Gian Battista Speri

Gian (o Giovanni) Battista Speri (Montirone, 17871844) è stato un restauratore e pittore italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Inizialmente praticò la professione di sarto. La sua carriera e fortuna artistica è da attribuirsi soprattutto alla famiglia nobile dei Lechi, in particolare al generale Teodoro, che nel suo comune di nascita, Montirone, possedeva un'elegante dimora, palazzo Lechi[1]. Speri infatti si occupò delle opere e della galleria personale del conte.

Si sposò a Brescia nel duomo[quale dei due?] il 31 gennaio 1824 con l'allora ventiquattrenne Angela Tòrtima e dal loro matrimonio nacque il futuro patriota italiano Tito Speri.

Attorno all'età di trentacinque anni cominciò la sua attività di restauratore di affreschi e a trasporre su tela affreschi murali: è infatti documentata la sua attività a Lodi per rimuovere un fregio di Callisto Piazza, nel 1833, ed anche un'opera di Lattanzio Gambara su commissione sempre del conte Lechi[2]; la pubblicazione dei Commentari dell'Ateneo di Brescia testimonia, inoltre, come Speri si adoperò per trasporre su tela alcune opere del Gambara[3] e con una di esse[4] nel 1834 giunse a classificarsi secondo al concorso indetto dall'Ateneo, avendo operato "in modo migliore dei fin qui conosciuti"[5][6].

Lavorò anche su alcune opere del Moretto presso la chiesa di San Clemente a Brescia in occasione dei rinnovamenti dell'edificio voluti dai frati domenicani che abitavano nell'abbazia annessa. Formatasi un'apposita commissione nel 1837, ebbe modo di lavorare con artisti come Rodolfo Vantini e Luigi Basiletti[1].

L'apice della sua carriera fu raggiunto grazie ai servigi resi a Federico Guglielmo IV di Prussia, quando – riporta la Gazzetta privilegiata di Milano del 1843 – strappò dai muri di casa Silva a Milano alcuni affreschi di Giulio Romano e di Bernardino Luini, trasportati infine a Berlino.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Costanzo Gatta, Battista Speri, il padre dell'eroe bresciano faceva il restauratore e pittore, su stilearte.it, 27 ottobre 2015. URL consultato il 20 aprile 2020.
  2. ^ Carlo Porro, Belle arti, in Davide Bertolotti (a cura di), Sul trasporto de' freschi, Il Nuovo Ricoglitore, anno IX, parte seconda, n. 108, Milano, Antonio Fortunato Stella e figli, dicembre 1833, p. 820, OCLC 956088989, SBN IT\ICCU\TO0\0190280. URL consultato il 20 aprile 2020. Ospitato su Google Libri.
  3. ^ Ateneo di Brescia (a cura di), Belle arti. Arti e mestieri (PDF), in Il Serpente innalzato da Mosè nel deserto. Dipinto a fresco di Lattanzio Gambara nel convento di sant'Eufemia. Ridotto in tela da Giambatista Speri di Brescia, Commentari dell'Ateneo di Brescia, per l'anno accademico 1829, Brescia, Per Nicolò Bettoni, 1830, pp. 209-212.
  4. ^ Ateneo di Brescia (a cura di), Arti e manifatture (PDF), in A-fresco di Lattanzio Gambara recato dal muro sulla tela con nuovo metodo da Giovambatista Speri di Brescia, Commentari dell'Ateneo di Brescia, per l'anno accademico 1834, Brescia, Per Nicolò Bettoni e comp., 1835, pp. 215-217, OCLC 945389924, SBN IT\ICCU\LO1\0016748.
  5. ^ Giuseppe Saleri e Cesare Arici, Arti e manifatture, in Ateneo di Brescia (a cura di), Sessione della censura. Brescia, li 30 Agosto 1934[collegamento interrotto], Commentari dell'Ateneo di Brescia, per l'anno accademico 1834, Brescia, Per Nicolò Bettoni e comp., 1835, pp. 223-225, OCLC 945389924, SBN IT\ICCU\LO1\0016748.
  6. ^ Poligrafo. Giornale di scienze lettere ed arti, nuova serie, vol. 3, Verona, Tipografia Poligrafica di Giuseppe Antonelli, 1834, p. 269. URL consultato il 20 aprile 2020. Ospitato su Google Libri.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]