Giuseppe Bernardino Bison

Ritratto di Giuseppe Bernardino Bison (Giuseppe Tominz, 1830).

Giuseppe Bernardino Bison (Palmanova, 16 giugno 1762Milano, 24 agosto 1844) è stato un pittore italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Giuseppe Bernardino Bison (o Bisson)[1] nasce a Palmanova nel 1762. Dopo il trasferimento con la famiglia a Brescia studia disegno presso il pittore Gerolamo Romani, per poi trasferirsi, sempre con la famiglia, a Venezia. Nella città lagunare studia con il professore di figura Costantino Sedini (Cedini).

A Venezia stringe amicizia con l'architetto Giannantonio Selva, tanto da seguirlo nel 1787 a Ferrara e ricevere l'incarico di decorare palazzo Bottoni.[2] Nello stesso anno Giuseppe Bernardino Bison è documentato anche a Padova al seguito dello scenografo Antonio Mauro[3], dal quale mutuerà l'interesse per le architetture classiche dipinte da Antonio Visentini e con il quale collabora alla realizzazione del teatro dei marchesi Obizzi[2] che nel 1790 gli commissionano alcune decorazioni per il castello del Catajo di Battaglia Terme, presso Padova. Sempre in Padova è documentata nel, 1792, la decorazione di Palazzo Maffetti-Manzoni in cui ormai si affermerà l'aderenza ad un repertorio classicista contaminato da reminiscenze settecentesche e, dopo il 1793, sarà operativo nel trevigiano, ove affrescherà la volta della chiesa di Sant'Andrea a Venegazzù, l'oratorio di villa Bragadin a Ceggia e le decorazioni nelle ville, Raspi di Lancenigo e Spineda a Breda di Piave.[2]

Tra il 1798 e il 1800 collaborerà con il Selva alle decorazioni nelle opere da lui progettate o ristrutturate: nel Casino Soderini a Treviso, ove dipinge il Carro del Sole, e successivamente a Venezia con gli affreschi in Palazzo Dolfin Manin.[2]

A Trieste Bernardino Bison si avvantaggerà dell'amicizia con Matteo Pertsch e lo scultore Antonio Bosa, collaborando alle decorazioni di Palazzo Carciotti e Palazzo della Borsa, nel 1811-16 affresca la cupola della Chiesa di Santa Maria Maggiore con i Quattro Evangelisti e finte architetture[4]. Nel 1811 lo ritroviamo a Zara, nel Palazzo del Governatore, a Vipacco e a Gorizia (l'interno e il sipario del Teatro sociale), con opere oggi perdute. È questo il periodo in cui conseguirà una posizione che non tardò a tradursi in un notevole successo di mercato e il maestro, in seguito alle richieste, moltiplicò la produzione di dipinti, dando vita a molti generi. Il mercato collezionistico, e particolarmente quello triestino, mostrava apprezzamento per i paesaggi e i capricci, dove Bison metteva a frutto le sue indubbie doti di scenografo trovando una quantità di temi, facilmente accessibili per il prezzo non elevato giustificato anche dal formato da cavalletto delle opere.[2]

Nel 1831, a sessantanove anni, Giuseppe Bernardino Bison si trasferirà prima a Brescia e poi definitivamente a Milano, dove si dedicherà a piccoli lavori che non avranno grande successo, anche per l'affermarsi della "pittura romantica di storia".[2] Morirà a Milano nel 1844.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Giuseppe Bernardino Bison: pittore e disegnatore, (Catalogo della Mostra tenuta a Udine nel 1997-1998), a cura di Giuseppe Bergamini, Fabrizio Magani, Giuseppe Pavanello, Milano, Skira, 1997, p.63.
  2. ^ a b c d e f Miklós Boskovits, Giorgio Fossaluzza, p. 242.
  3. ^ Lucia Casellato, MAURI (Mauro), in Dizionario biografico degli italiani, vol. 72, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2008.
  4. ^ Sito ufficiale della Treccani

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Aldo Rizzi, Disegni del Bison, Del Bianco, Udine 1976.
  • Miklós Boskovits, Giorgio Fossaluzza, La collezione Cagnola. I dipinti, Busto Arsizio, Nomos Edizioni, 1998.
  • L. Wolk-Simon, Giuseppe Bernardino Bison, pittore e disegnatore (recensione), in Master drawings, nº 38, 2000.
  • E. Del Bianco, Giuseppe Bernardino Bison ed Eduard de Heinrich nella collezione d'arte di Nicolò Bottacin, Bollettino del Museo Civico di Padova, nº 90, 2001.
  • F. Pedrocco, Il Settecento a Venezia, i Vedutisti, Milano, 2001.
  • Il Museo Civico d'Arte di Pordenone, a cura di G. Ganzer, Vicenza, 2001.
  • Da Tintoretto a Bison: disegni del Museo d'Arte, secoli XVI-XVIII, a cura di F. Pellegrini, Padova, 2005.
  • G. Pavanello, A. Craievich, D. D'Anza, Giuseppe Bernardino Bison, Trieste, 2012.
  • Daniele D'Anza (a cura di), Giuseppe Bernardino Bison, un pittore dalla fantasia inesauribile nella Trieste neoclassica, Venezia, Marsilio, 2013, p. 64, ISBN 978-88-317-1689-5.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN32816514 · ISNI (EN0000 0000 6676 3941 · SBN LO1V136716 · BAV 495/63102 · CERL cnp00559327 · Europeana agent/base/5681 · ULAN (EN500002607 · LCCN (ENn94049607 · GND (DE120008793 · BNF (FRcb14969829m (data) · CONOR.SI (SL129263459 · WorldCat Identities (ENlccn-n94049607