Gaio Flavio Fimbria

Gaio Flavio Fimbria (in latino Gaius Flavius Fimbria; ... – 84 a.C.) è stato un politico romano.

Partigiano di Mario[modifica | modifica wikitesto]

Fimbria era figlio di Gaio Flavio Fimbria, che fu console nel 104 a.C. assieme a Gaio Mario. Nell'87 a.C. Fimbria, in qualità di tribuno o di praefectus equitum, fu al comando del reparto di cavalleria che uccise, nell'ambito della guerra civile, il figlio maggiore di Publio Licinio Crasso, che era stato console nel 97 a.C. e padre del triumviro Crasso.[1] Il padre, disperato, si suicidò. Fimbria probabilmente mise a morte alcuni membri della gens Iulia.[2]

In Asia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Prima guerra mitridatica.

Fimbria venne mandato nella provincia romana d'Asia nell'86 a.C. come legato di Lucio Valerio Flacco, ma entrò in polemica con lui e venne congedato. Approfittando dell'assenza di Flacco, che era a Calcedonia, e del malcontento che la sua severità e avarizia avevano suscitato nelle truppe, Fimbria fece scoppiare una rivolta che portò alla morte di Flacco a Nicomedia. Lui stesso assunse poi il comando dell'esercito e ottenne diversi successi contro Mitridate VI, che fu gravemente sconfitto a Pitane, città sulla costa ionica, grazie all'aiuto della flotta di Lucullo.

Fimbria trattò con grande crudeltà i popoli dell'Asia che si erano ribellati a Roma o che si schierarono più tardi con Silla. A Ilio riuscì a entrare in città con un pretesto e massacrò gli abitanti incendiando infine la città, ma nell'84 a.C. Silla passò in Asia dalla Grecia, stipulò la pace con Mitridate e si diresse con le proprie legioni contro Fimbria che, non vedendo vie di scampo, si uccise.[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Livio, Periochae, 80; Floro (2.9.14) indica Fimbria tra le vittime, probabilmente per errore. Si veda anche Thomas Robert Shannon Broughton, The Magistrates of the Roman Republic, vol. 2, 99 a.C.–31 a.C. (New York: American Philological Association, 1952), pp. 49–50.
  2. ^ Sant'Agostino, De civitate Dei 3.27.
  3. ^ Appiano, Storia romana 12.9.60

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]