Dialetto altarese

Altarese
Altarais
Parlato inBandiera dell'Italia Italia
Parlato inAltare
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        Dialetti dell'Alta Val Bormida
         Dialetto altarese
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1

Tucci i òmi nascio libari e compägni in dignitä e dricci. E son dutäi ëd na raxon e‘d na coscienza e e l’han da comportesse iugni con i ätri int in spìrit ëd fraternitä

Il dialetto altarese è una parlata di transizione tra il piemontese nella sua varietà sud-occidentale (soprattutto il monregalese)[1] e la lingua ligure, ascrivibile ai dialetti dell'alta Val Bormida, parlato tradizionalmente nel comune di Altare, in Val Bormida. È attestato in forma scritta solo nel XX secolo[2].

Caratteristiche della parlata[modifica | modifica wikitesto]

A seguire una lista delle derivazioni dei tratti fonetici del dialetto altarese[3]:

Tratti fonetici e morfologici piemontesi[modifica | modifica wikitesto]

Tra i tratti caratteristici che evidenziano la fortissima connessione - se non proprio l'appartenenza liminale - alle parlate piemontesi, soprattutto quelle alto-monregalesi[4], possiamo citare :

  • Il più evidente, la perdita delle vocali atoniche finali eccetto la “a”
  • L'uscita in e aperta dell'infinito per i verbi della prima coniugazione, laddove in genovese si ha /a/. Es. gen Atisâ (attizzare), alt tizè; serâ (chiudere) vs. srè; atoâ (attuare), in altarese atuè; ecc.
  • La palatizzazione di CT che passa a JT oppure addirittura a CC come in piemontese orientale (es. nœcc= notte, fricc= fritto, Nioci = noialtri, tücci = tutti).
  • Il passaggio della U lunga latina alla U francese, comune anche al ligure.
  • L’esito di GU, seguito da vocale, è V (es. vordè = guardare)
  • La A tonica velarizzata, ovvero la /a/ tonica passa ad una /o/, questo tratto non è specificamente piemontese ma è presente in molti suoi dialetti, con caratteristiche simili all'altarese, come il resto dei dialetti valbormidesi (di transizione piemontesi-liguri), o nettamente piemontesi come il monferrino, il monregalese e il langarolo[2][5]
  • L'elisione vocalica tra due consonanti ( es.: fnugg invece di *fenuggio, lvè invece di *levậ)
  • La e "muta" o schwa
  • la costruzione delle frasi con l'aggiunta dei pronomi personali alla fine dei verbi: es. peus dive, "posso dirvi"
  • la particella pronominale locativa e dativa è j
  • la coniugazione dei verbi coincide con quella dei dialetti monregalesi (specie quelli alto-monregalesi)
  • la tendenza del fonema /æ/, ovvero la /e/ aperta o /è/, a spostarsi con regolarità verso una /a/ o verso il dittongo /ài/, specie se seguita da consonanti nasali, come anche dei dittonghi èi ed èj, che si trasformano rispettivamente in ài e àj

Tratti fonetici e morfologici liguri[modifica | modifica wikitesto]

Tra i tratti fonetici tipicamente liguri, ricordiamo[2][6]:

  • La palatalizzazione dei nessi FL, PL, BL, GL passati regolarmente a /ʃ/,/tʃ/ e /dʃ/ : Es. sciu fiore (piemontese fior) ; sciomma fiamma ; cian piano (pie. pian) ; dugg doppio
  • La lenizione di P e B. Tuttavia la lenizione non prosegue fino alla totale scomparsa, come nelle parlate rivierasche.
  • Il rotacismo della L intervocalica (es. mürén = mulino), comune anche ai dialetti monregalesi finitimi. Il legame con questi ultimi fa sì che, contrariamente a quanto accade alle parlate liguri costiere - dove la R intervocalica, attestata in forma scritta nel passato, è andata scomparendo - ad Altare essa si conservi, dando alla parlata un carattere arcaico rispetto al genovese (gen.) Ad esempio gen. giâ (girare), alt. girè; uinà (orinare) ürinè; scigoȇlo (fischietto) sciguré; pitûa vs. pitüra; tȏa (tavola) vs. tóra, ecc.
  • la negazione si fa prima del verbo[2] (es. e gni vag= non ci vedo; e'n pósc= non posso, e'n nun pii= non ne prendo) come nei dialetti liguri, e non dopo, come in piemontese.
  • il plurale dei sostantivi e degli aggettivi al maschile termina sempre in -i

Altre caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Il sistema vocalico è caratterizzato dallo spostamento completo della a palatale ad o aperta e di è aperta ad a[5]. Tale spostamento della e aperta alla a fu assai comune nelle parlate rurali, secondo quanto notato già da Maurizio Pipino nel 1783[7].

Se la negazione è di tipo ligure (senza la struttura discontinua del piemontese) e il vocabolario è in grandissima parte ligure, come si può constatare dal confronto diretto tra il vocabolario[8] del professor Sguerso[2] e un vocabolario genovese[9], i molti tratti piemontesi, a cui possiamo aggiungere gli articoli (er, ra), avvicinano la parlata di Altare al Monferrato e all’Alessandrino, rendendola veramente una varietà linguistica a sé stante, come molte parlate cosiddette di "transizione".

Grafia[modifica | modifica wikitesto]

A differenza del piemontese o del ligure, l'altarese non ha una grafia storica[2]. Come in altre parlate ponentine, si ricorre, per gli esempi di questa pagina, ad una soluzione ibrida proposta da alcuni autori[6], id est: alla umlaut per la /u/ anteriore “francese” e al digramma eu per la vocale semichiusa /ø/. La a palatale, sempre tonica, è indicata con o perché così suona ai parlanti di Altare[2], mentre , in altri paesi della Val Bormida, essa conserva un timbro intermedio tra la o e la a toscana. Come in genovese[10], alla vocale o lunga del latino corrisponde regolarmente una vocale simile alla u del toscano. Notiamo che il Prof. Silvio Sguerso[2] utilizza una scrittura diversa, che conserva la a e la e etimologiche anche quando esse sono passate, rispettivamente a /o/ e al dittongo /ai/.

Uso[modifica | modifica wikitesto]

L'uso del dialetto altarese ebbe il suo periodo di spicco soprattutto tra '800 e '900, con la diffusione dell'attività di vetreria per cui il paese divenne noto al di fuori della zona valbormidese. Secondo i parlanti attuali, all'epoca dell'attività vetraria tradizionale il dialetto altarese era utilizzato a tutti i livelli della società, in casa come per gli affari, e conosceva un gergo specifico e specializzato tra i vetrai. Questa situazione di supremazia dialettale è andata lentamente erodendosi, come nel resto della Liguria, fino ad un arresto completo della trasmissione, anche conseguenza della fine dell'attività vetraria. Era presente una diglossia, oggi interamente scomparsa, tra dialetto cittadino e dialetto rurale[1].

Esempi[modifica | modifica wikitesto]

Durante la secolare attività vetraria, l'altarese si è arricchito di vocaboli di varia origine[11][6]. Ad esempio:

Agrén sm. (pl.agrigni). Sc-córie d’ra gassificazión d’er carbón e dra lignite ch’e's miggiävo in tzimma a ra grîa (v.) der gaógeno. Scorie del carbone coke, della lignite e anche della legna che formavano, sulla griglia del gassogeno, agglomerati pietrosi di colore grigio di diverso tenore, ma anche di colore biancastro e talvolta marrone. Il materiale marrone era di consistenza legnosa . Il termine è attestato dal secolo XII.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Maria Brondi, Er parlè di vèdrei ed L'Atè. URL consultato il 22 marzo 2023.
  2. ^ a b c d e f g h Silvio Sguerso, Il dialetto altarese, Savona, Sabatelli, 1972.
  3. ^ Si veda un esempio parlato del dialetto alterese nel seguente video:https://www.youtube.com/watch?v=g6YdmUKuBRg
  4. ^ Fortissime sono le affinità fonetiche e morfologiche, ad esempio, con i dialetti delle valli Casotto e Mongia. Si veda per un confronto la sezione "Lingue e dialetti locali" di Monasterolo Casotto
  5. ^ a b Pietro Cadelli, Il sistema vocalico del dialetto altarese, in Quaderni dell'archivio linguistico valbormidese, Ist. internaz. di studi liguri - sezione Valbormida, 1990.
  6. ^ a b c Brondi, Er parlè di vèdrei ed l’Atè, su storiapatriasavona.it, Società Savonese di Storia Patria, 2017.
  7. ^ Maurizio Pipino, Vocabolario piemontese, Stamperie Reali, 1783.
  8. ^ È il solo vocabolario esistente dell'altarese, molto limitato. Si veda anche la lista vocaboli riportata da Mari Parry, citata in bibliografia.
  9. ^ Esistono numerosi dizionari storici per il Genovese, quali quello di Giovanni Casaccia (1876), quello di Gaetano Frisoni (1910) e quello di Fiorenzo Toso (1998).
  10. ^ Grammatica del genovese, Le Mani-Microart, 1997, ISBN 8880120727.
  11. ^ Gino Bormioli, Lessico del vetraio, 1993.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Mair Parry , Sociolinguistica e grammatica del dialetto di Cairo Montenotte: Parluma ‘d Còiri, Società Savonese di Storia Patria , Ed. Liguria, 2005.
  • Ponza Michele Sacerdote, Vocabolario Piemontese-italiano, Torino, 1846.
  • Giovanni Casaccia , Dizionario genovese italiano, 2ª ed., Genova 1876
  • Sergio Aprosio, Vocabolario Ligure Storico- Bibliografico, sec. X-XX, Società Savonese di Storia Patria, Savona, Sabatelli, 2003
  • Fiorenzo Toso , Vocabolario delle parlate liguri, Genova, 1985-1992 (voll.4);Studi e ricerche sui dialetti dell’Alta Val Bormida, Millesimo 2001; Liguria linguistica. Saggi. 1987-2005, Ventimiglia, 2006
  • Thomas Hohnerlein Buchinger , Concordanze lessicali dell’Alta Val Bormida con i dialetti dell’Italia Settentrionale, Berlino, New York , 2002