Assoluzione (diritto)

L'assoluzione è un provvedimento che il giudice penale pronuncia in seguito a dibattimento o, comunque, in giudizio, e che determina il proscioglimento dell'imputato, giudicato non colpevole in ordine al reato di cui era accusato.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Termine attestato in letteratura fin dal XIV secolo (deriva dal latino absolutio), nel diritto medievale era spesso legato alle paci, anche se non si riduceva ad esse[1].

Pronuncia giurisdizionale[modifica | modifica wikitesto]

Nei sistemi penali di Common law l'assoluzione discende dalla pronuncia del verdetto, mentre in quelli di Civil law essa è frutto della sentenza di assoluzione.

Lo stesso argomento in dettaglio: Sentenza (ordinamento italiano).

Nella cultura di massa[modifica | modifica wikitesto]

Nel Processo di Kafka vengono prospettate all'imputato "tre possibilità, l’assoluzione vera, l’assoluzione apparente e il rinvio (...) l’assoluzione «vera», quella cui ogni imputato legittimamente aspira, come è nell’ordine processuale ordinario, non ha bisogno, presso quel particolare tribunale, di nessuna difesa e di nessun aiuto. Ciò che vale è l’effettiva innocenza, e questa, se effettivamente sussiste, è conosciuta solo dal Tribunale superiore, per vie che non hanno bisogno di alcuna mediazione umana"[2].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ "La pace non garantiva sempre e comunque l’assoluzione, anzi. Il valore della pace dipendeva in primo luogo dalla gravità del reato e forse dal momento di presentazione dell’atto. Il dato importante, comunque, è il carattere composito di queste sentenze, nelle quali la pace diventa un elemento di una contabilità algebrica complessa": M. Vallerani, La giustizia pubblica medievale, Bologna, Il Mulino, 2005, p. 284.
  2. ^ Montanari Bruno, Il quadernetto del giudice : la colpa quotidiana di Josef K., Milano : Vita e Pensiero, Jus : rivista di scienze giuridiche : 1 2, 2011.

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