Giovanna, vedi I Malavoglia (singolo).
I Malavoglia
Uno scorcio del mare di Aci Trezza, dal film La terra trema di Luchino Visconti, tratto dal romanzo di Verga
AutoreGiovanni Verga
1ª ed. originale1881
Genereromanzo
Lingua originaleitaliano
AmbientazioneAci Trezza
ProtagonistiFamiglia Toscano, ovvero i Malavoglia:
  • Padron 'Ntoni: capo famiglia
  • Bastianazzo: figlio maggiore
  • Maruzza, detta la Longa: moglie di Bastianazzo

Figli di Bastianazzo e Maruzza:

  • 'Ntoni (Antonio)
  • Mena (Filomena)
  • Luca
  • Alessi (Alessio)
  • Lia (Rosalia)
Antagonistilo zio Crocifisso
Altri personaggiDon Michele, Tino Piedipapera, Fortunato e Brasi Cipolla, Rocco Spatu, Alfio Mosca, avvocato Scipioni, Vanni Pizzuto, cugina Anna, Nunziata, Santuzza, Don Silvestro il segretario, Don Franco lo speziale
SerieI Vinti
Seguito daMastro-don Gesualdo

I Malavoglia è il romanzo più conosciuto dello scrittore Giovanni Verga, pubblicato a Milano dall'editore Treves nel 1881. È una delle letture più diffuse e indicate nei programmi di letteratura italiana all'interno del sistema scolastico italiano. Fa parte del ciclo dei Vinti.[1]

Descrizione riassuntiva[modifica | modifica wikitesto]

Frontespizio di un'edizione del 1907

Il romanzo narra la storia di una famiglia di pescatori che vive e lavora ad Aci Trezza, un piccolo paese siciliano nei pressi di Catania. Ha un'impostazione corale e rappresenta personaggi uniti dalla stessa cultura ma divisi dalle loro diverse scelte di vita, soverchiate comunque da un destino tragico ed inevitabile.

Lo scrittore adotta la tecnica dell'impersonalità, riproducendo alcune caratteristiche del dialetto e adattandosi quanto più possibile al punto di vista dei differenti personaggi, rinunciando così all'abituale mediazione del narratore.

L'opera va inserita nel Ciclo dei Vinti, insieme a Mastro-don Gesualdo e a La duchessa de Leyra, opere che affrontano il tema del progresso visto dal punto di vista degli "sconfitti" della società. La Duchessa de Leyra rimase solo abbozzato, mentre gli altri due romanzi previsti nel Ciclo (L'Onorevole Scipioni e L'uomo di lusso) non vennero neppure iniziati.[2]

Il linguaggio[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso Verga nella lettera al Farina propone «non un racconto, ma l’abbozzo di un racconto, un documento umano» rivolto a «tutti coloro che studiano nel gran libro del cuore».[3] Nella sua introduzione al romanzo del 1881 l'autore scrive che «per la sottile influenza che esercita sui caratteri l'educazione, il linguaggio tende ad individualizzarsi».[4] In base a ciò Leone Piccioni commenta che alle origini il linguaggio è «corale ampio, cui tutti partecipano senza quelle tali differenziazioni». A proposito dell'impersonalità, l'interpretazione di Benedetto Croce mostra «come di fatto l'arte sia sempre personale e come, nel caso specifico, anche il Verga abbia una sua personalità, che è "fatta di bontà e malinconia"».[5]

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Presso il paese di Aci Trezza, nel catanese, vive la laboriosa famiglia di pescatori Toscano, soprannominata Malavoglia per antifrasi secondo la tradizione della 'ngiuria (una particolare forma di appellativo). Il patriarca della famiglia è l'anziano Padron 'Ntoni, vedovo, che si esprime spesso per mezzo di proverbi. Con lui, nella “Casa del Nespolo”, vivono il figlio Bastiano, detto Bastianazzo, sua moglie Maruzza, detta la Longa ed i loro cinque figli, in ordine di età: 'Ntoni, Luca, Filomena detta Mena o Sant'Agata, Alessio detto Alessi e Rosalia detta Lia. Il loro principale mezzo di sostentamento è la "Provvidenza", nome dato all'imbarcazione che utilizzano per la pesca. Grazie alla loro casa e alla barca, i Malavoglia riescono a condurre una vita relativamente agiata.

Nel 1863 'Ntoni, il maggiore dei figli, parte per la leva militare. È la prima volta che un membro della famiglia dei Malavoglia parte per la leva nell'esercito del Regno d'Italia e questo evento (che rappresenta simbolicamente l'irruzione del mondo moderno in quello rurale della Sicilia contemporanea) segna l'inizio della rovina della famiglia stessa. A causa della partenza di 'Ntoni, vengono infatti a mancare i guadagni derivanti dal suo lavoro. Inoltre, l’annata è cattiva e occorre provvedere alla dote di Mena, giunta all’età da matrimonio. Per superare questo momento di difficoltà, Padron 'Ntoni tenta un affare comprando a credito una grossa partita di lupini[6], peraltro avariati, da un compaesano usuraio, chiamato Zio Crocifisso (oppure Campana di legno) per via delle sue continue lamentele e del suo perenne pessimismo. Il carico viene affidato a Bastianazzo perché si rechi con la Provvidenza a Riposto per venderlo, ma durante il viaggio la barca subisce un naufragio, Bastianazzo e il suo garzone muoiono e i lupini vanno persi. I Malavoglia si ritrovano così con una triplice disgrazia: è morto il padre, principale fonte di sostentamento della famiglia, la Provvidenza va riparata ed occorre pagare il debito dei lupini. Padron 'Ntoni si reca a discutere del debito contratto con Zio Crocifisso con l'avvocato Scipioni, il quale sconsiglia di ripagarlo, in quanto non era mai stato un atto ufficiale e comporterebbe la loro rovina. Inoltre la Casa del Nespolo, l'unico loro possedimento in grado ripagare il debito, è un bene relativo alla dote di Maruzza, quindi intoccabile per le leggi del tempo. I Malavoglia però, rimanendo vincolati alla loro storia di uomini d'onore, decidono di pagarlo comunque. 'Ntoni finisce il servizio militare prima del previsto; se fosse rimasto per altri sei mesi a Napoli, luogo in cui svolgeva la sua funzione, suo fratello Luca sarebbe stato esonerato dal servizio, ma non sopportando i disagi della leva decide di tornare comunque. 'Ntoni fatica però anche a riadattarsi alla dura vita di pescatore e finisce per non dare alcun sostegno economico al nucleo familiare.

La Provvidenza viene riparata e, seppur di ridotte dimensioni, ritorna in funzione. Le sventure per la famiglia però non terminano. Luca, partito a sua volta per il servizio militare, muore nella battaglia di Lissa (1866). Zio Crocifisso, per costringere i Malavoglia a pagare il debito, finge di averlo venduto al sensale Piedipapera, il quale sostiene di non poter più tirare avanti senza quel denaro. La famiglia è così costretta a lasciare l'amata Casa del Nespolo e a trasferirsi in una casa in affitto. Ciò determina anche la rottura del fidanzamento di Mena con Brasi Cipolla, figlio del ricco del villaggio, del quale non era però mai stata innamorata, preferendogli l'umile carrettiere Alfio Mosca. Nonostante i grandi sacrifici per accumulare denaro al fine di ricomprare la Casa del Nespolo, la reputazione e l'onore della famiglia peggiorano fino a raggiungere livelli umilianti. Un nuovo naufragio della Provvidenza porta Padron 'Ntoni ad un passo dalla morte; Maruzza muore invece di colera. 'Ntoni, stanco di lavorare senza ottenere risultati, se ne va dal paese per tentare di fare fortuna altrove, avendo sentito dei forestieri parlare di una nuova società dove c'erano persone che non erano più costrette a lavorare, ma ritorna qualche tempo dopo ancora più impoverito. Perde allora ogni desiderio di lavorare, dandosi all'ozio e all'alcolismo.

La partenza di 'Ntoni costringe nel frattempo la famiglia a vendere la Provvidenza per accumulare denaro e a lavorare a giornata. La padrona dell'osteria Santuzza, già oggetto di interesse amoroso da parte del poliziotto don Michele, si invaghisce di 'Ntoni (che intanto entra nel giro del contrabbando), mantenendolo gratuitamente all'interno del suo locale. La condotta di 'Ntoni e le lamentele del padre la convincono però a distogliere le sue aspirazioni dal ragazzo e a richiamare don Michele all'osteria. Ciò determina una contesa tra i due pretendenti, al culmine della quale 'Ntoni arriva ad accoltellare al petto don Michele, nel corso di una retata anti-contrabbando. 'Ntoni viene arrestato e Padron 'Ntoni spende gran parte dei loro risparmi per pagare un avvocato. Al processo, 'Ntoni viene condannato a 5 anni di carcere, evitando una pena più lunga per motivi "d'onore". L'avvocato lascia infatti intendere che la rissa fosse scoppiata perché 'Ntoni voleva difendere la reputazione della sorella Lia, che don Michele aveva corteggiato e lei aveva respinto. Padron 'Ntoni però, sentendo le voci circa la relazione tra don Michele e sua nipote Lia, sviene esanime. Dopo tutte queste disgrazie, il salmodiare di Padron 'Ntoni, ormai molto anziano, si fa sconnesso e i suoi proverbi iniziano a venire pronunciati senza cognizione di causa. Non essendo più in grado di lavorare è un onere per i nipoti, si decide di ricoverarlo in ospedale. Intanto Lia, vittima delle malelingue e del disonore, lascia il paese per non tornarvi più e finisce a prostituirsi a Catania.

Infine l'ultimo dei figli, Alessi, continuando a fare il pescatore, riesce a guadagnare abbastanza soldi per ricomprare la Casa del Nespolo, dove si trasferisce con Nunziata, una brava ragazza che ha nel frattempo sposato. Mena, a causa della vergognosa situazione della sorella Lia, rinuncia a sposarsi con Alfio Mosca e, precocemente invecchiata, rimane ad accudire i figli di Alessi e Nunziata. Ciò che resta della famiglia fa visita a Padron 'Ntoni all'ospedale per informarlo che la Casa del Nespolo è di nuovo nelle loro mani. Questa è l'ultima gioia per il vecchio pescatore, che muore col sorriso sulle labbra proprio nel giorno del suo agognato ritorno a casa. Alla fine, dopo aver scontato la pena, anche 'Ntoni ritorna a casa, ma si rende conto di non poter rimanere, a causa del suo passato. Col suo comportamento, si è infatti auto-escluso dal nucleo familiare, rinnegando sistematicamente i suoi valori. Saluta quindi tutti e se ne va definitivamente dal paese natale.

L'opera[modifica | modifica wikitesto]

Tutta la narrazione si svolge alla fine dell'Ottocento ad Aci Trezza, piccolo paese della Sicilia orientale.

Si può dividere l'intera opera fondamentalmente in tre parti:

  • La prima parte (capitoli I-IV) inizia con la presentazione dei membri della famiglia Toscano, in ordine di età, alla quale seguono la partenza di 'Ntoni per il servizio militare, lo sfortunato affare dei lupini e la morte di Bastianazzo. È questo elemento scatenante a rompere l'"equilibrio" pre-esistente e dare inizio alla vicenda. I funerali di Bastianazzo sono l'occasione, per Verga, di presentare i personaggi del romanzo e l'ambiente popolare contestualmente ai fatti narrati, secondo la tecnica della regressione teorizzata dell'autore.
  • Nella seconda parte (capitoli V-X) assistiamo al continuo declino della famiglia, dovuto principalmente alle conseguenze dello sfortunato affare dei lupini e al tentativo dei Malavoglia di saldarlo senza rinunciare alla casa e all'onore della famiglia; questo non impedisce la perdita della Casa del Nespolo e il trasferimento nella casa del beccaio.
  • La terza ed ultima parte inizia dopo un capitolo di transizione (il XI), in cui 'Ntoni si trasferisce temporaneamente in città a cercare di far fortuna, dopo la morte della madre Longa (contraria alla sua partenza). Quindi inizia la terza parte (capitoli XII-XV), che narra la vendita della barca da parte di Padron 'Ntoni, che inizierà a lavorare a giornata da Padron Cipolla, e il ritorno di 'Ntoni che, ancora più povero che alla partenza, si dà al contrabbando. 'Ntoni accoltella don Michele, l'avvocato di 'Ntoni getta discredito sulla famiglia rivelando una presunta relazione tra Don Michele e Lia, che fugge verso la città. Il nonno cade in uno stato di depressione e 'Ntoni finisce in prigione. La conclusione vede la ricomposizione del nucleo familiare ad opera di Alessi e la partenza di 'Ntoni, che, ritornato al paese, ormai sente che non può più fare parte del mondo che ha rinnegato. Alla "riconsacrazione" della Casa del Nespolo (L. Russo) segue però la consapevolezza che ormai nulla potrà essere come prima: la partenza di 'Ntoni segna infatti un distacco definitivo, provocato dall'irrompere dei "tempi nuovi" (la modernità) nel mondo contadino siciliano.

L'ambientazione[modifica | modifica wikitesto]

Una foto scattata da Verga, ritraente lavoratori siciliani, dai quali sono stati tratti i personaggi delle sue opere
La famiglia Valastro nel film La terra trema di Luchino Visconti

Il romanzo è ambientato ad Aci Trezza, piccolo paesino del catanese. Alcuni luoghi del paese hanno una certa importanza nel racconto. La casa, focolare e rifugio domestico, è un luogo molto importante per i personaggi che, avendo subito gravi perdite familiari, cercano almeno prima di conservare e poi, una volta persa, di riavere quella casa così colma di ricordi, la Casa del Nespolo. Altri luoghi tipici sono la piazza, sede d'incontro e di pettegolezzo, l'osteria, luogo di perdizione, la farmacia di don Franco, dove gli uomini discutono di politica e di “rivoluzione”, perdendo però tutto il loro coraggio e la loro baldanza quando temono di essere uditi dalle mogli.

Per quanto riguarda il tempo, il romanzo si ambienta nella seconda metà dell'800. Le attività sono scandite da alcune ricorrenze religiose o dall'alternarsi delle stagioni, tipici elementi della cultura contadina. La mentalità, il punto di vista che predomina nel romanzo è quello dei pescatori, degli “umili”, e lo Stato appare come un nemico, che opprime il popolo con il suo servizio di leva, la sua falsa giustizia e le sue tasse eccessive e arbitrarie.

I personaggi[modifica | modifica wikitesto]

  • Padron 'Ntoni: è capofamiglia, anziano e saggio pescatore. Si esprime spesso attraverso proverbi e vecchi detti. Ad esempio, secondo lui "Gli uomini sono come le dita di una mano: il dito grosso fa da dito grosso e il dito piccolo fa da dito piccolo".
  • Bastianazzo: figlio di Padron 'Ntoni e marito della Longa. Muore in viaggio con la Provvidenza mentre trasporta il carico di lupini.
  • 'Ntoni: è il nipote primogenito di padron 'Ntoni, ragazzo irrequieto e incapace di sopportare la difficile condizione della sua famiglia. Solo dopo la pena scontata in carcere e il dolore per la scoperta della fuga di sua sorella Lia, egli capisce a fondo quei tradizionali valori di attaccamento ed accettazione delle proprie origini, predicati dal suo nonno e identificabili nella vita di paese, rendendosi conto però di non poter ormai più far parte di quella vita.
    Ritratto di Verga
  • Luca: secondogenito di Bastianazzo e della Longa, è più responsabile di 'Ntoni e degli altri fratelli. Arruolato di leva, muore nel corso della battaglia di Lissa.
  • Maruzza: moglie di Bastianazzo, soprannominata la Longa. Dopo le due perdite rispettivamente del marito Bastianazzo e del figlio Luca, è la terza in casa Toscano a morire, quando, già fiacca ed indebolita dai lutti familiari, è colpita dal colera.
  • Mena: figlia di Bastianazzo, detta Sant'Agata, semplice, operosa, dedita alla famiglia. Inizialmente viene promessa sposa a Brasi Cipolla, ma dopo la rovina della famiglia il matrimonio non si può fare e decide di rinunciare anche all'amore per Alfio Mosca. Resta infine con il fratello Alessi e la cognata Nunziata ad occuparsi della riscattata Casa del Nespolo, a fare da mamma ai figli di Alessi e Nunziata e dunque simbolicamente a custodire i valori della famiglia e della tradizione, dei quali Verga ne fa la compiuta personificazione.
  • Alessi: fratello minore di 'Ntoni e Luca, per quanto all'inizio della storia meno maturo e responsabile di Luca, a cagione della sua età giovanissima, si presenta subito come maggiormente incline ad apprendere il sapere ancestrale di Padron 'Ntoni, dimostrando interesse per i suoi proverbi e per l'esperienza marinara dell'anziano. Toccherà ad Alessi il ruolo di "ponte" tra il passato idillico di Padron 'Ntoni e la modernità dei tempi post-unitari: da adulto sarà sposato con la vicina Nunziata e ricostruirà la famiglia Malavoglia assumendo il ruolo di patriarca del nonno e ricomprando la Casa del Nespolo, ma col ricordo delle sofferenze subite.
  • Lia: la più piccola della famiglia Malavoglia, "vanerella come il fratello" 'Ntoni, in seguito alla caduta in miseria e disgrazia della propria famiglia, perduta la reputazione e l'onore, emigrerà per diventare una prostituta, venendo così schiacciata dalla modernità che in qualche modo ha risparmiato Alessi, saldamente ancorato ai valori aviti.
  • Alfio Mosca: onesto lavoratore, è un carrettiere che possiede un asino e, in seguito, un mulo. Si innamora di Mena, che ricambia, ma i due non possono sposarsi perché Alfio è povero. Alfio tornerà ad Aci Trezza otto anni dopo la sua partenza, ma ancora Mena si opporrà a maritarsi con lui, sebbene i Malavoglia non siano più "padroni" e Alessi si sia sposato con la Nunziata.
  • Zio Crocifisso: detto anche "Campana di legno", è l'usuraio del paese, vecchio e avaro, protagonista di "negozi" e proprietario di barche e case. È zio della Vespa, con la quale si sposerà non per amore, ma per appropriarsi della sua chiusa; il matrimonio si rivelerà per lui un inferno, poiché la moglie dilapida in breve tempo il patrimonio da lui costruito in una vita interamente trascorsa ad accumulare denaro "soldo per soldo" e "togliendosi il pane dalla bocca".
  • Compare Agostino Piedipapera: sensale di pochi scrupoli, zoppo, immischiato nella vicenda del contrabbando. Si rende responsabile, assieme allo zio Crocifisso, della rovina economica dei Malavoglia, fingendo di acquistare il credito che Padron 'Ntoni deve al vecchio usuraio e poter così far uscire la famiglia dalla casa del nespolo.
  • La Locca: sorella dello zio Crocifisso, vedova, è una vecchia demente e fuori di senno, che vaga perennemente per il paese alla ricerca del figlio Menico, morto in mare sulla Provvidenza assieme a Bastianazzo ed al carico di lupini. È madre di un altro ragazzo che non viene mai nominato, e che è sempre chiamato "figlio della Locca". Dopo l'arresto di quest'ultimo, viene mandata all'ospedale dei poveri.
  • Turi Zuppiddu: vicino di casa dei Malavoglia, svolge il mestiere di calafato, cioè aggiusta le barche; sua moglie Comare Venera, a volte chiamata la Zuppidda (così come anche la figlia in un paio di circostanze), è la pettegola del paese; essi hanno una sola figlia, Barbara, con cui per un periodo 'Ntoni sembra potersi sposare, ma a causa delle sciagure che capitano ai Malavoglia l'opportunità sfuma, come anche quella del matrimonio della Mena con Brasi Cipolla.
  • Grazia Piedipapera: moglie di Tino Piedipapera; è una donna pettegola ma molto toccata e impietosita dalla sorte dei Malavoglia.
  • Cugina Anna: È cugina di Zio Crocifisso e amica dei Malavoglia; è rimasta vedova con tanti figli da crescere tra cui Rocco Spatu, che in seguito diventerà assiduo frequentatore dell'osteria.
  • Nunziata: altra vicina e amica dei Malavoglia, dopo la partenza di suo padre per Alessandria d'Egitto si è ritrovata sola a crescere i suoi fratellini, da grande sposerà Alessi.
  • La Santuzza: ostessa del paese, sarà lei la causa del litigio tra 'Ntoni e Don Michele, pur essendo l'amante di massaro Filippo. Suo padre, zio Santoro, sta sempre fuori all'osteria a chiedere l'elemosina.
  • Vanni Pizzuto: barbiere del paese, entrerà nel giro del contrabbando.
  • Don Franco: speziale del paese, rivoluzionario, nella sua bottega spesso avvengono discussioni in cui si parla di politica. Sua moglie viene chiamata La Signora.
  • Massaro Filippo: assiduo frequentatore dell'osteria, ha una relazione con la Santuzza.
  • Mariano Cinghialenta: carrettiere, assiduo frequentatore dell'osteria, entrerà nel giro del contrabbando.
  • Rocco Spatu: figlio maggiore della cugina Anna, assiduo frequentatore dell'osteria, quasi sempre ubriaco; entrerà nel giro del contrabbando.
  • Don Michele: brigadiere del paese, assiduo frequentatore dell'osteria, verrà cacciato e poi richiamato dall'osteria dalla Santuzza e per questo motivo verrà accoltellato da 'Ntoni durante una retata anti-contrabbando.
  • Mastro Croce Callá: sindaco del paese, comandato da sua figlia Betta.
  • Compare Mangiacarrubbe: pescatore, frequentatore dell'osteria. Ha una figlia, la Mangiacarrubbe, che sta sempre alla finestra ad aspettare un marito.
  • Don Giammaria: sacerdote del paese, ha una sorella, Donna Rosolina, che abita con lui.
  • Don Silvestro: segretario comunale del paese; è lui che praticamente esercita il potere al posto del sindaco.
  • Mastro Cirino: sagrestano, inserviente comunale, portalettere e calzolaio del paese.
  • Padron Fortunato Cipolla: ricco del paese, proprietario di numerose vigne e terreni e anche di una barca. Ha un figlio bietolone, Brasi, che vuole far sposare con Mena Malavoglia, ma dopo la morte di Luca l'affare salta.
  • Don Ciccio: medico del paese.
  • Zio Cola: pescatore e proprietario di una barca.
  • Barabba: pescatore che lavora sulla barca di Padron Fortunato Cipolla.
  • Peppi Naso: macellaio del paese, molto ricco.
  • Avvocato Scipioni: avvocato a cui si rivolgono i Malavoglia per la questione della casa del nespolo; è anche l'avvocato difensore di 'Ntoni durante il processo per la coltellata a Don Michele.
  • La Vespa: nipote dello Zio Crocifisso, che in seguito sposerà.

La visione pessimistica[modifica | modifica wikitesto]

L'autore sottolinea come le disgrazie si succedano l'una dopo l'altra fino ad affondare le sorti di una famiglia intera, che non può fare altro che subirle con rassegnazione. Quella in questione è una famiglia di tipo patriarcale con due capisaldi: Padron ‘Ntoni e l'imbarcazione "La Provvidenza".

Il primo è il senex, il galantuomo, custode della saggezza; si ricordino, a tal proposito, i tantissimi proverbi sciorinati in ogni momento. È possibile ipotizzare che l'autore, attraverso queste manifestazioni della cultura del popolo, esprima il proprio giudizio e le proprie opinioni: egli comunica con il lettore attraverso i detti e le sentenze.

La seconda, la barca, è la fonte di guadagno, simbolo della vita: in essa sono racchiuse le speranze di una buona pesca e quindi della sopravvivenza. Il nome beneaugurante si tramuta poi, con amara ironia, nel simbolo della condizione infelice della famiglia.

Temi principali[modifica | modifica wikitesto]

I temi principali sono gli affetti familiari e le prime irrequietudini per il benessere (cfr. Prefazione). Come anticipato nella novella Fantasticheria, emerge il cosiddetto ideale dell'ostrica: così come le ostriche, se staccate dallo scoglio che consente loro di sopravvivere, muoiono, così i personaggi, allontanandosi dal modello di vita consueto per migliorare le proprie condizioni, finiscono per soccombere (come 'Ntoni e Lia). Soltanto quelli che si adattano alla loro condizione possono salvarsi (è il caso di Alessi e di Mena).

La famiglia[modifica | modifica wikitesto]

Giovanni Verga torna più e più volte su un tema preciso: quello dell'attaccamento alla famiglia, al focolare domestico, alla casa; è facile comprendere, quindi, i sentimenti di amarezza e dolore di chi è costretto a vendere la propria abitazione per pagare i debiti di un affare sfortunato, come nel caso dei Malavoglia. Il bene della famiglia sembra il supremo valore: è questo il principale senso dell'ideale dell'ostrica. Per i Malavoglia la "roba" consiste nella Provvidenza e nella casa del nespolo. Quando entrambe si perdono, i membri della famiglia sentono di aver perduto le radici stesse della loro esistenza. Solo alla fine del romanzo, Alessi riesce a recuperare la casa e con essa il legame con il passato e gli affetti familiari.

L'economia[modifica | modifica wikitesto]

Giovanni Verga riprende più volte il discorso economico, anche nelle tragedie familiari. Quando, ad esempio, muore Bastianazzo, la prima ed ultima cosa che si dice è che la barca era carica di lupini: quindi il fattore economico è molto importante. Inoltre, Verga vuole sottolineare la differenza tra la malizia del popolo e la famiglia operosa. Difatti è il popolo a pensare che Padron 'Ntoni si preoccupi dei lupini, quando quest'ultimo è afflitto per il figlio. I Malavoglia per tutto il romanzo sono tesi a recuperare la condizione economica iniziale, o a migliorarla. L'economia del paese è chiusa e di tipo feudale: le classi sociali sono immobili e non è lasciata nessuna possibilità alla libera iniziativa, come dimostra l'investimento nei lupini avariati, semi della leguminosa Lupinus albus, diffusi e consumati nel catanese, coltivati e lavorati sulle colline che sovrastano Aci Trezza[7] e citati dallo stesso Verga anche nella novella La roba (Ei andava a vantare, per esempio, la fertilità di una tenuta la quale non produceva nemmeno lupini)[8].

Lo stile[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Tecnica narrativa di Giovanni Verga.

Nello stile di Verga bisogna ricordare la frequenza dei dialoghi. Mescolando il discorso diretto, quello indiretto e il discorso indiretto libero, Verga assume nella lingua italiana modi tipici del parlato siciliano, avvicinandovisi con intenti veristi. Questo stile narrativo ci permette di identificare i personaggi del romanzo come esseri profondamente legati al proprio paese e alla propria casa. Contemporaneamente, la coralità del parlato permette allo scrittore di non comparire mai in primo piano con i propri giudizi, lasciando campo libero alle interpretazioni proprie del lettore, posto di fronte ad un fatto oggettivo.[9]

I Malavoglia al cinema[modifica | modifica wikitesto]

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

  • I Vinti. I Malavoglia, Milano, Fratelli Treves, 1881.
  • I Malavoglia, con cronologia della vita di Verga e dei suoi tempi, introd., bibliografia e antologia critica, Collana Oscar settimanali n.13, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1965.
  • I grandi romanzi (I Malavoglia. Mastro-don Gesualdo, Prefazione di Riccardo Bacchelli. Testo e note a cura di Ferruccio Cecco e Carla Riccardi, Collana I Meridiani, Milano, Mondadori, 1972.
  • I Malavoglia, Cronologia, introd. e note di Giulio Carnazzi, con un saggio di Leo Spitzer, BUR, Milano, Rizzoli, 1978.
  • I Malavoglia, a cura di Carla Riccardi, Collana Oscar Narrativa n.180, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1981, ISBN 88-04-52519-3.
  • I Malavoglia, a cura di Tommaso Di Salvo, Bologna, Zanichelli, 1990, ISBN 978-88-080-6664-0.
  • Romanzi e Racconti, a cura di Enrico Ghidetti, vol. 2, I Malavoglia, Mastro-don Gesualdo 1888-1889, Il marito di Elena, Firenze, Sansoni, 1993.
  • I Malavoglia, Testo critico e commento di Ferruccio Cecco, Collana NUE n. 218, Torino, Einaudi, 1995, ISBN 978-88-061-2418-2.
  • I Malavoglia, con postfazione e a cura di Giuseppe Pontiggia, Milano, Frassinelli, 1997, ISBN 88-7684-442-2.
  • I Malavoglia, edizione critica a cura di Ferruccio Cecco, Collana Edizione Nazionale delle Opere di Giovanni Verga, Novara, Interlinea edizioni, 2014, ISBN 978-88-8212-900-2.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giovanni Verga: Opere, su treccani.it.
  2. ^ I Malavoglia nell'enciclopedia Treccani, su treccani.it.
  3. ^ Lettera di Verga a Salvatore Farina. URL consultato il 19 dicembre 2022.
  4. ^ Giovanni Verga, I malavoglia, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1965, pp. 7 - 9.
  5. ^ Mario Puppo, Manuale critico bibliografico per lo studio della letteratura italiana, Torino, Società Editrice Internazionale, 1968, p. 335 - 340.
  6. ^ I lupini dei Malavoglia, su scuolissima.com. URL consultato il 4 maggio 2023.
  7. ^ Acqua, ruote e mulini nella Terra di Aci.
  8. ^ Novelle rusticane - La Roba. G.B. Palumbo editore.
  9. ^ I Malavoglia - approfondimento, su treccani.it.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Silvia Iannello, Le immagini e le parole dei Malavoglia, Roma, Sovera, 2008.
  • Romano Luperini, Pessimismo e verismo in Giovanni Verga, Padova, Liviana Scolastica, 1968.
  • Romano Luperini, Verga moderno, Roma, Laterza, 2005.
  • Massimo Romano, Come leggere i Malavoglia di Giovanni Verga, Milano, Mursia, 1983.
  • Antonio Carrannante, Momenti di ottimismo nei 'Malavoglia' , "Otto/Novecento", 1985/5, pp. 221–230.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàBNF (FRcb12050535h (data)
  Portale Letteratura: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di letteratura