Ho messo i miei occhi nei vostri occhi

Papa Giovanni XXIII

"Ho messo i miei occhi nei vostri occhi" è il passaggio principale del discorso che papa Giovanni XXIII rivolse ai detenuti del Carcere di Regina Coeli durante la sua visita del 26 dicembre 1958.[1]

Eventi che precedettero la visita del Papa a Regina Coeli[modifica | modifica wikitesto]

Il 28 ottobre 1958, con grande sorpresa della maggior parte dei fedeli, il patriarca di Venezia, cardinale Angelo Roncalli fu eletto papa. Assunse il nome di Giovanni XXIII. Secondo alcuni analisti sarebbe stato scelto principalmente per l'età. Dopo il lungo pontificato del predecessore Pio XII, i cardinali avrebbero scelto un uomo che, per l'età avanzata e la modestia personale, si presumeva che fosse un papa di «transizione».[2]

Giunse inaspettato, invece, il suo calore umano, il buon umore e la gentilezza che conquistarono l'affetto di tutto il mondo cattolico e la stima dei non cattolici. Un tratto distintivo del suo pontificato furono i «fuori programma», spesso coinvolgenti.

Essi riempirono quel vuoto di contatto con il popolo che i precedenti pontefici avevano perseguito con una comunicazione distante e preservato in virtù di un ormai sorpassato ruolo immanentista e dogmatico. Per il primo Natale da papa, Giovanni XXIII visitò e benedisse i bambini malati dell'ospedale romano Bambin Gesù, alcuni dei quali furono talmente sorpresi che lo scambiarono per Babbo Natale. Fu la prima "uscita" del papa al di fuori delle mura della Città del Vaticano, che volle dedicare a un'opera di misericordia[3]

Il giorno successivo, memoria liturgica di Santo Stefano - come seconda opera di misericordia - visitò i carcerati nella prigione romana di Regina Coeli. Erano quasi novant'anni che un papa non si recava in un carcere.[1]

Contenuto del discorso[modifica | modifica wikitesto]

La visita di papa Giovanni XXIII, il 26 dicembre del 1958, fu un evento particolarmente speciale, coerente con l'impostazione innovatrice del suo pontificato[1].

Il papa celebrò la messa di Santo Stefano nella Rotonda del carcere - per l'occasione trasformata in cappelletta - chiedendo appositamente che un detenuto gli facesse da ministrante. Dopo la celebrazione, si rivolse a braccio ai detenuti con semplicità e con riferimenti che destarono sensazione per lo stile inconsueto.[1]

Roncalli iniziò ricordando un episodio della sua infanzia, quando un suo parente fu messo in carcere dai carabinieri per un reato di frodo. Ciò contribuì subito a farsi sentire dai reclusi come una figura in grado di capire i loro problemi.[4]

«Miei cari figlioli e miei cari fratelli, perché siamo nella casa del Padre. Anche se in questi giorni, questa circostanza esprime quanto nella casa del padre ci può essere di diverso e di penoso. Venendo qui da San Pietro mi sono rammentato della prima impressione che io ebbi da ragazzo quando uno dei miei buoni parenti, un giovinotto, era andato a caccia senza licenza: fu preso dai carabinieri e messo dentro. E tenuto dentro per un mese. Che impressione la vista, la prima vista – forse – dei carabinieri, allora! E poi, quel poveretto in prigione! E la fantasia, la piccola fantasia come lavorava! Ma, nel piccolo, come si elaborava anche la preparazione alla visione di questo fenomeno che accade nella vita. In una vita bene ordinata ci sono delle leggi, delle prescrizioni che, naturalmente, hanno una sanzione. E chi ci capita sotto, può essere l'intenzione sua, nel capitarci, non cattiva, ma le deve subire.»

Proseguì con le due frasi principali del suo discorso, che confermarono pienamente la vicinanza del papa verso gli afflitti dalla pena carceraria e il suo intento di contrassegnare di opere di misericordia il suo pontificato.[4]

«Dunque, eccoci qua. Son venuto. M'avete veduto. Io ho messo i miei occhi nei vostri occhi. Ho messo il cuor mio vicino al vostro cuore. Questo incontro, siate pur sicuri che resterà profondo nella mia anima. E' al principio dell'anno nuovo – direi – del primo anno di quello chiamato “il mio pontificato” e ho ben piacere che sia proprio un'opera di misericordia. A seguito di queste parole vi do una benedizione perché ancora è il segno, è il simbolo, di quello che il Signore ci ha dato attraverso il Suo sacramento d'amore. E vorrei che fosse un incoraggiamento per tutti quanti

Dopo la benedizione, Roncalli chiese ai detenuti di mettere al corrente i familiari della sua visita.[4]

«Poi, la preghiera che vi faccio, l'ultima. La prima lettera che scrivete adesso a casa vostra deve portare la notizia che il Papa è venuto in mezzo a voi e che vi promette che s'impegna a fare speciali intenzioni per ciascuno di loro, le vostre mogli, le vostre sorelle...

Le parole del papa suscitarono una reazione incredibile da parte dei detenuti. Gli applausi e le grida, gli impedirono di terminare il discorso. Il papa fu letteralmente acclamato. Non si era mai vista una situazione simile in un luogo di reclusione.[5]

Il passaggio di Giovanni XXIII nei corridoi di Regina Coeli

Il papa chiese allora che gli fossero aperti i cancelli a pianterreno del carcere per poterlo visitare anche all'interno, nei corridoi. Simbolicamente intendeva in tal modo attraversare tutti i luoghi di detenzione.

I reclusi avevano ricevuto l'ordine di rimanere sugli attenti a fianco alle porte delle rispettive celle, ma al passaggio del pontefice uno di essi, condannato per gravi crimini, inaspettatamente gli si gettò piangente ai piedi. Il detenuto lo guardò con occhi arrossati dal pianto e gli domandò: «Le parole di speranza che lei ha pronunciato valgono anche per me, che sono un grande peccatore?». Il papa non rispose. Si chinò sull’uomo, lo sollevò, lo abbracciò e lo strinse a lungo a sé.[5]

Dopo aver visitato anche l’infermeria, Roncalli volle essere ritratto in mezzo ai detenuti. L’episodio che lo colpì maggiormente però lo apprese una volta varcato il portone del penitenziario. Trecento detenuti, chiusi nelle celle di rigore perché considerati pericolosi, non avevano potuto vederlo. Volle allora inviare a ciascuno di essi un’immagine assicurando loro che non li avrebbe dimenticati nelle sue preghiere.[5]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Marco Roncalli, Papa Giovanni il Santo, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2014, pp. 206-207
  2. ^ Claudio Rendina, op. cit., p. 802. Cfr. anche: Loris F. Capovilla, Giovanni XXIII, papa di transizione, Storia e letterature, 1979.
  3. ^ Marco Roncalli, cit., pp. 205-206
  4. ^ a b c Giovanni XXIII (La voce del Papa)
  5. ^ a b c Il Messaggero, 27 dicembre 1958

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • L. F. Capovilla, I miei anni con Papa Giovanni. Conversazione con Ezio Bolis, Rizzoli 2013.
  • Giovanni XXIII nel ricordo del segretario Loris Francesco Capovilla, intervista di Marco Roncalli, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1994.
  • L. F. Capovilla, Papa Giovanni segno dei tempi, Ed. Paoline, Roma 1967.
  • L. Bizzarri, Giovanni XXIII. Il Papa Buono, Edizioni RAI - ERI, Roma 2000.
  • Nazareno Fabbretti, La storia di Papa Giovanni, Ed. Mursia, Milano 1967.

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