Dialetto cremonese

Cremonese
Cremunées
Parlato inBandiera dell'Italia Italia
RegioniBandiera della Lombardia Lombardia (area centrale della Provincia di Cremona)
Locutori
Totalemeno di 90.000
Tassonomia
FilogenesiIndoeuropee
 Italiche
  Romanze
   Italo-occidentali
    Occidentali
     Galloiberiche
      Galloromanze
       Galloitaliche
        Lombardo
         Orientale
          Dialetto cremonese
Statuto ufficiale
Ufficiale in-
Regolato danessuna regolazione ufficiale
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1
Toeuti i om i nass liber e precis in dignitaa e diriti. I gh'ha coo e cosciensa e i gh’ha de comportàsse joeun co chel alter tama se i ghes d’esser fradei.

Distribuzione geografica dettagliata dei dialetti del lombardo. Legenda: L01 - lombardo occidentale; L02 - lombardo orientale; L03 - lombardo meridionale; L04 - lombardo alpino

Il dialetto cremonese (cremunées[1]) è un dialetto della lingua lombarda, di tipo orientale, parlato nella zona centrale della provincia di Cremona.[2]

Viene descritto come un dialetto lombardo strettamente legato, per comuni caratteristiche, alle altre varietà orientali (come il cremasco, il bergamasco e il bresciano),[2] ma caratterizzato da alcune influenze emiliane, trovandosi ai margini meridionali della regione linguistica lombarda, nell'area di transizione tra i due sistemi.[3][4]

Esistono due varianti di dialetto cremonese: il dialetto cittadino (detto piatòn) e il dialetto del contado (detto arioso o rustico).[senza fonte]

Ortografia e pronuncia[modifica | modifica wikitesto]

Caratteristica peculiare della pronuncia del dialetto cremonese è la vastissima presenza di vocali lunghe,[4] che conferisce alla parlata cremonese la tipica cadenza cantilenante.

Le convenzioni ortografiche qui esposte sono tratte da quelle segnalate dal Comitato promotore di studi di dialettologia, storia e folklore cremonese.

Vocali[modifica | modifica wikitesto]

A differenza dell'italiano, che dispone di sette vocali, il cremonese ne presenta nove, ovvero le stesse dell'italiano con l'aggiunta di due: ö, ü. Le vocali e e o risentono della qualità vocalica (possono cioè essere, come si dice comunemente, "chiuse" o "aperte"), viene perciò indicato l'accento grafico opportuno se la vocale è tonica. Le altre vocali presentano invece, se toniche, sempre l'accento grafico grave, come in italiano. Le vocali lunghe sono sempre toniche. L'accento tonico è sempre indicato graficamente nei polisillabi (tranne che sulle lettere ö e ü). Le vocali lunghe si indicano raddoppiando la vocale e l'accento grafico è posto sulla prima di esse.

Alcuni vocaboli del cremonese subiscono il fenomeno della sincope, cioè prevedono la caduta delle vocali non accentate (es. stemàana per "settimana", oppure létra per "lettera"); il fenomeno però è trascurabile, se paragonato ai dialetti emilani dove la sincope nelle parole è presente assai più frequentemente.

Di seguito l'elenco delle vocali:

  • a come in italiano (andàa: andare)
  • è e aperta (pulèer: pollaio)
  • é e chiusa (fradél: fratello)
  • i come in italiano (finìi: finire)
  • ò o aperta (bòon: buono)
  • ó o chiusa (fióol: ragazzo)
  • u come in italiano (pùl: pollo)
  • ö come nel francese "eu", tedesco "ö" (nisöön: nessuno)
  • ü come nel francese "u", tedesco "ü" (paüüra: paura)


Nel panorama dei suoni vocalici del cremonese va osservata anche la presenza della prostesi, ovvero l'inserimento di una vocale (che non sarebbe presente nel lessema "normale") ogni qualvolta si vengano a creare cacofonie nella pronuncia, ovvero condizioni fonologicamente "scomode". In cremonese, queste situazioni sono tipicamente gli accostamenti di parole terminanti in consonante immediatamente seguite da parole che iniziano con s/z (vedi sotto) + altre consonanti, creando così, di fatto, una sequenza del tipo [consonante 1 - consonante 2 - consonante 3] a cavallo di due parole. Le vocali che si producono per risolvere la cacofonia e la difficoltà di pronuncia sono la "i" e la "e" (solitamente aperta [ɛ]; per essere distinte da quelle normali qui saranno raffigurate con una dieresi: ë, ï). Un esempio in cui interviene questo fenomeno fonologico può essere quello in cui si abbia l'articolo determinativo maschile singolare el (il) seguito, poniamo, da scartusìin (finocchio). Si avrebbe el scartusìin, con difficoltà di pronuncia della sequenza l-s-c. La prostesi si manifesta con la comparsa di una e [ɛ] all'inizio del sostantivo, generando perciò el ëscartusìin. Pur più pronunciabile, questa forma non è comunque presente nel parlato cremonese, in quanto all'aggiunta della vocale prostetica si ha contemporaneamente la caduta (aferesi) della e dell'articolo determinativo. Riassumendo il processo:

  1. giustapposizione di elementi che comportano cacofonia: el + scartusìin
  2. comparsa di una vocale prostetica che risolve la difficoltà di pronuncia: el ëscartusìin
  3. aferesi della vocale subito precedente: 'l ëscartusìin

Lo stesso fenomeno può presentarsi più volte di seguito se si verificano di nuovo le medesime condizioni. Per esempio el + scartusìin + zbjöt (scondito) dà come forma effettivamente pronunciata 'l ëscartusìin ëzbjöt (il finocchio scondito). Invece in forme quali g'òo durmìit + stanòt (ho dormito stanotte) si interpone una ï, con l'ottenimento di g'òo durmìit ïstanòt. Va comunque segnalato che ïstanòt e ïstamatìna (stanotte e stamattina) esistono anche come forme lessicalizzate a fianco delle "forme base" senza ï.

Nota: talvolta, nel parlato, si verifica un'elisione dell'ultima vocale di una parola se questa è seguita da un gruppo consonantico che porta alle condizioni sopra descritte. Usando lo stesso esempio, si avrebbe dunque una forma finale del tipo e' scartusìin. Il fenomeno è differente dalla prostesi, ma il risultato nella pronuncia è uguale.

Semivocali[modifica | modifica wikitesto]

  • i, j come la i semivocalica italiana, indicata con j in posizione intervocalica (es. ja, ja) oppure quando indica l'articolo determinativo maschile plurale seguito da parola iniziante per vocale (es. j àazen), indicata con i negli altri casi. La grafia in quest'ultimo caso non necessita di apostrofo, in quanto non vi è apocope.
  • u come la u semivocalica italiana

Consonanti[modifica | modifica wikitesto]

Quasi tutte le consonanti in cremonese hanno lo stesso suono che in italiano, vengono perciò qua riportate solo le differenze e le convenzioni ortografiche.

  • c indica due suoni, come in italiano: le convenzioni sono le stesse. Inoltre c seguita da ö o da ü segue la convenzione seguente: e : c velare, "dura"; ciö e ciü: c palatale, "morbida". c in fine di parola è palatale, se velare è indicata con ch.
  • s [s] indica il suono della s italiana sorda (sasso, suono);
  • z [z] indica il suono della s italiana sonora (rosa, casa)
  • non esistono in cremonese i suoni della z [ts], [dz] italiana (pizza, mezzo, zozzo)
  • l'apostrofo indica:
    • aferesi, esempio: 'n da en (articolo indeterminativo maschile)
    • apocope, esempio: l' da la (clitico femminile, terza persona singolare)
  • non esistono in dialetto cremonese consonanti doppie

Esempi di cremonese[modifica | modifica wikitesto]

Numeri:

  • Jön
  • Dùu (m.)/dò (f.)
  • Trìi (m.)/trè (f.)
  • Quàter
  • Cìinch (ch a fine parola si pronuncia [k])
  • Sées/séez
  • Sèt
  • Vòt/òt
  • Nóof
  • Dées
  • Jöndes/Öndes
  • Dùdes
  • Trèedes
  • Quatòordes
  • Quìindes
  • Sèedes
  • Dér-sèt
  • Déz-d'òt
  • Déz-nóof
  • Vìint

Mesi dell'anno

  • Genàar
  • Febràar
  • Màars
  • Aprìil
  • Mac (la c a fine parola è [ʧ])
  • Giögn
  • Löi
  • Agùst
  • Setèember
  • Utùber
  • Nuèember
  • Dicèember

Giorni della settimana

  • Lünedé/Lünesdé
  • Martedé
  • Merculdé/Merculedé
  • Giuedé
  • Venerdé
  • Sàbet
  • Dumènica

Colori

  • Nero: néegher
  • Bianco: biàanch
  • Blu: blö
  • Giallo: giàalt/giàald/gial
  • Rosso: rùs/vermél
  • Verde: véert
  • Viola: viòola
  • Arancione: aranciòon
  • Rosa: ròoza

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Luciano Dacquati, Te'l dìghi in cremunées. Modi di dire e frasi dialettali, a cura di F. Cacciatori, Cremonabooks, 2006, ISBN 9788883590863.
  2. ^ a b Bernardino Biondelli, Saggio sui dialetti gallo-italici, 1853, pp. 4-5.
    «Il gruppo orientale è rappresentato dal Bergamasco, al quale sono strettamente congiunti, per comuni proprietà, il Cremasco, il Bresciano e il Cremonese. [...] Il Cremonese per ùltimo giace tra gli indicati confini del Lodigiano, del Cremasco e del Bresciano, e la riva sinistra del Po, che segue dalla foce dell'Adda sin presso a quella dell'Ollio, dove confina col Mantovano.»
  3. ^ Bernardino Biondelli, Saggio sui dialetti gallo-italici, 1853, p. 18.
    «Il Cremonese è fra gli orientali il più distinto dal Bergamasco. Situato fra gli Emiliani ed i Lombardi d'ambi i gruppi, esso è piuttosto in dialetto ibrido e misto degli uni e degli altri, che non originale e distinto. Infatti, lungo la zona che accompagna la riva sinistra del Po, segna il trapasso dal Lombardo all'Emiliano, assumendo parecchie proprietà distintive di questo; mentre a settentrione si confonde col Bresciano e col Cremasco, e ad occidente col Lodigiano, col quale ha comuni parecchie proprietà normali. Esso non suole mai elìdere, come gli altri orientali, le consonanti v ed n ma in quella vece fa uso di suoni nasali; ed in ciò pure si distacca dagli occidentali, pronunciando alquanta aperta la desinenza òn, e permutando la in in én [...]

    Questa proprietà, comune eziandìo al Lodigiano, segna appunto il trapasso dal Lombardo all'Emiliano, che pèrmuta per lo più quelle desinenze, come vedremo, in òun, èin, oppure in òn, èn.

    Del resto il Cremonese ha comuni cogli orientali le seguenti proprietà: pèrmuta in é la ì finale accentata, dicendo ché, , , insé per qui, mi o me, di, così; — volge sovente la o in u dicendo urtulàn, fiùr, udùr, per ortolano, fiore, odore; — e la u in ö, dicendo giöst, göst, töt, löm, per giusto, gusto, tutto, Iume. Termina in ér le voci italiane che finiscono in ere ed ajo; ed i participi dei verbi in àt, ìt, üt
  4. ^ a b lombardi, dialetti in "Enciclopedia dell'Italiano", su www.treccani.it. URL consultato il 30 novembre 2022.
    «I dialetti parlati lungo la fascia lombarda meridionale, sulla riva sinistra del Po nonché nell’Oltrepò pavese e in quello mantovano, presentano marcati tratti di transizione ad altri gruppi dialettali. Per es., nel pavese (ad eccezione di quello cittadino, che ha subito l’influsso milanese) si trova la vocale centrale /ə/ tonica, come in piemontese: [sək] «secco», [ˈməsa] «messa». Il cremonese conosce l’opposizione tra vocali lunghe e brevi anche in sillaba non finale, come nei dialetti emiliani: [ˈveːder] «vetro» ~ [ˈveder] «vedere». In mantovano è molto frequente la caduta delle vocali atone, fenomeno tipicamente emiliano: [fnir] «finire», [ˈdmɛnga] «domenica». Più in generale sono presenti, specialmente in mantovano e cremonese, ma talvolta anche più a ovest, tipi lessicali emiliani come brisa «briciola», ris «trucioli».»

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giovanni Lonati, Gazaboi. Poesie in dialetto cremonese. Rist. Cremonabooks, Cremona: 2004.
  • Giorgio Rossini, Capitoli di morfologia e sintassi del dialetto cremonese. La Nuova Italia, Firenze: 1975, pp. XVI-212 (LXXVI)