Dottrina Nixon

La dottrina Nixon nota anche come dottrina di Guam e detta anche vietnamizzazione, venne presentata durante una conferenza stampa a Guam il 25 luglio 1969 dal presidente degli Stati Uniti Richard Nixon [1] e successivamente formalizzata nel suo discorso sulla Guerra del Vietnam il 3 novembre 1969.[2]. Fu la strategia di politica estera, in particolare riguardante la posizione degli Stati uniti nella guerra del Vietnam, elaborata dal neo presidente Richard Nixon (eletto alla Casa Bianca nel 1968) e dal suo consigliere Henry Kissinger[3].

La nuova politica americana in Indocina consisteva in pratica in un progressivo disimpegno diretto ma accompagnato da un potenziamento delle capacità e della solidità dell'apparato governativo e militare del Vietnam del Sud che avrebbe dovuto permettere allo stato filo-americano di sopravvivere evitando una umiliante sconfitta politico-militare degli Stati Uniti. Questa politica ottenne alcuni risultati concreti ma in pratica si concluse con un totale fallimento: dopo le dimissioni di Nixon e il completo ritiro americano, il governo e l'esercito del Vietnam del Sud si indebolirono rapidamente e l'offensiva generale del Vietnam del Nord e dei Viet Cong nella primavera 1975 si sviluppò vittoriosamente fino alla caduta di Saigon il 30 aprile 1975.

Obiettivi[modifica | modifica wikitesto]

La dottrina prevedeva il progressivo disimpegno delle forze armate statunitensi dal conflitto vietnamita, che nel pieno dell'escalation erano arrivate ad un massimo di 500.000 uomini, a favore di un maggior impegno di forze sudvietnamite. Per questo motivo si parla a proposito della dottrina Nixon di "Vietnamizzazione" del conflitto.[4]

Questa politica di progressivo disimpegno diretto americano e di potenziamento dell'efficienza e della capacità politico-militare delle forze sudvietnamite non era completamente nuova; anche durante la guerra d'Indocina, i francesi, di fronte alle crescenti difficoltà a contrastare la resistenza Viet Minh, avevano cercato di migliorare la capacità autonome di reparti vietnamiti collaborazionisti dipendenti dalla autorità dell'imperatore Bảo Đại. I francesi definirono questa politica "ingiallimento" del conflitto (jaunissement)[5].

La strategia di Kissinger mirava a favorire i negoziati (iniziati nell'ottobre del '68) e la diplomazia sull'aiuto militare per pervenire ad una soluzione del conflitto. Il negoziato di pace venne effettivamente concluso nel marzo del 1973, anche se la guerra continuò fra le forze vietnamite e si concluse solo il 30 aprile 1975 con la caduta di Saigon (capitale del Vietnam del Sud) nelle mani delle forze comuniste Viet Cong.[6]

Analisi[modifica | modifica wikitesto]

La scelta del disimpegno intrapresa da Nixon era dovuto in primo luogo all'evidente incapacità del grande corpo di spedizione inviato in Vietnam di ottenere successi decisivi e concludere la guerra in tempi prevedibili; concorse sicuramente alla decisione di Nixon anche la crescente pressione dell'opinione pubblica e dei movimenti pacifisti che criticavano aspramente l'intervento americano in Vietnam ritenuto immorale e brutalmente imperialista, anche se inizialmente la stessa opinione pubblica si era mostrata favorevole.[7]

La situazione era sfuggita di mano agli Stati Uniti negli anni dell'Escalation intrapresa dal presidente Lyndon B. Johnson; le continue missioni di Ricerca e distruzione condotte per tre anni consecutivi dalle truppe americane non riuscirono a indebolire i guerriglieri vietcong e le truppe regolari del Vietnam del Nord che, supportate dal crescente aiuto militare fornito da Unione Sovietica e Cina, continuarono a potenziare le loro forze e sferrare pericolosi attacchi in tutto il territorio del Vietnam del Sud. Quando vennero alla luce i numeri impressionanti delle perdite umane subite dagli Stati Uniti, l'opinione pubblica si schierò nettamente contro la guerra.[8]

Altro motivo che spinse Nixon al disimpegno furono i problemi economici che gli Stati Uniti stavano vivendo in quegli anni, infatti il bilancio statale USA risentiva pesantemente delle ingentissime spese di guerra, e il disimpegno era a quel punto una scelta economicamente obbligata.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ http://www.presidency.ucsb.edu/ws/?pid=2140 Archiviato il 10 agosto 2018 in Internet Archive. Gerhard Peters, John T. Woolley, Richard Nixon: Informal Remarks in Guam With Newsmen inː The American Presidency Project, University of California, 25 Luglio 1969]
  2. ^ The Nixon Doctrine in the 21st Century
  3. ^ Mario Del Pero, Henry Kissinger e l'ascesa dei Neoconservatori, Laterza, 2006.
  4. ^ E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, Laterza, 1999. e (EN) Richard M. Nixon, President Nixon's Speech on "Vietnamization", November 3, 1969
  5. ^ Tảng, Memorie di un Viet Cong, pp. 174-175.
  6. ^ E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, Laterza, 1999.
  7. ^ (EN) Adam J. Berinsky, In Time of War: Understanding American Public Opinion from World War II to Iraq, University of Chicago Press, 2009
  8. ^ ibidem

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali, Laterza, 1999.
  • E. Di Nolfo, Dagli imperi militari agli imperi tecnologici, Laterza, 2006.
  • M. Del Pero, La guerra fredda, Carocci, 2001.
  • (EN) M. Bradley, Vietnam at War, Oxford University Press, 2009..
  • R. Schnulziger, A Time for War: The United States and Vietnam, 1941-1975, Oxford University Press, 1999..
  • Richard M. Nixon (November 3, 1969). President Nixon's Speech on "Vietnamization".
  • J. Kimball, The Nixon Doctrine: A Saga of Misunderstanding, "Presidential Studies Quarterly" 36 (1): 59–74, 2006.
  • J. Kimball, Nixon's Vietnam War, University Press Of Kansas, 2002.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]