Genio (filosofia)

Per genio, dal latino genius, sostantivo derivato dal verbo geno ("generare", "creare"), quindi "forza naturale produttrice"[1], si intende quella speciale attitudine naturale atta a produrre opere di importante rilevanza artistica, scientifica, etica o sociale. Tale disposizione naturale può anche essere portata alla luce con l'educazione, ma difficilmente può essere trasmessa ad altri (i figli o i discepoli dei geni molto raramente eguagliano i padri o i maestri). Il termine genio può anche genericamente indicare la persona stessa in possesso di tale eccezionale abilità.[2]

Il genio è una caratteristica di intuizione originale ed eccezionale nell'esecuzione di un'arte o un'impresa che supera le aspettative, stabilisce nuovi standard per lavori futuri, stabilisce metodi operativi migliori o rimane al di fuori delle capacità dei concorrenti. È associato all'abilità intellettuale e alla produttività creativa.

Non esiste una definizione scientificamente precisa di un genio. Il termine è anche definito come l'abilità eccezionale stessa. In questo senso della parola, a volte il genio è associato al talento, ma alcuni autori distinguono sistematicamente questi termini. Walter Isaacson, biografo di molti noti geni, spiega che sebbene l'elevata intelligenza possa essere un prerequisito, il tratto più comune che definisce effettivamente un genio può essere la straordinaria capacità di applicare la creatività e il pensiero immaginativo in molte situazioni.[3]

Storia della parola[modifica | modifica wikitesto]

Nel corso dei secoli, la parola genio ha assunto significati e valenze molto diverse.[4]

In latino genium ha la medesima radice di ingenium, ingegno appunto, ovvero acutezza d'intelletto, a cui si contrappone invece lo studium, le capacità acquisite con un impegno lungo e laborioso.

Nel Rinascimento il genio è chi, dotato di "multiforme ingegno", giganteggia sul resto dell'umanità per le sue capacità insieme artistiche e scientifiche. Tipica la figura di Leonardo da Vinci, prototipo dell'intelligenza geniale.

Nei secoli XVII e XVIII, l'ammirazione e stupefazione per le scoperte scientifiche fa sì che si torni ad intendere il genio come nell'accezione rinascimentale, per cui il termine si associa a campi del sapere, genio scientifico, matematico, filosofico ecc. non più attinenti a quello specificatamente artistico che sottolineavano in passato la spontaneità del creatore:

(LA)

«poeta nascitur»

(IT)

«poeta si nasce»

Nella definizione e nell'esaltazione del genio si sono succedute, nel corso delle epoche storiche, varianti e forme diverse: se i più moderati si rivelarono i pensatori razionali illuministi, nel periodo romantico si accostò il genio al 'divino'. Se gli Inglesi del Settecento diffidano soprattutto della libertà del genio e quindi tendono a disciplinarlo perché non deve prescindere interamente dalle regole, in Germania si arriva alla religione del genio e Wieland definisce il genio sia un angelo sia un demone[5], mentre Lessing lo accosta alla natura in continuo atto di perfettibilità.

La concezione del genio in Kant[modifica | modifica wikitesto]

Immanuel Kant

Immanuel Kant elabora la sua concezione del genio nell'opera Critica del Giudizio, ma già precedentemente, in appunti personali e lezioni universitarie in cui discuteva in particolare le teorie dello Essay on Genius (1774) di Alexander Gerard[6][7][8], aveva osservato come nel campo della ricerca scientifica la scoperta d'importanti verità scientifiche non possa essere attribuita al genio, ma sia opera di una «mente spesso grande». Nella scienza, infatti, la scoperta o invenzione, come la chiama Kant, è il risultato di un metodo, scoperto o inventato certamente da una grande mente, ma che può essere insegnato e quindi appreso e imitato.

L'imitazione, però, non ha niente a che fare con la produzione artistica geniale che non segue metodi o regole scientifici, ma si fonda su regole che provengono dalla natura:

«Il genio è il talento (dono naturale) che dà la regola all'arte. Poiché il talento, come facoltà produttiva innata dell'artista, appartiene esso stesso alla natura, ci si potrebbe esprimere anche così: il genio è la disposizione innata dell'animo (ingenium), mediante la quale la natura dà la regola all'arte[9]

L'artista, proprio in quanto genio e non scienziato, non sa che cosa l'ha portato a creare la sua opera:

«...nessun Omero, nessun Wieland può mostrar come facciano a sorger ed a comporsi nel suo cervello le sue idee, ricche sia di fantasia che di pensiero; perché, non sapendolo egli stesso, neppure può insegnarlo ad altri[10]

Nell'arte bella, osserva Kant, non ci sono regole e imitatori, o meglio le regole sono nella natura stessa dell'artista, nelle sue capacità innate che agiscono spontaneamente, al contrario dell'arte meccanica, che produce la sua opera dopo un lavoro d'insegnamento e apprendimento.

L'artista geniale è colui che può costituire con la sua opera il modello a cui ispirarsi per altri in cui il genio è latente o, addirittura, la formazione di una scuola, non d'imitatori, ma di artisti originali e spontanei che seguano il suo esempio di capostipite della corrente artistica (esemplarità del genio):

«...i prodotti del genio devono essere anche modelli, cioè esemplari; quindi, senza essere essi stessi frutto di imitazione, devono servire a tal scopo per gli altri, cioè come misura o regola del giudizio[11]

L'originalità dell'arte quindi si deve sempre accompagnare a queste regole non scritte, altrimenti si cadrebbe nella stravaganza e nel capriccio.

Per questo, Kant sostiene che il genio è la felice sintesi di immaginazione e intelletto, di spontaneità e regole non scritte, per cui l'artista gode di un'assoluta libertà creativa dove l'intelletto è presente ma non più come costrizione razionale, come avviene nel campo della conoscenza, ma come capacità di realizzare l'opera secondo il proprio naturale gusto estetico.

Per questo, l'opera d'arte è insieme la sintesi di necessità e libertà. Per quanto libera e geniale sia infatti l'ispirazione dell'artista, egli dovrà tuttavia fare i conti con le rigide regole del mondo della natura. Per quanto libera sia la sua ispirazione ed originale sia il materiale da lui usato per creare l'opera, esso tuttavia dovrà pur sempre rispondere al rigido meccanicismo delle leggi della natura[12].

Il genio nella filosofia post-kantiana[modifica | modifica wikitesto]

Friedrich Schelling

In Friedrich Schelling l'arte del genio è la suprema forma del sapere, capace di cogliere spontaneamente l'Assoluto nella sua "unità indifferenziata" di Natura e Spirito. Nella sua opera giovanile più famosa, il Sistema dell'idealismo trascendentale, l'arte è addirittura collocata al culmine del suo sistema filosofico come punto di fusione di Natura e Ragione: per questo l'Idealismo di Schelling sarà detto estetico. Nel suo pensiero più maturo, già a partire dalle lezioni sulla Filosofia dell'arte (1802) o sul Metodo degli studi accademici (1803), essa viene però ricondotta al disotto della Filosofia, che ne comprende razionalmente la funzione sintetica.

Georg Hegel

Il genio, l'immaginazione, la spontaneità vengono liquidate da Hegel come "romantiche fantasticherie"; solo le competenze tecniche e un bagaglio di esperienze ed emozioni intellettualmente governate, rendono l'opera veramente artistica. Hegel distingue tra genio e talento. Quest'ultimo sarebbe la capacità tecnica che si esprime in un particolare campo; quello che comunemente si dice "bravura" e, mentre il genio si accompagna sempre al talento, questi può essere presente anche da solo[13]

Arthur Schopenhauer

Per Arthur Schopenhauer, il genio è la "direzione oggettiva dello spirito" e contempla le idee prodotte dalla volontà; l'accesso alla volontà è dunque mediato e indiretto nelle arti inferiori rispetto alla musica, mentre con la musica il genio diventa l'espressione immediata della volontà ideale; ci sono senza dubbio analogie, ma anche differenze tra il genio e il folle[14], il quale dimentica il suo corpo abbandonandosi a una sorta di delirio estetico, che gli permette di cogliere, sia pure brevemente, la noluntas, di dimenticare la volontà di vivere.

Friedrich Nietzsche

Per Friedrich Nietzsche, il tema della genialità artistica coincide con l'origine dell'apollineo, che permette all'uomo di superare la noia e il disgusto per la vita quotidiana. Il genio, che nasce da una visione apollinea, porta ad un'esperienza dionisiaca, non distruttiva della negatività dell'esistenza ma ad una volontà positiva di costruzione individuale. Ci si può riconciliare con la vita, con una sorta di sublimazione dell'apollineo attraverso il genio che con la creatività trasforma la realtà umana in qualcosa di attraente e desiderabile. Il genio così trapassa dall'apollineo in un fenomeno dionisiaco.

«Nel genio dobbiamo riconoscere un fenomeno dionisiaco, il quale ci rivela ogni volta di nuovo il gioco di costruzione e distruzione del mondo individuale come l'efflusso di una gioia primordiale[15]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Dizionario etimologico
  2. ^ Enciclopedia Garzanti di Filosofia (1971) alla voce corrispondente.
  3. ^ (EN) Walter Isaacson, What Makes a Genius? The World's Greatest Minds Have One Thing in Common, su Time, 16 novembre 2017. URL consultato il 24 dicembre 2022.
  4. ^ Elena Dusi, Il genio è nei geni, in la Repubblica, 31 ottobre 2013, p. 39.
  5. ^ Le Muse, Novara, De Agostini, 1965, vol. 5, pagg. 198-199.
  6. ^ (EN) Paul Guyer, Gerard and Kant: Influence and Opposition, in Journal of Scottish Philosophy 9.1, 201 1, 59—93.
  7. ^ Piero Giordanetti, 1991, Kant e Gerard. Nota sulle fonti storiche della teoria kantiana del «genio», pp. 661-699.
  8. ^ (PT) Joãosinho Beckenkamp, Kant e Gerard sobre imaginação
  9. ^ Immanuel Kant, Critica del Giudizio, § 46, trad. it. di A. Bosi, Torino, UTET, 1993, p. 280
  10. ^ Immanuel Kant, Op. cit. § 47, p. 282
  11. ^ Immanuel Kant, Op. cit., § 45, p. 286
  12. ^ Piero Giordanetti, 2001, L'estetica fisiologica di Kant, pp. 222 e segg.
  13. ^ Georg Wilhelm Friedrich Hegel, La filosofia dello spirito di Giorgio G.F. Hegel, trad. it. di Alessandro Novelli, ed. F. Rossi-Romano, 1863, p. 67.
  14. ^ Ci sarebbe un legame tra genio e malattie mentali (Cesare Lombroso, Genio e follia in Claudia Mantovani, Rigenerare la società: l'eugenetica in Italia dalle origini ottocentesche agli anni Trenta, Rubbettino Editore, 2004, p. 47) come la schizofrenia e il disturbo bipolare (Vladimir Pavlovich Efroimson [1908–1989], The Genetics of Genius, 2002). Queste tesi sono state recentemente considerate insostenibili ( Federico Tulli, Genio è pazzia, mito da sfatare: «Non c'è nesso causale tra follia e creatività», su babylonpost.globalist.it, 21 novembre 2012. URL consultato il 4 settembre 2020 (archiviato dall'url originale il 25 aprile 2016).)
  15. ^ Friedrich Nietzsche, La nascita della tragedia.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Aa.Vv., Genio e creatività nella natura e nell'arte, a cura di Maddalena Mazzocut-Mis, Milano, Cuem, 2002.
  • (PT) Joãosinho Beckenkamp, Kant e Gerard sobre imaginação, in Studia Kantiana, n. 20, Rio de Janeiro, Sociedade Kant Brasileira, 2016, pp. 117-127, ISSN 2317-7462 (WC · ACNP).
  • (EN) Joyce E. Chaplin e Darrin M. McMahon (a cura di), Genealogies of Genius, Londra, Palgrave Macmillan, 2015, ISBN 978-1-137-49765-9.
  • Piero Giordanetti, Kant e Gerard. Nota sulle fonti storiche della teoria kantiana del «genio», in Rivista di storia della filosofia, vol. 46, n. 4, Milano, FrancoAngeli, 1991, pp. 661-699, ISSN 0393-2516 (WC · ACNP).
  • Piero Giordanetti, L'estetica fisiologica di Kant, in Morfologie, Sesto San Giovanni (MI), Mimesis Edizioni, 2001, ISBN 978-88-8483-042-5.
  • Piero Giordanetti, Etica, genio e sublime in Kant, in Morfologie, Sesto San Giovanni (MI), Mimesis Edizioni, 2012, ISBN 978-88-575-1016-3.
  • Paul Guyer, Gerard and Kant: Influence and Opposition, Journal of Scottish Philosophy 9.1, 2011, pp. 59-93.
  • Santi Lo Giudice, Il significato del genio in Nietzsche. Introduzione al lessico di Nietzsche, Roma, 1990, pp. 18 e segg.
  • Silva Oliva, János Bolyai. Uno sguardo psicoanalitico su genio matematico e follia, in Filosofie, Sesto San Giovanni (MI), Mimesis Edizioni, 2018, ISBN 978-88-575-4548-6.
  • Giorgio Tonelli, Primi sviluppi della teoria del genio in Kant (1770-1779), in id., Da Leibniz a Kant. Saggi sul pensiero del Settecento, Napoli, Prismi, 1987, pp. 181-234.

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