Ebraico tiberiense

Ingrandimento di sezione del Codice di Aleppo (X secolo)[1]

L'ebraico tiberiense è una tradizione di pronuncia orale per antiche parole in ebraico, ed in particolare per l'ebraico del Tanakh, cui fu data forma scritta dai testi masoretici nella comunità semitica a Tiberiade nel Medioevo, partendo dall'VIII secolo (750-950 circa). Questa forma scritta impiegava niqqudot (vocali) e segni diacritici di cantillazione (te`amim), aggiunti alle lettere ebraiche. Sebbene l'uso dei simboli scritti risalga al Medioevo, la tradizione orale che essi riflettono ha radici molto più antiche.[2]

Il sistema di vocalizzazione tiberiense per il Tanakh rappresentava una tradizione locale. Due altre tradizioni locali che portarono a diversi sistemi di scrittura della vocalizzazione sono quello "israelita" (differente dal tiberiense) e quello "babilonese". Il primo ha avuto influenza assai limitata, mentre il babilonese rimase dominante per molti secoli e tuttora sopravvive. Contrariamente a quello tiberiense, che di solito pone i segni di vocalizzazione sotto la lettera, il babilonese li pone sopra, ed è quindi detto supralineare.[3]

I punti tiberiensi vennero definiti per codificare una specifica tradizione di lettura del Tanakh. In seguito vennero applicati ad altri testi (uno dei primi fu la Mishnah), e usati in molti altri luoghi da ebrei con tradizioni di lettura differenti. Così il sistema tiberiense di vocalizzazione e intonazione divenne parte dell'uso ebraico corrente, ed è considerato dagli studiosi testuali la pronuncia più esatta della lingua, poiché conserva tutti i suoni consonantici e vocalici dell'ebraico antico[2]

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

Pagina del Deuteronomio, dal Codice di Aleppo

I libri di grammatica ebraica odierni non insegnano l'ebraico tiberiense descritto dai primi grammatici. L'opinione prevalente è quella del sistema di David Kimchi che divide i segni grafici in vocali "corte" e "lunghe" . I valori assegnati ai segni vocalici tiberiensi rivelano una tradizione di pronuncia sefardita (la qualità duplice di qames (אָ) come /a/, /o/; la pronuncia della sheva semplice (אְ) come /ɛ̆/).

La fonologia dell'ebraico tiberiense può essere estrapolata da un confronto di varie fonti:

  • Il Codice di Aleppo della Bibbia ebraica e gli antichi manoscritti del Tanakh citati ai margini dei primi codici, che conservano testimonianze dirette in maniera grafica dell'applicazione delle regole di vocalizzazione — per esempio, l'ampio uso di vocali chateph quando ci si aspetterebbe la sheva semplice, chiarendo quindi il colore della vocale pronunciata in certe circostanze. Significativo è l'uso di chateph chireq in cinque parole sotto una consonante che segue un gutturale vocalizzato con il regolare chireq (come descritto dal linguista Israel Yeivin); e anche del segno raphe sulle lettere che non appartengono a בגדכפ"ת o a א"ה.[4][5]
  • Affermazioni esplicite presenti in grammatiche del X secolo e dell'XI secolo, tra cui: il Sefer haQoloth di Moshe ben Asher (pubblicato da N. Allony); il Sefer Dikdukei ha-Te'amim (Grammatica o Analisi degli Accenti) di Aaron ben Moses ben Asher; le opere anonime intitolate Horayath haQoré (G. Khan e Ilan Eldar le attribuiscono al caraita Abu Alfaraj Harun); il Trattato dello scevà (pubblicato da Kurt Levy nel 1936 basandosi su un frammento di una Genizah), e Ma'amar haschewa (pubblicato da materiale di Genizah dal linguista N. Allony); le opere dei grammatici sefarditi, tra cui Abraham ibn ‛Ezra e Yehudah ben David Hayyuj.[6] Negli ultimi due è evidente che la catena di trasmissione si interrompe, o che le loro interpretazioni sono influenzate dalla tradizione locale.[5]
  • Manoscritti antichi che conservano dialetti simili dell'ebraico o aramaico palestinese, ma che sono vocalizzati con segni tiberiensi in una maniera "volgare", e che rivelano una trascrizione fonetica piuttosto che una trascrizione fonemica. Tra questi si includono i cosiddetti manoscritti vocalizzati "pseudo-Ben Naphtali" o "Palestinese-Sefardita", che generalmente si conformano alle regole riportate nelle tabelle qui sotto — per esempio la pronuncia di sheva come /ĭ/ prima di una yodh consonantica, come in /bĭji/ בְּיִ.[7]
  • Altre tradizioni come la vocalizzazione della Terra di Israele e (in minor ragione) la vocalizzazione babilonese. Ogni comunità (palestinese, tiberiense, babilonese) sviluppava sistemi di annotazione di pronuncia in ciascun dialetto, alcuni dei quali sono comuni tra queste tradizioni.[7]
  • Trascrizioni del testo biblico in caratteri arabi, poi vocalizzate con segni tiberiensi (da membri della comunità caraita); queste trascrizioni forniscono un aiuto alla pronuncia dell'ebraico tiberiense, specialmente per la struttura sillabica e la lunghezza vocalica (che è segnata in arabo da matres lectionis e dal segno sukun).[8]
  • Varie tradizioni orali, specialmente quelle della pronuncia ebraica yemenita e della tradizione caraita; entrambe hanno conservato caratteristiche antiche che corrispondono alla tradizione tiberiense, come la pronuncia dello scevà a seconda della sua prossimità a gutturali o a yodh.[7]

Fonologia[modifica | modifica wikitesto]

Consonanti[modifica | modifica wikitesto]

L'ebraico tiberiense ha 29 fonemi consonantici rappresentati da 22 lettere. Il "punto sin" distingue i due valori di ש, con un punto a sinistra (שׂ) pronunciato come la lettera Samekh. Le lettere בגדכפת (begadkefat) avevano due valori ciascuno: plosivo e fricativo.

Esempi di pronuncia:
Labiale Interdentale Alveolare Palatale Velare Uvulare Faringale Glottidale
Semplice Enfatica
Nasale m n
Occlusiva Muta p t k q ʔ
Sonora b d ɡ
Fricativa Muta f θ s ʃ x ħ h
Sonora v ð z ɣ ʕ
Vibrante r ʀ
Approssimante w l j

Vocali[modifica | modifica wikitesto]

Figurine in bassorilievo che recano le vocali diacritiche tiberiensi. Opera artistica in basalto e calcare sulle rive di Tiberiade
Vocali fonemiche dell'ebraico tiberiense[9]
Anteriore Posteriore
Chiusa i u
Semichiusa e o
Semiaperta ɛ ɔ ~ ɑ
Aperta a
Ridotta ă ɔ̆ (ɛ̆)1
  1. marginale

Ortografia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Alfabeto ebraico.
traslitterazione ʾ b, bh g / gh d / dh hʿ v z h j k, kh l m n ş ʿ p, ph q r š, s t / th
lettera[10] א ב ג ד ה ו ז ח ט י כך ל מם נן ס ע פף צץ ק ר ש ת
pronuncia (moderna) [ʔ] [b]
[v]
[ɡ] [d] [h] [v] [z] [χ] [t] [j] [k]
[χ]
[l] [m] [n] [s] [ʔ] [p]
[f]
[ts] [k] [ʁ] [ʃ]
[s]
[t]
pronuncia (yemenita) [ʔ] [b]
[v]
[dʒ]
[ɣ]
[d]
[ð]
[h] [w] [z] [ħ] [tˤ] [j] [k]
[x]
[l] [m] [n] [s] [ʕ] [p]
[f]
[sˤ] [g] [r] [ʃ]
[s]
[t]
[θ]
pronuncia (tiberiense) [ʔ] [b]
[v]
[ɡ]
[ɣ]
[d]
[ð]
[h] [w] [z] [ħ] [tˤ] [j] [k]
[x]
[l] [m] [n] [s] [ʕ] [p]
[f]
[sˤ] [q] [r] [ʃ]
[s]
[t]
[θ]
niqqud con א אַ אֶ אֵ אִ אָ אֹ אֻ אוּ
nome patah segol tzere hiriq qamatz holam qubutz shuruq
valore /a/ /ɛ/ /e/ /i/ ~ ɑ/ /o/ /u/
â ê ē î ô ō ù û
niqqud con א אְ אֲ אֱ אֳ
nome šva hataf patah hataf segol hataf qamatz
valore /ă/, ⌀ /ă/ /ɛ̆/ /ɔ̆/
ă / ə a e o

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Riporta i versetti di Giosuè 1:1, su laparola.net.: "Dopo la morte di Mosè, servo del Signore, il Signore disse a Giosuè, figlio di Nun, servo di Mosè..."
  2. ^ a b Andries W. Coetzee, "Tiberian Hebrew Phonology: Focussing on Consonant Clusters", Uitgeverij Van Gorcum, 1999.
  3. ^ Moshe Bar-Asher, Studies in Classical Hebrew, Walter de Gruyter GmbH & Co KG, 2014.
  4. ^ "Hebrew Manuscripts", su Jewish Virtual Library.
  5. ^ a b Z. Ben Hayyim, Studies in the Traditions of the Hebrew Language, Istituto Arias Montano, 1954, pp. 71-75.
  6. ^ N. Allony, An unpublished grammar of Abraham ibn `Ezra, 1951.
  7. ^ a b c "Pronunciations of Hebrew", su Jewish Virtual Library".
  8. ^ Eibert J.C. Tigchelaar, Pierre van Hecke, Hebrew of the Late Second Temple Period: Proceedings of a Sixth International Symposium on the Hebrew of the Dead Sea Scrolls and Ben Sira, BRILL, 2015.
  9. ^ Joshua Blau, Phonology and Morphology of Biblical Hebrew, Eisenbrauns, 2010, pp. 105-106, 115-119. ISBN 1-57506-129-5
  10. ^ Le tabelle di questa sezione si basano principalmente sulle seguenti opere: Joseph L. Malone, Tiberian Hebrew phonology, Eisenbrauns, 1993; Angel Sáenz-Badillos, A History of the Hebrew Language, Cambridge University Press, 1993. ISBN 0-521-55634-1

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]