Billie Holiday

Billie Holiday
Billie Holiday
NazionalitàBandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
GenereJazz
Swing
Blues
Periodo di attività musicale1933 – 1959
Strumentovoce
EtichettaColumbia Records, Brunswick
Album pubblicati47
Studio46
Live1
Sito ufficiale

Eleanora Fagan[1], o Elinore Harris,[2] nota come Billie Holiday (Filadelfia, 7 aprile 1915New York, 17 luglio 1959), è stata una cantante statunitense, fra le più grandi di tutti i tempi nei generi jazz e blues. Decise di chiamarsi "Billie" in omaggio all'attrice Billie Dove. Come cognome d'arte scelse quello di suo padre, Clarence Halliday, noto come Clarence Holiday.[1][2][3]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Billie Holiday a due anni

La madre di Billie, Sarah Sadie Fagan, ballerina di fila, rimase incinta dopo un rapporto occasionale con Clarence Holiday, un suonatore di banjo[2]. Entrambi erano adolescenti[4].

Il padre non si occupò quasi mai di lei, abbandonandola quasi subito dopo la nascita per seguire le orchestre itineranti con cui suonava.[5]

La piccola trascorse i primi anni a Baltimora (spesso indicata come città di nascita, ma recenti ricerche hanno indicato che era nata in realtà a Filadelfia, dove sua madre Sadie lavorava come domestica[6]). Successivamente Billie e la madre si separarono. Sadie, che non riceveva alcun sostegno economico, neanche dal padre della bambina, si trasferì a New York dove trovò lavoro come domestica e affidò Billie ai propri genitori e a una cugina, che trattò la piccola duramente. Nella casa di Baltimora abitava anche la madre del nonno della bambina, che da giovane, schiava in una grande piantagione della Virginia, aveva avuto sedici figli dal proprio padrone. Sul proprio essere discendente di una donna mulatta, Billie Holiday rifletterà amaramente quando ricorderà di essere stata vittima di razzismo anche da parte di chi, tra i neri, considerava la sua pelle troppo chiara.

Subì uno stupro a undici anni, lo denunciò, ma fu rinchiusa per due mesi in riformatorio per adescamento perché, discriminata in quanto nera, non fu creduta.

Ancora bambina, Billie raggiunse la madre a New York e cominciò a procurarsi da vivere prostituendosi in un bordello clandestino di Harlem; per guadagnare qualche soldo in più lavava gli ingressi delle case del quartiere: non si faceva pagare solo dalla tenutaria del bordello, che in cambio le lasciava ascoltare i dischi di Bessie Smith e Louis Armstrong sul fonografo del salotto. Quando la polizia scoprì il lupanare, Billie fu arrestata e condannata a quattro mesi di riformatorio. Rimessa in libertà, per evitare di tornare a prostituirsi cercò lavoro come ballerina in un locale notturno. Il provino inizialmente non riuscì perché non sapeva ballare, ma fu assunta immediatamente quando la sentirono cantare; a quindici anni iniziò la carriera di cantante nei club di Harlem.

In questo periodo le colleghe iniziarono a chiamarla "Lady" (la signora), perché si rifiutava di ricevere le banconote delle mance dei clienti, come facevano tutte, infilate nella camicetta o tra le gambe. Nel 1933, diciottenne, mentre cantava al "Log Cabin", fu notata dal produttore John Hammond, che le organizzò alcune sedute in sala d'incisione con suo cognato Benny Goodman.[7] Tra il 27 novembre e il 3 dicembre 1933 incise i suoi primi due dischi con l'orchestra di Goodman: Your Mother's Son-in-law e Riffin' the Scotch, che passarono inosservati. Hammond tuttavia continuò a credere in lei. Nel 1935 le procurò un contratto con il pianista Teddy Wilson per alcune incisioni sotto l'etichetta Brunswick, che ebbero successo e fecero conoscere Billie. «Si imponeva per la sua voce intensamente drammatica, per la capacità di "volare" sul tempo e per l'emozione che sapeva trasmettere anche su testi banali»[8].

Nel 1936 cominciò a incidere col proprio nome per l'etichetta Vocalion. Successivamente lavorò con grandi nomi del jazz come Count Basie, Artie Shaw e Lester Young, al quale fu legata da un intenso rapporto d'amicizia e per il quale coniò il soprannome "Prez" ("il presidente"), mentre egli inventò per lei "Lady Day"[9].

Billie Holiday, con l'aiuto e il supporto di Artie Shaw, fu tra le prime cantanti nere ad esibirsi assieme a musicisti bianchi.[10] Nei locali dove cantava, Holiday doveva usare l'ingresso riservato ai neri e rimanere chiusa in camerino fino all'entrata in scena. Una volta sul palcoscenico, si trasformava in Lady Day; portando sempre una o più gardenie bianche tra i capelli, che divenne il suo segno distintivo.

Nel 1939, sfidando le discriminazioni razziali, cantò una canzone coraggiosa, Strange Fruit (Grammy Hall of Fame Award 1978). Lo strano frutto era il corpo di un nero ucciso dai bianchi e appeso a un albero. La canzone divise il pubblico; Holiday poté eseguirla solo se la direzione del club lo consentiva e attirò l'attenzione di Harry J. Anslinger, direttore del FBN (Federal Bureau of Narcotics) noto per essere assai razzista anche per gli standard dell'epoca[11]. Anslinger le ordinò di non eseguire più la canzone; quando Holiday rifiutò di obbedire, l'agente la fece pedinare per coglierla nell'atto di acquistare stupefacenti (Holiday assumeva marijuana ed eroina), cosa che poi avvenne e costò a Holiday 18 mesi di carcere.[12]

Billie Holiday nel 1949

All'inizio degli anni quaranta, affrontò un matrimonio tormentato con il musicista Joe Guy e la morte della madre. Ciò non le impedì di realizzare eccellenti incisioni per la Commodore con l'orchestra del pianista Eddie Heywood come ad esempio il singolo Embraceable You 1944 (Grammy Hall of Fame Award 2005).

Nel 1947 apparve nel film-musical La città del jazz, accanto a Louis Armstrong. Assunse poi un nuovo impresario, Norman Granz, che le procurò scritture con importanti musicisti jazz: Benny Carter, Oscar Peterson, Ben Webster, Coleman Hawkins, Buck Clayton, Tony Scott e il pianista Mal Waldron, che negli ultimi anni l'accompagnò in tutti i concerti.

Nel 1954 andò in tournée in Europa. Si esibì in Italia una sola volta, nel 1958, dal 3 al 9 novembre, al Teatro Smeraldo di Milano, un grande cinema-teatro che all’epoca aveva abitualmente in cartellone produzioni di avanspettacolo. Il pubblico, non abituato al jazz, non gradì il genere e Holiday non poté nemmeno cantare tutti i brani in scaletta e, dopo il quinto pezzo, fu fatta tornare in camerino[13]. Il 9 novembre, ultimo giorno di permanenza a Milano, fu organizzato da appassionati e intenditori di jazz uno spettacolo "riparatore" al Gerolamo, in piazza Beccaria, grazie al fido Mal Waldron. Il pubblico le tributò una vera ovazione. Il 23 novembre fu ospite del programma televisivo Noi e loro di Marcello Marchesi, presentato da Nino Taranto e con la regia di Vito Molinari[14].

All'inizio del 1959 la cantante scoprì di essere affetta da cirrosi epatica. Su invito del medico, decise di smettere di bere, ma riprese poco dopo. In maggio il suo peso scese di 9 chili. Molte persone che le erano vicine, tra cui il suo manager, il giornalista Allan Morrison e diversi amici, cercarono di convincerla a ricoverarsi in ospedale, senza successo. Il 15 marzo morì il suo vecchio amico Lester Young. I parenti di Young non permisero a Billie Holiday di cantare al suo funerale e questo la turbò profondamente.

Il 31 maggio 1959 la cantante fu trovata a terra incosciente nel suo appartamento di New York. Fu immediatamente ricoverata ma anche arrestata perché nella sua stanza avevano trovato della droga. Al Metropolitan Hospital Center le analisi evidenziarono problemi al fegato e disturbi cardiovascolari.

Fu piantonata per l'intera degenza su ordine di Anslinger, il direttore del FBN che l'aveva perseguitata a causa della canzone Strange Fruit già nel 1939. Il trattamento di Holiday prevedeva anche del metadone per contrastare le astinenza da oppioidi; lo ricevette per 10 giorni, durante i quali le sue condizioni migliorarono, ma poi la somministrazione venne interrotta su ordine di Anslinger e Holiday peggiorò nuovamente. Anslinger inoltre proibì le visite, la fece rimuovere dalla lista dei pazienti critici e la fece ammanettare al letto, nonostante le proteste che stavano avvenendo all'esterno dell'ospedale.[12][15][16]

Il 15 luglio Holiday ricevette l'estrema unzione secondo il rito cattolico; la sua morte avvenne dopo due giorni, alle 3:10 antimeridiane del 17 luglio 1959. Il referto medico della morte evidenziò un edema polmonare e un'insufficienza cardiaca.

Lascito culturale[modifica | modifica wikitesto]

La carriera e la vita di Billie Holiday furono segnate dall'ostilità dei suprematisti bianchi, dalla dipendenza dall'alcool e dalla droga, da relazioni burrascose e da problemi finanziari. Anche la sua voce ne risentì e nelle sue ultime registrazioni l'impeto giovanile lasciò il posto al rimpianto. Il suo impatto sugli altri artisti fu comunque notevole in ogni fase della sua carriera.

Tra le canzoni più famose del repertorio di Billie Holiday, vanno ricordate God Bless the Child (da lei composta) (Grammy Hall of Fame Award 1976), Lover Man del 1945 anch'essa premiata con il Grammy Hall of Fame Award 1989, I Loves You Porgy e The Man I Love di George Gershwin, Billie's Blues, Fine and Mellow, Stormy Weather, Strange Fruit. Quest'ultima canzone fu negli anni quaranta l'inno della protesta per i diritti civili, in un'epoca in cui il suprematismo bianco era estremamente forte (i neri non avevano diritto al voto né ad un giusto processo, i linciaggi di neri per opera di bianchi erano purtroppo frequenti, specie nel Sud). Il pezzo ebbe un enorme impatto e per questo venne osteggiato, in quanto prima canzone pop a parlare esplicitamente di tali temi:[17]

(EN)

«Southern trees bear a strange fruit
Blood on the leaves and blood at the root
Black body swinging in the Southern breeze
Strange fruit hanging from the poplar trees...»

(IT)

«Gli alberi del sud hanno un frutto strano,
sangue sulle foglie, sangue nelle radici,
un corpo nero penzola nella brezza del sud,
un frutto strano che pende dai pioppi...»

Billie Holiday nel 1956 scrisse la sua autobiografia, Lady Sings the Blues. In Italia è stata pubblicata da Longanesi nel 1959 con il titolo La signora canta il blues, nella traduzione di Mario Cantoni.

Nel 2002 l'album Lady Day: The Complete Billie Holiday on Columbia 1933–1944 vince il Grammy Award for Best Historical Album.

Citazioni e riferimenti[modifica | modifica wikitesto]

Anche dopo la morte, Billie Holiday continuò ad influenzare cantanti affermate come Janis Joplin, Nina Simone e in Italia Giorgia Todrani.

  • Diana Ross la interpretò nel film La signora del blues, tratto dalla sua autobiografia;
  • La cantautrice e pianista russa naturalizzata statunitense Regina Spektor le dedica la canzone Lady inclusa nel suo quarto album Begin to Hope del 2006. Il brano inizia proprio con le parole "Lady sings the blues".
  • Alla fine degli anni ottanta, gli U2 le dedicarono Angel of Harlem: «Lady Day got diamond eyes, she sees the truth behind the lies» ("Lady Day ha occhi di diamante, vede la verità dietro le bugie");
  • Lou Reed intitolò Lady Day una delle sue più intense canzoni, secondo brano del concept album Berlin. Si tratta di un crudo e ironico ritratto femminile, chiaramente ispirato alla leggendaria figura di Holiday;
  • Il regista Spike Lee le tributò un omaggio in una scena del film Malcolm X, in cui la si vede cantare in un locale notturno di Harlem.
  • Lo scrittore Stefano Benni compose e interpretò Lady Sings the Blues, graffiante ritratto della cantante[18].
  • Nel 2003, nell'album di debutto della cantante Amy Winehouse, Frank, vi è una cover della canzone (There Is) No Greater Love. Billie Holiday è una delle musiciste da cui la cantante jazz di Camden Town si è sentita ispirata maggiormente e ne è stata da sempre omaggiata.
  • Nel 2006 il Teatro Nazionale Croato di Spalato mise in scena Billie Holiday, scritta dal cineasta Arsen Anton Ostojić e dall'attrice/cantante Ksenija Prohaska,[19] che la interpretò.
  • Nel 2008 il gruppo musicale statunitense Warpaint cita la cantante nell'omonima canzone contenuta nell'EP Exquisite Corpse.
  • La versione 4.3 della piattaforma software WordPress, pubblicata il 18 agosto 2015 è dedicata a Billie Holiday.
  • La cantante Lana Del Rey, nel singolo The Blackest Day dell'album Honeymoon, omaggia Holiday.
  • Il film del 2021 The United States vs. Billie Holiday, diretto da Lee Daniels, è incentrato sulla vita della cantante.

Discografia[modifica | modifica wikitesto]

Album[modifica | modifica wikitesto]

Anno Titolo Etichetta e Num. Cat.
1946 Billie Holiday Commodore CR-2 (4 dischi a 78 giri)
1947 Billie Holiday –Teddy Wilson Columbia C-61 (4 dischi a 78 giri)
1947 A Hot Jazz Classic Set, Vol.1 Columbia-135 (4 dischi a 78 giri)
1947 Distinctive Song Stylings Decca A-652 (4 dischi a 78 giri)
1949 Teddy Wilson And His Orchestra Featuring Billie Holiday (10") Columbia CL-6040
1950 An Evening With Eddie Heywood and Billie Holiday (10") Commodore FL 30001
1950 Ella, Lena and Billie (10") Columbia CL 2531
1950 Billie Holiday Sings (10") Columbia CL 6129
1950 Billie Holiday Volume One (10") Commodore 20005
1950 Billie Holiday Volume Two (10") Commodore 20006
1951 Favorites (10") Columbia CL 6163
1951 Lover Man (10") Decca DL 5345
1951 (pubblicato nel 1964) A Rare Live Recording Of Billie Holiday (Storyville) M2001
1952 Billie Holiday Sings Clef MGC 118 (10") Mercury 89002 (4 dischi a 78 giri)
1953 An Evening With Billie Holiday Clef MGC 144 (10") Mercury 89028 (4 dischi a 78 giri)
1954 Billie Holiday Clef MGC 161 (10") Mercury 89045 (4 dischi a 78 giri)
1954 Billie Holiday at JATP Clef MGC 169 (10") Mercury 89053 (4 dischi a 78 giri)
1954 Billie Holiday and Teddy Wilson Orchestras Columbia 33 S 1034
1954 Lady Day Columbia CL 637
1954 Billie Holiday Volume One Jolly Roger 5020
1954 Billie Holiday Volume Two Jolly Roger 5021
1954 Billie Holiday Volume Three Jolly Roger 5022
1955 A Collection of Classic Jazz Interpretations by Billie Holiday (10") Columbia B-1949
1955 (pubblicato nel 1958) Stay With Me Verve MGV 8302
1955 Music for Torching Clef MGC 669 / Verve MV 2595
1956 Recital by Billie Holiday Clef MGC 686
1956 Solitude Clef MGC 690 / Verve V6-8074
1956 Hall of Fame Series (7") Columbia B-2534
1956 Velvet Mood Clef MGC 713
1956 Billie Holiday at JATP Verve MGC 718
1956 The Lady Sings Decca DL 8215
1956 Lady Sings the Blues Clef MGC 721 / Verve MV 2047
1956 (pubblicato nel 1959) All or Nothing at All Verve MGV 8329
1956 (pubblicato nel 1961) Carnegie Hall Concert Verve V6-8410
1957 (pubblicato nel 1958) Songs for Distingué Lovers Verve MGV 8257 / Verve 2352 085
1957 (pubblicato nel 1960) Body and Soul Verve MGV 8197
1957 Ella Fitzgerald and Billie Holiday at Newport Verve MGV 8234
1957 (pubblicato nel 1999) A Midsummer Night's Jazz at Stratford '57 Baldwin Street 308
1957 Sound of Jazz Columbia CL 1098
1958 Lady in Satin Columbia CL 1157
1958 The Blues Are Brewin' Decca DL 8701
1958 Lover Man Decca DL 8702
1958 Billie Holiday Commodore 30008
1958 (pubblicato nel 1986) At Monterey Blackhawk 50701
1959 Seven Ages of Jazz Metrojazz 1009
1959 Billie Holiday MGM 3764
2001 Lady Day: The Complete Billie Holiday on Columbia 1933–1944 Legacy Recordings

Singoli[modifica | modifica wikitesto]

Anno Singolo Casa discografica e numero di catalogo Posiz. class.
Pop US
R&B
1934 Riffin' The Scotch/Your Mother's Son-In-Law (pubblicato come Benny Goodman And His Orchestra) Columbia Records, 2867-D 6
1935 What A Little Moonlight Can Do/A Sunbonnet Blue (And A Yellow Straw Hat) (pubblicato come Teddy Wilson And His Orchestra Brunswick, 17767 12
Yankee Doodle Never Went To Town/Twenty Four Hours A Day (pubblicato come Teddy Wilson And His Orchestra Brunswick, 7550 6
Rosetta/If You Were Mine (pubblicato come Teddy Wilson And His Orchestra Brunswick, 02160 12
1936 You Let Me Down 18
These Foolish Things (Remind Me of You) 5
It's Like Reaching for the Moon 17
No Regrets 9
Summertime 12
A Fine Romance 9
Let's Call a Heart a Heart 18
The Way You Look Tonight 3
Who Loves You 4
That's Life, I Guess 20
I Can't Give You Anything But Love (Dear) 5
1937 Pennies from Heaven 3
I've Got My Love to Keep Me Warm 4
Please Keep Me in Your Dreams 13
This Year's Kisses 8
Carelessly 1
How Could You 12
Moanin' Low 11
They Can't Take That Away from Me 12
Mean to Me 7
Easy Living 15
Yours & Mine 16
Me, Myself & I 11
A Sailboat in the Moonlight 10
Getting Some Fun Out of Life 10
Trav'lin' All Alone 18
Nice Work If You Can Get It 14
1938 My Man 12
You Go to My Head 20
I'm Gonna Lock My Heart 2
1939 Strange Fruit/Fine and Mellow 16
1941 God Bless the Child 25
1942 Trav'lin' Light 23 1
1945 Lover Man (Oh, Where Can You Be?)/That Ole Devil Called Love 16 5

Filmografia[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Billie Holiday Biography - life, family, childhood, name, death, history, mother, young, information, born, drugs, su notablebiographies.com. URL consultato il 17 luglio 2012 (archiviato il 16 giugno 2012).
  2. ^ a b c Billie Holiday Biography - Facts, Birthday, Life Story - Biography.com, su biography.com. URL consultato il 17 luglio 2012 (archiviato il 12 luglio 2012).
  3. ^ Billie Holiday | Biography Archiviato il 15 febbraio 2012 in Internet Archive.
  4. ^ Nella sua autobiografia, Holiday disse che sua madre aveva tredici anni quando lei nacque, ma pare che ne avesse in realtà sedici. Anche Clarence aveva sedici anni.
  5. ^ Il giovane era dapprima dedito a lavori saltuari, poi, tornato dall'Europa, dov'era stato mandato durante la Prima Guerra mondiale, con i polmoni corrosi dall'iprite, rinunciò alla carriera di musicista come trombettista e la proseguì come suonatore di banjo e chitarra.
  6. ^ Stuart Nicholson Billie Holiday, Northeastern University Press, 1997. ISBN 978-1-55553-303-8
  7. ^ Non ancora «re dello swing».
  8. ^ Adriano Mazzoletti, «La voce del jazz», Liberal, 10 ottobre 2009.
  9. ^ aggiungendo "Day" al nomignolo "Lady" con cui Billie era già conosciuta, perché rimasse con "Holiday"
  10. ^ La Holiday descrisse la sua tournée con l'orchestra (bianca) di Artie Shaw negli stati segregazionisti del Sud come un'esperienza dura: i musicisti rischiavano di essere aggrediti quasi ad ogni tappa a causa della presenza di Billie. Quando infine l'orchestra arrivò a New York, la città di Billie, con grande amarezza di tutti, gli impresari disposero di non alloggiare la cantante nello stesso hotel dell'orchestra.
  11. ^ The man behind the marijuana ban for all the wrong reasons - CBS News, su cbsnews.com. URL consultato il 13 gennaio 2021 (archiviato il 24 dicembre 2020).
  12. ^ a b How ‘Strange Fruit’ Killed Billie Holiday - Progressive.org, su progressive.org. URL consultato il 13 gennaio 2021 (archiviato il 21 gennaio 2021).
  13. ^ Adriano Mazzoletti, op. cit.
  14. ^ La Stampa, domenica 23 novembre 1958, pag. 4
  15. ^ Copia archiviata, su rnz.co.nz. URL consultato il 13 gennaio 2021 (archiviato l'11 aprile 2021).
  16. ^ Copia archiviata, su politico.com. URL consultato il 13 gennaio 2021 (archiviato il 13 ottobre 2020).
  17. ^ Copia archiviata, su kennedy-center.org. URL consultato il 13 gennaio 2021 (archiviato il 16 gennaio 2021).
  18. ^ Si veda il collegamento: Un inedito di Stefano Benni
  19. ^ Già Marlene Dietrich nel film hollywoodiano Bugsy di Barry Levinson.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Billie Holiday, La signora canta il Blues, Feltrinelli, 1996. ISBN 88-07-81405-6
  • Julia Blackburn, Lady Day. La vita e i tempi di Billie Holiday,2007. ISBN 978-88-428-1330-9
  • Meg Greene, Billie Holiday: A Biography, Greenwood 2006, 0313336296, 9780313336294, 9780313055744

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN14857262 · ISNI (EN0000 0003 6857 1283 · SBN RAVV030947 · Europeana agent/base/60479 · LCCN (ENn50033023 · GND (DE118706454 · BNE (ESXX916691 (data) · BNF (FRcb12402944q (data) · J9U (ENHE987007499175605171 · NSK (HR000132350 · NDL (ENJA00522683 · CONOR.SI (SL15824227 · WorldCat Identities (ENlccn-n50033023