Domizia Longina

Domizia Longina
Busto marmoreo di Domizia Longina conservato al Musei Capitolini
Consorte dell'imperatore romano
In carica14 settembre 81 –
18 settembre 96
PredecessoreGaleria Fundana
SuccessorePompeia Plotina
Nascita53 circa
Morte128 circa
Dinastiaflavia (per matrimonio)
PadreGneo Domizio Corbulone
MadreCassia Longina
ConiugiLucio Elio Lamia
Domiziano
Figliun maschio morto infante (naturale)
Vespasiano e Domiziano (adottivi)

Domizia Longina (latino: Domitia Longina; 53 circa – 128 circa) è stata un'imperatrice romana come moglie dell'imperatore Domiziano, unica della dinastia flavia.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Famiglia[modifica | modifica wikitesto]

Domizia Longina nacque tra il 50 e il 55, figlia minore del generale Gneo Domizio Corbulone e Cassia Longina;[1] la sua zia paterna era Milonia Cesonia, imperatrice romana e moglie di Caligola. La sorella maggiore di Longina, Domizia Corbula, sposò il senatore Lucio Annio Vinciano. Il padre di Domizia, Corbulone, era uno dei più rispettati senatori e generali di Roma, console sotto Caligola, comandante in vittoriose campagne in Germania e in Oriente sotto Claudio e Nerone.[1]

A seguito del fallimento della congiura di Pisone contro l'imperatore Nerone (65), Corbulone cadde in disgrazia, in quanto la sua famiglia aveva delle connessioni con i cospiratori: Corbulone fu obbligato a suicidarsi, mentre Annio Viciniano e suo fratello Annio Pollione furono messi a morte nelle successive epurazioni.[2]

Poco si conosce della vita di Domizia prima del suo matrimonio con Domiziano, ma qualche tempo prima del 70 era sposata a Lucio Elio Lamia, un uomo di rango senatoriale.[3]

Matrimonio con Domiziano[modifica | modifica wikitesto]

Regno di Vespasiano e Tito[modifica | modifica wikitesto]

Il trionfo di Tito, di Lawrence Alma-Tadema (1885). La raffigurazione allude alla presunta relazione tra Tito (in secondo piano) e Domizia Longina (a sinistra, a fianco di Domiziano.[4]

Dopo il suicidio di Nerone avvenuto il 9 giugno 68, l'Impero romano fu stravolto da una lunga guerra civile nota come l'anno dei quattro imperatori; la crisi giunse al termine con l'ascesa al trono di Vespasiano, che ristabilì la pace nell'Impero e fondò una dinastia, quella flavia, di breve durata. Nel 71, Vespasiano cercò di organizzare un matrimonio dinastico tra il figlio minore Domiziano e la figlia del suo figlio maggiore Tito, Giulia;[5] ma nel frattempo Domiziano aveva già incontrato e si era già innamorato di Domizia Longina e aveva convinto Lamia a divorziare, eleggendolo in cambio a governatore della Tarraconense, in modo che Domiziano potesse sposarla.[5] L'alleanza matrimoniale era vantaggiosa per entrambe le famiglie: da una parte riabilitava la famiglia di Corbulone, dall'altra permetteva alla propaganda flavia di tacere i successi politici di Vespasiano con i più discutibili imperatori della dinastia giulio-claudia e di sottolineare i legami con Claudio e Britannico.[2]

Nel 73 nacque l'unico figlio di Domizia e Domiziano di cui si abbia notizia; il bambino, il cui nome non è noto, morì tra il 77 e l'81.[6] In questo periodo il ruolo di Domiziano nel governo dei Flavi era cerimoniale: mentre il fratello Tito condivideva il potere del padre quasi alla pari, Domiziano aveva onori ma nessuna responsabilità.[7] La situazione non mutò alla successione di Tito al trono (23 giugno 79), e gli storici antichi e moderni ne deducono un'animosità reciproca tra i due fratelli. Nell'80 Tito conferì il consolato suffetto al primo marito di Domizia, Elio Lamia, un atto interpretato da alcuni storici come un'offesa a Domiziano.[8] In un'altra occasione, in cui Tito consigliava a Lamia di sposarsi ancora, Lamia gli chiese se anche lui stesse cercando moglie.[9]

Dopo appena due anni di regno, Tito morì inaspettatamente di febbre cerebrale il 13 settembre 81. Le sue ultime parole furono «ho fatto solo un errore»;[10] lo storico contemporaneo Svetonio ipotizzò un possibile coinvolgimento di Domiziano nella morte del fratello, attribuendo le sue ultime parole a una voce molto popolare all'epoca, che voleva che Tito avesse avuto una relazione con Domizia Longina, voce che però lo stesso Svetonio definisce altamente improbabile.[6][10]

Il 14 settembre il Senato romano confermò Domiziano successore di Tito, garantendogli la potestà tribunizia, il pontificato massimo e i titoli di augustus e Pater Patriae; Domizia Longina divenne quindi imperatrice.

Imperatrice[modifica | modifica wikitesto]

Poco dopo l'ascensione al trono, Domiziano conferì a Domizia il titolo onorifico di augusta, mentre il loro figlio defunto fu divinizzato; entrambi compaiono sulla monetazione di Domiziano in questa epoca. Nondimeno, il loro matrimonio sembra abbia sofferto una crisi notevole nell'83: per ragioni sconosciute, Domiziano esiliò brevemente Domizia, per poi richiamarla poco dopo, o per amore o per zittire le voci che lo volevano intrattenere una relazione con la nipote Giulia.[11] Secondo Svetonio, Domizia fu esiliata per una sua relazione con un famoso pantomimo di nome Paride; quando Domiziano scoprì la relazione, avrebbe ucciso per la strada Paride, e divorziò immediatamente dalla moglie pianificandone la sua uccisione. Secondo Cassio Dione, Lucio Giulio Urso, a quel tempo un influente console alla corte dell'imperatore, convinse Domiziano a desistere dall'intento[12]. Svetonio afferma anche che, mentre Domizia era in esilio, Domiziano prese Giulia con sé come una moglie, fin quando la nipote non morì per complicazioni della gravidanza.[13]

Aureo coniato nell'83 da Domiziano, con al rovescio il ritratto di Domizia e il titolo onorifico augusta

Gli storici moderni considerano inverosimile la ricostruzione di Svetonio, facendo notare che molte di queste storie furono diffuse da autori senatoriali ostili a Domiziano, che condannarono come tiranno dopo la sua morte: voci come quelle sulla presunta infedeltà di Domizia furono diffuse per segnalare l'ipocrisia di un sovrano che predicava pubblicamente il ritorno alla morale augustea, mentre in privato indulgeva in eccessi e presiedeva una corte corrotta.[14] In effetti Domiziano esiliò la moglie, ma, secondo alcuni storici, perché Domizia non gli diede un erede.[6] Non di meno le voci sulla relazione tra Domizia e Paride circolavano effettivamente all'epoca dei fatti, e l'imperatore non permetteva si offendesse impunemente il suo matrimonio; non molto dopo la sua salita al trono, Lucio Elio Lamia fu messo a morte per i motteggi pronunciati precedentemente, durante il regno di Tito;[15] nel 93, un figlio di Elvidio Prisco fu messo a morte per aver composto una farsa satirica sulla separazione di Domiziano dalla moglie. Le voci sui rapporti tra Domiziano e Giulia furono probabilmente una invenzione degli scrittori successivi.[16] Giulia morì di morte naturale e fu successivamente divinizzata da Domiziano.[11]

Nell'84 Domizia era già tornata a palazzo,[17] dove visse per il resto del regno di Domiziano senza ulteriori eventi di rilievo.[18] Poco si conosce delle attività di Domizia come imperatrice o della sua influenza sul governo di Domiziano, ma pare che il suo ruolo fosse di mera apparenza cerimoniale. Svetonio racconta che accompagnava l'imperatore a teatro, mentre lo storico Flavio Giuseppe riferisce dei benefici ottenuti da Domizia.[19]

Vita successiva[modifica | modifica wikitesto]

Il 18 settembre 96 Domiziano fu assassinato da una cospirazione di palazzo organizzata da ufficiali di corte. Il suo corpo fu portato via su un carro funebre disadorno e cremato senza cerimonia dalla sua nutrice Phyllys, che mischiò le sue ceneri a quelle della nipote Giulia al Tempio di Vespasiano;[20] Quello stesso giorno gli succedette un suo amico e consigliere, Marco Cocceio Nerva. Le fonti antiche coinvolgono Domizia nella congiura: lo storico Cassio Dione, vissuto più di un secolo dopo i fatti, racconta che Domizia mise le mani su di un documento che elencava i cortigiani che Domiziano intendeva mettere a morte, e passò questa informazione al capo del cerimoniale Partenio.[21] La storia è molto probabilmente apocrifa, se lo storico Erodiano ne propone una versione simile per l'assassinio di Commodo. Secondo Jones, le prove dimostrano che Domizia rimase leale a Domiziano, anche dopo la sua morte: venticinque anni dopo la morte del marito, e malgrado la damnatio memoriae decretata dal Senato contro l'ultimo imperatore flavio, ella si riferiva a sé come «Domizia, moglie di Domiziano».[19][22][23]

Domizia morì tra il 126 e il 130; tra il 126 e il 140 fu eretto un sacello in suo onore a Gabii.[24]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Levick (2002), p. 200
  2. ^ a b Jones (1992), p. 34
  3. ^ Levick (2002), p. 201
  4. ^ The Triumph of Titus: an affair on painting, su societasviaromana.net, 12 settembre 2007. URL consultato il 27 giugno 2008.
  5. ^ a b Jones (1992), p. 33
  6. ^ a b c Jones (1992), p. 36
  7. ^ Jones (1992), p. 18
  8. ^ Jones (1992), p. 20
  9. ^ Jones (1992), p. 184
  10. ^ a b Svetonio, Vita di Tito, 10.
  11. ^ a b Jones (1992), p. 39
  12. ^ Cassio Dione, 67.3.1..
  13. ^ Svetonio, Vita di Domiziano, 22.
  14. ^ Levick (2002), p. 211
  15. ^ Jones (1992), p. 185
  16. ^ Jones (1992), p. 40
  17. ^ Varner (1995), p. 200
  18. ^ Jones (1992), pp. 34–35
  19. ^ a b Jones (1992), p. 37
  20. ^ Svetonio, Vita di Domiziano, 17.
  21. ^ Cassio Dione, Storia romana, lxvi.15.
  22. ^ CIL XV, 548, del 126.
  23. ^ Levick (p. 211) concorda, mentre Varner (p. 202) si oppone a questa ricostruzione.
  24. ^ Villa Borghese, Alberta Campitelli, 1997, Roma, La Feltrinelli

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti primarie
Fonti secondarie

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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