Carlo Fecia di Cossato

«Da mesi e mesi non faccio che pensare ai miei marinai che sono onorevolmente in fondo al mare. Penso che il mio posto è con loro.»

Carlo Fecia di Cossato
SoprannomeIl "Corsaro dell'Atlantico"[1]
NascitaRoma, 25 settembre 1908
MorteNapoli, 27 agosto 1944
Cause della morteSuicidio
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Italia
Forza armataRegia Marina
SpecialitàSommergibilista
GradoCapitano di Fregata
GuerreGuerra d'Etiopia - Seconda guerra mondiale
CampagneCampagna italiana dell'Atlantico - Mediterraneo
Comandante diSommergibile Enrico Tazzoli; 3ª Squadriglia Torpediniere
DecorazioniMedaglia d'Oro al Valor Militare
voci di militari presenti su Wikipedia

Carlo Fecia di Cossato (Roma, 25 settembre 1908Napoli, 27 agosto 1944) è stato un militare italiano. Prestò servizio con la Regia Marina durante la seconda guerra mondiale e fu un "asso" dei sommergibilisti con 17 navi nemiche affondate. Gli fu conferita la medaglia d'oro al valor militare.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

La carriera anteguerra[modifica | modifica wikitesto]

Nacque a Roma da una nobile famiglia piemontese sostenitrice della monarchia sabauda. Completò gli studi al Regio collegio militare di Moncalieri e frequentò l'Accademia Navale di Livorno, dalla quale uscì nel 1928 con il grado di guardiamarina: fu subito imbarcato sul sommergibile Bausan.

Promosso sottotenente di vascello, nel 1929 fu destinato alla Cina e imbarcato sull'incrociatore Libia, da cui fu destinato al Distaccamento Marina di Pechino. Tornato in Italia nel 1933, frequentò il Corso superiore da tenente di vascello e a bordo dell'incrociatore Bari, posto alla difesa del porto di Massaua, prese parte alla Guerra d'Etiopia. Successivamente, imbarcato su unità sommergibile, partecipò a due missioni speciali nelle acque spagnole durante la guerra civile spagnola.

Nel 1939 frequentò la Scuola Sommergibili di Pola e a 32 anni fu nominato capitano di corvetta e comandante di sommergibile.

Scoppia la seconda guerra mondiale[modifica | modifica wikitesto]

Allo scoppio della seconda guerra mondiale, fu assegnato alla XXXIII Squadriglia di stanza a Messina, e al comando del sommergibile Ciro Menotti operò in numerose missioni nel Mediterraneo. Nell'autunno 1940 fu trasferito alla Base Betasom di Bordeaux, da cui i sommergibili italiani operavano nel teatro atlantico: qui fu imbarcato come ufficiale in seconda sul sommergibile Enrico Tazzoli, al comando di Vittore Raccanelli.

Al comando dell'Enrico Tazzoli[modifica | modifica wikitesto]

Il 5 aprile 1941, Fecia di Cossato assunse il comando dell'Enrico Tazzoli, in sostituzione di Vittore Raccanelli destinato al sommergibile Reginaldo Giuliani, e lo stesso giorno fu nominato come secondo ufficiale a bordo del Tazzoli il tenente di vascello Gianfranco Gazzana Priaroggia che si sarebbe successivamente distinto al comando del sommergibile Archimede e soprattutto del Leonardo Da Vinci. Fecia di Cossato volle un equipaggio composto da soli volontari:

«Se qualcuno vuole sbarcare lo dica subito. Io intendo partire con gente pronta a tutto.»

I primi affondamenti[modifica | modifica wikitesto]

Fecia di Cossato (al centro) scruta l'orizzonte dalla torretta del Tazzoli

Il 7 aprile 1941 prese il mare diretto al largo dell'Africa Occidentale e il 12 aprile attaccò due incrociatori britannici. Subito dopo l'attacco si immerse per sfuggire all'altro incrociatore e quando riemerse sul luogo dell'attacco Cossato rinvenne una vasta macchia di nafta e vide la sagoma di un incrociatore allontanarsi[3][4]. Sul libro di bordo annotò soltanto l'avvenuto attacco e da parte inglese anche dopo la guerra non arrivarono conferme[3]. Il 15 aprile affondò il piroscafo da carico inglese (ex-francese) Aurillac (4733 tsl) cui diede poi il colpo di grazia con altri due siluri e col cannone[5]: si trattò della prima vittoria di Fecia Da Cossato in qualità di comandante[3]. Il 7 maggio seguì il piroscafo norvegese Fernlane e il 9 la petroliera norvegese Alfred Olsen[6]: la Alfred Olsen fu un avversario particolarmente ostico e, dopo due giorni di inseguimento[7], riuscì ad affondarla solo dopo aver lanciato tutti i siluri ancora disponibili e sparato cento colpi di artiglieria[5], cosa che costrinse il Tazzoli a fare ritorno alla base. Lungo la strada, fu attaccato da un aereo nemico, ma la reazione delle mitragliatrici di bordo costrinse l'aereo ad allontanarsi in fiamme[5].

Il 25 maggio il Tazzoli rientrò a Bordeaux, dove Fecia di Cossato fu decorato con la medaglia d'argento al valor militare. Il 15 luglio 1941 Fecia di Cossato guidò il Tazzoli in una nuova missione, nel corso della quale, il 12 agosto, affondò il piroscafo inglese Sangara, già danneggiato da un precedente attacco di U-Boot[8], e il 19 la petroliera norvegese Sildra, per rientrare poi alla base l'11 settembre[6]. A seguito di questa seconda missione Fecia di Cossato fu decorato con la medaglia di bronzo al valor militare, ricevendo anche la Croce di ferro di seconda classe[6] tedesca.

Il salvataggio dei naufraghi dell'Atlantis e del Python[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Atlantis (HSK 2).

Nel dicembre del 1941, partì da Bordeaux per partecipare al salvataggio di oltre 400 naufraghi che erano a bordo della nave di rifornimento tedesca Python, affondata al largo delle isole di Capo Verde; il Python aveva a bordo anche i naufraghi della famosa nave corsara Atlantis che era stata affondata precedentemente. Gli U-Boot tedeschi risultarono insufficienti ad accogliere tutti i naufraghi, pertanto il comando tedesco si risolse a richiedere l'intervento anche dei sommergibili italiani[6], che avrebbero atteso i naufraghi al largo delle isole di Capo Verde[9]. I sommergibili che si trovavano a Betasom sbarcarono quindi gran parte dell'equipaggio e imbarcarono ingenti quantità di viveri e acqua. A bordo del Tazzoli furono imbarcati circa settanta naufraghi, tra cui il vice-comandante tedesco dell'Atlantis Ulrich Mohr, autore dell'omonimo libro in cui dopo la guerra descrisse l'epopea della nave corsara tedesca, e che descrisse l'aiuto dato dal Tazzoli e rilevò il grande affiatamento tra l'equipaggio e il suo comandante[10].

La notte di Natale, il Tazzoli, che navigava in superficie approfittando del buio, fu costretto a una rapida immersione quando fu attaccato da un solitario aereo nemico[11]. I naufraghi furono sbarcati nella base tedesca di Saint-Nazaire, dove già li attendeva il Fregattenkapitän (Capitano di fregata) dell'Atlantis Berhard Rogge che espresse grande ammirazione per il comandante italiano[12]. Al ritorno a Betasom, Fecia di Cossato fu insignito dall'ammiraglio Dönitz in persona dell'importante decorazione tedesca della Croce di ferro di 1ª Classe; la stessa decorazione fu assegnata ai comandanti degli altri tre sommergibili impiegati nell'operazione di recupero dei naufraghi dell'Atlantis, il comandante De Giacomo del sommergibile Torelli, il comandante Olivieri del sommergibile Calvi, e il comandante Giudice del sommergibile Finzi.

Lungo le coste americane[modifica | modifica wikitesto]

1º agosto 1942 Affondamento del greco Castor

L'11 febbraio 1942 Fecia Di Cossato partì per una nuova missione presso le coste americane: gli Stati Uniti erano nel frattempo entrati in guerra. Il 6 marzo affondò il piroscafo olandese Astrea e il giorno seguente la motonave norvegese Torsbergfjord. Il 9 fu la volta del piroscafo uruguaiano Montevideo, che era un'ex-nave italiana che non essendo riuscita a riparare in porto neutrale alla dichiarazione di guerra era stata requisita e immessa nella flotta uruguaiana[12]. L'11 marzo fu invece affondato il piroscafo panamense Cygney. In quei giorni la propaganda americana aveva ironizzato sulla Regia Marina, accusando i marinai italiani di non aver coraggio di spingersi fino alle coste americane, così Cossato in torretta e mostrando un tricolore urlò all'indirizzo dei naufraghi sulla scialuppa: «E adesso andate a raccontare agli americani che non è vero che gli italiani vengono fin qui ad affondare le navi»[12]. Il 13 marzo fu la volta dell'inglese Daytoian, poi il 15 della petroliera inglese Athelqueen.

Nel corso del combattimento il Tazzoli fu danneggiato: pertanto Fecia decise di rientrare alla base il 31 marzo. A seguito di questa fruttuosa missione Cossato fu decorato con una seconda medaglia d'argento al valor militare e da parte tedesca con la Croce di 2 classe con Spada dell'Ordine dell'Aquila[12]. Il 18 giugno 1942 Cossato ripartì per i Caraibi per una nuova missione; qui il 2 agosto attaccò e affondò la greca Castor e il 6 la petroliera norvegese Havsten. Prima dell'affondamento, Cossato diede il tempo ai marinai nemici di riparare su una nave argentina. Il 5 settembre il Tazzoli fece rientro alla base; per questa missione a Carlo Fecia di Cossato fu conferita la medaglia di bronzo al valor militare.

21 dicembre 1942. Il Tazzoli si appresta a recuperare da una barca di salvataggio un naufrago ferito della Queen City

Il 14 novembre 1942 Cossato partì per la sua ultima missione a bordo del Tazzoli. Il 12 dicembre furono intercettati e affondati il piroscafo inglese Empire Hawk e l'olandese Ombilin. Il 21 fu il turno dell'inglese Queen City e il 25 della motonave americana Dona Aurora. Al rientro dalla missione, i mitraglieri del Tazzoli abbatterono un quadrimotore inglese che li aveva attaccati. Il sommergibile rientrò a Bordeaux il 2 febbraio.

Affondamenti avvenuti sotto il comando di Fecia di Cossato[modifica | modifica wikitesto]

Fecia di Cossato sul Tazzoli durante la navigazione

Le vittorie ufficiali di Fecia al comando del sommergibile Enrico Tazzoli, confermate dalla documentazione delle nazioni nemiche, furono in tutto diciassette[13]. Molte fonti rivendicano anche l'affondamento di un incrociatore affondato il 12 aprile 1941, rimasto sconosciuto ma presumibilmente britannico.[3][4]. Complessivamente sono attribuiti a Fecia di Cossato affondamenti per 86.535 tonnellate di naviglio nemico, il che lo rende (di poco, 4.066 tonnellate di differenza con Gazzana Priaroggia) il secondo miglior comandante italiano della seconda guerra mondiale e il 45 in generale (5° non tedesco) asso degli affondamenti.

Data Nave affondata Nazionalità Tonnellaggio (tsl)
15 aprile 1941 Aurillac Bandiera del Regno Unito Regno Unito 4733
7 maggio 1941 Fernlane Bandiera della Norvegia Norvegia 4310
9 maggio 1941 Alfred Olsen Bandiera della Norvegia Norvegia 8817
12 agosto 1941 Sangara Bandiera del Regno Unito Regno Unito 5449
19 agosto 1941 Sildra Bandiera della Norvegia Norvegia 7313
6 marzo 1942 Astrea Bandiera dei Paesi Bassi Paesi Bassi 1406
7 marzo 1942 Tonsbergfjord Bandiera della Norvegia Norvegia 3156
9 marzo 1942 Montevideo Bandiera dell'Uruguay Uruguay 5785
11 marzo 1942 Cygnet Bandiera di Panama Panama 3628
13 marzo 1942 Daytonian Bandiera del Regno Unito Regno Unito 6434
15 marzo 1942 Athelqueen Bandiera del Regno Unito Regno Unito 8780
1º agosto 1942 Kastor Bandiera della Grecia Grecia 1830
7 agosto 1942 Havsten Bandiera della Norvegia Norvegia 6161
12 dicembre 1942 Empire Hawk Bandiera del Regno Unito Regno Unito 5032
12 dicembre 1942 Ombilin Bandiera dei Paesi Bassi Paesi Bassi 5658
21 dicembre 1942 Queen City Bandiera del Regno Unito Regno Unito 4814
25 dicembre 1942 Dona Aurora Bandiera degli Stati Uniti Stati Uniti 5011

Al comando della torpediniera Aliseo[modifica | modifica wikitesto]

Nel febbraio del 1943 Fecia di Cossato lasciò il comando del Tazzoli, per assumere con il grado di capitano di fregata il comando della IIIª Squadriglia Torpediniere, con insegna sulla torpediniera Aliseo; assunse il comando della nuova unità il 17 aprile 1943, avvicendando al comando della nave il capitano di corvetta Umberto Manacorda.[14][15]

Il Tazzoli era ormai diventato obsoleto e, in seguito a un accordo con la Kriegsmarine, era stato disarmato e adibito al trasporto di materiale strategico tra l'Europa e il Giappone. In cambio la Kriegsmarine si sarebbe incaricata di procurare alla Regia Marina degli U-Boote tedeschi come rimpiazzo, e avrebbe addestrato gli equipaggi italiani. Il Tazzoli partì da Bordeaux il 16 maggio 1943, diretto a Singapore, al comando del capitano Giuseppe Caito, ma scomparve in mare portando con sé 70 uomini tra marinai e ufficiali: si trattava della prima missione dopo che Carlo Fecia di Cossato ne aveva lasciato il comando, e questa tragedia lo segnò profondamente.

Il 22 luglio 1943 l’Aliseo, la torpediniera tedesca TA 11 e due cacciasommergibili lasciarono Pozzuoli per scortare a Civitavecchia i piroscafi Adernò e Colleville[16]. Nella mattinata del 23 luglio il convoglio fu attaccato da un gruppo di aerei alleati; uno dei velivoli nemici fu abbattuto e uno della scorta italo-tedesca danneggiato e costretto all'ammaraggio, mentre l’Aliseo ebbe leggeri danni al ponte di coperta e al timone a causa del mitragliamento[16]. Fecia di Cossato decise di far proseguire il convoglio, mentre con la propria nave rimorchiava verso la riva l'aereo ammarato e provvedeva alle riparazioni dei danni al timone. L’Aliseo si ricongiunse alle altre navi alle 17.30[16]. Verso le 19.30, tuttavia, l’Adernò fu silurato dal sommergibile britannico Torbay e s'inabissò nel giro di alcuni minuti: l’Aliseo, dopo aver calato una motolancia per ripescare i naufraghi, effettuò per diverse ore infruttuosa caccia antisommergibile[16]. Fecia di Cossato fu ancora insignito di una medaglia di bronzo al valor militare e di una Croce di guerra al valor militare tedesca[17].

L'Armistizio dell'8 settembre 1943[modifica | modifica wikitesto]

La torpediniera Aliseo

L'8 settembre 1943, giorno della proclamazione dell'armistizio di Cassibile, l’Aliseo era nella base di La Spezia e nel corso della giornata salpò dal porto ligure, insieme alla gemella Ardito; sull’Aliseo erano imbarcati anche il comandante delle siluranti, ammiraglio Amedeo Nomis di Pollone, e l'ammiraglio Aimone di Savoia-Aosta. Le due unità si diressero a Bastia (dal 1942 l'Italia aveva occupato la Corsica), dove giunsero in serata[18] apprendendo la Proclamazione dell'armistizio. Il 9 settembre, mentre le truppe tedesche procedevano all'occupazione del porto corso, la nave riuscì a uscirne, mentre l’Ardito rimase bloccato all'interno del porto e fu pesantemente danneggiato dal tiro delle batterie costiere, cadute in mano alla Wehrmacht, e di numerose unità tedesche.

Fecia di Cossato, vedendo l'altra torpediniera in difficoltà, invertì la rotta e affrontò undici imbarcazioni tedesche: i cacciasommergibili UJ 2203 (ex-francese Minerva) e UJ 2219 (ex-francese Insuma), di scorta alle motozattere armate F 366, F 387, F 459, F 612 ed F 623, la motobarca della Luftwaffe FL B. 412[19] e i piroscafi armati Humanitas e Sassari, italiani ma catturati dai tedeschi. Nell'azione la nave fu supportata anche da alcune batterie che erano state riconquistate dagli artiglieri italiani e dall'intervento, nella fase finale del combattimento, della corvetta Cormorano. L’Aliseo riuscì ad affondare con i suoi 3 cannoni da 100mm sia i cacciasommergibili sia le motozattere, mettendo inoltre fuori uso l’Humanitas e il Sassari[18][19][20]. Ricevuto dal comandante del porto, dopo che questo era stato in buona parte riconquistato, l'ordine di attaccare e distruggere la flottiglia tedesca, l’Aliseo aprì il fuoco alle 7.06 da circa 8300 metri, in risposta alle navi tedesche che, UJ 2203 in testa, avevano già iniziato a sparare[19]. Alle 7.30 l’Aliseo fu centrata da un proiettile da 88 mm in sala macchine, restando temporaneamente immobilizzata; riparato il danno, diresse il tiro contro l’UJ 2203 che, devastato, saltò in aria alle 8.20; dieci minuti più tardi l’UJ 2219 ebbe analoga sorte. Successivamene furono affondate tre delle motozattere, mentre le rimanenti due motozattere furono mandate a incagliarsi, e il battello della Luftwaffe fu affondato con il concorso della Cormorano, che frattanto era sopraggiunta.[19] La vittoria riportata a Bastia fu tra le motivazioni del conferimento della Medaglia d'oro al valor militare a Fecia di Cossato,[15][21][22].

Rotta verso il Regno del Sud[modifica | modifica wikitesto]

Recuperati 25 naufraghi tedeschi, l'Aliseo diresse insieme alla malridotta Ardito per Portoferraio, dove erano confluite numerose torpediniere, corvette e unità minori e ausiliarie provenienti dai porti del Tirreno; qui arrivò alle 17.58 del 9 settembre, sbarcando gli ammiragli Nomis di Pollone e Savoia-Aosta e i naufraghi tedeschi[18]. Nel mattino dell'11 settembre la nave lasciò Portoferraio insieme ad altre sei torpediniere (tra cui le gemelle Indomito, Animoso, Ardimentoso e Fortunale) e diresse per Palermo, porto controllato dagli Alleati, dove il gruppo arrivò alle dieci del mattino del 12 settembre[18][23].

Le navi rimasero in rada dal 12 al 18 settembre, giorno in cui entrarono in porto e ricevettero acqua e provviste da parte degli statunitensi[18]. Il 20 settembre 1943 la nave lasciò il porto siciliano insieme a svariate altre unità e si portò a Malta[23], dove consegnò parte dei viveri ricevuti alle altre navi italiane già giunte nell'isola[18]. Il 5 ottobre l’Aliseo, le sue gemelle ed altre tre torpediniere lasciarono Malta e rientrarono in Italia[23].

L'insubordinazione[modifica | modifica wikitesto]

La nave, con base a Taranto, operò anche durante la cobelligeranza in missioni di scorta[14], restando al comando di Fecia di Cossato. Quando in primavera si diffuse la notizia che, nonostante la cobelligeranza, le navi italiane sarebbero state comunque cedute alle potenze vincitrici, Di Cossato ordinò alla propria squadra, quando fosse venuto il momento, di non accettare l'ordine di consegna:

«Se venisse confermato l'ordine di consegna, dovunque vi troviate lanciate tutti i vostri siluri e sparate tutti i colpi che avete a bordo contro le navi che vi stanno attorno, per rammentare agli angloamericani che gli impegni vanno rispettati; se alla fine starete ancora a galla, autoaffondatevi.»

Nel giugno 1944 il nuovo governo, presieduto da Ivanoe Bonomi, si insediò rifiutandosi di giurare fedeltà al re; gli alti comandi della Marina si adeguarono alla scelta ministeriale ma, il 22 giugno, Carlo Fecia di Cossato, di fronte alla richiesta dell'ammiraglio Nomis di Pollone di riconoscere con giuramento di fedeltà il nuovo Governo del Sud e uscire in pattugliamento, si rifiutò, dicendo di non riconoscere come legittimo un governo che non aveva prestato giuramento al re e che pertanto non avrebbe eseguito gli ordini che venivano da quel governo.

«No, signor ammiraglio, il nostro dovere è un altro. Io non riconosco come legittimo un governo che non ha prestato giuramento al Re. Pertanto non eseguirò gli ordini che mi vengono da questo governo. L'ordine è di uscire in mare domattina al comando della torpediniera "Aliseo". Ebbene l'"Aliseo" non uscirà.»

Gli arresti e il suicidio[modifica | modifica wikitesto]

Il 22 giugno 1944 Fecia di Cossato fu fatto sbarcare dall’Aliseo e, dopo essere stato convocato a palazzo Resta, fu messo agli arresti nella fortezza con l'accusa di «insubordinazione» e sollevato dal comando dell’Aliseo. La mattina successiva ci furono gravi tumulti fra gli equipaggi, che si schierarono a sostegno di Fecia di Cossato, rifiutando di prendere il mare e reclamando la liberazione e il reintegro del comandante.[25] In breve Fecia di Cossato fu rimesso in libertà, ma posto in licenza per tre mesi.

Non volendo obbedire al nuovo governo, né potendo raggiungere la famiglia al Nord, si trasferì a Napoli, ospite di un amico, rifiutando gli incarichi di comando che gli venivano offerti dagli Alleati. Invano tentò di avere un colloquio con il luogotenente del Regno Umberto di Savoia per spiegargli i motivi della sua insubordinazione[26].

All'avvicinarsi della fine del congedo, il 21 agosto scrisse la sua lettera-testamento indirizzata alla madre e tra il 27 e 28 agosto scelse il suicidio per denunciare la grave crisi dei valori nei quali aveva sempre creduto[15] e come denuncia morale contro tutti coloro per i quali il giuramento di fedeltà al Re era stato solo una parola al vento; il 27 agosto 1944 si uccise a Napoli, sparandosi un colpo di pistola alla tempia, lasciando una lettera alla madre in cui spiegava i motivi del suo gesto.[27].

«Da nove mesi ho molto pensato alla tristissima posizione morale in cui mi trovo, in seguito alla resa ignominiosa della Marina, a cui mi sono rassegnato solo perché ci è stata presentata come un ordine del Re, che ci chiedeva di fare l'enorme sacrificio del nostro onore militare per poter rimanere il baluardo della Monarchia al momento della pace. Tu conosci cosa succede ora in Italia e capisci come siamo stati indegnamente traditi e ci troviamo ad aver commesso un gesto ignobile senza alcun risultato. Da questa constatazione me ne è venuta una profonda amarezza, un disgusto per chi ci circonda e, quello che più conta, un profondo disprezzo per me stesso. Da mesi, mamma, rimugino su questi fatti e non riesco a trovare una via d'uscita, uno scopo nella mia vita. Da mesi penso ai miei marinai del Tazzoli che sono onorevolmente in fondo al mare e penso che il mio posto è con loro. Spero, mamma, che mi capirai e che anche nell'immenso dolore che ti darà la notizia della mia fine ingloriosa, saprai capire la nobiltà dei motivi che mi hanno guidato. Tu credi in Dio, ma se c'è un Dio, non è possibile che non apprezzi i miei sentimenti che sono sempre stati puri e la mia rivolta contro la bassezza dell'ora. Per questo, mamma, credo che ci rivedremo un giorno. Abbraccia papà e le sorelle e a te, Mamma, tutto il mio affetto profondo e immutato. In questo momento mi sento vicino a tutti voi e sono sicuro che non mi condannerete. Carlo»

Carlo Fecia di Cossato è sepolto alla Certosa di Bologna.[28]

Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1977 la Marina Militare ha conferito il nome di questo comandante a un sommergibile, la cui sigla era S-519; il sommergibile, appartenente alla "prima serie" della Classe Sauro, ha eseguito l'ultimo ammainabandiera il 31 marzo 2005 alla Spezia.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze italiane[modifica | modifica wikitesto]

Carlo Fecia di Cossato
con la decorazione di Cavaliere della Croce di Ferro
Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Valente e ardito comandante di sommergibile, animato, fin dall’inizio delle ostilità, da decisa volontà di successo, durante la sua quinta missione di guerra in Atlantico affondava quattro navi mercantili per complessive 20516 tonnellate ed abbatteva, dopo dura lotta, un quadrimotore avversario. Raggiungeva così un totale di 100.000 tonnellate di naviglio avversario affondato, stabilendo un primato di assoluta eccezione nel campo degli affondamenti effettuati da unità subacquee. Successivamente, comandante di torpediniera, alla data dell’armistizio dava nuova prova di superbo spirito combattivo attaccando con la sola sua unità sette navi germaniche di armamento prevalente che affondava a cannonate dopo aspro combattimento, condotto con grande bravura ed estrema determinazione. Esempio fulgidissimo ai posteri di eccezionali virtù di comandante e di combattente e di assoluta dedizione al dovere. Oceano Atlantico, 5 novembre 1942 - 1º febbraio 1943; Alto Tirreno, 9 settembre 1943.[29]»
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di sommergibile, nel corso di una lunga missione di guerra in Atlantico silurava una unità da guerra nemica e affindava col siluro e col cannone 21000 tonnellate di naviglio mercantile avversario, dimostrando prontezza e decisione, ardimento ed elevato spirito aggressivo. Oceano Atlantico, aprile-maggio 1941.»
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di sommergibile oceanico, effettuava con sereno ardimento ed elevato spirito aggressivo una lunga missione di guerra in Atlantico nel corso del quale affondava sei navi mercantili nemiche per complessive 32561 tonnellate di stazza. Confermava durante l'audace crociera elevate doti di coraggio e perizia e superbe virtù militari. Oceano Atlantico, 11 febbraio-1º aprile 1942
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di sommergibile, effettuava con ardimento ed elevato spirito aggressivo una lunga missione di guerra in Atlantico, durante la quale silurava un piroscafo e affondava una grossa petroliera. Oceano Atlantico, 15 luglio-20 agosto 1941
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Comandante di sommergibile oceanico, durante una lunga e difficile missione di guerra in Atlantico, affondava un piroscafo ed una petroliera per complessive 8000 tonnellate di stazza. Più volte avvistato da aerei e unità navali nemiche, riusciva con pronta intuizione ed efficace manovra a disimpegnarsi, senza danni per la propria unità, riaffermando le sue elette doti di coraggio e ardimento. Oceano Atlantico, 4 giugno-5 settembre 1942
Croce di guerra al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Mediterraneo, 23 luglio 1943»

Onorificenze straniere[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Le azioni condotte da Fecia di Cossato al comando del sommergibile Tazzoli
  2. ^ Ferrara, p. 38.
  3. ^ a b c d Ferrara, p. 39.
  4. ^ a b Maioli, p. 165.
  5. ^ a b c Giorgerini, p. 490.
  6. ^ a b c d Ferrara, p. 40.
  7. ^ Maioli, p. 169.
  8. ^ Giorgerini, pp. 497-498.
  9. ^ Mohr, p. 298.
  10. ^ Mohr, p. 300.
  11. ^ Mohr, p.301.
  12. ^ a b c d Ferrara, p. 42.
  13. ^ http://www.regiamarina.net/sub_actions.asp?nid=195&lid=2&captain=Fecia di Cossato
  14. ^ a b Aliseo
  15. ^ a b c Carlo Fecia Di Cossato
  16. ^ a b c d Copia archiviata, su lunasub.it. URL consultato il 30 aprile 2011 (archiviato dall'url originale il 20 luglio 2011).
  17. ^ Ferrara, p. 43.
  18. ^ a b c d e f 7-12 settembre 1943 - Lo Stato in fuga
  19. ^ a b c d The Italian Regia Marina and the Armistice of 8 September 1943
  20. ^ Axis History Forum • View topic - korsika bastia 1943
  21. ^ La marina italiana di fronte all'8 settembre, in Vita e morte del soldato italiano nella guerra senza fortuna, Vol. XV, Ginevra, Edizioni Ferni, 1974.
  22. ^ La Medaglia d'oro
  23. ^ a b c Joseph Caruana, Interludio a Malta, in Storia Militare, n. 204, settembre 2010.
  24. ^ Ferrara, pp. 44-45.
  25. ^ a b c Ferrara, p. 45.
  26. ^ Ferrara, p. 46.
  27. ^ a b La lettera di addio alla madre
  28. ^ Marco Castelli, Carlo Fecia di Cossato, su museoalessandroroccavilla.it, 18 luglio 2018. URL consultato il 22 gennaio 2024.
  29. ^ Quirinale.it.
  30. ^ a b c tracesofwar.com.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Achille Rastelli, Carlo Fecia di Cossato. L'uomo, il mito e il marinaio, Milano, Mursia, 2001, ISBN 978-88-425-2918-7.
  • B.P. Boschesi, Il chi è della Seconda Guerra Mondiale, Mondadori Editore, 1975 – Vol. I, pag. 174
  • Orazio Ferrara, Carlo Fecia di Cossato, in Eserciti nella storia, n. 64, settembre/ottobre 2011.
  • Giorgio Giorgerini, Uomini sul fondo. Storia del sommergibilismo italiano dalle origini a oggi, Mondadori, 2002, ISBN 978-88-04-50537-2.
  • Goly Maioli, Squali d'acciaio, La Spezia, Fratelli Melita Editori, 1988, ISBN 978-88-403-6014-0.
  • Ulrich Mohr, Atlantis, Milano, Longanesi & C., 1965.
  • Alfredo Moretti, Carlo e Amalia, youcanprint, 2019. ISBN 978-88-31621-78-6

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN24107745 · ISNI (EN0000 0003 7436 6833 · LCCN (ENnb2002088469 · GND (DE123507626 · WorldCat Identities (ENlccn-nb2002088469