Cesare Taparelli d'Azeglio

Stemma della famiglia Taparelli d'Azeglio

Cesare Taparelli, Marchese d'Azeglio (Torino, 10 febbraio 1763Genova, 26 novembre 1830) è stato un nobile italiano del Regno di Sardegna, padre di Luigi e Massimo d'Azeglio, attivista cattolico ed infine destinatario della Lettera sul Romanticismo di Alessandro Manzoni.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Origini e dedizione a Casa Savoia[modifica | modifica wikitesto]

Nato a Torino il 10 febbraio 1763 da Roberto e Giustina Genolla Taparelli (morta nel dare alla luce il figlio[1]), Cesare, come tutti i nobili savoiardi, seguì un rigido addestramento militare che lo vide, nel corso della giovinezza, servire in vari reggimenti in diverse città del Regno[2][3]. Sposatosi nel 1788 con Cristina Morozzo della Rocca dei marchesi di Bianzè, Cesare partecipò alla prima coalizione antifrancese del 1792 (durante la quale fu preso prigioniero[4]) servendo fedelmente prima Vittorio Amedeo III e poi, dopo l'armistizio di Cherasco del 1796, il successore Carlo Emanuele IV, offrendosi in ostaggio al posto del sovrano pur di lasciarlo a guida del Paese[2][5]. Quando poi Carlo Emanuele fuggì in Sardegna e gli Stati sabaudi furono occupati dalle truppe rivoluzionarie francesi, il d'Azeglio rimase legato alla causa dinastica fino al ritorno di Napoleone dalla Campagna d'Egitto e la vittoria di Marengo[6].

Da Napoleone alla Restaurazione[modifica | modifica wikitesto]

Cesare e la sua famiglia trovarono rifugio momentaneo a Firenze ove, nel 1800, conobbe il compatriota Vittorio Alfieri, con cui strinse amicizia[2]. L'esilio fiorentino durò fino al 1807, quando un decreto napoleonico costrinse tutti i fuoriusciti piemontesi a rientrare in patria: Cesare vi si adeguò, ma non partecipò mai alle iniziative dei dominatori, ma le combatté con la fondazione d'ispirazione nazionale dell'Accademia dei Concordi[2][7]. Nel 1814, dopo il crollo dell'Impero Napoleonico e il ritorno a Torino di Vittorio Emanuele I, fu nominato da quest'ultimo ambasciatore presso papa Pio VII per regolare i rapporti tra Regno di Sardegna e Chiesa ma, davanti alle pretese regalistiche della corte sabauda il d'Azeglio, fedele cattolico, presentò le sue dimissioni da plenipotenziario[2].

Gli ultimi anni[modifica | modifica wikitesto]

Rimasto vicino ai Savoia durante i moti del 1820-21 (anche se fu indignato dell'abdicazione di Vittorio Emanuele[2][8]), fu creato nel 1828 "grande di Corona" in segno di riconoscimento di fedeltà alla dinastia. Morì a Genova il 26 novembre 1830[9].

Il cattolicesimo militante[modifica | modifica wikitesto]

Dall'Amicizia cristiana all'Amicizia cattolica[modifica | modifica wikitesto]

Fin dal 1788, Cesare d'Azeglio iniziò un profondo rinnovamento spirituale, passando da una fede formale ad un decisivo impegno nel servizio della fede cattolica. In quell'anno, infatti, entrò a far parte dell'associazione l'Amicizia cristiana, fondata a Torino nel 1775 dal gesuita Diessbach, la quale si proponeva di combattere le idee illuministiche e il giansenismo attraverso l'attiva partecipazione degli aderenti alla morale cattolica e l'impegno intellettuale nella società[10][11].

Dopo la disgregazione del Regno di Sardegna e l'esilio fiorentino, D'Azeglio fondò la rivista L'Ape, rivista cattolica vicina alle posizioni ultramontaniste di René de Chateaubriand e Giovanni Marchetti e sostenitrice delle prerogative papali davanti alle riforme ecclesiastiche rivoluzionarie tendenti alla creazione di un clero nazionale[2].

Il periodo più importante periodo della vita del cattolico d'Azeglio fu però il decennio tra il 1817 e il 1828 allorché, sulla scia della Restaurazione, L'Amicizia cristiana fu rifondata sotto il nome de L'Amicizia cattolica, di cui il d'Azeglio medesimo divenne il presidente[2][12]. L'associazione, sostenuta dal venerabile Pio Brunone Lanteri degli Oblati di Maria[12] e più tardi dallo stesso re Carlo Felice, si proponeva gli stessi scopi dell'antica associazione pre-rivoluzionaria. Nel 1822, divenne redattore della rivista

L'Amico d'Italia, ufficialmente distinto dall'Amicizia Cattolica ma in realtà «un [suo] completamento»[2], al quale partecipò anche Antonio Rosmini[13].

Verso il 1825, però, gli organi capeggiati dal D'Azeglio furono sempre più osteggiati da ambienti di corte, alcuni ambienti teologici dell'Università di Torino e anche dal ministro degli esteri russo Nesselrode, i quali vedevano nell'Amico d'Italia una longa manus dei clericali per conquistare appieno il potere[2]. Davanti alle pressioni congiunte di questi ambienti, nel 1828 l'Amico d'Italia perse il sostegno regio e nel 1829 terminò, anche per la cattiva salute del D'Azeglio, le sue pubblicazioni[2].

La Lettera sul Romanticismo[modifica | modifica wikitesto]

Cesare d'Azeglio è ricordato, però, soprattutto per essere stato il destinatario della lettera che il futuro consuocero, lo scrittore milanese Alessandro Manzoni, gli inviò nel 1823[14]. In tale lettera, l'allora massimo esponente del romanticismo italiano cercò di chiarire la natura della poetica romantica, mal vista dal tradizionalista D'Azeglio, ancorato ancora al neoclassicismo settecentesco[15]. Oltre a ribadirne il valore morale, il futuro autore de I Promessi Sposi difese la scelta di scegliere il romanticismo in quanto rispondeva alla necessità del vero, rifiutava la mitologia per essere coerente con la religione cristiana da lui professata e il valore "sociale" ed "educativo" che tale movimento aveva, riassunto nel celebre asserto:

«[...] Il principio, di necessità tanto più indeterminato quanto più esteso, mi sembra poter esser questo: Che la poesia, e la letteratura in genere debba proporsi l'utile per iscopo, il vero per soggetto, e l'interessante per mezzo.»

Discendenza[modifica | modifica wikitesto]

Cesare d'Azeglio, come ricordato prima, sposò nel 1788 Cristina Morozzo di Bianzè (1760-1838), da cui ebbe otto figli[2][16]:

  • il primo morto appena nato
  • altri quattro premorti al padre in tenera età (Metilde nel 1813, Enrico nel 1824, Giuseppe Luigi poco dopo la sua nascita nel 1796, e Melania nel 1807)
  • Roberto
  • Prospero-Luigi (futuro gesuita)
  • Massimo

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ D'Azeglio, p. 20.
  2. ^ a b c d e f g h i j k l Verucci.
  3. ^ D'Azeglio, pp. 25-28.
  4. ^ D'Azeglio, p. 45.
  5. ^ D'Azeglio, p. 74.
  6. ^ D'Azeglio, pp. 74-75.
  7. ^ Dimivi.
  8. ^ D'Azeglio, 2, pp. 4-5.
  9. ^ Così Verucci; il D'Azeglio, in D'Azeglio, 2, p. 325, afferma invece che il padre morì il 29 novembre del 1831.
  10. ^ Verucci:

    «Questa associazione era nata con l'intentodi opporsi ai principi dell'illuminismo, del razionalismo e del giansenismo, considerati eversivi della società religiosa e di quella politica, collocandosi sullo stesso terreno degli avversari: unendo cioè i cattolici in una organizzazione segreta come quelle che si volevano combattere, e che si proponeva, oltre a una purificazione religiosa dei suoi membri, la diffusione, soprattutto mediante i libri, dei principi cristiani; costituita principalmente di ecclesiastici, essa aveva i caratteri di una congregazione religiosa.»

  11. ^ Dimivi:

    «L’associazione aveva come finalità di opporsi al giansenismo, considerato eversivo dei principii religiosi. Gli iscritti si proponevano soprattutto la diffusione, mediante libri, del pensiero cristiano.»

  12. ^ a b Cesare d'Azeglio.
  13. ^ Verucci:

    «Su invito rivoltogli nel 1821 dall'A[zeglio], Rosmini collaborò e procurò collaboratori all'Amico d'Italia, e fondò nel 1819 un'Amicizia Cattolica a Rovereto, con l'aiuto del gruppo torinese.»

  14. ^ Ferroni, p. 238.
  15. ^ Verucci, nel ricordare il rifiuto di Manzoni a partecipare all'Amico d'Italia, ricorda l'opinione del d'Azeglio sul romanticismo:

    «Analogo invito rifiutò invece il Manzoni, cui non poteva piacere, oltre che, probabilmente, l'indirizzo politico-religioso dell'Amicizia Cattolica e del suo giornale, la difesa che in questi ambienti si faceva del classicismo contro la nuova poetica romantica: fu proprio in risposta a una pur cauta lettera dell'A[zeglio] su questa questione che il Manzoni scrisse nel 1823 la sua Lettera sul Romanticismo, poi stampata nel 1846.»

  16. ^ Si veda anche il profilo di Cassiglioli su geni.it

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN79269261 · ISNI (EN0000 0001 1475 7109 · CERL cnp00350195 · LCCN (ENno2008154257 · GND (DE104093919 · WorldCat Identities (ENlccn-no2008154257
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