Dottrina Monroe

James Monroe in un ritratto del 1832 circa

La dottrina Monroe indica un messaggio ideologico di James Monroe contenuto nel discorso sullo stato dell'Unione pronunciato innanzi al Congresso il 2 dicembre 1823, che esprime l'idea della supremazia degli Stati Uniti nel continente americano.

Monroe affermò in quel discorso che gli Stati Uniti non avrebbero tollerato alcuna intromissione negli affari americani. Inoltre, per Monroe i processi di indipendenza dell'America Latina non potevano essere sedati da nessuna potenza europea (dalla Spagna soprattutto).

Il contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

I rapporti politici tra USA e Europa all'inizio del XIX secolo[modifica | modifica wikitesto]

A quel tempo in Europa la parentesi della rivoluzione francese, proseguita nel periodo napoleonico, si era conclusa e le forze della Restaurazione si erano ricompattate nella coalizione anti-liberale definita Santa Alleanza. Monroe sostenne che l'Europa non avrebbe dovuto più accampare pretese non solo sugli Stati Uniti, ma su tutto il continente americano, compresa l'America latina, che in quel tempo aveva avviato tentativi di affrancamento dalla madrepatria spagnola, attraverso una serie di rivolte sfociate poi in guerre d'indipendenza. Stringendo rapporti commerciali e diplomatici con Messico, Colombia, Brasile, Venezuela e Cile, gli Stati Uniti decisero di istituire un rapporto privilegiato con i paesi liberatisi dalla dominazione coloniale, a danno dei quali non avrebbero accettato interventi da parte della Santa Alleanza diretti a reprimere i movimenti di indipendenza. Alla fine, pur tuttavia, influì più la diplomazia britannica e il potere dissuasivo della sua marina da guerra che la "chiassosa arroganza"[1] di Monroe.

I rapporti col Regno Unito dopo la guerra d'indipendenza americana[modifica | modifica wikitesto]

Thomas Jefferson definì l'inizio di questa dottrina come "una cordiale amicizia con l'Inghilterra" (soprattutto dopo la guerra anglo-americana di dieci anni prima). Egli espose il pensiero che:

«La Gran Bretagna è la nazione della terra che ci può maggiormente danneggiare; e avendola al nostro fianco non avremo più nulla da temere.»

La dottrina Monroe, elaborata dopo l'indipendenza degli Stati Uniti, garantiva agli Stati Uniti un adeguato isolazionismo basato sulla speciale relazione con la madrepatria inglese. La Gran Bretagna, potenza mondiale e a quel tempo detentrice del massimo potere marittimo, era la sola che poteva dare agli USA la possibilità di godere dell'equilibrio di potenza continentale e quindi di mantenersi "isolati", senza subire intromissioni nella propria sfera d'influenza e senza allo stesso tempo neppure interferire, essi stessi, in alcun modo nelle vicende del vecchio continente.

La guerra di secessione americana e la rivoluzione messicana[modifica | modifica wikitesto]

La dottrina Monroe attraversò una crisi temporanea durante la guerra civile americana, allorché, approfittando del conflitto fra gli stati nordamericani, Napoleone III col pretesto di esigere il pagamento di debiti intraprese una spedizione in Messico e fondò un Impero messicano ponendo sul trono del paese Massimiliano d'Asburgo come imperatore. Tale impresa va inquadrata nel progetto dell'imperatore francese di fondare un blocco latinoamericano cattolico da contrapporre agli Stati Uniti anglosassoni e protestanti. Terminata la guerra civile tuttavia gli Stati Uniti si ricompattarono e di fronte alle forti richieste del Segretario di Stato William H. Seward, Napoleone III dovette richiamare il contingente francese dal Messico.

Analisi[modifica | modifica wikitesto]

Vignetta satirica del 1896: lo Zio Sam si trova con il fucile tra europei e latinoamericani

Il messaggio implicito di Monroe era che da quel momento in poi il continente americano non sarebbe stato più oggetto di colonizzazione europea. Gli USA avrebbero considerato ogni tentativo di estendere il sistema politico continentale europeo a qualsiasi territorio dell'emisfero occidentale come pericoloso per la loro pace e sicurezza e che ogni tentativo di controllo del destino degli stati americani sarebbe stato interpretato come esplicita manifestazione di inimicizia verso gli USA. Con un linguaggio più moderno ciò significa che la dottrina Monroe annunciava al mondo che gli USA erano decisi a preservare la propria integrità territoriale, soprattutto contro le pretese e le rivendicazioni sulla costa nordoccidentale del Pacifico, e l'indipendenza politica degli stati del Nuovo Mondo e che un intervento europeo non sarebbe stato gradito. Il messaggio venne accolto in Europa con sorpresa, indignazione e indifferenza, anche perché, al momento della diffusione del messaggio, gli Stati Uniti, che erano ancora una potenza minore, intimavano al mondo di non intromettersi nelle vicende delle Americhe nonostante avessero una marina equiparabile, per dimensioni e capacità di fuoco, tutt'al più alla marina cilena.[2]

Considerata la primissima formulazione teorica dell'imperialismo statunitense, essa fu ripresa in occasione dell'annessione del Texas a seguito della guerra messico-statunitense. La dottrina, dapprima intesa dai suoi ideatori come una proclamazione ideale degli USA contro il colonialismo, in seguito fu rivista da Theodore Roosevelt e intesa nel senso di affermazione dell'egemonia degli USA nel continente americano (cfr. corollario Roosevelt). Successivamente essa fu posta a fondamento, insieme con il Manifest Destiny, dell'idea di protettorato USA tutta l'area centroamericana e caraibica, e infine durante la guerra fredda per giustificare interventi politici e militari statunitensi in America centrale e meridionale (cfr. questione cubana).

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

«Oggi [...] le terre anche loro son libere, salvo alcuni scampoli come le colonie francesi e inglesi, e il campicello di Monroe, chiuso da un leggiadro filo spinato»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Maldwyn Allen Jones, Storia degli Stati Uniti, Milano 2005, pp. 146-147.
  2. ^ Mario del Pero, Libertà e impero. Gli Stati Uniti e il mondo 1776-2016, Editori Laterza, p. 112, ISBN 978-88-581-2827-5.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Samuel Flagg Bemis, John Quincy Adams and the Foundations of American Foreign Policy, 1949.
  • (EN) Leonard Axel Lawson, The Relation of British Policy to the Declaration of the Monroe Doctrine, Columbia University, 1922.
  • (EN) Frederick Merk, The Monroe Doctrine and American Expansionism, 1843-1849, New York, Knopf, 1966.
  • (EN) Gretchen Murphy, Hemispheric Imaginings: The Monroe Doctrine and Narratives of U.S. Empire, Duke University Press, 2005. Il contesto culturale della doctrine.
  • (EN) Dexter Perkins, The Monroe Doctrine, 1823-1826, 3 voll., 1927.
  • Nico Perrone, Il manifesto dell'imperialismo americano nelle borse di Londra e Parigi, in Belfagor (rivista), 1977, III. Le reazioni delle borse europee.
  • (EN) Joel S. Poetker, The Monroe Doctrine, Columbus, Ohio, Charles E. Merrill Books, 1967.
  • Walter Russell Mead, Il serpente e la colomba, Storia della politica estera degli Stati Uniti d'America, Garzanti 2005.
  • Marco Mariano, L'America nell'"Occidente", Storia della dottrina Monroe (1823-1963), Carocci Editore 2013.
  • Nico Perrone, Progetto di un impero. 1823. L'annuncio dell'egemonia americana infiamma la borsa, Napoli, La Città del Sole, 2013 ISBN 978-88-8292-310-5

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