Aristippo

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Aristippo di Cirene, ritratto immaginario.

Aristippo (Cirene, 435 a.C.Lipari, 366 a.C.) è stato un filosofo greco antico, fondatore della scuola cirenaica.

«Una volta Simo, tesoriere di Dionisio - briccone originario della Frigia - gli mostrò una casa magnifica e pavimentata a mosaico; Aristippo espettorò profondamente e gli sputò in faccia. L'altro protestò, ma Aristippo di rimando: 'Non avevo un posto più adatto...'»

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Le rovine di Cirene

Nato e cresciuto a Cirene (odierna Shahhat, in Libia), colonia greca della Cirenaica (una regione orientale della Libia antica), verso i diciannove anni si recò in Grecia per le olimpiadi. Qui un uomo di nome Iscomaco gli parlò del filosofo Socrate di Atene, che subito Aristippo volle conoscere, e presto entrò a far parte del suo circolo d'amici e allievi. In viaggi successivi, conobbe anche Platone e fu con lui alla corte di Dionisio il Vecchio a Siracusa.

Diogene Laerzio non indica il luogo di morte di Aristippo; Luciano De Crescenzo[1] ipotizza che Aristippo di Cirene morì, quasi settantenne, a Lipari, Isole Eolie, dove si sarebbe fermato ammalato, secondo quanto riportato in un frammento di lettera indirizzata alla figlia. Secondo Diodoro Siculo, dopo un lungo soggiorno in Sicilia tornò invece a Cirene dopo la sosta a Lipari.[2]

Forse fece naufragio a Rodi e incontrò anche Diogene di Sinope a Corinto.

«Il filosofo Diogene stava cenando con un piatto di lenticchie. Lo vide il filosofo Aristippo che viveva nell’agiatezza adulando il re. Aristippo disse: “Se tu imparassi ad essere ossequioso con il re non dovresti vivere di robaccia come le lenticchie”. Rispose Diogene: “Se tu avessi imparato a vivere di lenticchie non dovresti adulare il re”.»

A proposito della sua vita sono raccontati aneddoti interessanti:

«Si adattava con disinvoltura a luogo, a tempo, a persona e recitava il suo ruolo convenientemente in ogni circostanza. Perciò più degli altri godeva del favor di Dionisio, poiché riusciva sempre a rendere accettabile ogni situazione. Godeva il piacere dei beni presenti, ma rinunziava ad affaticarsi per il godimento di beni non presenti. Fu per questo che Dionisio lo chiamava cane (o cinico) regale.»

Sua figlia fu Arete di Cirene, e suo nipote Aristippo il Giovane, entrambi filosofi.

Dottrine filosofiche[modifica | modifica wikitesto]

La scuola filosofica dei Cirenaici ha in Aristippo il suo fondatore, ossia colui che ha posto il piacere come fine primario dell'esistenza. Scuola non omogenea, quella cirenaica si articolerà al suo interno in varie sfumature etiche e si ritroverà solo successivamente e in parte nell'epicureismo. Epicuro, infatti, doterà la sua dottrina edonistica di un fondamento ontologico e gnoseologico che nei Cirenaici è assente, sviluppandosi il loro pensiero esclusivamente sul terreno di un'etica del vivere la quotidianità, pragmatica e lontana da principi teorici. Aristippo ha caratterizzato quest'indirizzo filosofico sulle basi dell'antropocentrismo, del sensismo assoluto, della ricerca del piacere corporeo e dell'autosufficienza individualistica.

Raffigurazione di Aristippo

Quest'ultimo punto, caratterizzante l'edonismo di Aristippo, si esprime con l'enunciazione di un individualismo estremo e di un'autosufficienza non lontana da quella cinica, con un certo disprezzo per le convenzioni sociali e ogni tradizione. Il piacere immediato e dinamico si accompagna all'individualismo che cerca il piacere, abbracciando ogni momento dell'esistenza che lo possa offrire e in qualsiasi forma. Soltanto i fatti umani sono degni di interesse e i fenomeni naturali lo sono solo se producono piacere. Ma l'autosufficienza, quest'importante principio aristippeo, riguarda anche il piacere, che va perseguito senza diventarne dipendenti, poiché se esso è sempre bene, quindi da perseguire in ogni situazione e circostanza, se da posseduto diventa possessore, va abbandonato poiché l'autosufficienza e l'autonomia individuale sono sopra ogni altra cosa.

Socrate, maestro di Aristippo

Il piacere vero è sempre e comunque dinamico (non l'aponìa epicurea = “assenza di dolore”) ed è il vero motore positivo dell'esistenza di una persona, che è successione discontinua di istanti e va vissuta solo nel presente, ignorando il passato e il futuro: è questa una formulazione ante litteram del cosiddetto carpe diem, messaggio che troverà seguaci e interpreti soprattutto tra numerosi intellettuali del mondo latino. Infine, il fenomenismo aristippeo è assoluto, in quanto egli sostiene che soltanto ciò che viene percepito è reale: tale riduzionismo sensistico e individualistico rivela in Aristippo indubbi riferimenti anche alla filosofia sofistica.

Diversi studiosi tendono a spostare la teorizzazione dell'edonismo cirenaico da Aristippo (il Vecchio) a suo nipote Aristippo Metrodidatta (detto anche Aristippo il Giovane) attraverso la figlia Arete, che fu una donna colta e sensibile alla filosofia del padre. In altre parole, Aristippo il Vecchio si sarebbe limitato a dirigere i propri comportamenti in senso edonistico (ma ancora con qualche misura) e verso un certo aristocratico distacco ironico che privilegiava piuttosto gli elementi dell'autonomia esistenziale e dell'autosufficienza. Secondo questa interpretazione, egli si sarebbe tenuto abbastanza lontano dall'edonismo rozzo del quale in seguito venne spesso accusata la scuola cirenaica.

Egli sarebbe rimasto fondamentalmente un socratico, che avrebbe mantenuto nei confronti del piacere un certo distacco non privo di riserve, espresse nel ben noto aforisma: “possedere il piacere, ma non esserne posseduti” (tradìto in latino come habere non haberi). Pare che fu la risposta a una critica sulla frequentazione di un'etera di nome Laide: “La posseggo, non ne sono posseduto” fu la risposta, assieme a “ottima cosa è vincere e non essere schiavi dei piaceri, più che il non goderne affatto”.[3]

Nonostante, quindi, non ricerchi solo il piacere catastematico "negativo" come gli epicurei, ma soprattutto quello cinetico e attivo, Aristippo propone la "misura", a differenza di alcuni suoi allievi che per questo sono stati definiti come proto-libertini.[3]

La scuola cirenaica dopo Aristippo[modifica | modifica wikitesto]

La scuola, dopo la scomparsa del fondatore fu guidata inizialmente dalla figlia Arete e dal nipote Aristippo il Giovane, come detto. I seguaci di Aristippo come è già stato detto non costituiranno mai una vera e propria scuola omogenea, ma svilupperanno il suo edonismo in direzioni differenti. Ciò può essere preso a conferma della mancanza di teorizzazione della sua filosofia, essendosi egli limitato ad indicare una direzione etica, a sua volta variamente interpretabile.

A parte Aristippo Metrodidatta il Giovane, di cui si è detto e al quale alcuni attribuiscono un intento radicalizzante all'interno della stessa cornice edonistica, emergono come successori più tardi tre personaggi di notevole spessore, anche se non molto ben documentati, tutti e tre vissuti tra la seconda metà del IV e la prima metà del III secolo a.C. (quindi contemporanei o appena più giovani di Epicuro): Egesia, Annicéri (o Anniceride) e Teodoro l’ateo.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Storia della Filosofia Greca, pag. 65
  2. ^ Diodorus, xiv. 79.
  3. ^ a b Aristippo, il filosofo del piacere, su minimaetmoralia.it. URL consultato il 15 novembre 2015 (archiviato dall'url originale il 17 novembre 2015).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Diogene Laerzio, Vite dei filosofi.
  • Gabriele Giannantoni, Cirenaici: raccolta delle fonti antiche: traduzione e studio introduttivo, Firenze, Sansoni, 1958.
  • Michel Onfray, Le saggezze antiche. Controstoria della filosofia I (Les sagesses antiques - de Leucippe à Diogène d'Oenanda) (2006) Fazi, 2006. ISBN 8881127946.
  • Andrea Innocenti, Aristippo. La filosofia del piacere, Etruscalibri, 2011.
  • Michel Onfray, L'invenzione del piacere. Aristippo e i Cirenaici (L'invention du plaisir: fragments cyrénaïques, 2002), Ponte alle Grazie, 2014.

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