Gino Galuppini

Gino Galuppini
NascitaBologna, 27 dicembre 1914
MorteRoma, 16 ottobre 2010
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Regno d'Italia
Bandiera dell'Italia Repubblica Italiana
Forza armata Regia Marina
Marina Militare
Corpogenio navale
Gradoammiraglio ispettore
GuerreSeconda guerra mondiale
Guerra fredda
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Gino Galuppini (Bologna, 27 dicembre 1914Roma, 16 ottobre 2010) è stato un ammiraglio e storico italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Diplomatosi presso l'Istituto tecnico per geometri nel 1933, due anni dopo consegue la maturità scientifica e, nell’agosto 1935[1], entra nella Regia accademia navale di Livorno col corso “Pirati” per il ruolo normale del Corpo del genio navale, divenendo capocorso al termine del primo anno e mantenendo tale posto sino ad uscirne nel 1938 col grado di aspirante. Nel 1939 è promosso sottotenente[2] e imbarca per quattro mesi sul Conte di Cavour, per poi essere destinato all’Università di Genova, dove consegue la laurea in ingegneria navale.

Nominato tenente del genio e imbarcato sul Bartolomeo Colleoni, dichiarata l’Italia la guerra a Francia e Gran Bretagna, partecipò alla battaglia di Capo Spada del 19 luglio 1940; sopravvissuto ai colpi d’artiglieria alle motrici da parte dell'incrociatore australiano HMAS Sydney, che avevano immobilizzato il Colleoni, successivamente affondato dai siluri delle cacciatorpediniere britanniche HMS Ilex e HMS Hyperion,[1][3] naufrago, venne tratto in salvo da quest’ultima, quindi fatto prigioniero dagli inglesi i quali lo condussero, assieme ad altri superstiti, inizialmente presso la Caserma Mustafà di Alessandria (Mustapha Barracks), in Egitto, per poi essere trasferito in cattività in un campo ancora in costruzione nella località di Geneifa, una zona desertica nei pressi del Grande Lago Amaro,[4][5] penultima stazione della ferrovia Alessandria-Suez. Imbarcato assieme ad altri prigionieri il 23 agosto 1940 sul piroscafo Rajula, giunse a Bombay, in India e da qui fu dapprima destinato al Central Internment Camp[6] di Ahmednagar,[7][8] trasferito poi al POW Camp di Ramgarh[9][10], presso il quale fu responsabile del servizio mensa,[11] e infine al campo n. 28 – ala 2, di Yol,[12][13] alle pendici dell’Himalaya, dove svolse la mansione di ”ufficiale pagatore”,[14] fu infine rimpatriato tra il settembre 1944 e il gennaio 1945,[12] coi “collaboratori[15] fedeli al cosiddetto Regno del Sud.

Dopo il conflitto insegnò all'Accademia navale assolvendo poi a diversi incarichi presso il Comando NATO del Mediterraneo (Hedquarters Allied Forces Mediterranean – HAFMED) a Floriana, sull'isola di Malta. Collezionista ed appassionato di uniformologia, destinato all’Ufficio storico della Marina, del quale divenne il decano, fu autore di numerosi articoli e libri a carattere storico, scientifico, tecnico e divulgativo sulle varie tipologie di navi (militari e mercantili) nonché sulla storia della Regia e della Marina militare italiana.[1][16]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Premi[modifica | modifica wikitesto]

Premio "Una vita dedicata al mare”" - nastrino per uniforme ordinaria
Premio "Una vita dedicata al mare”"

Opere[modifica | modifica wikitesto]

In ordine cronologico per anno di pubblicazione (parziale e incompleta):

  • L’Arsenale di La Spezia nel centenario della sua inaugurazione, in Rivista Marittima, luglio-agosto 1969, pp. 7-92.
  • Il Ministero della Marina, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 1970.
  • Gino Galuppini, La portaerei: storia tecnica e immagini dalle origini alla portaerei atomica, Roma, Arnoldo Mondadori Editore, 1979.
  • L’Accademia Navale 1881-1981, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 1981.
  • Guida alle navi d'Italia dal 1861 a oggi, Milano, A. Mondadori, 1982.
  • Lo Schnorchel italiano, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 1986.
  • La Banda musicale della Marina militare, in Bollettino d'archivio dell'Ufficio storico della Marina Militare, dicembre 1993, pp. 93-120.
  • Gli Ufficiali di Stato Maggiore, in Rivista Marittima,   maggio 1997, pp. 75-84.
  • Le uniformi della Marina militare, i 2 voll. (1919-1995), Roma, Ufficio storico della Marina militare, 1999.
  • Storie di una marina che non c'è più, 2 voll., Roma, Ufficio storico della Marina militare, 2000.
  • Collana Militaria: storia, battaglie, armate, vol. 10 – Sommergibili, corazzate e altre navi da guerra dal 1914 a oggi, Il Giornale, 2006.
  • Come furono fatti i primi prigionieri della guerra 1940-1943, in Il secondo Risorgimento d'Italia, gennaio 2008, pp. 43-49.
  • La forza aerea della Regia Marina, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 2010.

In lingua tedesca[modifica | modifica wikitesto]

  • Weltenzyklopädie der Schiffe I. Kriegsschiffe von den Anfängen bis heute, Monaco di Baviera, Südwest Verlag, 1991, ISBN 978-3-517-00852-3.
  • Weltenzyklopädie der Schiffe II. Handels- und Passagierschiffe von den Anfängen bis heute, Monaco di Baviera, Südwest Verlag, 1991, ISBN 978-3-517-01077-9.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Francesco Loriga, Una icona della storia marinara. Ricordo dell'Ammiraglio Galuppini “decano” dell'Ufficio storico (PDF), in Notiziario della Marina, ottobre 2010, pp. 46-47.
  2. ^ Annuario ufficiale delle forze armate del Regno d'Italia. II, Regia Marina, Ministero della marina, 1939.
  3. ^ Cfr. in Lorenzo Colombo, Bartolomeo Colleoni, in Con la pelle appesa a un chiodo, 23 luglio 2015.
  4. ^ Cfr. in Gino Galuppini, La visita del capitano Zammit, in Rassegna della ANRP, settembre-novembre 2007, p. 15.
  5. ^ Gino Galuppini, Prigioniero a Yol, India. URL consultato il 7 gennaio 2021.
  6. ^ Gino Galuppini, Come furono catturati i primi prigionieri della guerra 1940-43 (PDF), in Rassegna della ANRP, giugno-agosto 2009, pp. 19-21.
  7. ^ Cfr. in Gino Galuppini, Il condor in picchiata, in Rassegna della ANRP, giugno-luglio 2007, pp. 16-17.
  8. ^ Cfr. in Gino Galuppini, Il P.O.W. Nº 10, in ANRP, settembre-dicembre 2010, pp. 17-18.
  9. ^ Cfr. in Gino Galuppini, La fotografia “per la famiglia”, in Rassegna della ANRP, gennaio-marzo 2009, pp. 15-16.
  10. ^ Cfr. in Gino Galuppini, La prigionia “a lieto fine, in Rassegna della ANRP, agosto-ottobre 2008, p 10.
  11. ^ Cfr. in Gino Galuppini, La visita dell’ispettore della CRI, in Rassegna della ANRP, novembre-dicembre 2008, p. 22.
  12. ^ a b Cfr. in Gino Galuppini, Come furono fatti i primi prigionieri della guerra 1940-1943, in Il secondo Risorgimento d'Italia, gennaio 2008, pp. 43-49.
  13. ^ Gino Galuppini, Il rimpatrio dei prigionieri non combattenti (PDF), in Rassegna della ANRP, gennaio-febbraio 2010, pp. 16-17.
  14. ^ Cfr. in Gino Galuppini, Token Money, in Rassegna della ANRP, settembre-novembre 2009, pp. 26-27.
  15. ^ Gino Galuppini, La cattura di un generale (PDF), in Rassegna della ANRP, marzo-aprile-maggio 2010.
  16. ^ Piero Del Negro, Guida alla storia militare italiana, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1997, ISBN 9788881144778, OCLC 654700682.
  17. ^ Commendatore Ordine al merito della Repubblica Italiana Galuppini Amm. Isp. Gino, su quirinale.it. URL consultato il 6 gennaio 2021.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]