Ausgleich

Incoronazione di Francesco Giuseppe I ed Elisabetta come Re e Regina d'Ungheria, avvenuta l'8 giugno 1867 nella chiesa di Mattia a Buda, capitale dell'Ungheria

Il compromesso austro-ungarico (Österreichisch-Ungarischer Ausgleich), noto anche come Ausgleich (lett. "compenso" o "appianamento" in tedesco, pronuncia /ˈaʊ̯sˌglaɪ̯ç/; in ungherese kiegyezés, pronuncia /'kiɛʝɛzeːʃ/), è la riforma costituzionale promulgata il 12 giugno 1867 dall'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe, con la quale l'Ungheria otteneva una condizione di parità con l'Austria all'interno della monarchia asburgica, segnando il passaggio dall'Impero austriaco all'Impero austro-ungarico[1].

L'accordo[modifica | modifica wikitesto]

L'Ausgleich fu istituito dopo la sconfitta subita dall'Impero d'Austria nella guerra del 1866 contro la Prussia (e i suoi alleati tedeschi) e l'Italia, a causa del ridimensionamento internazionale dell'Austria e delle crescenti tensioni interne, soprattutto magiare, che avrebbero potuto compromettere l'esistenza stessa dell'Impero.[2] Le trattative iniziarono nel 1865 e furono condotte a buon fine dopo la guerra da Friedrich Ferdinand von Beust per l'Austria e da Ferenc Deák e Gyula Andrássy per l'Ungheria.[3]

In base all'Ausgleich si venne a creare una duplice monarchia formata da due Stati distinti, la Cisleitania e la Transleitania, con costituzioni, parlamenti e governi distinti[2]. In Austria venne costituito un parlamento democratico[4]. Le due entità mantenevano in comune la stessa dinastia regnante e tre ministeri, Esteri, Esercito e Marina, e Finanze[1]; in più mantenevano un'unione doganale[2].

Sulle questioni economiche e finanziarie erano previsti accordi decennali rinnovabili. Le spese comuni furono stabilite inizialmente nella proporzione del 70% dell'Austria e del 30% dell'Ungheria. L'Augsleich veniva rinnovato ogni dieci anni per regolare le questioni finanziarie e commerciali. Questo accordo permise all'Impero asburgico di consolidarsi e di sopravvivere altri cinquant'anni.[2]

Critiche[modifica | modifica wikitesto]

L'accordo non risolse il problema etnico[2]: la duplice monarchia mantenne su un livello piramidale le varie popolazioni dell'impero multi-etnico, ponendo al vertice solo i tedeschi e gli ungheresi, mettendo in minoranza le popolazioni slave[1] e romanze. Infatti, in base al ristretto suffragio censitario presente in entrambe le entità statali, i tedeschi ottennero il 67% dei seggi nel parlamento di Vienna e i magiari il 90% di quello di Budapest, anche se entrambe le popolazioni non superavano il 40-50% nei rispettivi Stati[2].

Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este - sostenitore, nella famiglia imperiale, di un "trilateralismo" che includesse gli slavi tra le popolazioni a rango superiore, a fianco degli austriaci e degli ungheresi - aveva il seguente parere riguardo all'Ausgleich.

«Fra i progetti di Francesco Ferdinando, principe di mentalità assolutistica, ma dotato di non trascurabile capacità intellettuali e d'indubbia serietà morale, figurava [...] la risoluzione di rinsaldare la compagine dello Stato e di consolidare l'autorità e la popolarità della Corona, con l'equiparazione effettiva di tutte le nazionalità dell'Impero e dunque con la smobilitazione della supremazia se non dei tedeschi, certamente di quella, assai più pesante, dei magiari, sulle nazionalità slave e romena che nel 1848-49 avevano salvato la dinastia, opponendosi con le armi alla rivoluzione ungherese.[...] Francesco Ferdinando nel 1895 e nel 1913, con una sostanza rimarchevole dati i mutamenti del ventennio intercorso, [disse] che l'introduzione del dualismo, nel 1867, era stata una catastrofe e che, ascendendo al trono, egli intendeva ripristinare un forte potere centrale unitario, ma lo riteneva possibile solo con la contemporanea concessione di larghe autonomie amministrative a tutte le nazionalità della monarchia. Anche al ministro degli Esteri, Berchtold, Francesco Ferdinando ripeté così con una lettera del 1º febbraio 1913, con cui spiegare perché non riteneva opportuna la guerra con la Serbia, che 'l'irredentismo da noi, nel paese [...] cesserà immediatamente, se si procura ai nostri slavi un'esistenza confortevole, giusta e buona, invece di calpestarli, come i magiari facevano. Ben perciò, tracciando il profilo dieci anni dopo la sua morte, Berchtold scriveva che l'arciduca avrebbe cercato, una volta fosse salito sul trono, di sostituire al dualismo il federalismo supernazionale

Un diverso tipo di critica è quello avanzato da Robert Musil:

«Questo concetto dello stato austro-ungarico era così stranamente congegnato che sembra quasi vano tentar di spiegarlo a chi non ne abbia personale esperienza. Non era fatto di una parte austriaca e di una parte ungherese che, come si potrebbe credere, si completavano a formare un tutto, ma di un tutto e di una parte, cioè di un concetto statale ungherese e di un concetto statale austroungarico, e quest'ultimo stava di casa in Austria, per cui il concetto statale austriaco era in fondo senza patria. L'austriaco esisteva soltanto in Ungheria, sotto forma di avversione; a casa sua si dichiarava suddito dei regni e dei paesi della Monarchia austroungarica rappresentati alla Camera, che sarebbe come dire un austriaco più un ungherese meno quest'ungherese; e non lo faceva per entusiasmo, ma per amore di un'idea che gli ripugnava, perché non poteva soffrire gli ungheresi, così come gli ungheresi non potevan soffrire lui, cosicché la faccenda diventava ancor più complicata. Molti perciò si definivano semplicemente polacchi, cèchi, sloveni o tedeschi, e questo produceva ulteriori divisioni.»

Questa constatazione era alla base dell'invenzione dell'azione parallela, su cui incentra l'inizio de L'uomo senza qualità: si tratta di un misterioso progetto in previsione del settimo decennale di regno di Francesco Giuseppe. Con un anticipo di cinque anni sulla scadenza del 1918, la frenetica attività amministrativa - descritta sarcasticamente dall'autore - non è in grado di definire i contenuti stessi dell'avvenimento progettato[5]: esso si connota solo per la sua conclamata duplicità, pari appunto alla duplice natura della burocrazia imperial-regia[6].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Ausgleich nell'Enciclopedia Treccani, su treccani.it. URL consultato il 2 ottobre 2016.
  2. ^ a b c d e f Tommaso Detti e Giovanni Gozzini, Storia contemporanea: L'Ottocento, B. Mondadori, 1º gennaio 2000, ISBN 978-88-424-9346-4. URL consultato il 2 ottobre 2016.
  3. ^ Sapere.it, Ausgleich - Sapere.it, su sapere.it. URL consultato il 2 ottobre 2016.
  4. ^ Anthony Haywood e Kerry Walker, Austria, EDT srl, 1º gennaio 2008, ISBN 978-88-6040-294-3. URL consultato il 2 ottobre 2016.
  5. ^ Robert Musil, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. il progetto "è altrettanto indefinibile e indefinito, come è indefinibile e indefinita l'Austria stessa (...) Paese sconcertante e polivalente, accozzaglia di razze e di nazioni, immobile insieme e mobilissimo, puntigliosamente burocratico e percorso da strane libertà di pensiero, accentratore e conservatore, eppure pieno di contraddizioni liberaleggianti".
  6. ^ Sul fatto stesso che questo duplice aggettivo (abbreviato in K.K.) accompagnasse tutte le intestazioni di atti amministrativi, tutte le iscrizioni pubbliche e persino tutte le divise ed uniformi, si fonda l'ironica scelta del nome (KaKania) del Paese di fantasia in cui Musil ambienta la sua opera: cfr. L'agonia della Dalmazia italiana sotto Francesco Giuseppe.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Leo Valiani, La dissoluzione dell'Austria Ungheria, Milano, Il saggiatore, 1996.
  • (EN) Mark Cornwall (a cura di), The last years of Austria-Hungary: a multi-national experiment in early twentieth-century Europe, Exeter, University of Exeter press, 1990, ISBN 0-85989-563-7.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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