Anna Stepanovna Politkovskaja

«L'unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede.»

Anna Stepanovna Politkovskaja nel 2005

Anna Stepanovna Politkovskaja, nata Anna Mazepa (in russo А́нна Степа́новна Политко́вская?; New York, 30 agosto 1958Mosca, 7 ottobre 2006), è stata una giornalista russa con cittadinanza statunitense[2].

Particolarmente attiva sul fronte dei diritti umani, Politkovskaja è nota principalmente per i suoi reportage sulla seconda guerra cecena e per le sue aspre critiche contro le forze armate e i governi russi sotto la presidenza di Vladimir Putin, accusati del mancato rispetto dei diritti civili e dello stato di diritto. Il 7 ottobre 2006 è stata assassinata a Mosca mentre stava rincasando. Il suo omicidio produsse una notevole mobilitazione internazionale al fine di chiarire le circostanze della sua uccisione.[3][4][5] Nel giugno 2014 cinque uomini di etnia cecena sono stati condannati al carcere per l'omicidio sebbene non siano stati individuati i mandanti.[6]

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

«Sensibile al dolore delle persone oppresse, incorruttibile, glaciale di fronte alle nostre compromissioni, Anna è stata, ed è ancora, un modello di riferimento. Ben oltre i riconoscimenti, i quattrini, la carriera: la sua era sete di verità, e fuoco indomabile.»

Nacque a New York, negli Stati Uniti d'America, nel 1958 da due diplomatici sovietici di origine ucraina di stanza presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite. Dopo aver studiato giornalismo presso l'Università statale di Mosca si laureò nel 1980 con una tesi sulla poetessa russa Marina Cvetaeva. L'anno prima si era sposata con Aleksandr Politkvoskij.

Giornalismo: da Izvestija a Novaja Gazeta[modifica | modifica wikitesto]

Vladimir Putin, la cui condotta bellica fu oggetto di dure critiche giornalistiche da parte di Anna Politkovskaja

La sua carriera giornalistica iniziò nel 1982 presso il quotidiano moscovita Izvestija, che lasciò nel 1993. Già nel corso dell'anno successivo iniziò a lavorare come cronista per l'Obščaja Gazeta, in qualità di responsabile della sezione emergenze e incidenti e di assistente al direttore Egor Jakovlev. Nel 1998 si recò in Cecenia come inviata del giornale per intervistare il neoletto presidente Aslan Maschadov.[8] Nel giugno 1999 entrò nella redazione della Novaja Gazeta e pubblicò alcuni libri fortemente critici sul Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin in merito alla conduzione della seconda guerra cecena e dell'invasione del Daghestan e dell'Inguscezia. Spesso per il suo impegno venne minacciata di morte.[9]

Rapporti dalla Cecenia[modifica | modifica wikitesto]

Politkovskaja ha vinto una serie di premi per il suo lavoro.[10] Ha usato ciascuna di queste occasioni per sollecitare una maggiore preoccupazione e responsabilità da parte dei governi occidentali che, dopo gli attacchi dell'11 settembre 2001 contro gli Stati Uniti, hanno accolto con favore il contributo di Putin alla loro "Guerra al Terrore". Ha parlato con funzionari, militari e polizia e ha anche visitato frequentemente ospedali e campi profughi in Cecenia e nella vicina Inguscezia per intervistare i feriti e sradicati dai nuovi combattimenti.[11] In numerosi articoli critici della guerra in Cecenia e del regime filo-russo, la Politkovskaja ha descritto presunti abusi commessi dalle forze militari russe, dai ribelli ceceni e dall'amministrazione sostenuta dalla Russia guidata da Achmat Kadyrov e suo figlio Ramzan Kadyrov. Ha anche raccontato le violazioni dei diritti umani e i fallimenti politici nel Caucaso settentrionale. In un caso caratteristico nel 1999, non solo ha scritto della difficile situazione di una casa di riposo etnicamente mista sotto bombardamento a Groznyj, ma ha contribuito a garantire l'evacuazione sicura dei suoi anziani abitanti con l'aiuto del suo giornale e il sostegno pubblico. I suoi articoli, molti dei quali costituiscono la base di A Dirty War (2001) e A Small Corner of Hell (2003), descrivono un conflitto che ha brutalizzato sia i combattenti ceceni che i soldati di leva nell'esercito federale, e ha creato l'inferno per i civili intrappolati tra di loro.

Come riferì Politkovskaja, l'ordine presumibilmente restaurato sotto i Kadyrov divenne un regime di tortura endemica, rapimento e omicidio, da parte delle nuove autorità cecene o delle varie forze federali con sede in Cecenia. Una delle sue ultime indagini è stata sul presunto avvelenamento di massa di scolari ceceni da parte di una sostanza chimica forte e sconosciuta che li ha resi incapaci per molti mesi.[12]

Critiche a Vladimir Putin e FSB[modifica | modifica wikitesto]

Dopo che la Politkovskaja divenne ampiamente conosciuta in Occidente, le fu commissionato di scrivere La Russia di Putin (in seguito sottotitolata "Vita in una democrazia fallimentare"), un resoconto più ampio delle sue opinioni ed esperienze dopo che l'ex tenente colonnello del KGB Vladimir Putin divenne il primo ministro di Boris El'cin, e poi gli succedette come presidente della Russia. Ciò includeva il perseguimento da parte di Putin della seconda guerra cecena. Nel libro, ha accusato il Servizio di sicurezza federale russo (FSB) di soffocare tutte le libertà civili al fine di stabilire una dittatura in stile sovietico, ma ha ammesso:

«Siamo noi che siamo responsabili delle politiche di Putin... [s]ociety ha mostrato un'apatia illimitata... Se i Chekisti si sono trincerati nel potere, abbiamo lasciato che vedessero la nostra paura, e quindi abbiamo solo [13] intensificato il loro desiderio di trattarci come bestiame. Il KGB rispetta solo i forti. Il debole divora. Noi di tutti dovremmo saperlo.»

Ha anche scritto:

«Stiamo precipitando di nuovo in un abisso sovietico, in un vuoto di informazioni che significa morte dalla nostra ignoranza. Tutto ciò che ci rimane è Internet, dove le informazioni sono ancora liberamente disponibili. Per il resto, se vuoi continuare a lavorare come giornalista, è totale servilismo per Putin. Altrimenti, può essere la morte, il proiettile, il veleno o il processo – qualunque cosa i nostri servizi speciali, i cani da guardia di Putin - ritengano opportuno.»

"La gente spesso mi dice che sono pessimista, che non credo nella forza del popolo russo, che sono ossessiva nella mia opposizione a Putin e non vedo nulla al di là di questo", apre un saggio intitolato "Ho paura?", terminandolo – e il libro – con le parole: "Se qualcuno pensa di poter trarre conforto dalla previsione 'ottimistica', lasciateli fare. È certamente il modo più semplice, ma è la condanna a morte per i nostri nipoti".[14][15][16][17][18][19]

Nel 2001 Politkovskaja fu costretta a fuggire a Vienna in seguito a ripetute minacce ricevute per posta elettronica da Sergei Lapin, un ufficiale dell'OMON da lei accusato di crimini contro la popolazione civile in Cecenia. Lapin venne arrestato per un breve periodo e poi rilasciato nel 2002. Il processo riprese nel 2003 per concludersi, dopo numerose interruzioni, nel 2005 con una condanna per l'ex poliziotto per abusi e maltrattamenti aggravati su un civile ceceno e per falsificazione di documenti.[20] Proprio in Cecenia la Politkovskaja si recò molto spesso, sostenendo le famiglie delle vittime civili, visitando ospedali e campi profughi, intervistando sia militari russi che civili ceceni.[8]

Nelle sue pubblicazioni, non risparmiò critiche violente sull'operato delle forze russe in Cecenia, sui numerosi e documentati abusi commessi sulla popolazione civile e sui silenzi e le presunte connivenze degli ultimi due Primi Ministri ceceni, Achmat Kadyrov e suo figlio Ramzan, entrambi sostenuti da Mosca. Anna Politkovskaja godette anche di notevole considerazione negli ambienti ceceni: il suo nome è spesso apparso fra i "negoziatori privilegiati" dalla guerriglia, così come apparve fra le personalità impegnate a condurre le trattative durante la crisi del Teatro Dubrovka.

Nel 2003 pubblicò il suo terzo libro, A Small Corner of Hell: Dispatches From Chechnya, in cui denunciava la guerra brutale in corso in Cecenia nella quale migliaia di cittadini innocenti erano torturati, rapiti o uccisi dalle autorità federali russe o dalle forze cecene. Durante la stesura del libro, la Politkovskaja si valse anche delle testimonianze di militari russi e della protezione di alcuni ufficiali durante i mesi più duri della guerra.[21] Nel settembre 2004 mentre si stava recando in volo a Beslan durante la crisi degli ostaggi dopo aver bevuto un tè datole a bordo venne improvvisamente colpita da un malore e perse conoscenza. L'aereo fu costretto a tornare indietro per permettere un suo immediato ricovero e si suppose un tentativo di avvelenamento.[22]

Nel dicembre 2005, durante una conferenza di Reporter senza frontiere a Vienna sulla libertà di stampa dichiarò:[23]

«Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano. Infatti, una persona può perfino essere uccisa semplicemente per avermi dato una informazione. Non sono la sola ad essere in pericolo e ho esempi che lo possono provare.»

In un saggio che verrà pubblicato postumo nel 2007, in una raccolta a cura del PEN American Center, Politkovskaja scriveva:[21]

«Sono una reietta. È questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all'estero dei miei libri sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa né alle iniziative in cui è prevista la partecipazione di funzionari del Cremlino: gli organizzatori non vogliono essere sospettati di avere delle simpatie per me.
Eppure tutti i più alti funzionari accettano d'incontrarmi quando sto scrivendo un articolo o sto conducendo un'indagine. Ma lo fanno di nascosto, in posti dove non possono essere visti, all'aria aperta, in piazza o in luoghi segreti che raggiungiamo seguendo strade diverse, quasi fossimo delle spie.
Sono felici di parlare con me. Mi danno informazioni, chiedono il mio parere e mi raccontano cosa succede ai vertici. Ma sempre in segreto. È una situazione a cui non ti abitui, ma impari a conviverci.»

Nello stesso saggio dice di non considerarsi "un magistrato inquirente", ma piuttosto "una persona che descrive quello che succede a chi non può vederlo", dal momento che - continua - in Russia "i servizi trasmessi in tv e gli articoli pubblicati sulla maggior parte dei giornali sono quasi tutti di stampo ideologico".[21]

L'omicidio[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Omicidio di Anna Politkovskaja.
La tomba di Anna Politkovskaja nel cimitero Troekurovskij di Mosca

Politkovskaja fu ritrovata morta nell'ascensore del suo palazzo a Mosca il 7 ottobre 2006. La polizia rinvenne accanto al cadavere una pistola Makarov con quattro bossoli; uno dei proiettili sparati l'aveva colpita alla testa. Si seguì quindi la pista di un omicidio premeditato operato da un killer a contratto. Sebbene non siano stati individuati i responsabili molti hanno individuato il mandante proprio nel presidente Putin.[24] La data dell'assassinio, fra l'altro, coincide con il compleanno di Vladimir Putin.

Il giorno successivo la polizia russa sequestrò il computer della Politkovskaja e tutto il materiale dell'inchiesta che la giornalista stava realizzando. Il 9 ottobre l'editore della Novaja Gazeta Dmitrij Muratov disse che Politkovskaja stava per pubblicare, proprio il giorno in cui fu uccisa, un lungo articolo sulle torture commesse dalle forze di sicurezza cecene legate al Primo Ministro Ramzan Kadyrov. Muratov aggiunse che mancavano anche due fotografie; gli appunti non ancora sequestrati furono pubblicati il 9 ottobre stesso sul giornale.[25]

I funerali si svolsero il 10 ottobre presso il cimitero Troekurovskij di Mosca. Più di mille persone, fra cui anche colleghi e semplici ammiratori della giornalista, parteciparono alla cerimonia funebre. La sua lapide rappresenta un giornale crivellato dai proiettili, segno del suo grande impegno per la scoperta della verità. Tra i partecipanti alle esequie ci fu anche il leader politico radicale Marco Pannella[26], amico personale di Politkovskaja.[27] Nessun rappresentante del governo russo vi partecipò.[28]

Stile e tecnica di reportage[modifica | modifica wikitesto]

Anna Politkovskaja aveva una forte determinazione nel dare testimonianza e priorità alle cose “vedute con gli occhi e toccate con mano”, molto più delle proprie opinioni di donna e di giornalista. Le sue parole arrivavano dritte al cuore dei lettori e degli ascoltatori, poiché la Politkovskaja utilizzava un linguaggio schietto, rigoroso e chiaro, volto a far rivivere l'evento stesso descritto nelle proprie inchieste. È la stessa giornalista a dichiarare di aver dato vita ai propri libri attraverso una catalogazione di “appunti disordinati ai margini della vita in Russia”.

La Politkovskaja volle sempre rivendicare con i suoi scritti il proprio modo di essere testimone: testimone perché partecipe, non una semplice spettatrice. Così voleva vivere, sia sul piano lavorativo come inviata della “Novaja Gazeta”, sia sul piano strettamente giudiziario, quando era necessaria la sua presenza in tribunale per denunciare violenti e violentatori, accusati più volte dalla giornalista stessa per crimini di guerra.[29] Gli scritti di Anna Politkovskaja sono ostinati e incalzanti: le storie raccontate sono scritte in ogni più piccolo dettaglio, facendo trasparire lo sdegno per ciò che accade in quel momento e provando compassione per le innumerevoli vittime innocenti. La prosa è diretta e asciutta, schietta e semplice. L'obiettivo della giornalista della “Novaja Gazeta” era di essere chiara ed esauriente, evitando volontariamente di ornare la realtà con una prosa artificiosa. Le descrizioni dei fatti vista dalla giornalista in persona vogliono creare consapevolezza.

I dossier della Politkovskaja rendono il lettore partecipe della scena, anzi, egli sembra letteralmente immedesimarsi nella storia, riuscendo persino ad evocare chiare e vividi immagini dell'evento descritto. Per questo motivo la giornalista russa può essere descritta anche come un eccellente fotoreporter: attraverso il solo uso della penna ella riesce a far rivivere anche i più piccoli particolari, che fanno da cornice alla vicenda raccontata.[30] Per queste particolari caratteristiche la Politkovskaja viene spesso associata ad uno stile intermedio tra il “new journalism”, attraverso l'uso di dialoghi e di descrizioni dettagliate, e l'“advocacy journalism”, ponendosi come obiettivo l'utilità e la verità. Spesso queste sue caratteristiche andavano a scontrarsi con il giudizio dell'opinione pubblica e dei suoi stessi colleghi russi o stranieri, i quali non hanno perso occasione di deriderla pubblicamente per il suo faticoso ed “ingrato” compito.

Anna Politkovskaja, inoltre, firmò sempre i propri lavori, le indagini e le dichiarazioni personali: “chi si sente nel giusto non ha bisogno dell'anonimato”. Tra i lavori della giornalista risaltano con forza le richieste delle madri dei soldati e dei giovani scomparsi nel nulla, le denunce contro le ingiustizie in territorio russo e ceceno, le inchieste per reati di corruzione continuamente insabbiati ed assolti dalla magistratura russa. Questi ultimi reportage andavano in particolare a denunciare gli abusi dei soldati federali russi, compiuti contro i ceceni e gli incarcerati, e l'anarchia esistente tra le file dell'esercito, con l'assoluta noncuranza del governo di Putin.[30]

Scritti[modifica | modifica wikitesto]

  • Cecenia. Il disonore russo, traduzione di A. Nobécourt e A. Bracci, Collana Documenti n.14, Roma, Fandango, 2003, ISBN 978-88-875-1755-2.
  • La Russia di Putin, traduzione di Claudia Zonghetti, La Collana dei casi n.62, Milano, Adelphi, 2005, ISBN 978-88-459-1974-9.
  • Diario russo 2003-2005, trad. e cura di Claudia Zonghetti, La Collana dei casi n.70, Milano, Adelphi, 2007, isbn 978-88-459-2163-6.
  • Proibito parlare. Cecenia, Beslan, Teatro Dubrovka: le verità scomode della Russia di Putin, a cura di Erika Casali, Martina Cocchini e Davide Girelli, Prefazione di Adriano Sofri, Collana Piccola Biblioteca Oscar n.535, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2007, isbn 978-88-045-6780-6.
  • Un piccolo angolo d'inferno, trad. di I. Aguilar, Collana Saggi stranieri, Milano, Rizzoli, 2008, ISBN 978-88-17-02594-2.
  • Per questo. Alle radici di una morte annunciata. Articoli 1999-2006, traduzione di Claudia Zonghetti, La Collana dei casi n.82, Milano, Adelphi, 2009, ISBN 978-88-459-2439-2.
  • Cecenia: la guerra degli altri, Carlo Spera editore, 2008. [raccolta di reportage e riflessioni sulla seconda guerra cecena della Russia, stampata in Russia il 24 ottobre 2002, in 1000 copie, per l'associazione Memorial di Mosca]
  • Internazionale, su internazionale.it. gli articoli di Anna Politkovskaja pubblicati dalla rivista e tradotti in italiano.

Riconoscimenti e premi[modifica | modifica wikitesto]

Omaggi[modifica | modifica wikitesto]

Il giardino dedicato ad Anna Politkovskaja a Milano.

Anna Politkovskaya Award[modifica | modifica wikitesto]

L'organizzazione per i diritti umani Reach All Women in War (RAW in WAR), che si occupa della protezione dei diritti delle donne durante i conflitti bellici, ha istituito dal 2007 il Premio annuale in onore di Anna Politkovskaja, denominato "Anna Politkovskaya Award". Il premio viene attribuito "a una donna che difende i diritti umani in zone di conflitto nel mondo che, come Anna, si alza in piedi per le vittime di questo conflitto, spesso con grande rischio personale".[38]

Il premio fu attribuito per la prima volta nell'ottobre 2007 a Natal'ja Ėstemirova, amica e collega di Anna Politkovskaja,[39] che fu poi uccisa nel 2009.

Vincitrici del Anna Politkovskaya Award

Opere[modifica | modifica wikitesto]

  • Anna Politkovskaja, Proibito parlare. Cecenia, Beslan, Teatro Dubrovka: le verità scomode della Russia di Putin, Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, 2007.
  • Anna Politkovskaja, Cecenia.Il disonore russo, Fandango Tascabili, 2009.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Citata in Francesca Pansa, Donne che odiano gli uomini, Mondadori, 2011, p. 151, su books.google.it.. ISBN 9788852019623
  2. ^ (EN) 11th Anniversary of the Murder of Anna Politkovskaya, su ru.usembassy.gov. URL consultato l'8 ottobre 2021.
  3. ^ (EN) Martin Gilman, Russia Leads Europe In Reporter Killings, in The Moscow Times, 16 giugno 2009. URL consultato l'8 agosto 2009 (archiviato dall'url originale il 25 giugno 2009).
  4. ^ (EN) The State of the World's Human Rights (PDF), in Amnesty International 2009, p. 272. URL consultato il 13 marzo 2022 (archiviato dall'url originale il 2 settembre 2009).
  5. ^ (EN) Anna Politkovskaya: Putin's Russia, in BBC News, 9 ottobre 2006. URL consultato il 9 ottobre 2006 (archiviato dall'url originale il 7 novembre 2006).
  6. ^ Omicidio Politkovskaja, due ergastoli e tre condanne dal Tribunale di Mosca, in il Fatto Quotidiano, 9 giugno 2014. URL consultato il 13 aprile 2022.
  7. ^ André Glucksmann, Il Petro-Zar, in Corriere della Sera, 3 dicembre 2006, pp. 1, 13. URL consultato il 23 dicembre 2011 (archiviato dall'url originale il 17 settembre 2014).
  8. ^ a b (EN) Lettre Ulysses Award 2006 - Anna Politkovsaya, su lettre-ulysses-award.org., Lettre Ulysses Award.org, 2006.
  9. ^ (EN) James Meek, Dispatches from a savage war, su guardian.co.uk, 15 ottobre 2004.
  10. ^ (EN) Naming ceremony for the "Anna Politkovskaya", su europarl.europa.eu, 23 ottobre 2008. URL consultato il 13 marzo 2022 (archiviato dall'url originale il 5 ottobre 2008).
  11. ^ (EN) Lokshina, T., Why Anna Politkovskaya Still Inspires, in Human Rights Watch, 6 ottobre 2016. URL consultato il 26 novembre 2021.
  12. ^ (EN) Anna Politkovskaya, Poison in the air, in The Guardian.
  13. ^ "Poisoned by Putin", su theguardian.com, 9 settembre 2004.
  14. ^ (EN) Short biography from the 2003 Lettre Ulysses Award, su lettre-ulysses-award.org. URL consultato l'8 agosto 2009.
  15. ^ (EN) Anna Politkovskaya, Putin's Russia: Life in a Failing Democracy, Metropolitan Books, 2005, ISBN 978-0-8050-7930-2.
  16. ^ (EN) Obituaries: Anna Politkovskaya, in he Times, 9 ottobre 2006.
  17. ^ (EN) "Russia's SecrTet Heroes" , da 'A Small Corner of Hell: Dispatches from Chechnya, su press.uchicago.edu.
  18. ^ (EN) "Disquiet On The Chechen Front", in TIME Europe Heroes 2003. URL consultato il 13 marzo 2022 (archiviato dall'url originale il 21 aprile 2003).
  19. ^ (EN) Video – on the documenting the Chechen war as Russian journalist, in Public Broadcasting Service.
  20. ^ Enrico Piovesana, Nuova pista per l'assassinio Politkovskaja, su peacereporter.net (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2007)., Peacereporter.net, 25 ottobre 2006. Cfr. anche Simone Storti, Omicidio Politkovskaja, indagati ex poliziotti russi, su voceditalia.it (archiviato dall'url originale il 28 febbraio 2007)., La Voce d'Italia, 25 ottobre 2006.
  21. ^ a b c Anna Politkovskaja, Il mio lavoro a ogni costo, su internazionale.it., Internazionale, 26 ottobre 2006.
  22. ^ (EN) Committee to Protect Journalists, Russian journalist reportedly poisoned en route to hostage negotiations, su ifex.org (archiviato dall'url originale il 29 gennaio 2007)., International Freedom of Expression Exchange, 2 settembre 2004. Cfr. anche Sabina Morandi, Anna Politkovskaja, la giornalista che fa paura al Cremlino, su indicius.it., Liberazione, 17 settembre 2004.
  23. ^ (FR) Trois journalistes tués le jour de l'inaguration à Bayeux du Mémorial des reporters, su rsf.org (archiviato dall'url originale il 29 ottobre 2006)., Reporters Sans Frontières, 7 ottobre 2006.
  24. ^ (RU) Убита Анна Политковская, su lenta.ru, 7 ottobre 2006. (EN) Journalist Anna Politkovskaya murdered in Moscow, su en.rian.ru., RIA Novosti, 7 ottobre 2006; (EN) Russian journalist Anna Politkovskaya found dead, su interfax.ru, 7 ottobre 2006. (EN) Chechen war reporter found dead, su news.bbc.co.uk, 7 ottobre 2006. (EN) C. J. Chivers, Journalist critical of Chechen War is shot dead, su nytimes.com, 7 ottobre 2006.
  25. ^ (EN) Carl Schreck, David Nowak, Politkovskaya gunned down near home, su themoscowtimes.com (archiviato dall'url originale il 4 luglio 2008)., The Moscow Times, 9 ottobre 2006.
  26. ^ Marco Pannella al funerale d'Anna Politkovskaja (RadioRadicale.it), su radioradicale.it.
  27. ^ Funerale Anna Politkovskaja, presente alle esequie anche Marco Pannella: "Ci aveva aperto gli occhi" (Repubblica.it), su repubblica.it.
  28. ^ (EN) Thousands mourn Russian journalist, su tiscali.co.uk.[collegamento interrotto], Reuters, 10 ottobre 2006.
  29. ^ Politkovskaja, 2007.
  30. ^ a b Politkovskaja, 2009.
  31. ^ Index: The voice of free expression, su indexoncensorship.org.
  32. ^ (DE) Johanna Schmeller, Scholl-Preis für Anna Politkovskaja, su welt.de, 28 novembre 2007. URL consultato il 2 dicembre 2022.
  33. ^ a b c (EN) How the name of Anna Politkovskaya was immortalized in Europe and the Russian Federation | Europe and Europeans: News and Analytics | DW, su Time News, 7 ottobre 2021. URL consultato il 27 febbraio 2023.
  34. ^ Anna Politkovskaja - Il ricordo della figlia Vera, su it.gariwo.net.
  35. ^ Grom e Muji, i primi negozi nella nuova piazza Gae Aulenti, su milano.corriere.it, Corriere della Sera, 12 giugno 2013.
  36. ^ (FR) Anna Politkovskaïa, figure emblématique d'une démocratie en recul, su TV5MONDE, 24 dicembre 2014. URL consultato il 27 febbraio 2023.
  37. ^ (EN) Prague names square and promenade after murdered Kremlin critics, su The Irish Times. URL consultato il 27 febbraio 2023.
  38. ^ (EN) Anna Politkovskaya Award, su Reach All Women in War. URL consultato il 19 luglio 2016 (archiviato dall'url originale il 17 febbraio 2015).
  39. ^ (EN) Obituary: Natalia Estemirova, su BBC News, 15 novembre 2009. URL consultato il 19 luglio 2016.
  40. ^ (EN) Anna Politkovskaya Award presented to Svetlana Gannuškina, su refugee.ru, 6 ottobre 2022. URL consultato il 2 dicembre 2022.

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